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Spellbook 1×03 – Thirst

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Spellbook 1×03 – Thirst

1×03 Thirst 

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Twinswood, 1641

Michelle
Michelle

Lei è bellissima. Seduta impacciatamente su quel tronco, accanto al lago, i merletti della gonna sporchi di terra, ma non è mai stata una attenta al decoro o al buon costume. Ci ha provato, sicuramente, ma quando si tenta di essere bravi in qualcosa che non ci appartiene, raramente raggiungiamo il successo. Michelle non è la ragazza più aggraziata di sempre nei modi, ma è incredibilmente delicata nei lineamenti. Non sa di essere bella, e quest’ignoranza fa parte del suo incredibile fascino.
La gamba le si muove nervosamente sotto la gonna, con le unghie gioca con la corteccia del tronco, non pensando al fatto che sua madre, Lady Loren, avrebbe qualcosa da ridire su quelle mani poco curate.

“Sei venuta.”

Michelle si gira, nervosamente. Quella voce le fa quell’effetto. È quella di Luke. Un giovane, radioso, e assai meno pallido, Luke. Il suo vestiario è drammaticamente opposto a quello di Michelle. Stracci vecchi, usati, segnati dal tempo.
Michelle: io non so se…
La ragazza, nervosa, si alza, ancora noncurante del fatto che quella gonna, tanto costosa quanto ingombrante, è vittima della natura.
Luke: sono contento che tu sia qui.
E l’espressione di Luke lo conferma, è estasiato.
Michelle: Luc, io ho paura.
La tremolante voce della ragazza è sempre un meraviglioso suono, quell’accento francese, poi, ricorda al ragazzo da dove viene.
Luke: sei stata attenta?
Michelle annuisce, guardando verso di lui. Si mangiano con gli occhi, ed è chiaro.
Luke: ti ho scritto una cosa.
Luke si avvicina, ponendo fine al troppo largo spazio che li divideva.
Michelle: cosa?
Luke la guarda, è imbarazzato, è rosso in viso. Un qualcosa che in futuro non potrebbe accadere.
Luke: sono solo delle parole. Mi sono alzato ieri notte, ti stavo pensando.
Michelle sorride timidamente, non riuscendo quasi a credere alle parole del ragazzo.
Michelle: siete sempre così dolce.
Luke la guarda, sorpreso
Luke: siete?
Michelle: sei. Sei.
Michelle si corregge, nervosamente, toccandosi le punte dei capelli raccolti in modo un po’ disordinato.
Michelle: vorrei tanto leggerle.
Luke: sì ma… Lo farai quando me ne sarò andato, vero?
Michelle: un uomo capace di svegliarsi nel cuore della notte, scrivendo parole d’amore per una fanciulla, non dovrebbe vergognarsi di fargliele leggere.
Luke: un uomo può avere vergogna di come le ha scritte. Sapete bene che non ho avuto la vostra stessa istruizione.
Michelle: la vostra?
Michelle ha l’occasione di prendersi la sua rivicita.
Luke: beh, io ho una scusante. Voi siete di nobile famiglia.
Michelle: sono dell’idea che un nobile animo sia anche più raro di una nobile famiglia. Soprattutto da dove veniamo noi.
Luke: ti manca Parigi?
Michelle fa cenno di no con il capo
Michelle: è bellissimo qui. Mi avevano parlato delle Americhe. Non avevo idea che le leggende fossero vere.
Luke accenna un sorriso, ancora stupito, dopo mesi, dell’ingenuità della ragazza.
Luke: credevi che qui fosse un mondo diverso?
Michelle: no. Semplicemente è così lontano da casa. Non ti immagini un posto così simile.
Luke sospira, ammirando il bellissimo panorama
Luke: sei nervosa?
Michelle: già.
Luke: hai paura che tua madre possa scoprirti?
Michelle: lei non può girovagare di giorno. Non ho paura di lei ora.
L’espressione di Luke cambia. Ora è curioso.
Luke: non può girovagare di giorno?
Michelle: è da quando sono una fanciulla che è così.
Luke: è una malattia?
Michelle: non l’ho mai capito. Mia madre non racconta certe cose. Le tende della sua stanza sono di colore scuro. Non passa nemmeno un po’ di luce. Mi domando se valga la pena vivere in quel modo, nell’oscurità.
Luke deglutisce. Il solo pensiero lo rattrista.
Luke: non potrei mai vivere senza la luce. Ammirare come il sole illumina il tuo volto, la luce che filtra attraverso i tuoi capelli.
Michelle sorride, apprezzando di nuovo le parole poetiche del giovane.
Luke: quando torneremo in Francia, finita la spedizione…
La ragazza sospira. Sicuramente ha pensato al ritorno in Francia, ma fino a quel momento era solo una prospettiva.
Michelle: noi veniamo da mondi diversi, Luke. Qui è tutto diverso. Possiamo vederci in qualche modo. A Parigi sarà diverso.
Luke si avvicina ancora di più. Pericolosamente di più.
Luke: mi stai dicendo che tu non lo vuoi? Mi stai dicendo che saresti capace di non vedermi?
Michelle: non ho detto che ne sarei capace. Ho detto che non potrò.
Luke non lo accetta, non potrebbe mai accettarlo. Sul suo volto uno sguardo di disappunto.
Luke: no. Io non permetterò che questo avvenga.
Michelle: lei sa. Lei sa che hai preso la mia verginità. Lo ha avvertito.
Il ragazzo la guarda, sconcertato. Non riesce a capire.
Luke: parli di tua madre?
Michelle annuisce, ora sembra davvero spaventata.
Luke: come?!
Michelle: non lo so. Ma lei sa sempre tutto. Avverte sempre tutto. È cattiva, Luc. È malvagia, c’è il male nei suoi occhi.
Luke si chiede come una figlia possa pensare questo di una madre. Per lui è un qualcosa di impensabile.
Luke: cosa vuoi dire?
Michelle: è diversa. Io non l’ho detto mai a nessuno ma…
Michelle tentenna, si guarda attorno, come se gli occhi di sua madre le fossero costantemente addosso.
Michelle: l’ho vista bere del sangue. Del sangue umano.
Luke sgrana gli occhi, impietrito dalla rivelazione.

“Da questa parte.”

I due avvertono delle voci in lontananza. Si muovono tra gli alberi.
Michelle: sono le guardie. Devi tornare al campo.
Luke si avvicina velocemente alla ragazza, passando nella sua mano il foglio stracciato con le parole d’amore.
Luke: ti amo, Michelle.
Le loro mani si stringono, facendo da coperta a quel foglietto.
Michelle: ti amo.
I due si scambiano un bacio innocente sulla bocca. Dura pochi secondi, ma è abbastanza per loro; è già tanto in fondo.
Luke si allontana velocemente, lasciando la ragazza sola, i due non possono essere visti insieme.

2013

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Evan
Evan

Il morso di Evan è profondo, potente, affamato. Il vampiro tiene stretto a se Bright come un anaconda stringe tra il suo corpo un’innocente preda. La mano di Evan spinge Bright contro il suo petto. Fa male, fa tanto male. Il sangue di Bright ha il sapore più buono del mondo, un sapore che il vampiro non ha mai assaggiato, è diverso dal solito sangue, è come se fosse la pietanza più buona che avesse mai testato.

Bright
Bright

Il sangue di Bright scivola lentamente lungo il collo, per poi concentrarsi sul braccio, e scendere goccia dopo goccia sul pavimento dello spogliatoio, che inizia a tingersi di piccole macchie rosse.

Bright: ti prego, ti prego, mi fai male.
Ma queste parole non distraggono il vampiro, non riesce a sentirle, la foga è più forte.
Bright: devi fermarti, Evan. Devi fermarti…
Il tono di voce di Bright diventa sempre più basso, debole, esausto.
Bright: Evan…
Quest’ultimo lieve accenno al suo nome distrae finalmente il vampiro, che improvvisamente lascia la presa.
Bright cade a terra, è molto debole. Evan lo guarda, il suo viso è sporco di sangue, è come quello di un bambino che ha appena affogato la faccia in un barattolo di marmellata.
Evan: mi dispiace…
Il vampiro sembra pentito del gesto, sorpreso dalle sue stesse azioni.
Bright porta la mano accanto alla ferita, cercando di premere fortemente per evitare che il sangue fuoriesca.
Evan: che cosa sei?
Evan sembra ancora sconvolto, si tocca le labbra, cercando di ricordare il sapore.
Bright lo guarda: un cenno di rabbia sul suo volto, ed è raro vederlo su di lui.

“Che cosa succede qui?”

