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The Alienist – Caccia Al Precursore di Jack Lo Squartatore

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The Alienist – Caccia Al Precursore di Jack Lo Squartatore

Dopo più di un anno di attesa, finalmente sulla TNT è arrivato “The Alienist”, serie di dieci episodi basata sull’omonimo romanzo di Caleb Carr. I suoi interpreti principali sono Daniel Bruhl, Luke Evans e Dakota Fanning.

La storia è ambientata nella New York della fine del XIX Secolo, precisamente nel 1896. La città è sconvolta da una serie di brutali omicidi, frutto dell’opera di un serial killer.
A capo della polizia si trova nientemeno che Theodore Roosvelt, neo eletto Commissario, che per dare la caccia e catturare l’assassino decide di usare l’aiuto dello psichiatra criminale Laszlo Kreizler (Daniel Bruhl) e dell’illustratore del New York Times John Moore (Luke Evans). Ai due uomini si affianca la segretaria del Commissario Roosvelt, Sara Howard, giovane donna moderna, indipendente e testarda. I tre, inoltre, possono contare anche sulla collaborazione dei gemelli Marcus e Lucius Isaacson.

Più che un amore a prima vista quello per “The Alienist” è stato un voto sulla fiducia, nel nome dell’immensa adorazione per Luke Evans, finalmente approdato sul piccolo schermo. Tutto quello che ho visto nel pilot è stata una semplice conferma di non aver riposto le mie più grandi aspettative in un prodotto mediocre.

La trama è avvincente e lega il classico genere poliziesco, con una squadra di “specialisti” posti a indagare sugli omicidi compiuti da un serial killer, all’ambientazione storica, dando ulteriore complessità alle vicende, se si considera appunto che alla fine del ‘800 il concetto di serial killer era molto blando e lo era altrettanto l’applicazione della psicologia a un caso di omicidio. Ciò rende ancora più interessante l’addentrarsi nelle vicende narrate e il sondare mano a mano con i protagonisti il terreno inesplorato dell’analisi di una mente criminale. L’ambientazione storica regala senza dubbio un valore aggiunto perché, al di là della trama orizzontale, riesce a dipingere un quadro fedele di come fosse effettivamente la vita a quell’epoca: la condizione femminile, l’estrema povertà della classe operaia posta a confronto con lo sfavillio della nobiltà, la ristrettezza di vedute di una società che aveva ancora tanto da scoprire e non solo in campo medico… tutti fattori che contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva e che mi ha ricordato vagamente “The Knick”, la cui fine ancora mi brucia dentro.

L’indagine che costituisce la trama orizzontale della serie non è altro che la scusa per investigare sui personaggi principali stessi, che già solo dai primi episodi risultano molto accattivanti, merito certamente anche di un cast ben navigato.

Daniel Bruhl è il Dottor Lazlo Kreizler, “l’alienista” del titolo, ovvero un pioniere all’epoca nel campo della psichiatria. Nonostante i miei occhi a cuore per Luke Evans è lui al momento il personaggio che mi suscita maggiore interesse: apparentemente una persona estremamente razionale, nonostante pratichi nel campo medico meno scientifico, freddo tanto da non battere ciglio davanti alla descrizione di un omicidio brutale ed estremamente abile nel manipolare la mente delle persone sfruttando le loro debolezze, eppure mi sembra di scorgere in lui profonda umanità e attaccamento ai suoi pazienti (per lo più giovani e indifesi), come testimonia il fatto che non abbia mai dimenticato né lasciato correre la morte dei fratelli Zweig.

Se il Dottor Kreizler è la mente, senza dubbio John Moore è il cuore. Non trovo nessun motivo valido per non amare Luke Evans, soprattutto quando la sua prima apparizione è in un bordello, il che preannuncia future gioie per tutto l’universo femminile. Anche il suo personaggio nasconde sicuramente qualche segreto personale che scopriremo nel corso della stagione, come ad esempio il motivo per cui fa indossare alla sua prostituta di fiducia un anello di fidanzamento che poi riprende sempre alla fine della performance; senza contare che già adoro il suo battibeccare con Miss Howard.

