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Supernatural VS Merlin: finali a confronto

Elsa Hysteria by Elsa Hysteria
26 Novembre 2020
in Rubriche & Esclusive, Supernatural
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Supernatural
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Supernatural VS Merlin: finali a confronto

È passata una settimana dal finale di Supernatural e ormai la “barn scene” ha fatto il giro del pianeta ed è stata considerata più o meno all’unanimità – da critica e fandom – meritevole di tutti i premi possibili. La ripresa del dialogo del pilot a battute invertite fra Sam e Dean, la recitazione di Jared e di Jensen, la dimostrazione che nulla potrà mai essere più forte del loro legame nelle reciproche esistenze.

Ma della perfezione del finale, ne ho già parlato qui. Quello che oggi voglio fare, è mettervi di fronte alle similitudini fra la morte di Dean e quella di Arthur Pendragon in Merlin. Il finale di Merlin è stata la primissima cosa che mi è venuta in mente mentre guardavo quello di Supernatural, giusto perché il trauma che stavo vivendo non era abbastanza e sentivo il bisogno di sovrapporgliene un altro.

Il rapporto fra Sam e Dean e quello fra Arthur e Merlin sono, ovviamente, ben diversi. I primi sono fratelli di sangue, crescono insieme per le strade dell’America moderna sballottati da un motel all’altro, senza che fra loro possano esserci segreti, senza dimora fissa – finché non trovano il bunker – e con una missione che per entrambi è ben chiara. I secondi si conoscono all’alba della loro età adulta, uno è l’erede al trono di Camelot e l’altro un servo, fra di loro c’è la distanza di un segreto – quello di Merlin – incolmabile e la loro missione è chiara solo a Merlin, che ha accesso al futuro grazie a Kilgharrah, ai druidi e ai propri poteri. Anche loro due combattono il male insieme, ma Arthur rimane sempre abbastanza inconsapevole del quadro più grande.

Supernatural VS Merlin: finali a confronto

Cos’hanno quindi in comune? Che comunque sia, a prescindere dalle origini o dei rapporti di sangue, entrambi trovano nell’altro il polo gravitazionale della propria esistenza. Arthur sarebbe perso senza Merlin – e lo sa benissimo, anche se fino all’ultimo finge il contrario – e Merlin sa che la sua vita è legata indissolubilmente a quella di Arthur. Di occasioni per andarsene ognuno per la propria strada, ne hanno praticamente una a episodio – o quasi. Non lo fanno mai. La stessa cosa vale per Sam e Dean, perché i legami di sangue non sono tutto nella vita anzi, a volte non significano nulla: eppure Sam, pur avendo provato più volte a mollare la vita del cacciatore, alla fine non lo fai mai e non perché smettere di cacciare significhi abbandonare il family business, ma perché significherebbe abbandonare Dean. Alla stessa maniera, Dean avrebbe potuto alzare le braccia al cielo e arrendersi in innumerevoli occasioni. Lasciare che per una volta fosse qualcun altro a salvare il mondo. Ma questo non è solo quello che lui fa, ma è quello che lui e Sam fanno. E salvare il mondo ripetutamente, vuol dire anche salvare Sam e lottare fino alla fine per dargli l’occasione di una vita migliore.

E poi arriva la fine. Scontata in entrambi i casi, perché non c’è un solo universo narrativo sensato in cui potessero morire tutti e quattro di vecchiaia. Nel caso vi foste dimenticati la scena della morte di Arthur, eccola qua.

Questa è quella della morte di Dean.

Supernatural VS Merlin: finali a confronto

La prima cosa che salta subito all’occhio – anche se dal video che vi ho messo di SPN in realtà è stato tagliato, ma la memoria è ancora fresca su questa scena – è che in entrambi i casi il primo istinto di Merlin e di Sam è di cercare aiuto. Sia Dean che Arthur però sono consapevoli del fatto che ormai sia troppo tardi, sentono che la morte ormai si è impossessata di loro e chiedono all’altro di rimanere.

Just, just, just hold me… please – dice Arthur.

Stay… please, stay – dice Dean.

E poi c’è il momento in cui entrambi sentono il bisogno di dire tutto ciò che non hanno mai detto ad alta voce all’altro.

Listen, there’s something I want to say – Arthur

There’s a few things I need you to hear – Dean

In entrambi i casi si tratta di un momento intensissimo, perché sia Arthur che Dean non sono mai stati due personaggi molto aperti alle esternazioni di affetto. Entrambi sanno amare in maniera profonda e incondizionata il prossimo, ma nessuno dei due è tipo da ammetterlo ad alta voce (di qualunque tipo di affetto si tratti).

Thank you – è quello che Arthur non ha mai detto a Merlin.

I love you so much, my baby brother – ciò che Dean non ha mai detto a Sam.

Ma non finisce qui. Merlin poteva riportare il corpo di Arthur a Camelot e fargli avere il funerale più maestoso che si fosse mai visto per un sovrano caduto in battaglia. Invece decide di dargli l’ultimo addio in solitudine, di piangerlo da solo sulle rive del lago di Avalon. Sam avrebbe potuto radunare i cacciatori da ogni angolo del pianeta – e sarebbero accorsi tutti, perché tutti sanno chi siano i Winchester e quanto si debba loro. Invece decide di piangere il fratello da solo, una figura solitaria di fronte a una pira funebre.

Perché? Perché il dolore che entrambi provano, è troppo intenso per essere condiviso. Ha radici troppo profonde perché altri possano davvero comprenderlo.

E andiamo anche oltre. Centinaia di secoli più tardi, alla fine della sua infinita vita, Merlin sta ancora vegliando sul luogo in cui è sepolto Arthur, aspettando pazientemente di potersi riunire a lui. Alla fine della sua vita da normale essere umano, Sam sta facendo la stessa cosa, vegliando sull’Impala – il bene più prezioso di Dean – nell’attesa di potersi ricongiungere al fratello.

Due finali costruiti in maniera modo simile, per due serie che all’apparenza hanno poco in comune se non il fatto di ruotare intorno al rapporto fra i due personaggi principali. Che, in realtà, non è per nulla “poco”.

 

Elsa Hysteria

Elsa Hysteria

Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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