Luke
Luke

Evan si gira, notando Luke all’entrata dello spogliatoio.
Evan: niente…
Ma neanche Evan crede troppo alle sue parole, e sa benissimo che Luke non è uno stupido, e che inoltre non aspettava nient’altro che un suo passo falso.
Luke si avvicina velocemente a Bright. Annusa, un’abitudine comune a Twinswood.
Luke: cos’è questo odore?
Evan non dice una parola, di certo non vuole mettere Bright nei guai.
Luke: guardami.
Luke si rivolge a Bright, che fa ciò che dice.
Luke: guardami, giovane.
Bright lo guarda, lo guarda dritto negli occhi.
Luke: tutto questo non è mai successo. Non sei stato qui stamani.
Il vampiro mette in atto un qualcosa che è difficile da descrivere. È una forma di ipnosi, o almeno così sembra. Evan non ha idea di cosa stia succedendo.
Poco dopo, distintamente, come sempre, Luke si alza, sistemandosi la giacca, sempre ben stirata e lucida, e andando verso Evan.
Evan: ti prego, Luke. Ti prego Luke, mi dispiace.
Nessuno ha mai visto Evan Morrison implorare per un qualcosa, ma c’è sempre una prima volta.
Luke: ti ho avvertito.
Dalla giacca, Luke tira fuori un paletto di legno. Anche quel paletto è distinto, al centro un piccolo stemma d’oro, il legno sembra ben lavorato, non è un semplice paletto.
Evan: ti prego…
Le parole del vampiro sono pregne di disperazione e terrore.

“Hey”

 

Luke si gira, distratto dalla voce alle sue spalle. Un forte lampo di luce, accecante quanto quella del sole, si pone davanti a lui, costringendolo a portare un braccio in avanti per pararsi dai raggi. Quando la luce si abbassa, un chiaro ed evidente segno di scottatura è sulla guancia del vampiro. Quella cosa proveniva dalla mano di Bright, che è alzata contro di lui. Luke è sconcertato, ne ha viste di cose nel corso dei secoli, ma tutto questo è nuovo per lui.
Bright: Evan, vieni con me!
Bright pronuncia queste parole con tono fermo, sicuro, seppur ancora tremolante a causa della ferita al collo.
Luke: lui non può venire.
Bright: invece sì!
Luke si sente sfidato, e nessuno ha mai osato farlo.
Evan non sa che cosa fare; da una parte è spaventato da Luke, ma dall’altra non sa neanche cosa sia Bright.
Bright: andiamo!
Luke: no.
Bright: vuoi che ci riprovi?
Bright scuote la mano, di nuovo, non ama fare ciò che ha appena fatto, ma doveva.
Evan si avvicina a Bright, tenendosi alla larga da Luke mentre lo fa, sa che il giovane non gli farebbe del male.
I due si allontanano lentamente verso l’uscita dello spogliatoio, Bright continua a tenere la mano tesa in avanti, come se fosse una pistola pronta a sparare il suo proiettile.

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Rose guarda attentamente lo schermo del suo MacBook, curiosa, immersa in ciò che sta leggendo. Accanto a lei una tazza di caffé fumante poggiata sull’isola della cucina.

“Benjamin Whittermore.”

Meredith si pone dietro di lei, sorseggiando il caffé della nipote e guardando, curiosa, sulla pagina web che sta visitando. È il profilo facebook di Benjamin.
Meredith: dovresti puntare il mouse su “conferma richiesta d’amicizia.”

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Rose: dovrei farlo?
Meredith annuisce, divertita.
Rose: no, non accetto persone che non conosco.
Meredith: forse è per questo che la tua lista di amici su Facebook è pari a 5 persone.
Rose alza gli occhi, infastidita
Rose: ci risiamo con la storia del farsi nuove amicizie?
Meredith: no. Ma non vedo cosa ci sia di male ad accettare la richiesta di Benjamin.
Rose: stiamo davvero parlando di una richiesta d’amicizia su Facebook?
Meredith: no, stiamo parlando del fatto che sei ferma da cinque minuti sui suoi interessi, e sulle informazioni del profilo.
Rose chiude velocemente il MacBook, girandosi verso la zia. È palesemente imbarazzata, ma non lo darà a vedere.
Rose: sono in ritardo.
Meredith: mi raccomando, distribuisci i volantini a scuola.
Rose: zia, non preoccuparti, Twinswood è tappezzata. Sarà un successone.
Meredith si aggiusta i capelli, velocemente, mentre si reca verso il bancone della cucina, un altro po’ di caffé sembra l’ideale.
Meredith: sono nervosa, non ho mai fatto un qualcosa del genere. Inoltre tua nonna è con il fiato sul mio povero e innocente collo. Il Wilson è una grande attrazione a Twinswood, abbiamo un nome da portare in alto. E anche i guadagni da portare in alto. Ma abbiamo un buono staff, in queste due settimane hanno fatto domanda parecchie persone.
Rose si chiede che tipo di persone abbiano fatto domanda: demoni, lupi? La situazione non le è ancora ben chiara.
Meredith: potresti portare qualcuno stasera, lo sai?
Rose la guarda, desidera che non l’avesse detto. Meredith fa la vaga, sorseggiando il suo caffé.
Rose: certo. Porterò con me il mio amico immaginario: Thomas.
Meredith: Benjamin ci sarà. I Whittermore hanno confermato i loro inviti.
Rose sbuffa, non ama parlare di queste cose.
Rose: ti darò due notizie sui Whittermore. La sorella di Benjamin sembra Mercoledì Addams, mentre Benjamin è…
Meredith: affascinante? Bello? Misterioso?
Rose: strano. Insomma, chi fa dei bagni di notte al lago?
Meredith: una persona che ama la natura.
Rose sospira, il discorso non la mette esattamente a suo agio.
Rose: chi fa finta di non conoscerti una volta che la sua ragazza ti presenta?
Meredith: Oddio, ha fatto finta di non conoscerti? Questo potrebbe significare che l’incontro con te l’ha stregato. Oppure che è uno che non è esattamente sincero con la sua fidanzata.
Rose: continuerei a stare qui volentieri a fare un po’ di chiacchiere stile Sex and the City, ma devo andare a scuola. Non mi interessa di Benjamin o di come si comporta o se venga o meno questa sera, quindi… non parliamone più, ok?!
Meredith: certo…
Meredith continua a rimanere sul vago, mentre Rose prende la sua pesante, a causa del libro, cartella e si reca verso l’uscita posteriore della cucina.

La lingua di Rose si muove lentamente sulla gamba sinistra di Tatia, intenta ad arrivare al suo obiettivo: l’interno coscia.
Tatia ansima prepotententemente, mentre con entrambe le mani stringe con forza le lenzuola di seta, gemendo e gemendo ancora; gode, ne vuole di più, vuole che Rose arrivi proprio lì, al centro del piacere.
Ma Rose non lo fa, non ancora, la fa aspettare, la fa trepidare, deve guadagnarselo. La guarda maliziosa, mentre fa delle piccole pause per assaggiare i suoi sguardi.
Tatia continua a goderne, continua a volere che la ragazza arrivi proprio lì. Prendendole delicatamente la testa tra le mani, Tatia l’accompagna dolcemente dove vuole lei, arrivando finalmente al traguardo del piacere.

“Vieni?”

Una voce risveglia Tatia, riportandola alla realtà. Quella lingua era semplicemente il suo dito, Rose era semplicemente una sua immaginazione. La voce fuori dalla porta è quella di Benjamin.

“Vieni?!”

Tatia: vengo!

Tatia urla, ancora scossa, ma pienamente soddisfatta.

 

Title-18

Benjamin ha deciso di incamminarsi verso il garage di villa Whittermore, stanco di aspettare la sorella. Una felpa leggerla, un bel jeans, non veste decisamente nello stile della famiglia. Il ragazzo scende verso la scalinata che porta all’uscita principale.

Benjamin
Benjamin

Un Alec sempre preparato, composto e in giacca e cravatta arriva proprio nel momento giusto, incrociando il suo percorso con quello del figlio.
Alec: dov’è Tatia?
Benjamin: credo che non sia ancora pronta, forse devi portarla tu.
Alec annuisce
Alec: ricordati di stasera. Siamo stati invitati.
Benjamin guarda il padre, uno sguardo che Alec non sa esattamente decifrare. Nessuno osa mancargli di rispetto, neanche con un semplice sguardo diverso.
Benjamin: immagino tu sia felice di incontrarla, finalmente.
Alec sorride, particolarmente compiaciuto.
Alec: non ti nego che sono curioso.
Benjamin: bene!
Benjamin si gira, procedendo di nuovo verso il portone.
Alec: figliuolo!
Il tono autoritario di Alec si sparge nella sala, richiamando all’attenzione il figlio, che tuttavia gli dà ancora le spalle.
Alec: va tutto bene, Benjamin?
Benjamin: perché mi fai questa domanda?
Alec: ti sento…
Alec pensa ad una parola adatta alla situazione.
Alec: diverso.
Benjamin finalmente si gira, mostrando un chiaro sorriso che esprime amarezza.
Benjamin: sono sempre lo stesso. Forse tu non mi conosci e basta.
Alec non lo dà particolarmente a vedere, ma questa affermazione lo preoccupa, conferma dei sospetti che aveva sul figlio.
Benjamin: buona giornata, papà!
Il ragazzo si gira di nuovo, procedendo finalmente verso l’uscita.

