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Supergirl Terza Stagione: Eppure era partito così bene…

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Supergirl Terza Stagione: Eppure era partito così bene…

Supergirl” è quel tipo di serie tv in grado di entusiasmarmi inaspettatamente, emozionarmi come non credevo possibile e annoiarmi proprio quando pensavo che ormai avesse intrapreso la sua strada migliore. La terza stagione della serie era partita così bene da farmi credere che lo show avesse finalmente ritrovato la ricetta giusta per tornare a ricalcare i fasti della prima stagione, riportando al centro della storia il rapporto tra Kara & Alex e introducendo nuovi personaggi dal background affascinante che avevano trovato presto il loro posto nella trama e soprattutto nelle relazioni interpersonali.

Ma intorno a metà stagione qualcosa è cambiato nella serie e “Supergirl” ha cominciato a perdere d’intensità e di originalità, intraprendendo un percorso altalenante tra momenti ancora molto positivi e storie che lasciavano indifferenti perché prive di quell’emozione che riempiva la prima parte della stagione. Il season finale dunque non ha fatto eccezione, confermando nel bene e nel male gli aspetti migliori e peggiori di questa stagione ma soprattutto evidenziando quanto a volte questa serie sembri ancora alla ricerca di una sua identità, tanto da provare a reinventarsi con scelte creative che lasciano perplessi.

Questa terza stagione di “Supergirl” ha anche confermato quanto unpopular siano le mie opinioni su questa serie, che mi vede dunque al centro tra coloro che vorrebbero distruggere gli uffici della The CW mentre inneggiano al fallimento e coloro che si professano ancora follemente innamorati (almeno finché le storie continuano ad andare come desiderano).

Ho deciso quindi di mettere un po’ d’ordine nei miei pensieri e stilare una lista di 3 Pro e 3 Contro di questa terza stagione di “Supergirl”, almeno dal mio punto di vista.

 

PRO:

1. Sam, Reign e le World Killer

Sam Arias è stata, senza ombra di dubbio almeno per quanto mi riguarda, la migliore new entry della stagione, sia come caratterizzazione individuale del personaggio che come portatrice del cardine principale intorno a cui l’intera storyline orizzontale è stata costruita. Sam si è rivelata per me protagonista assoluta di questa stagione, straordinaria, affascinante e coerente in ogni singolo aspetto della sua presenza, a partire dalla magnifica umanità che riempie il personaggio fin dall’inizio, un’umanità che le permette di fare letteralmente breccia nella vita di tutte le donne dello show proprio perché Sam incarna quell’indipendenza, quel rispetto e quella lealtà che rendono una personalità talmente pura e luminosa da spingere chiunque la circondi a perdere la testa per lei, irrimediabilmente. Il legame che infatti si crea in poco tempo tra Sam, Lena, Alex e Kara è uno degli aspetti che più hanno impreziosito la prima parte della terza stagione, perché sembrava quasi che Sam ci fosse da sempre tra di loro o che fosse quel pezzo del puzzle che non sapevano di volere.

Dal punto di vista più individuale ma strettamente legato alla storyline centrale di questa stagione, invece, il confronto che è stato portato in scena tra Sam & Reign ha rappresentato uno dei migliori esempi di scrittura che la writers room di “Supergirl” ha mostrato quest’anno, riuscendo a caratterizzare in maniera sempre intensa e mai banale l’autentica battaglia che Sam e Reign hanno combattuto per il controllo sul corpo e sulla vita che condividevano, una battaglia che non si caratterizza come una tipica rappresentazione del conflitto primordiale tra luci ed ombre di una stessa persona ma che assume in realtà le sembianze di un’autentica malattia che cerca di sottomettere del tutto la personalità di Sam per prenderne il sopravvento e che Sam ha respinto con tutte le sue forze per amore di sua figlia e della sua stessa umanità.

Anche l’idea delle World Killer (Reign, Pestilence e Purity) e del modo in cui i loro spiriti si rapportavano con il soggetto umano con cui condividevano il corpo ha rappresentato probabilmente una delle scelte creative migliori di questa stagione, “rovinata” forse in un finale un po’ confuso il cui la figura di Serena ha preso più spazio di quanto avrebbe dovuto averne, ma comunque si è trattato di una storyline che ha saputo reggere il nucleo di questi 23 episodi in maniera solida.

2. James Olsen [E Lena Luthor]

E su questo punto saranno d’accordo con me schiere ben formate di balle di fieno rotolanti. Ho sempre definito James Olsen la prima vittima della The CW, ossia è stato il primo personaggio che, nel passaggio al nuovo network, ha pagato nello screen-time e nello spessore della caratterizzazione, una caratterizzazione che certamente non era esplosiva anche nella prima stagione ma che in seguito è stata letteralmente dimenticata per poi rispolverarla di tanto in tanto. La terza stagione però ha ridato sorprendentemente forma al personaggio di James che nel suo piccolo ha avuto una storyline lineare e coerente.