E a chiudere l’improbabile trio arriva infatti Dakota Fanning, che interpreta Sarah Howard, la prima donna impiegata nella polizia di New York. Oltre alla scelta lavorativa insolita, Miss Howard sembra una ragazza indomita e insofferente alle costrizioni dell’epoca anche nella sua vita quotidiana, merito probabilmente di un passato difficile e doloroso. Nonostante l’aspetto, non è sicuramente una dama indifesa, altrimenti non sarebbe potuta sopravvivere nemmeno un secondo in un ambiente misogino come quello del dipartimento di polizia.

Siamo solo al secondo episodio, quindi è sicuramente troppo presto per dare un giudizio complessivo, ma direi che controllare il calendario per assicurarsi di non mancare il prossimo appuntamento si possa definire già una grande vittoria. L’intrigo fino a ora costruito lascia ben sperare che possiamo aspettarci altri finali mozzafiato come quello della seconda puntata e che sarà una stagione sul filo del rasoio, da seguire trattenendo il fiato e beandosi di questa splendida recitazione.

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Ricordo il giorno in cui, più di un anno fa, ho gioito alla notizia che annunciava (FINALMENTE) la partecipazione di Luke Evans a una serie tv. Dopo tanti anni di attesa, ecco la felicità di vederlo settimanalmente, invece di dover attendere un anno almeno tra un suo film e l’altro. E in uno show d’epoca, nientemeno.

Lo sviluppo di “The Alienist” è stato da subito interessante, in primo luogo per l’annuncio degli altri membri del cast, Daniel Bruhl e Dakota Fanning in particolare, nei panni degli altri due protagonisti.
Non da meno è stato il primo teaser trailer, che ha contribuito a introdurre i futuri spettatori (anche quelli che hanno già letto il romanzo) nella New York di fine ‘800.
Motivo per cui quando è stato rilasciato il pilot sono corsa a vederlo. E non sono rimasta delusa.

La prima cosa che colpisce di questo show è l’atmosfera, l’introduzione, come detto poco sopra, nella New York di fine XIX Secolo. Ci troviamo, così, in una città che immediatamente ci sembra familiare e il motivo è semplice: perché è un’atmosfera che abbiamo già visto. Infatti, New York è fumosa, grigia, in qualche modo soffocante, come se si potessero sentire anche i miasmi di una città che aveva le divisioni sociali ancora così marcate e profonde, così drastiche e drammatiche.
Una rappresentazione che abbiamo visto in passato già per un’altra grande città, ovvero Londra, ad esempio in “Penny Dreadful”. Questo non significa che tale affresco sia “una copia”, anzi, esattamente il contrario, poiché è una descrizione quantomai realistica e adatta a città come queste due, che vedevano la concentrazione dell’alta società dell’epoca, nonché un’economia in crescita, industrie, e nelle quali il divario tra ricchi e benestanti, da una parte, e poveri, dall’altra, era oltremodo drammatico e portava a quei contrasti così ben rappresentati in primis tra le varie zone della città. L’eleganza più incredibile lasciava il posto al degrado più agghiacciante. E tutto ciò, come ha confermato anche il secondo episodio della serie, è mostrato senza filtri.


C’è, tuttavia, un altro elemento interessante che collega New York a Londra e, dunque, le rappresentazioni che possiamo definire come specchio l’una dell’altra delle due città: ammantato da questa atmosfera fumosa, nebbiosa, in cui quasi si riesce a toccare il senso di inquietudine e pericolo, si aggira un efferato serial killer. In questa storia è il 1896, dunque un paio di anni prima che a Londra si scateni la furia omicida di Jack Lo Squartatore. E il serial killer di New York di “The Alienist” sembra un suo precursore, persino per il modus operandi.