Rose odia essere in ritardo, in qualsiasi situazione, in qualsiasi contesto. Ha perso il bus, e forse è la prima volta che succede in tutta la sua vita. Questo pensiero la rattrista e la fa sentire un tantino patetica, ma non ha il tempo di pensarci molto. Sarà anche in ritardo, ma un qualcosa di positivo c’è: la Twinswood mattuttina è uno spettacolo che va visto almeno una volta nella vita. Le lunghe catene di montagne che racchiudono la cittadina sono più visibili che mai, è un qualcosa che ti toglie il fiato, gli alberi del vialone Stricket sono allineati, formando una perfetta fila naturale, disegnata, quasi come se qualcuno avesse progettato tutto questo.
La stradina è leggermente bagnata da una lieve pioggierellina che ha inumidito il terreno qualche ora prima, l’odore è quello dell’inizio dell’autunno, il paesaggio è sicuramente di ottima compagnia.
Il silenzio del posto, tuttavia, viene a mancare quando un auto di colore blu, abbastanza appariscente, ma neanche troppo rispetto ad altre viste a Twinswood, si avvicina alla ragazza, rallentando. Il finestrino si apre, rivelando un Benjamin sorridente alla guida.
Benjamin: hey!
Rose continua a camminare, mostrandosi infastidita e particolarmente non in vena di scambi di parole.
Benjamin: hey!
La ragazza finalmente si gira, facendo un semplice cenno, mentre Benjamin continua a rallentare, procedendo a passo d’uomo.
Benjamin: ti serve un passaggio?
Rose: no, grazie!
Benjamin: ma sei in ritardo!
Rose: beh, anche tu!
Benjamin: ma io ho una macchina, e sto andando nella tua stessa direzione. Vai alla Twinswood High, giusto?
Rose sbuffa, continuando a camminare, cercando una possibile soluzione ed una via d’uscita.
Benjamin: Rose… andiamo!
La ragazza si ferma, finalmente, in fondo cosa potrà mai essere un semplice viaggio di cinque minuti in macchina? Il veicolo si è fermato.
Rose: ti ringrazio.
Quel ringraziamento non sembra particolarmente sentito in realtà, e Benjamin lo nota. La ragazza apre la macchina, sedendosi lentamente. L’odore all’interno dell’autovettura è molto buono, è un odore che a Rose sembra familiare. Si sposta i capelli, un gesto tipico di quando è nervosa, poggia la cartella sotto le sue gambe, e guarda semplicemente in avanti, non rivolgendo lo sguardo al ragazzo, che dopo un lungo sorriso, ingrana la prima e parte.

Rose nota ogni singolo dettaglio di quella macchina, i cd in disordine sul cruscotto, una catenina sul sedile posteriore che ha visto con la coda dell’occhio, e le mani di Benjamin sul volante. Mani virili, da uomo, se il ragazzo la stringesse come fa con quel volante, sarebbe sicuramente molto fortunata. Ma questo pensiero cerca di toglierselo velocemente dalla testa.
Benjamin, dal canto suo, la guarda attentamente ad intervalli quasi regolari, curioso, attento.
Benjamin: dov’è finita la tua parlantina?
Rose: come, scusa?
Benjamin: di solito rispondi a macchinetta. Hai sempre la risposta pronta.
In realtà è così, Rose ha sempre la risposta pronta, ma questa è una situazione particolare. Non sa ben dire perché, ma stare così vicino a lui, sentire la sua presenza a così pochi cm di distanza, la innervosisce, la fa sentire strana, in soggezione quasi.
Rose: forse non ho niente da dire.
Benjamin sorride, di nuovo, e con lui sorridono i suoi occhi; è una caratteristica che poche persone hanno.
Benjamin: beh, come ti trovi qui?
Rose: questa è una domanda abbastanza ovvia, non trovi?
Quando Rose è nervosa, è abituata a rispondere male. Si dice che questa sia una cosa su cui deve lavorare.
Benjamin: eccola.
Rose: come?
Benjamin: la parlantina.
Rose non può fare a meno di sorridere, è quasi un riflesso incondizionato.
Rose: non è male, insomma, devo ancora ambientarmi, ma è un bel posto.
Benjamin: io lo amo.
Rose lo ascolta, curiosa
Rose: di solito quando si vive in una città si è portati ad odiarla.
Benjamin: amo Twinswood. Le montagne, i laghi, la natura. Insomma, New York è fantastica, Los Angeles è magnifica, ma… questa è casa, forse suona un po’ stupido.
Benjamin sembra sincero, il discorso affascina particolarmente Rose. In fondo lo trova sensato.
Rose: no, ha senso.
Benjamin: vivi con tua zia, giusto?
Rose annuisce, non cercando un contatto visivo.
Benjamin: e i tuoi?
La ragazza finalmente lo guarda, ha chiaramente fatto una domanda che non doveva fare. Benjamin se ne accorge quando ormai è troppo tardi.
Benjamin: oh… Io non… Non volevo essere inopportuno.
Rose: non fa niente.
In realtà non è così, il solo pensare ai suoi genitori rievoca ricordi non piacevoli, ricordi che non le fa bene riesplorare.
Rose ringrazia che il tragitto sia finito, la scuola è proprio davanti a loro. Deve scendere.
Rose: ti ringrazio!
La ragazza apre velocemente lo sportello, non permettendo neanche a Benjamin di salutarla o di parcheggiare.

 

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I boschi di Twinswood sembrano la giusta meta; essere lì, in fondo, è come trasformarsi nell’ago nel pagliaio, e Bright lo sa bene. Le forze sembrano quasi averlo abbandonato del tutto, ha perso molto sangue, e la scarica che ha rilasciato non ha di certo aiutato la causa. Evan è proprio dietro di lui, non è solito aggirarsi da quelle parti, non conosce affatto il posto, e tenta di non inciampare in rami o erbacce
Bright finalmente si ferma, accanto ad un tronco, si appoggia lì, lasciandosi scivolare, esausto.
Bright: qui dovremmo essere al sicuro.
Evan lo guarda, perplesso
Evan: qui? In mezzo al nulla?
Bright annuisce, sicuro della sua affermazione.
Bright: Luke non sembra il tipo da foreste.
Evan: verrebbe a cercarmi anche se fossi finito sulla luna, il bastardo!
Bright: che cosa hai fatto, esattamente?
Evan lo guarda, iniziando a fare avanti e indietro, nervoso.
Evan: non riesco…
Il vampiro tentenna, odia mostrare o parlare delle sue debolezze.
Evan: non riesco a trattenere la sete, ok?!
Bright deglutisce, in evidente stato confusionale
Bright: hey, con me ci sei riuscito. Ti sei fermato.
Evan: non so neanche io come ho fatto. Ma ti ho quasi dissanguato, ed ho ancora fame. Ne vorrei di più. Ecco qual è il problema. Ne voglio sempre di più.
Bright riposa gli occhi, stanco anche solo di tenerli aperti.
Evan: hey…
Evan si avvicina velocemente, abbassandosi verso di lui.
Evan: stai male…
Bright: starò bene.
Questa è la prima volta che Evan guarda Bright in questo modo, o almeno davanti ai suoi occhi; in un mondo compassionevole, un’espressione che mostra empatia, dispiacere, voglia di fare qualcosa. Il ragazzo ne è felice.
Evan: lascia che ti aiuti.
Bright lo guarda, confuso
Bright: e come?
Evan avvicina velocemente il braccio destro alla sua bocca, mostrando chiaramente i canini e affondandoli in una vena ben in vista.
Bright: no, non posso.
Evan lo guarda, perplesso.
Evan: come?!
Bright: non posso bere il tuo sangue, è vietato.
Evan: vietato da cosa?
Bright: io…
Stavolta è Bright a tentennare. La voce bassa, contaminata dalla stanchezza e dalla debolezza.
Bright: io sono diverso.
Evan lo guarda, il sangue gocciola lentamente, scivolando lungo il braccio.
Evan: beh, il sangue mi aveva dato un indizio, la luce l’ha un po’ confermato. Che cosa sei?
Bright: non posso dirtelo.
Evan sbuffa, sarà una lunga giornata, questo è sicuro.
Evan: beh, abbiamo una foresta e una vita da fuggitivi per tutta la storia, quindi…

Rose guarda Leda, cercando di capire la sua prossima mossa. Le due sono sedute una davanti all’altra nel bagno del secondo piano della Twinswood High. L’ingresso è stato chiuso da un secchione, le gambe di entrambe sono incrociate, lo sguardo si incontra nella stessa traiettoria; entrambe sono nervose, entrambe sanno che quella conversazione plasmerà qualsiasi rapporto che potranno avere in futuro. Leda, soprattutto, sa che dopo quella determinata rivelazione, non si può tornare indietro. Ma glielo deve, sente che glielo deve.

