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Supernatural | Recensione 10×19 – The Werther Project

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Supernatural | Recensione 10×19 – The Werther Project

Se non lo avevate ancora intuito dalle mie passate recensioni, sappiate che molto raramente cedo alla curiosità di vedere i promo degli episodi; difatti, all’inizio di quest’ultimo, non avevo la minima idea di cosa aspettarmi. Ho premuto play con l’ansia, considerando quanto hype mi avesse indotto il finale di ‘Book of the Damned’, e nel vedere l’episodio iniziare con la solito intro da monster of the week ero già pronta ad imprecare spazientita, nonostante, mi tocca ammetterlo, nel vedere il fumo giallo abbia avuto un lieve sussulto al cuore, lasciando viaggiare in maniera a dir poco fantasiosa la mia mente (Quanti “bei” ricordi, Azazel!).
Seppur consciamente del tutto fuori strada, comunque, diciamo che quella particolare scatola aveva attirato la mia attenzione a sufficienza da inchiodarmi allo schermo, anche se non è proprio questo il fulcro della sinossi, dovevo dirlo…

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Ad ogni modo, lasciati correre i miei personali scleri, mi sono bastati altri pochi minuti per constatare, piacevolmente, che in questo episodio avremmo visto parecchie cose interessanti; sorvolando sulla particolarità di quel fumo e a partire, invece, dalla famosa ultima scena che mi aveva tanto angosciato la scorsa settimana.
Le due figure, che difficilmente avrei immaginato di veder lavorare insieme, si ritrovano a fare un ottimo lavoro di squadra, o meglio… La scaltrezza di Sam, fortunatamente, gli permette di non farsi manipolare dalla malefica furbizia di Rowena. Vero che è disperato, vero che se è arrivato a chiedere il suo aiuto è solo perché non sa a chi altri chiedere, ma Sam Winchester non è così ingenuo come potrebbe apparire. Dopo tutto quello che ha passato, ho faticato molto a credere che fosse capace di affidarsi ad una come Rowena e, nonostante negli ultimi minuti dell’episodio scorso tutto lasciava credere quanti rischi Sam sarebbe stato disposto a correre pur di salvare Dean, proprio come speravo il minore dei due Bros si è fatto valere piuttosto bene.

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Come era prevedibile, visto il modo in cui Crowley si è ribellato a lei, Rowena accetta di aiutare Sam a tradurre il libro dei dannati a patto che quest’ultimo uccida il Re dell’Inferno. Mi è sembrato di capire che l’intenzione di Rowena di far fuori Crowley si riduca ad una semplice questione di orgoglio personale: come unica strega antica rimasta in vita, avrebbe voluto avere più potere, in maniera generale e, magari, più estesa, anche ad altri regni come poteva essere l’Inferno, e nel momento in cui ha visto svanire questa possibilità, capendo che non sarebbe stata più in grado di sottomettere Crowley, ha pensato bene che l’unico modo per avere la superiorità a cui ambisce sia di uccidere l’unica persona che le impedisce di averla, proprio quel figlio su cui, almeno inizialmente, aveva deciso di contare. Sam, ovviamente, accetta di buon grado e non se lo fa ripetere due volte, quindi, si mette subito al lavoro per cercare i codici di Nadya di cui lei gli parla.

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Alla fine dell’episodio ho avuto l’ovvia intuizione che le intenzioni della strega vadano ben oltre la semplice morte di Crowley e il decriptaggio del libro dei dannati per aiutare Sam e, probabilmente proprio per questo, stento ancora a credere che questi codici possano essere utili per la rimozione del Marchio di Caino dal braccio di Dean, ma non potendo far altro che ipotesi, dovendo aspettare e vedere, è comunque stato soddisfacente vedere che Sam ha trovato il modo per metterla di spalle al muro, almeno per il momento, e che, soprattutto, finalmente qualcuno si è deciso a dare un po’ più di spazio alla questione ‘men of letters’ che ha un ricchissimo potenziale di storie, presumibilmente interessanti, che meriterebbero di essere scoperte ben oltre ciò che abbiamo visto finora.

