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TA Consiglia…. Dunkirk, il Film

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TA Consiglia…. Dunkirk, il Film

Carissimi! Io e The Lady and The Band abbiamo visto, e apprezzato, Dunkirk…ecco le nostre impressioni!

Quando Sergio (mio marito) mi ha proposto di andare al cinema ero felicissima…appena mi ha detto “film di guerra” la mia faccia è diventata tipo questa:

Quando mi ha detto “Christopher Nolan” invece:

(il mio bipolarismo non credo sia un mistero per nessuno…)

E insomma, ecco che domenica pomeriggio siamo andati a vedere #Dunkirk in iMAX (FIGATA INCREDIBILE, le mie orecchie ancora stanno cercando di riabituarsi a suoni normali), le due ore meglio spese al cinema nell’ultimo mese.

Confesso subito tre cose che ho adorato:

  1. la “tecnica” del film, e per “tecnica” intendo la fotografia e la regia: alcune scene sono da brividi, il contrasto tra i colori freddi del mare e quelli caldi del cielo (gli aerei dell’Alleanza), la morte e la speranza (in un certo senso) sono tangibili. La regia riesce a dare spessore ai sentimenti e alle emozioni, i flashback (o meglio, la ricostruzione degli eventi) si mischiano con il susseguirsi degli eventi perché tu sei con il fiato sospeso PER TUTTA LA DURATA DEL FILM, NON HAI TREGUA. Esattamente come non avevano tregua quei 400.000 soldati sulla spiaggia. La morte veniva dalla terra, dal mare e dal cielo. Così come la salvezza. Una contrapposizione che viene resa in tutta la sua drammaticità dalla regia di Nolan, una regia che rende giustizia alla massa, ai numeri, e non all’eroe della storia, TUTTI SONO EROI, esattamente come li ha descritti Churchill, perché in certe occasioni SOPRAVVIVERE E’ UN ATTO EROICO, in certe occasioni non conta solo vincere.
  2. l’assenza di un vero e proprio protagonista, il vero protagonista è la storia, gli eventi. Una cosa che mi ha colpito è che non abbiamo davvero dei nomi, se non quei quattro che ci hanno svelato (Collins, il pilota, Peter, il figlio del capitano della barca civile di cui abbiamo seguito la storia, Gibson, il francese in fuga e George, l’amico di Peter). E’ un dettaglio importante: ti fa capire come in una guerra non contino i nomi, non conta chi sei, conta quello che fai, e da che parte stai. La guerra è di tutti, e di nessuno. E la cosa meravigliosa è che tutto così “intenso”, così reale e profondo che questi protagonisti ti sembra di conoscerli tutti, perché TU VIVI LE LORO EMOZIONI, LE LORO PAURE E LE LORO SENSAZIONI. Ci sono scene in cui avevo l’ansia, mi sembrava di essere lì, su quelle barche, su quella spiaggia, su quegli aerei con loro.
  3. la recitazione. Alcuni attori non erano a me noti, altri sono attori che ti fanno emozionare anche solo con uno sguardo, con gli occhi rendono tutto. Eppure nessuno ha sfigurato. Ci sono stati protagonisti che nel mezzo di tanta crudeltà, di tanta morte non hanno MAI PERSO LA LORO UMANITA’, LA LORO COMPASSIONE, e non è scontato, perché ci si potrebbe nascondere dietro a un MORS TUA VITA MEA, ma sopravvivere rinunciando alla propria morale potrebbe lasciare un peso che graverebbe sulla propria coscienza per tutta la vita. Un peso che non tutti sono disposti ad accettare.