Leda
Leda

Rose: dunque…
Rose la guarda, curiosa di sapere.
Leda: non c’è un modo giusto per dirlo.
Rose: sembra una specie di coming out.
Leda: è un coming out. O meglio un coffing out. Un “Coming Out of the Coffin.”
Rose la guarda, tentando di capire il nesso.
Leda: dunque, prendiamola in modo semplice. Bella ed Edward. Elena, Stefan, Damon. Dracula.
Rose: no.
Rose è incredula, non può essere vero, è assurdo.
Rose: sei un…
Leda annuisce.
Rose: no, non è possibile. Oh mio Dio.
Rose non è poi così tanto stupita, nelle ultime due settimane ne ha viste tante, ha dovuto rivedere le sue posizioni su molte cose. Ma sentire che creature che esistevano solo nella sua immaginazione, in realtà sono reali, è tutta un’altra storia.
Rose: e come funziona?
Leda: cosa vuoi dire?
Rose: voi… Voi bevete sangue?
Leda annuisce, di nuovo, con molta tranquillità in realtà.
Rose: e dove lo prendete?
Leda: dagli umani. Non possiamo bere sangue animale, il nostro corpo lo rigetta, anche se volessimo, non potremmo farlo.
Rose non riesce a capire; in realtà spera di aver capito male.
Rose: quindi voi uccidete…
Leda: no!
Leda rimarca questa parola, tiene a precisare come funzionano le cose.
Leda: no, ci sono dei volontari.
Rose: e tutta la faccenda del glamour? Ipnosi o cose del genere?
Leda: non è per tutti i vampiri, ci riescono solo alcuni vampiri antichi, come mio fratello.
Rose apprezza la sincerità della ragazza, anche se il tutto rimane ancora incredibilmente assurdo.
Rose: brillate?
Leda guarda Rose in malo modo
Leda: tu voli su una scopa?
Rose: ok, in effetti è una domanda stupida.
Leda: dimentica Twilight. Non siamo niente del genere.
Rose: siete più True Blood.
Leda sospira, facendo cenno di no con il capo
Leda: forse, in un modo, si avvicina di più alla realtà dal vampirismo. Ma ci sono regole, nozioni e altre cose che io stessa ancora non capisco di noi.
La vampira sembra sincera, e Rose sa dire chi lo è e chi non lo è, è una sua qualità, lo avverte e basta.
Leda: volevo dirti la verità. Tu mi hai aiutata, te lo dovevo.
Rose: apprezzo che tu l’abbia fatto.
Leda: ma non devi rivelare a nessuno ciò che ti ho detto.
Rose: in questa città sembra che tutti sappiano di tutti.
Leda: è un’apparenza, Rose. Non tutti sanno di tutti, e quelli che sanno, ne sanno poco. Sappiamo stare tutti al nostro posto, nel nostro “branco.” Si sopravvive così qui.
Rose: come sapevi che ero uno strega? Insomma, neanche io so per certo di esserlo…
Leda: oh, credimi, lo sei. Io stesso ti ho visto creare del fuoco con le mani. È forte, complimenti!
Rose sorride, in fondo condividere quell’esperienza con qualcuno è positivo, e pavoneggiarsi di quel potere le viene quasi naturale, è come andare bene ad un test o essere bravi in uno sport.
Leda: comunque, è stato mio fratello Luke. Lui lo sapeva.
Rose la guarda, cercando di capire cosa c’entri Luke in tutto questo.
Rose: Luke è un vampiro.
Leda annuisce
Rose: ed è tuo fratello.
Leda: sì ma, non nel modo in cui lo sono gli umani. Essere fratelli vampiri è diverso. Si sceglie, durante la trasformazione.
Rose: si sceglie?
Leda: è un processo complicato, si fa un giuramento: d’amore, o di famiglia, o di semplice legame eterno. Luke ha fatto un giuramento di famiglia quando mi ha trasformata.
Rose: quindi è stato lui.
Leda annuisce, sorridendo. È chiaro sul suo volto il bene e il rispetto che prova nei confronti di Luke.
Rose: e… quanto tempo fa…
Rose ha sempre una certa paura nel fare le domande, ma la curiosità è più forte.
Leda: nel 1912.
Rose: nel 1912?
Leda annuisce. Si alza, velocemente.
Leda: ora devo andare.
Rose si alza insieme a lei, non può finire qui.
Rose: aspetta!
Leda si reca verso l’uscita del bagno, sposta l’impedimento che bloccava l’uscita. Rose la segue nei corridoi della Twinswood High.
Rose: nel 1912, quando è affondato il Titanic!
Leda la guarda, sorridendo, ma limitandosi a fare solo quello.
Rose: oh mio Dio, sei stata sul Titanic. Oh mio Dio!
Leda: perché questo sembra stupirti di più del fatto che io sia una vampira?
Rose: tu sei stata sul Titanic!
Leda: sì, e non è andata esattamente come pensa Cameron!

 

Gabriel
Gabriel

Le due, prese dal discorso, incappano in Gabriel e il suo gruppetto, gruppetto che non include Robin.
Gabriel guarda Leda, il solito sorrisetto fastidioso e strafottente stampato in viso.
Gabriel: wow, la First Wendigo Lady.
Leda non lo guarda in viso, il ricordo dei suoi glutei è ancora perfettamente stampato nella sua mente.
Rose guarda la scena, cercando di non immischiarsi in questo caso, anche se le piacerebbe sfogare un po’ di rabbia su Gabriel. Sarebbe un bersaglio perfetto.
Leda: come sta?
Gabriel: il tuo ragazzo sta bene, è nella riserva, e il processo è stato rimandato. Per ora…
Leda: wow, non sembrarne troppo contento.
Gabriel: hey, sono contento per Robin.
I due si guardano per qualche secondo, finalmente la vampira riesce a ricambiare lo sguardo; Gabriel sa mettere in soggezione, e Leda è una ragazza che, nei suoi anni di vita e non vita, poche volte ha visto un corpo nudo.
Leda: digli che lo saluto, ti prego.
Gabriel: spero di ricordarmelo.
Era troppo bello per essere vero, un’intera conversazione senza una battuta sartastica o al vetriolo.

“Leda.”

La voce è riconoscibilissima per lei, è quella di Luke. La vampira si gira, notando il fratello in lontananza.
Leda: io devo andare.
Rose annuisce, sicuramente la loro conversazione non può finire lì, dovrà avere un seguito. Gabriel guarda Leda allontanarsi verso Luke, poi si ricongiunge con il suo gruppetto, andando verso la parte opposta del corridoio.

 

Twinswood, 1641

//
// Colonna Sonora: Vampire Love

Notte fonda, Luke guarda attentamente al centro del fuoco, della fiamma che arde sulla torcia della guardia che l’ha svegliato nel cuore della notte.
Luke: dove stiamo andando?
Ma la guardia non risponde, si limita semplicemente a condurlo attraverso il percorso creato dall’uomo.
Il ragazzo si guarda attorno, di notte Twinswood è ancora più bella, se è possibile, i rumori nella foresta, tuttavia, aumentano durante le ore di buio, come se le creature aspettassero la notte per palesarsi e vivere l’ambiente.
La guardia si ferma all’apertura di due diversi cespugli, davanti a loro due una cabina in legno, alla porta altre due guardie.

“La signora vi sta aspettando.”

Luke lo guarda, nervoso, le parole di Michelle riecheggiano nella sua mente.
Luke: devo entrare?
La guardia fa cenno di sì con il capo, facendogli spazio.
Luke non è un tipo che si tira indietro, né lo farà questa volta, inoltre è curioso di sapere da cosa vengano scaturite le parole d’astio di Michelle. Si fa avanti, procedendo lentamente verso l’entrata della cabina. Prima di entrare, guarda un’ultima volta la luna; è alta in cielo, è impossibile non ammirarla. Quella sarà l’ultima volta che la vede da vivo.

Il ragazzo apre la porta in legno.

“Chiudi.”

Una voce femminile, una donna sulla quarantina, un tono deciso, stucchevole, autoritario. Luke chiude la porta dietro di sé, come ordinato.
Luke: volevate vedermi?

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“Avvicinati, ragazzo!”

Luke sospira, avvicinandosi come chiesto. Davanti a lui un enorme letto, un velo al centro della stanza, sopra di esso. Sul letto c’è lei, raramente Luke è riuscito a vederla anche solo da lontano. Ma è bellissima, la pelle sembra di porcellana, neanche una singola ruga sul suo volto. I capelli sembrano luminosi, setosi, quasi dipinti con il più costoso dei pennelli.
Luke: mia signora…