Il terzo aspetto da sottolineare è la caratterizzazione dei personaggi, davvero ben interpretati dai membri del cast: in primo luogo, ovviamente, i tre protagonisti, Sara Howard (Dakota Fanning), giovane donna evidentemente di buona famiglia ma intraprendente e moderna, determinata a rompere lo stereotipo di donne come creature fragili e di dimostrare che una donna vale quanto un uomo, il Dr. Laszlo Kreizler (Daniel Bruhl), controllato, acuto, con la sua straordinaria capacità di analizzare correttamente le persone e che sotto quella freddezza nasconde, in verità, una spiccata umanità, John Moore (Luke Evans), tormentato ritrattista che lavora per il New York Times e, come Sara, è evidentemente di buona famiglia, come confermato dal fatto che ha frequentato Harvard con Laszlo e il Commissario Roosvelt (proprio quel Theodore Roosvelt, futuro Presidente degli Stati Uniti); non solo loro, però, poiché spiccano anche altri personaggi come, per l’appunto, il Commissario Roosvelt (molto interessante il suo inserimento nella storia) e i due gemelli e Detective Sergeant Marcus e Lucius Isaacson, brillanti quanto Laszlo e per questo membri del gruppo che quest’ultimo decide di formare per fermare il killer.
Sarà interessante scoprire le storie che si celano dietro ognuno di loro.
Inoltre, queste loro caratteristiche permettono agli spettatori di assistere all’evoluzione dei mezzi e delle metodologie di indagine.

Un ultimo elemento, derivante proprio dai personaggi, è quello dei rapporti intercorrenti tra gli stessi: John Moore e Laszlo Kreizler si conoscono dai tempi dell’università (e conoscono da allora il Commissario Roosvelt), sono amici e chiaramente si fidano l’uno dell’altro (almeno per ora); John e Sara Howard si conoscono sin dall’infanzia e nonostante gli scontri, derivanti anche dall’eccessiva cavalleria di John, sono portati a proteggersi l’un l’altro; Laszlo ha una capacità di capire Sara, nonostante il fatto che l’abbia appena conosciuta, che sembra mancare a John e questo probabilmente farà evolvere il loro rapporto.



Infine, non si può fare a meno di menzionare le scenografie e i costumi, che riescono a spiccare anche in un’ambientazione così grigia e in un certo senso claustrofobica, come dimostrano le residenze private (sinora di Laszlo e Sara), il teatro dell’opera e il ristorante dove Laszlo riunisce Sara, John, Marcus e Lucius, proprio per formare la squadra che deve mettersi sulle tracce del serial killer per fermarlo.




Insomma, ci sono tutte le buone premesse per una miniserie avvincente.

Sam

Bene, per questo inizio di serie ci fermiamo qui.
Ci ritroveremo alla fine di essa per un commento conclusivo… ma stay tuned sulla pagina di Telefilm Addicted, potremmo lasciare qualcosa in itinere!

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Sam
Simona, che da bambina voleva diventare una principessa, una ballerina, una cantante, una scrittrice e un Cavaliere Jedi e della quale il padre diceva sempre: “E dove volete che sia? In mezzo ai libri, ovviamente. O al massimo ai cd.” Questo amore incondizionato per la lettura e la musica l'ha portata all'amore per le più diverse culture (forse aiutato dalle origini miste), le lingue (in particolare francese e inglese) e a quello per i viaggi. Vorrebbe tornare a vivere definitivamente a Parigi (per poter anche raggiungere Londra in poco più di due ore di treno). Ora è una giovane legale con, tralasciando la politica, una passione sfrenata per tutto ciò che all'ambito legale non appartiene, in particolare cucina, libri e, ovviamente, telefilm. Quando, di recente, si è chiesta in che momento, di preciso, sia divenuta addicted, si è resa conto, cominciando a elencare i telefilm seguiti durante l'infanzia (i preferiti: Fame e La Famiglia Addams... sì, nel fantasy ci sguazza più che felicemente), di esserci quasi nata. I gusti telefilmici sono i più vari, dal “classico”, allo spionaggio, all'ambito legale, al “glamour”, al comedy, al fantastico in senso lato, al fantascientifico, al “giallo” e via dicendo. Uno dei tanti sogni? Una libreria. Un problema: riuscirebbe a vendere i libri o vorrebbe tenerli per sé?

1 COMMENT

  1. Veramente gli omicidi attribuiti a Jack lo squartatore (Jack the ripper) si sono svolti prima del 1896: da agosto 1888 a novembre dello stesso anno.

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