Questo è un film di guerra ma alla fine non è altro che la storia di un evento, vissuto con gli occhi di diverse figure a seconda di quale che fosse il ruolo. Alla fine, quando il colonnello capisce, con le lacrime agli occhi, che la speranza si è concretizzata in possibilità di fuga, anche io avevo le lacrime agli occhi, DOPO TUTTE LE SFIGHE NON CI SI POTEVA CREDERE. E invece la speranza è davvero l’ultima a morire e, soprattutto, la SPERANZA è parte di quello che serve per sopravvivere, insieme alla propria UMANITA’. 

gnappies_mari

Domenico Quirico, inviato della Stampa, ha raccontato al Salone del Libro di quest’anno che la cosa che più ti rimane dentro della guerra sono i suoi silenzi e i suoi rumori. Christopher Nolan sembra aver preso alla lettera questa testimonianza e ha realizzato un film scevro da lunghi dialoghi, accompagnato costantemente dal suono meccanico della colonna sonora di Hans Zimmer e da quello della guerra: le bombe, il rombo degli aerei, l’assordante gorgoglìo dell’acqua e le voci ora sommesse, ora concitate, ora terrorizzate dei soldati, i tanti, tantissimi, sguardi che valgono più di mille dialoghi.

Onesta, disperata, soffocante, la narrazione di Nolan si divide in tre diversi momenti diacronici, volti a raccontare tre diversi momenti della vicenda. I personaggi non smettono di essere umani per vestire l’abito degli eroi da pellicola cinematografica (fatta eccezione per la figura dell’aviatore). Essi hanno paura, si vergognano, sanno essere solidali, lottano per sopravvivere ad ogni costo, si arrendono.
Ciò che più resta allo spettatore è proprio l’onestà del racconto, un’onestà nelle emozioni e nella storia che non ha virato verso facili spacconate ma è rimasta realistica. Dunquerque (che io mi rifiuto di scrivere all’inglese!) è stata teatro di una delle peggiori sconfitte inglesi ma anche di uno dei tanti momenti di eroismo spicciolo della Seconda Guerra Mondiale. Le imbarcazioni che attraversarono la Manica appartenevano a gente comune, quella stessa gente che ha accolto i ragazzi tornati in patria non come codardi o falliti ma come figli che hanno dato il massimo ma non hanno raggiunto la vittoria.

Il cast è un mix di attori arcinoti e altri decisamente meno, simbolo del voler rendere questa storia corale: tanti soldati, molti senza nome, metafora dei tanti ragazzi che hanno perso la vita nel combattere la guerra ma anche di come essi fossero spesso solo carne da cannone. Una spersonalizzazione che coinvolge anche i Nazisti, che diventano Il Nemico, rendendo questa vicenda realmente corale e universale, priva di grosse personalità su cui focalizzare l’attenzione.

L’unico rimprovero che mi sento di fare a Nolan (ma è il rimprovero della storica e non della spettatrice) è che, a parte qualche accenno qua e là, poca attenzione è stata rivolta a coloro grazie ai quali l’evacuazione è stata possibile: quei francesi che dopo Dunkerque sarebbero stati occupati dal Reich per tutti gli anni successivi e che, mentre si aspettavano le navi da oltre Manica, combattevano vicolo dopo vicolo, i tedeschi in avanzata.

TheLadyandTheBand

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Nata negli anni 80, grazie al suo papà clone di Magnum P.I., cresce a pane e “Genitori in blue jeans” (dove si innamora di Leonardo di Caprio che troverà poi in quei film tanto amati come "What's Eating Gilbert Grape" o “Total eclipse”), l’uomo da 6 milioni di dollari, l’A-Team, Supercar e SuperVicky. L’adolescenza l’ha trascorsa tra Beverly Hills 90210, Santa Monica e Melrose Place..il suo cuore era sul pianeta di Mork e alle Hawaii..anche se fisicamente (ahimè) era sempre e solo nella provincia bergamasca. Lettrice compulsiva fin dal giorno in cui in prima elementare le hanno regalato Labirinth è appassionata di fantasy (Tolkien è il suo re, Ann Rice e Zimmer Bradley le sue regine) e di manga (Video Girl AI in primis per arrivare a Paradise Kiss e Nana), anche se ultimamente è più orientata a letture propedeutiche pediatriche! Ama studiare (tra laurea, dottorato e master ha cominciato a lavorare a 28 anni!!) ed imparare, ma non fatela arrabbiare altrimenti non ce ne è per nessuno!

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