“Ti prego, chiamami Megania.”
Ma Luke non lo farebbe, non ora.
Megania: Luc DeLuc. È un nome interessante, un po’ banale forse. Sai da dove proviene?
Luke: la mia famiglia ha origini Parigine, signora.
Megania: no, non intendevo questo. Intendevo il significato, il significato del tuo nome.
Luke: mi dispiace signora, io l’ho preso da mio nonno.
Megania accenna un lieve sorriso, ma i suoi occhi non sorridono. I suoi occhi non sorridono mai. Si aggiusta la veste, che elegantemente si abbina ai colori delle lenzuola.
Megania: ti piace questo posto o ti manca la Francia?
Luke si chiede che cosa stia succedendo, e soprattutto il perché di quelle domande.
Luke: mi piace qui, Signora. Certo mi manca casa.
Megania: hai famiglia?
Luke annuisce
Luke: una madre e due fratelli.
Megania: gli mancherete molto, sicuramente.
Luke: mancano molto anche a me.
Megania: quindi tu tieni alla famiglia, vero Luc? È un valore importante per te.
Luke deglutisce, nervoso. Ma di questo è sicuro di rispondere nel modo giusto.
Luke: certo, signora. È un valore molto importante.
Megania: lo è anche per me. Quindi capirai il mio rammarico nello scoprire che Michelle non si confida più con me.
Luke: mi dispiace, signora.
Megania: oh, credo sia una fase che affrontano tutte le madri con le loro figlie. ‘Chelle è ribelle, lo è sempre stata. In fondo ammiro il suo forte carattere.
Luke: sono d’accordo, signora.
Luke sorride, finalmente.
Megania: c’è un rapporto speciale tra voi due.
Stavolta il ragazzo non risponde, non saprebbe come farlo.
Megania: ho saputo che l’hai deflorata. Pensavo che ‘Chelle sarebbe rimasta vergine fino al matrimonio. Oh, non perché io tenga a queste cose o creda che sia la cosa giusta. Voglio dire, perché noi donne non possiamo aprofittare delle gioie del sesso, mentre gli uomini scopano ovunque tra bordelli e puttane di strada?
Luke si mostra confuso dal linguaggio adottato dalla donna, anche se piacevolmente sorpreso dal suo modo di pensare.
Megania: ‘Chelle ha sempre avuto un qualcosa che molte ragazze neanche sognano. La purezza, la bontà. Certo, non è la più aggrazziata di tutte, ma è pur sempre un fiore. Non concordi?
Luke annuisce
Luke: concordo, signora. Io…
Megania: sai, mi piaci! Riesco a capire cosa ‘Chelle vede in te. Sei un bellissimo ragazzo.
Luke: la ringrazio.
Megania: ha provato dolore?
Luke la guarda, confuso
Luke: come, scusi?
Megania: mentre la deflorava, ha provato dolore?
Luke è chiaramente in imbarazzo, la conversazione è assurda, fuori dall’ordinario, e sicuramente non adatta al contesto.
Megania: perdonami, sono una curiosona. Perché non ti avvicini?
Luke: domani dobbiamo alzarci presto, signora. Io dovrei…
Megania: avvicinati, ora.
La donna fa uno strano gesto con il dito, portandolo avanti. Luke sente il dovere fisico di avanzare, anche se tutto gli sta dicendo di girarsi e uscire da quella porta. Sembra come una strana forza che controlla il suo corpo, non è di certo lui ad controllarsi.
Megania: sì, vieni qui.
Il ragazzo continua ad avanzare lentamente, quasi come un cagnolino che va dal suo padrone, non appena gli viene ordinato.
Quando Luke arriva accanto al letto della donna, questa gli pone tutte le attenzioni.
Megania: sì, sei bello.
La donna pone le mani avanti, alzando lentamente la sporca veste che Luke porta, il ragazzo non controlla se stesso, riesce a sentire e ad avvertire cosa sta succedendo, ma non può fare niente a riguardo.
Megania tocca il ventre del ragazzo, qualche pelo sparso sulla pancia, la perfetta “V” che segna l’arrivo alle parti interessanti.
Megania: sei così giovane.
Con un semplice gesto, e con una forza smisurata, la donna porta Luke sul letto, è completamente sdraiato, e immobile. È come se un veleno paralizzante avesse preso possesso del suo corpo.
Megania: scommetto che sei buonissimo!
Dopo questa affermazioni, gli affilati canini di Megania si palesano, Luke ha uno sguardo sconvolto, ma non può fare nulla.
Megania: assaggiamo!
La donna si avvicina lentamente al collo del ragazzo, per poi, come una serpe vicino ad una caviglia, azzannarlo con foga. La forza di Megania è impressionante, è come se una dozzina di uomini tenessero immobile Luke. Essere morsi fa male, quando il sangue filtra attraverso il nostro corpo, per poi arrivare nella bocca del vampiro, è come se qualcuno ci risucchiasse l’anima, la nostra linfa vitale, è come se la vita ci abbandonasse a poco a poco.
Megania si ritrae, dopo aver completato un buon pasto, porta la mano accanto al collo di Luke, pulendo la ferita e leccandosi famelicamente le dita.
Dopo aver fatto ciò, sale lentamente su di lui, abbassandogli le braghe, e togliendosi ogni veste.
Megania: ecco qui!
La donna inizia a farsi possedere, è contro la volontà del ragazzo, ma stranamente qualcuno lì sotto collabora.
Megania: oddio!
Megania si spinge contro di lui, gestendo a suo piacimento la direzione del piacere. Luke continua ad essere inerme, come un burattino.
La donna avvicina lentamente i seni alla bocca del ragazzo, mentre è ancora sopra di lui, mentre lo sta ancora cavalcando.
Megania: mordi!
Ma Luke non la guarda, il suo viso è spostato verso sinistra. Megania, con prepotenza, lo riporta in avanti, costringendolo a guardarla.
Megania: MORDI!
Con ferocia, le parole di Megania si innescano nella mente di Luke, costringendolo a morderle un seno. Il sangue della donna inizia a bagnare le sue labbra.
Megania: sangue per sangue, il rapporto fisico che sigilla il contratto. Creo un legame eterno, creo un fedele alleato, una creatura della notte.
Megania continua a muoversi prepotentemente su di lui, dopodiché, con maestosa grazia, prendendo una forcina che le tiene i capelli in su, la pone sul petto di Luke, a misura della cuore. Con estrema velocità porta in alto la forcina con entrambe le mani, piantandola direttamente al centro del petto del ragazzo, che in pochissimi secondi si spegne.
Megania: liberati della tua vita umana, diventa una creatura della notte. Diventa un fedele alleato. Quelle lenzuola bianche, ora sono completamente tinte di rosso, c’è sangue ovunque, c’è morte ovunque.

Leda non ha mai visto suo fratello in quello stato; nervoso, impaurito, un senso
di angoscia lo pervade, non riesce a stare calmo, si aggira per l’aula vuota, cercando una valida soluzione al problema.
Leda: puoi calmarti un secondo?
Luke: e come? Evan è scappato. Non so come trovarlo, non riesco a percepire il suo odore.
Leda: hai detto che è andato con Bright.
Leda nota la palese ferita sul volto del vampiro
Leda: e quella come te la sei fatta?
La ragazza si avvicina al fratello, velocemente, cercando di capire l’entità del danno.
Leda: devi fare qualcosa.
Luke: se sapessi come curarlo, pensi che non l’avrei fatto?
Luke è furioso, odia essere scavalcato, odia dover stare alle regole degli altri.
Leda: potremmo chiedere aiuto a Rose.
Luke la guarda, incredulo
Luke: come?!
Leda: lei è una strega. Tu mi hai parlato di…
Luke: non pronunciare il suo nome.
Il vampiro è più autoritario del solito, si pone al centro della stanza, fermandosi finalmente, pensando al da farsi.
Leda: lei potrebbe aiutarci, so che potrebbe.
Luke: come ti ha aiutata la scorsa settimana?
Leda indietreggia lentamente, temeva che Luke potesse scoprire cosa è successo.
Luke: pensi che io non lo sappia. Pensi che io sia così stupido?
Leda: dovevo farlo, Luke.
Luke: ti avevo chiesto di non intrometterti nelle faccende delle streghe.
Leda: lei mi ha dato una mano. È buona, è diversa dagli altri.
Luke: e cosa te lo fa pensare? Il fatto che ti abbia aiutato a salvare il tuo ragazzo? Questa non è una questione adolescenziale, Leda.
Leda: è stato molto più di questo. Luke, è una persona di cui ci possiamo fidare. So che non ti fidi di nessuno, e che sei scontroso, e che pensi che non ci sia niente di buono in questo posto…
Luke: non c’è. Non c’è mai stato.
Il vampiro si gira, non permettendo alla sorella di vedere il chiaro sconforto del suo sguardo, causato dai mille ricordi che riaffiorano.

Twinswood, 1641

In un evidente stato confusionale, Luke vaga per la foresta principale, sa dove deve andare, sa chi deve vedere, ma è tutto diverso ora. I colori, gli odori, i rumori, sembra tutto più intenso, più vivo, è come se fosse rinato, è come se fosse venuto al mondo per una seconda volta. Mentre cammina tra i cespugli in modo impacciato e confuso, si guarda le mani, sono ancora pregne di sangue, c’è sangue ovunque sul suo vestiario.