Soprattutto nella seconda parte della stagione, infatti, James ha vissuto un’evoluzione nei significati che la caratterizzazione del personaggio porta con sé tale da diventare sinceramente una delle ragioni che più mi portavano ad apprezzare gli episodi. In diverse occasioni infatti, James è diventato il simbolo di una forma di eroismo diversa da quella rappresentata da Supergirl, un eroismo sicuramente di nicchia ma che in questo modo entra davvero a contatto con la gente e con quelle tematiche sociali che riempiono anche la nostra realtà. Tramite James infatti, “Supergirl” riprende un po’ quel lato di sé che intende lanciare un messaggio morale forte e chiaro al mondo in cui viviamo oggi, un mondo in cui anche se sei un eroe, il colore della tua pelle resta comunque una minaccia. Inedita e particolare è anche stata la collaborazione nella fase finale della stagione tra James e J’onn, un rapporto che, se sviluppato maggiormente, potrebbe rivelare un potenziale incredibile, un potenziale appena accennato nel momento in cui James riesce a influenzare J’onn e la politica sulle armi del DEO.

E poi ovviamente c’è la “pecora nera” di questa stagione di “Supergirl”, ossia la relazione con Lena Luthor. Evidente è stata tante volte la delusione del fandom per l’affermata eterosessualità di Lena, io per prima ho sempre creduto che in “Supergirl” avessero scelto la sorella sbagliata per la caratterizzazione LGBT ma questo non dovrebbe comunque accecare lo sguardo e respingere a priori una storia che, almeno in questa stagione, si è rivelata sinceramente giusta.

Proprio per un passato in cui entrambi sono stati “etichettati” come “l’amico di Superman” e “la sorella di Lex”, proprio per i pregiudizi che entrambi avevano l’uno nei confronti dell’altra, James e Lena sono diventati sempre di più compatibili e complementari, simili quanto basta per trovarsi e diversi quanto serve per confrontarsi e crescere insieme. Ciò che ho apprezzato di più di questo rapporto è stato il supporto incondizionato che si sono concessi reciprocamente, James nei confronti di Lena quando anche Supergirl aveva perso fiducia in lei, e Lena nei confronti di James quando nessun altro sembrava disposto a vederlo, ad ascoltare la sua storia.

3. Alex & J’onn

In realtà questa non è una vera novità per la serie, Alex & J’onn saranno sempre un Pro per “Supergirl”, anche nel loro momento più ordinario. Ma in questa stagione in particolare, Alex & J’onn hanno vissuto percorsi molto simili e vicini, tanto da ritrovarsi spesso a unire le due strade per percorrerle insieme.

Tra la rottura con Maggie e il desiderio di maternità di Alex e il breve periodo di ricongiungimento con suo padre di J’onn, entrambi i personaggi sono diventati l’uno il sostegno incondizionato dell’altra, si sono confermati partner leali e sempre presenti, confidenti silenziosi e comprensivi, in breve si sono riconosciuti per l’ennesima volta come una vera famiglia. Anche nel finale, infatti, il dono che J’onn lascia ad Alex è più di una semplice promozione, è il suo modo di risolvere quel dilemma che la stava distruggendo, non costringendola a scegliere tra la sua vita privata e il lavoro e regalandole semplicemente la possibilità di avere tutto ciò che desidera, senza limiti, senza condizioni.

CONTRO

1. Super Mon-El [E il rapporto con Kara]

Non posso nasconderlo, la svolta da supereroe di Mon-El in questa stagione non mi ha convinto affatto. La Legione, il mantello, le lezioni da torero, lo sguardo da cucciolo bastonato accanto a Kara, sono tutti aspetti che hanno reso il personaggio, per quanto mi riguarda, forzato e a tratti plastico, come se in un certo senso avessero chiuso il destino dell’eroe in un personaggio in cui non rientrava perfettamente. Paradossalmente infatti, ho apprezzato maggiormente Mon-El come personaggio nella seconda stagione quando era solo un principe daxamita imperfetto, viziato e immaturo, ma proprio per queste ragioni presentava uno spessore differente e un conseguente percorso di crescita più interessante della rappresentazione monodimensionale e stereotipata mostrata in questa terza stagione. Inevitabilmente quindi, anche il suo rapporto con Kara è stato influenzato da questa forzatura e da un patetismo derivato da quei sentimenti che entrambi ancora nutrivano ma che erano costretti a nascondere e dimenticare a causa principalmente della presenza di Imra, partner nella Legione e moglie inaspettata di Mon-El.