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Insomma, dopo che Dean si è dato da fare con un covo di vampiri, appuriamo che Sam non ha solo imparato a cavarsela egregiamente da solo, ma si è anche impratichito nel mentire e omettere dettagli compromettenti; Dean lo scopre mentre è nel bel mezzo della sua spedizione verso la famosa ‘Casa dei suicidi di St. Louis’ e, anche qui, ho avuto un sussulto al cuore, ma non per l’eventuale traumatica perdita dei genitali dei due Bros per mano del fucile di Suzie, bensì per l’eventualità che Dean avesse scoperto il piano di Sam, invece, non è stato affatto così come d’impulso ho creduto – anche se mi ha stupito un po’ l’ingenuità di Dean a riguardo… Che sia il suo ennesimo tentativo di negare l’evidenza per non affrontare i problemi?

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Comunque, dopo un’accurata ricerca tra i documenti dei men of letters, Sam è in grado di rigirare la situazione a suo favore, rivelando sì a Dean della scatola di Werther, ma non del vero motivo per cui è andato a cercarla. A prescindere da ciò – cosa che non fa altro che confermare il prossimo distacco nel legame tra i due fratelli che avverrà nel momento in cui Dean scoprirà tutte le menzogne e le omissioni di Sam, ammesso che questo tentativo di Sam di salvarlo non gli si ritorca contro in pieno stile Supernatural – i due, lavorando insieme, riescono ad entrare in casa, a trovare la scatola e anche a rimuovere l’incantesimo di protezione, seppur pagandone un certo prezzo. L’idea che questo incantesimo inducesse al suicidio chiunque provasse ad aprire la scatola scorrettamente è a dir poco esaltante, ma ciò che più di tutto mi ha colpito è stata l’allucinazione di Dean.

Chi avrebbe mai creduto che un giorno si sarebbe ritrovato a pensare, nei meandri più oscuri della sua mente, che il Purgatorio fosse la sua isola felice, per via della possibilità di uccidere senza conseguenze che quel posto gli concedeva? Questa rivelazione l’ho trovata geniale ed inquietante allo stesso tempo. Ciò significa che il Marchio di Caino non fa altro che amplificare le sue tendenze peggiori? Anche perché, se ci si fermasse a riflettere per un po’, sarebbe piuttosto sensato assodare quanto Dean ci abbia sempre trovato un certo gusto ad uccidere, spesso anche senza alcun rimorso, con la ‘scusa’ che fosse solo il suo lavoro.

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Peccato per la morte fittizia di Benny, che è stato davvero bello da rivedere, seppur nella sola immaginazione di Dean, ma sono stata contenta di veder reagire quest’ultimo all’incantesimo e risvegliarsi per andare ad aiutare Sam; credo che a prescindere dalla potenza del Marchio, ci sia riuscito anche per la sua caparbietà e la voglia di restare in vita, nonostante tutto. Ovviamente, cosa che inizialmente non avevo affatto capito, la Rowena che aiuta Sam con la scatola non è nient’altro che un’allucinazione, visto che quando Sam, poi, le porta i codici lei si ritrova tutta entusiasta nel rivederli per la prima volta dopo secoli ed è proprio a questo punto che rende palese il suo interesse verso di essi, per chissà quale malefico scopo.

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Di spunti validi, per far proseguire lo show con delle storie interessanti, ce ne sono a bizzeffe; già solo se si incentrasse maggiormente l’attenzione sui men of letters credo che sarebbe davvero elettrizzante, sicuramente di più di tutta la questione riguardante gli angeli caduti su cui si è alzato un polverone inutile, ma anche il ruolo di Rowena, che nel corso della stagione ha avuto, come tutto il resto, i suoi alti e bassi, potrebbe rivelarsi intrigante.
Tuttavia, a soli due episodi dalla fine della stagione, continuo a sperare almeno che il finale sia degno di Supernatural, così come questi due ultimi episodi mi hanno lasciato ben sperare per il futuro.

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