“Luc”

Una voce innocente lo distrae, è come se riportasse l’animale alla realtà. Si tratta di Michelle, di nuovo è accanto alla riva del lago, vicino a quel tronco su cui l’aveva vista sedersi quella mattina.
Luke: Michelle…
Anche il suono della sua voce sembra diverso. Uno strano sapore amaro in bocca. Ha sete, ha tanta sete.
Michelle: cosa ti è successo?
Michelle guarda le condizioni del ragazzo, incredula, spaventata.
Michelle: che cosa ti hanno fatto?
Luke: io…
Luke cerca di ricordare, i vari flash della serata si fanno vivi, non avendo un qualche minimo senso.
Luke: io ho tanta sete. Ho sete.
Michelle: prendi un po’ d’acqua.
Michelle corre verso il suo cavallo, prendendo una boraccia piena d’acqua e avvicinandosi velocemente verso Luke, che la beve, di corsa. Dopo qualche secondo, il ragazzo la sputa, come se fosse la cosa più disgustosa che avesse mai bevuto.
Michelle: cosa c’è che non va?
Luke guarda attentamente il collo di Michelle. La carotide che pulsa prepotentemente sembra essere un invito a banchettare. Il ragazzo si domanda che cosa stia succedendo.
Michelle: Luke…
Michelle cerca di capire cosa stia succedendo, senza successo tuttavia.
Dopo la pronuncia del suo nome, un blackout. Il buio, il nulla.

 

Colonna Sonora: The Body

Luke si sente stranamente bene; lo stomaco è pieno, la sete non c’è più, almeno per ora. La sensazione di amarezza in bocca è scomparsa, lasciando spazio a sensazioni più che positive. L’erba sotto i palmi delle sue mani, il piacevole rumore del laghetto, la luna che illumina il tutto. Il vampiro apre gli occhi, ponendo le braccia a terra per farsi su con forza. L’ultimo ricordo è quello di una Michelle spaventata, che cerca di aiutarlo.
Spostando la mano nel terreno, Luke avverte qualcosa di fastidioso, di denso. Guarda la sua mano: è sangue. Il ragazzo sposta lo sguardo in avanti, verso il percorso al lago, una macabra scia di sangue porta ad un corpo non molto lontano da lì.
Luke: no…
Luke riconosce subito la gonna dai merletti sporchi, corre velocemente verso il corpo, abbassandosi, avendo la conferma di ciò che temeva: è Michelle.
Luke: no…
Il suo viso; così bello, sempre accesso e pieno di vitalità, ha lasciato spazio ad uno sguardo inespressivo, privo di vita.
Luke: ti prego, no…
Luke inizia a singhiozzare, inizia a tremare, accasciandosi sul corpo senza vita della ragazza. Le tocca il viso, cercando una reazione, sperando che tutto ciò in realtà non sia successo.
Luke: no, no, no, Michelle. No.
Luke urla, disperato.
Luke: NO!
Le mani tremolanti cercano di riavvivare il corpo, naturalmente senza successo.
Luke: ti prego, mi dispiace. Ti prego, Michelle.
La voce di Luke si spezza, in un pianto disperato, tragico, ma c’è qualcosa di diverso rispetto a prima, è un pianto senza lacrime. Non escono, il ragazzo si chiede il perché, si tocca gli occhi, disperato.
Luke: che succede?
Cerca di dilatare gli occhi, deve esserci qualcosa che non va.
Luke: cosa mi sta succedendo?!

Twinswood High School, 2013

Rose è accanto al suo armadietto, la giornata di scuola è da poco terminata, sta rimettendo in ordine i libri di scuola prima di andarsene, le aspetta un duro pomeriggio in albergo, stasera c’è il grande evento.

“Rose.”

Joseph
Joseph

La ragazza viene distratta dal suono di una voce che tuttavia non riconosce, si tratta di Joseph, un suo compagno di classe. È molto carino, nello stile del “ragazzo della porta accanto,” denti bianchi e giusta pettinatura.
Rose: Joseph…
Joseph: ciao, sei scappata una volta che è suonata la campanella.
Rose: sì, ho molto da fare, oggi…
Joseph: c’è la riapertura. Sì, lo so, ci è arrivato l’invito.
Rose: bene!
Joseph: ecco, a proposito di questo.
Rose lo guarda, curiosa, si chiede cosa voglia il ragazzo. Certo rispetto agli altri alunni della Twinswood High sembra meno “cupo” e più affidabile.
Joseph: mi chiedevo se io potessi essere il tuo +1
Rose: il mio +1?
Joseph annuisce, mettendo in mostra di nuovo i suoi bianchissimi denti con un sorriso completo.
Rose: è un invito ad uscire?
Joseph: non propriamente, visto che l’albergo è tuo ma… Sai, ci si potrebbe divertire. Sarebbe una serata diversa.
Rose: io non…
Rose si gira, notando in lontanza Benjamin che la sta fissando, accanto a lui sua sorella Tatia. La ragazza pensa alle parole di sua zia, a tutte la questione di “farsi degli amici.”
Rose: perché no, potrebbe essere divertente.
Joseph è contento della risposta, in realtà non credeva di riuscirci così facilmente.
Joseph: bene. Alllora… ci vediamo lì.
Rose annuisce, dopo parecchio tempo si sente un pochino “normale.”

Benjamin: chi è quello?
Tatia si gira, notando Rose e Joseph in lontananza.
Tatia: si chiama Joseph. È carino, vero?
Benjamin: non l’avevo mai visto.
Tatia: ovviamente, tu non interagisci con la plebe.
Benjamin guarda la sorella in malo modo, scuotendo il capo in segno di disappunto.
Tatia: perché me lo chiedi?
Benjamin: come?
Tatia: oh, Benjie. Il verde è un colore che non ti dona!
Tatia schiaffeggia il fratello in modo affettuoso, allontanandosi lentamente, e sempre come se quel corridoio fosse una catwalk, verso l’uscita dell’edificio.

Foresta di Twinswood, Bright è ancora appoggiato a peso morto a quel tronco, mentre Evan è ancora in piedi, ormai sono passate delle ore, ma una soluzione non sembra arrivare.
Evan: ascolta, devi bere!
Bright parla a fatica, sembra sul punto di perdere i sensi da un momento all’altro.
Bright: non posso, te l’ho detto.
Evan: perché?!
Bright: sono le regole.
Evan lo guarda, incredulo, non capisce perché non voglia salvarsi la vita.
Evan: ma di che parli? Qui si tratta della tua vita.
Bright: va bene così, davvero.
Evan: ti porto in ospedale, allora!
Bright: no, Luke sentirebbe il tuo odore una volta uscito dalla foresta. E io non posso proteggerti.
Evan lo guarda, ancora più incredulo. Non riesce a capire come sia possibile.
Evan: perché fai questo per me?
Bright: come?
Evan: io… io ti tratto da schifo. Sono uno stronzo.
Evan non riceve risposta, Bright ha chiuso gli occhi, sembra aver perso i sensi. Il vampiro si toglie velocemente la maglia, mostrando un bellissimo fisico che tuttavia Bright non può apprezzare al momento, si morde di nuovo il braccio, ormai guarito dalla precedente ferita, avanzando velocemente verso Bright, forzando il sangue nella sua bocca. Non sa se sia la cosa giusta, ma sa che è in dovere, deve farlo.

Twinswood, 1641

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Il buio è quasi diventato abitudine ormai, il giorno è arrivato e Luke lo sente, il sole riesce a filtrare assurdamente attraverso la pietra, facendo percepire al vampiro il calore che emana; ma è tutto ciò che può avere dal giorno.
Quella caverna, non lontano dal lago, è diventata ormai la sua casa durante le ore diurne, e spesso anche durante le ore notturne, Luke ha paura di uscire da lì, potrebbe far del male a qualcuno, e non lo sopporterebbe. Vive come un primitivo, come un pezzente, come un animale: affamato, sporco, senza nessuna prospettiva di aiuto.

“Creatura della notte.”

Luke si allarma, ponendosi in piedi.
Luke: chi è?
La sua voce rimbomba tra le pareti della caverna.
“Non devi avere paura.”

E’ una voce femminile, molto dolce, rasserenante.
Luke: chi sei?
“Sono qui per aiutarti.”
Luke si gira, cercando di capire da dove provenga quella voce.
Luke: che cosa vuoi da me?! Esci dalla mia testa!

“Non sono nella tua testa.”

 

Luke si gira, la voce porta proprio alle sua spalle, Lisandra è lì. Tra le mani ha un grosso cesto.
Luke: tu chi sei?
Lisandra: mi chiamo Lisandra.
Luke: devi andartene da qui.
Lisandra: e perché?
Luke: potrei farti male.
Lisandra fa cenno di no con il capo, sicura di se.
Lisandra: no, non puoi.
Luke: tu non sai che cosa sono.
Lisandra: so benissimo cosa sei. Sei una creatura della notte.
Luke la guarda, sorpreso. Evidenti scottatura si palesano sul suo viso una volta che si avvicina alla strega. Il buio le nascondeva.
Lisandra: sei uscito al sole?
Luke: è stato un errore.
Lisandra: e se ti dicessi che puoi rifarlo?
Luke la guarda come se avesse detto la cosa più assurda di sempre.
Luke: ci ho provato più di una volta. Queste cicatrici ne sono il risultato.
Lisandra resta lì dov’è, sorridendo, sa di poterlo aiutare.
Lisandra: Luc, non finisce qui.
Luke la guarda, sorpreso
Luke: come sai il mio nome?
Lisandra: sapevo che saresti stato qui. Ti ho trovato.
Luke: ti ha mandato lei? Ti ha mandato quel demonio?
Il vampiro si inaltera, furioso; Megania è inavicinabile.
Lisandra: quello che ti è successo è ingiusto. Ma io non sono quel demonio.
Luke: io l’ho uccisa. Io l’ho uccisa.
Ancora negli occhi di Luke c’è molta disperazione, ma assenza di lacrime.
Lisandra: allora, vuoi rivedere il sole?
Luke: io non ti credo.
Lisandra: dovrai farmi un favore, e devi darmi la tua parola che lo farai. Se questo accadrà, io ti ridarò il sole.
Luke: che favore?
Lisandra: te lo spiegherò presto.
Luke fa cenno di no con il capo
Luke: io non ti credo. Vattene da qui!