Contro ogni aspettativa però, è stato proprio il finale di stagione a mettere la storyline di Mon-El in una prospettiva più coerente, lasciando il personaggio “libero” di abbracciare per davvero la sua nuova missione eroica nel futuro a cui ormai appartiene e dando così senso a una scelta che mi aveva lasciato perplessa fin dal principio.

2. L’uscita di scena di Winn

Il cambio operato tra la Legione e il DEO, con Winn e Brainiac-5 che prendono l’uno il posto dell’altro, è una scelta che ha per me ancora dell’incredibile e non in senso del tutto positivo. Pur capendo forse la decisione della serie di provare a reinventarsi in questo modo, rendere Brainiac regular al posto di Winn è una mossa di cui non riesco a intravedere il potenziale, almeno per il momento. D’intrattenimento e “comic relief” per la storia, la caratterizzazione di Brainiac non ha in fondo lasciato un’impronta tanto significativa da suggerire un background meritevole dello spazio di un regular, mentre Winn alla fine rappresentava una delle componenti originali di questa serie e perderlo, seppure in parte, potrebbe rivelarsi un rischio troppo grande da affrontare.

3. La tentazione dei Luthor

Questo, più che un difetto, è un timore che in realtà mi porto dietro dalla passata stagione e dal momento in cui ho cominciato a innamorarmi di questo personaggio. In questa stagione, la caratterizzazione di Lena si è mossa costantemente in un equilibrio instabile, tra le migliori intenzioni e le modalità ambigue con cui Lena cerca di realizzarle. Nei confronti di Sam e del suo alter ego kryptoniano, per quanto mi riguarda, Lena ha agito assolutamente per il meglio, guidata esclusivamente dall’affetto profondo che prova per l’amica e senza ulteriori motivazioni ma c’è un aspetto di Lena che mi affascina e mi spaventa al tempo stesso ed è la sua brama di conoscenza, quell’intelligenza superiore alla media che la spinge a cercare sempre nuove soluzioni, forse per quel suo bisogno di affermarsi diversa da Lex, forse per il desiderio intrinseco di cambiare il suo mondo. In ogni caso però, vedo Lena Luthor come una tentazione per gli scrittori di “Supergirl”, la tentazione di “vincere facile” e rendere Lena, presto o tardi, il villain che tutti si aspettavano che lei fosse. Al momento, credo ancora che Lena sia semplicemente un personaggio dalle sfumature interessanti, sempre un po’ in bilico tra ciò che mostra e ciò che nasconde ma essenzialmente leale e corretta, il problema è che la mia fiducia nei confronti degli autori della serie non è particolarmente stabile e il passo verso il baratro è pericolosamente breve con loro.

In definitiva, mi sento di riconfermare la mia idea di partenza su questa terza stagione: sfacciatamente migliore della seconda ma neanche lontanamente paragonabile alla prima. L’ago della bilancia però è rappresentato ancora una volta dal cuore più autentico della serie, vale a dire il rapporto tra Kara & Alex. Finché il legame tra le sorelle Danvers resterà centrale nello show, “Supergirl” sarà ancora fedele all’immagine di partenza, finché Kara & Alex resteranno insieme, “Supergirl” meriterà di essere vissuto.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

1 COMMENT

  1. Fantastica recensione, considerato che è basata sul nulla. Davvero complimenti. Ogni tanto guardo un episodio, sperando che la trama si risollevi, ma invano. Per me manca quasi totalmente lo spessore dei personaggi e spesso ho l’impressione che nemmeno gli interpreti credano in quello che fanno. L’esempio più eclatante penso sia l’attore che rappresenta Mon-El, che è di un’inespressività e mollezza degne di un protozoo (veramente non so se i protozoi siano molli, ma immagino di sì).
    La retorica di basso livello la fa da padrona, con personaggi ovvi che non riescono ad appassionarmi, che poi è l’unica cosa che cerco in un film/telefilm. Convincente è Alex, molto più di Kara, preda di ricorrenti dubbi che dovrebbe aver già risolto da tempo. Se devono inventarsi un personaggio come Brainiac vuol dire che sono alla frutta.
    Trovo il tutto molto infantile. D’accordo che l’argomento sono i supereroi, ma resto convinto che si potrebbe fare molto di più. Mi sembra che l’unico scopo sia trovare ogni volta colpi di scena fini a se stessi. Non sono pratico della tipologia che tra l’altro non m’interessa e capisco che ciò influenzi il mio giudizio, però, dai, ci si potrebbe impegnare maggiormente nel confezionare le storie. Di peggio, quanto a tira e molla, credo ci sia solo The Flash con le sue infinite dimensioni temporali.
    Va beh, mi sono inutilmente sfogato e ancora complimenti sinceri per la tua recensione.

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