
Sì, sì Harvey, sappiamo tutti CHI sia il Grillo Parlante a cui tutti dobbiamo dire GRAZIE!
Buongiorno a tutti,
diciamoci la verità: guardare “Suits” subito dopo aver visto “The 100” ti fa decisamente riappropriare di una giusta prospettiva di giudizio. E non vuole essere una critica nei confronti della serie di Rothenberg: io la adoro di cuore e chi mi conosce sa che l’ho consigliata anche ai sassi e che la considero molto più di ciò che stupide lotte intestine fanno trapelare, ma bisogna ammettere che il fatto che “Suits” non abbia minacce incombenti o nemici apocalittici da sconfiggere, consente un approfondimento psicologico che in altre serie tv non è possibile che ci sia.
Sono due prodotti radicalmente diversi e il mio discorso NON È QUALITATIVO ma parlo di coinvolgimento emotivo dello spettatore e della possibilità data dal genere narrativo a cui appartiene “Suits”, di scendere nel profondo dei personaggi e potersi prendere il tempo di trasformarli sullo schermo senza relegare il cambiamento a singole battute o alla bravura degli interpreti.
Questo piccolo preambolo, oltre ad essere uno specchio del mio sentire nel momento in cui ho guardato la puntata, vuole servire a introdurre il mio entusiasmo per la storyline di Harvey Specter e l’interpretazione tormentata di Gabriel Macht.
In un percorso in parallelo fra passato e presente (lo spettatore navigato sa che quando compare la frangetta di Donna, siamo nel passato), ci viene fatto ripercorrere l’ultimo contatto ed il primo dopo 7 anni fra Harvey e sua madre.
Con una scrittura delicata che non è mai caduta nel melodrammatico ma è rimasta nei toni del dramma quotidiano, il confronto fra madre e figlio rappresenta uno dei momenti migliori di questi sei anni di “Suits”.
Perché Harvey crescesse e finalmente si preparasse a pacificare una parte importantissima di sé, era necessario che facesse pace con la fonte di quella ferita che scavava silenziosa sotto la sua coriacea superficie. Una superficie che solo Donna è sempre stata in grado di scalfire.
Grande pregio del confronto madre-figlio è anche l’averci fatto comprendere che, come in ogni guerra, nessuna delle due parti è completamente innocente.
Senza eccedere nei toni e con un profondo rispetto del dolore di entrambe le parti in causa, ci viene mostrato anche l’impatto che il dolore e la rabbia di Harvey hanno avuto su sua madre e il resto della famiglia.
Per la prima volta, ci ritroviamo a non giustificare del tutto Harvey e ad arrabbiarci con lui per aver permesso alla sua rabbia di avere la meglio. E benché sia vero che la donna ha caricato sul figlio una responsabilità che non era sua, è anche vero che Harvey ha permesso a quel risentimento di scavare per 20 anni una trincea così profonda che ha finito per rovinare la vita di tutti.
È per questo che ho sentito importantissimo – come d’altronde era obbiettivo degli autori – il confronto con il fratello. È solo parlando con Marcus che Harvey si accorge del male arrecato anche ad altri dalla sua rabbia in un rimando – inconsapevole da parte di Harvey – della sfuriata fatta a Louis nella chiusura dello scorso episodio.
Un Louis che in questa puntata ci permette di assaporare nuovi passi avanti: con maturità (anche se sempre dietro incitazione di Donna) mette da parte il proprio risentimento e fa ciò che un buon compagno di squadra deve fare: si prende carico di ciò che il suo collega non può.
A questo proposito, mi ha fatto piacere il plauso che ha ricevuto da Rachel, una che quanto a perdono, la sa lunga.
L’unica storyline che ho trovato un po’ debole è quella riservata a Mike.
Scherzando, nella scorsa recensione, mi chiedevo per quanto tempo sarebbero riusciti a tenere fuori dal tribunale Mike. Direi che non sono passate nemmeno 24 ore.
Mi dispiace, a livello narrativo, questa scelta degli sceneggiatori perché sarebbe stato MOLTO più interessante vedere Mike lottare ancora per un po’ contro le conseguenze di quanto commesso.
Io sono affezionata al suo personaggio e vorrei vederlo felice, finalmente, ma bisogna ammettere che il ragazzo ha l’irrealistica tendenza a cadere in piedi.
Lui ha finto di essere avvocato per quasi 5 anni. È stato incarcerato ed ha pagato le sue colpe per meno tempo di quello pattuito e una volta uscito, nell’arco di qualche giorno, riesce ad ottenere un nuovo lavoro.
Personalmente, trovo che la scelta degli autori di ributtarlo nella mischia così presto sia stata sbagliata in primis perché irrealistica. L’occasione – sprecata, direi – di indagare la vita dei pregiudicati una volta fuori dal carcere, sarebbe stata una nuova prospettiva da aggiungere alle numerose che ci sono state fornite in questi anni dalla serie tv.
E sì, Mike cade spesso in piedi perché è – malgrado il problema del non avere una laurea – un personaggio genuino e le persone a cui fa del bene, se ne ricordano, ma dopo un po’, diciamocelo, inizia a stancare.
È anche vero, però, che potrebbe essere una scelta legata al voler ricostruire la vita di Mike come legale e continuare a torturarlo pian piano, con lotte di ogni giorno, come ormai fanno da sei anni.
In merito alla conclusione della causa che stava supervisionando mi sento, infatti, combattuta: da un lato, dimostra, ancora una volta, che gli autori non vogliano proprio svincolare Mike dall’immagine di Buon Samaritano che ha avuto in questi anni e, a livello narrativo, sarebbe stato più importante se nell’arco della notte fossero riusciti a trovare una scappatoia legale per sconfiggere il malvagio proprietario dello stabile. Dall’altro lato, per coerenza rispetto al mio discorso sul realismo, è vero che nella vita di tutti i giorni, non sempre i giusti vincono. E quindi la scelta di far perdere la causa e quella di Mike di pagare di tasca sua l’affitto, resta fedele a questa immagine realistica (tema che ritorna nel confronto fra Mike e la giovane associata) della vita.
Ma, a parte Mike, l’episodio è probabilmente uno dei migliori di questa stagione e la sua conclusione è riuscita a trasmettere un senso di trionfo che non sentivamo da un po’. Vedere Harvey sorridere davanti alla foto (realizzata in tempi record! ndr) della madre che dipinge il quadro con la papera, ha fatto sentire un po’ tutti parte della sua famiglia ed è stato bello.
Io vi lascio al promo della prossima puntata che pare ci ricondurrà ai problemi grossi che aspettano al varco Rachel. Perché, come scrivevo per Harvey, gli errori di Mike ricadono anche su di lei.
Prima di salutarvi, vi ricordo la pagina Suits Italia per news, foto e quant’altro.