Lisandra: “Usa le mie passate vite, cura e rimargina queste ferite.”

Luke sente un forte calore in viso, istintivamente si porta le mani sulle ferite, sorpreso, sente una pelle liscia, curata, senza alcuna cicatrice. Guarda la strega; sicuramente questa è stata una prova di fedeltà.

Twinswood, 2013

La sera è calata su Twinswood, il Wilson Hotel sembra una stella illuminata nella notte oscura rappresentata dal buio della foresta che fa da contorno al lago. I primi ospiti sono già arrivati, come al solito si sono riuniti in gruppetti, gli abitanti di Twinswood sembrano davvero divisi in branco. Rose e Meredith sono all’entrata, stanno accogliendo i vari invitati. Rose è vestita in rosso, un abito che non ha mai indossato, ma che le dona particolarmente. Di solito è una tipa da jeans e felpa, ma per questa occasione ha fatto uno sforzo per sua Zia. Meredith è in gran forma, un lungo abito nero, molto elegante, in tinta con lo stile dell’albergo, che è molto lussuoso, è un pezzo di storia di Twinswood.

All’entrata principale, lo sceriffo Morrison arriva in una veste diversa. Lo smoking gli dona particolarmente.
Meredith: sceriffo…
Rose guarda l’uomo e in seguito sua zia.
Morrison: salve. Avete fatto le cose in grande, eh?
Morrison nota le sfarzose decorazioni, Meredith si è davvero impegnata affinché fosse tutto perfetto.
Meredith: già, spero che il tutto sia di suo gradimento. I cocktail sono all’open bar, vicino alla reception.
Morrison: veramente sono astemio.
Meredith lo guarda, sopresa.
Morrison: avete visto mio fratello? Ehm, si chiama Evan. Dovrebbe essere già arrivato. Ha 16 anni, un ciuffo pieno di gel…
Rose: lo conosco. No, io non l’ho visto.
Morrison sembra deluso dalla risposta, ma non affatto sorpreso.
Morrison: beh, ti ringrazio.
Rose: si figuri.
L’uomo si allontana, avanzando verso l’entrata sotto l’occhio attento di Meredith.

“Rose.”

Questa volta Rose riconosce quella voce. È Joseph, profumato e ben vestito come sempre.
Rose: hey…
Joseph guarda la ragazza dalla testa ai piedi.
Joseph: wow, sua nipote è splendida.
Joseph si rivolge a Meredith, che fa un cenno di consenso
Meredith: sono d’accordo.
Rose: io dovrei aiutare mia zia qui, se vuoi puoi andare al buffet, magari ci si vede dopo.
Joseph la guarda, leggermente deluso.
Joseph: ok, ci vediamo dopo, allora!
Rose annuisce. Il ragazzo avanza verso l’entrata principale.

Meredith: hey, ma che fai?
Rose: cosa vuoi dire?
Meredith: me la posso cavare da sola qui, vai da lui!
Rose fa cenno di no con il capo, nervosa
Rose: no, sto benissimo qui, grazie.
Meredith: asociale. Se continui così non imparerai mai niente.
Rose sorride, divertita.

Improvvisamente, quell’ambiente positivo, divertito, si trasforma in qualcosa di diverso per Rose. Avverte una strana e macabra sensazione; una sensazione di pericolo imminente, di ansia. Il cuore inizia a prendere un ritmo più veloce, le mani sono sudate, il petto sembra essere racchiuso in una morsa.
La ragazza guarda in avanti, Benjamin è proprio davanti a lei. È bellissimo in smoking, i capelli pieni di gel, portati leggermente all’indietro. Dietro di lui c’è sono Alec, che tiene sottobraccio Tatia.

Meredith: Benjamin!
Meredith sorride, contenta di vedere il ragazzo.
Benjamin: signora Wilson.
Rose guarda in basso, imbarazzata. È ancora confusa, quella sensazione di pericolo imminente sembra non lasciarla.
Benjamin: ciao.
Benjamin cerca lo sguardo di Rose, che tuttavia sembra non arrivare.

“Benjamin”

Il ragazzo guarda in avanti, Lauren è già dentro, lo chiama agitando la mano.
Benjamin: io devo andare.
Il ragazzo si fa avanti verso l’entrata dell’albergo, lasciando spazio ad Alec e Tatia.
Rose ed Alec si guardano per qualche secondo, la ragazza lo vede semplicemente come il padre di Benjamin, senza sapere cosa si nasconde dietro.

Alec: buonasera.
Tatia continua a tenersi stretta al padre.

Meredith: buonasera Signora Whittermore, è un piacere conoscerla di persona finalmente.
Alec sorride, sempre in modo distinto.
Alec: la ringrazio, il piacere è tutto mio.
Alec continua a fissare Rose, non può farne a meno. La ragazza continua invece a provare quella strana e macabra sensazione.
Alec: tu sei…
Tatia: Rose. Lei è Rose.
Tatia sorride alla ragazza.
Alec: piacere di conoscerti Rose.
Alec non pone la mano avanti, questo sembra molto strano a Rose.
Rose: il piacere è mio.
Alec sta cercando di contenersi in realtà, è come se davanti a lui ci fosse un piatto prelibato.

Rose sposta lo sguardo in avanti, accanto alla scalinata principale, che porta all’entrata dell’albergo, Leda le fa cenno di raggiungerla.

Rose: scusate io… Io devo allontanarmi un attimo.
Rose si fa avanti.
Tatia: aspetta!
La ragazza si gira, distratta dalla voce di Tatia.
Tatia: ti ho portato questo!
Tatia apre la sua vistosa borsetta, tirando fuori un CD, lo passa a Rose.

“The Runaways.”

Rose: wow… grazie.
Rose è parecchio imbarazzata, ma sembrava esattamente l’intento di Tatia.
Tatia: figurati. Magari andrai oltre Taylor Swift.
Rose: forse…

Rose raggiunge velocemente Leda, che l’attende nervosa accanto alle scale.
Rose: cosa succede?
Leda: finalmente.
Rose: scusa se questa è la serata inaugurale dell’attività che dovrebbe darmi da vivere.
Leda sospira
Leda: ho un problema.
Rose: ti prego dimmi che non si tratta di lupi, o di wendigo, o di ragazzi.
Leda: no.

“Si tratta di me.”

Rose guarda in avanti, Luke è arrivato, non nota molto la differenza rispetto a quando è vestito per andare a scuola. Il ragazzo è sempre incredibilmente elegante.
Rose: che cosa hai fatto alla guancia?
Luke: ho bisogno del tuo aiuto. Sarà solo per questa volta.
Luke si trova in difficoltà, in altre occasioni non l’avrebbe mai fatto, non avrebbe mai convolto una strega.
Rose: di che cosa si tratta?
Rose, in qualche modo, rispetta l’autorità del ragazzo, pur non conoscendolo. Ha quel je ne sais quoi che ti porta a farlo istintivamente.
Luke: quindi mi aiuterai?
Rose: non lo so. Sono… “nuova.”
Luke: sì, lo so.
I due si parlano in modo sicuro, ma anche con molta distanza nel tono, quasi come se fossero entrambi impauriti nel conversare.
Rose: e che cos’altro sai?
Luke: adesso non c’è tempo.
Rose: già, per voi non c’è mai tempo.
Leda guarda Luke, ancora stupita del fatto che si sia fatto avanti ed abbia chiesto aiuto.
Rose: io non sono Veronica Mars, ok?! Non ho aperto un’agenzia per problemi sovrannaturali. Questa non è la Angel Investigation.
Luke: la creatura che sto cercando è pericolosa per la comunità. Sono sicuro che è compito tuo trovarla.
Rose perde le staffe, finalmente.
Rose: ah, è compito mio? E chi lo dice?
Luke: sono abbastanza sicuro che sia così.
Rose avanza verso il vampiro, anche se lo fa con un po’ di timore, si mostra anche sicura, volendo che il messaggio arrivi chiaramente.
Rose: io proverò ad aiutarti. Ma tu dovrai dirmi tutto quello che sai su di me.
Luke sospira, non è di certo una situazione facile, vista la promessa che ha fatto a Lisandra.
Luke: ok.
Rose: bene, chi dobbiamo trovare?

Leda: si chiama Evan, viene a scuola con…
Rose: sì, lo conosco.
Rose li guarda, sorpresa
Rose: cos’ha fatto, Evan?
Luke: è pericoloso. È nuovo, non controlla la sete.
Rose: Evan è un vampiro?
Leda annuisce, Luke non ne è poi così fiero.
Luke: ho perso le sue traccie stamani. Era con un altro ragazzo, non so di che creatura si tratti. Biondino, occhi chiari.
Rose sgrana gli occhi, sa benissimo di chi parla.
Rose: Bright. Oh mio Dio, Bright è in pericolo?
Luke: no, direi di no. Anzi, credo che lo stia proteggendo.
La ragazza guarda il vampiro, confusa.

Alec ammira il panorama sul patio del Wilson Hotel, è un qualcosa che sicuramente apprezza, anche se si trova in territorio nemico. Si chiede dove sia Rose, l’ha vista poco, e questo lo infastidisce.

“Li hai uccisi tu?”

Alec viene distratto dalla voce di Benjamin, che è appena uscito sul patio, ormai vuoto. Gli ospiti sono all’interno della struttura.
Alec: come, scusa?
Benjamin: i genitori di Rose. Li hai uccisi tu?
Il ragazzo vorrebbe che la risposta fosse negativa, ma non ci spera troppo.
Alec si avvicina lentamente al figlio, che palesemente disgustato, indietreggia.
Alec: vedi Benjamin, alcune volte…
Benjamin: no, non dire che non ti è piaciuto. So benissimo che ti piace uccidere.
Alec si ferma, deve prendere la situazione in mano.
Alec: è così. Mi piace uccidere. Dovevi sentirmelo dire ad alta voce?
Benjamin fa cenno di no con il capo
Alec: dovrebbe piacere anche a te in realtà.
Benjamin: io non sono come te.
Questo è un affronto diretto, ma Alec non può giocarsi il rapporto con il figlio, non ora, non in questo momento decisivo.
Alec: non ancora. Tra poco lo sarai.
Benjamin scuote il capo
Alec: vedi Benjamin è comprensibile. Tutto quello che senti, tutti i sensi di colpa, i rimorsi, l’empatia nei confronti di quella ragazza. Sono tutti sentimenti umani; fardelli che non sarai più costretto a sopportare.

“Va tutto bene, qui?”

Meredith urla, cercando di capire se sia tutto in ordine, e se i Whittermore si stiano divertendo.
Alec: tutto meravigliosamente.
Benjamin non dice nulla, si limita ad approfittare della distrazione per rientrare nell’hotel.

Rose, Luke e Leda sono in macchina, è la macchina dei DeLuc, la macchina lussuosa dei DeLuc, Luke è alla guida, Rose è al sedile del passeggero, mentre Leda è in quello posteriore.
Rose: mia zia mi ucciderà. Mia zia mi ucciderà.
Leda è dispiaciuta per aver coinvolto di nuovo Rose, ma non sapeva come aiutare il fratello, e lei sembrava l’unica ancora di salvezza.
Rose: ok, dammi il tuo dito.
Luke la guarda, perplesso
Luke: come, scusa?
Rose: ho bisogno del tuo dito. Così dice il libro.
Leda: dov’è il libro?
Rose non risponde, non rivelerà a nessuno il posto nel quale l’ha nascosto.
Luke pone la mano verso Rose, non è la prima volta che si fida di una strega in fondo. La ragazza, munita di ago, punge velocemente un dito.
Rose: spero che funzioni.

“Affinché io possa trovare il mio nemico, indicami la via, fa ciò che dico.”

I tre guardano in avanti, ma apparentemente non succede nulla, fino a quando Leda non viene distratta da una luce sullo schermo della macchina.
Leda: oh mio Dio!
Rose e Luke guardano Leda, per poi portare lo sguardo nella sua direzione. Un segnale luminoso è fermo sul GPS.
Leda: streghe tecnologiche!
Rose è stupita quanto la vampira, non riesce a credere che un’altra formula abbia funzionato.

Bright: non dovevi farlo.
Bright è seduto ancora accanto al suo albero, ma sta decisamente meglio: è sveglio, è in forma, e ha recuperato pienamente le forze.
Evan: già, sono ore che me lo ripeti. Ormai il danno, qualsiasi sia, è fatto, no?
Evan si è sdraiato accanto ad un albero poco lontano da quello di Bright.
Bright: dovevi rispettare la mia decisione.
Evan sospira, nervoso. Stanco di doversi giustificare.
Evan: e lasciarti morire?
Bright è furioso, non riesce ad accettare ciò che ha fatto Evan, anche se ovviamente gli è grato di essere ancora in vita.
Evan: un momento…
Bright: cosa?
Evan: io non ho fame.
Bright lo guarda, per quanto può visto l’oscurità del posto.
Bright: cosa vuoi dire?
Evan: non ho avuto fame per tutta la giornata. Oh Dio, la preoccupazione di Luke non mi ha fatto notare questo dettaglio.
Evan sembra felice, soddisfatto, quasi sollevato.
Bright: non riesco a capire.
Evan: è il tuo sangue. Dev’essere il tuo sangue. Mi sazia.
I due si guardano negli occhi per qualche istante, consapevoli che questa affermazione non può portare a nulla di buono.

Il rumore di una macchina li distrae, costringendoli ad alzarsi velocemente. I fari interrompono il buio della foresta. Il veicolo si ferma proprio davanti a loro. Luke scende, il paletto è già tra le mani, cammina velocemente verso Evan, che impaurito indietreggia.
Evan: no, aspetta Luke, aspetta.
Luke vuole fare in fretta, non lascerà che Bright lo fermi questa volta.
Rose e Leda scendono dal veicolo, raggiungendo i tre.
Evan: ti prego.
Luke arriva davanti ad Evan, appoggiandolo con forza contro quell’albero sul quale pochi minuti fa era sdraiato, punta il paletto verso il cuore.
Evan: ti prego, Luke. Ho trovato una soluzione. Ho trovato…
Evan non riesce a parlare, ha troppa paura di morire. Non vuole morire. Rose guarda la scena, sconcertata, non sa come intervenire.
Bright: Rose…
La ragazza guarda Bright, che sembra impaurito quanto Evan.
Rose: Luke, ascoltalo almeno!
Leda sa che non deve intervenire.
Rose: LUKE!
Rose urla, con tono deciso. Vuole che il ragazzo ascolti Evan.

Luke: e quale sarebbe, quale sarebbe questa soluzione?

Bright: sono io.
Bright interviene, distraendo il vampiro.
Bright: io mi offro come sua sacca di sangue. Tutti voi ne avete una, giusto? Io mi offro volontario.
Rose non può fare a meno di pensare alla citazione a The Hunger Games, il suo spirito letterario la porta a farlo, anche se la situazione non è delle migliori.
Evan: ho sbagliato, lo so. Ma devi darmi un’altra chance. Non è finita qui. Non può essere finita qui.
Luke guarda il vampiro, rimembrando le parole di Lisandra. Dopo qualche secondo, lascia la presa, permettendo ad Evan di rimettere i piedi a terra.

Il vampiro tira un sospiro di sollievo, così come Bright, così come Rose e così come Leda.

Luke: un periodo di prova. Solo un periodo di prova.
Evan annuisce, grato.
Evan: ok, va benissimo.

Rose non capisce cosa sia appena successo, ma crede che il suo intervento sia stato positivo. Deve esserlo stato. Luke si allontana, solo, verso il centro della foresta.

Twinswood, 1641

Colonna Sonora: Remembering Jenny

A Luke non importa molto il fatto che la luce del sole possa di nuovo illuminare il suo volto. Non potrà più illuminare quello di Michelle.

Lisandra: mi dispiace molto.
Lisandra si siede accanto a lui, su  quel tronco, quel tronco tanto caro al vampiro.
Luke: a cosa mi serve il sole se non potrò riavere lei?
Lisandra: non è finita qui.
Luke: questo l’hai già detto.
Lisandra: perché è vero.
Luke sorride, ma è un sorriso amaro, fatto di rimpianti, di rimorsi.
Lisandra: puoi avere tanto dalla vita, Luc. La tua è un’anima buona. Io la vedo.
Luke: la vedi ancora?
Lisandra annuisce, sincera nelle sue parole.
Luke: io non amerò più.
Lisandra: beh, sarebbe davvero uno spreco. Il tuo cuore è fatto per amare, ne ha bisogno. Tu sei così.
Luke: non senza Michelle.
Lisandra: magari potrà esserci un’altra persona.
Luke fa cenno di no con il capo
Luke: perché vuoi aiutarmi? Insomma, cosa devo fare per te?
Lisandra: ti ho aiutato perché ho visto la tua anima, e ciò che è visto mi è piaciuto. È nobile, è raro, è giusto.
Luke la guarda, sorpreso da quelle parole, non crede che tali agettivi possano riferirsi a lui.
Luke: cosa devo fare?
Lisandra sorride, contenta della risposta.
Lisandra: devi consegnare un libro.

Fine Episodio.

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3 COMMENTS

  1. bello anche qst episodio..anche se ti invito a inventare personaggi cn facoltà o nature diverse da quelle che sappiamo..complimenti

  2. La situazione dei due Wendigo mi ha ricordato un vecchissimo episodio di Charmed, in cui Piper viene trasformata in questa creatura. Bello, ma sono d’accordo con Anonimo!

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