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Recensione The Third Day – Pilot: Jude Law e una strana isola

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Recensione The Third Day – Pilot: Jude Law e una strana isola

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È la seconda grande novità della settimana, la prima è stata We Are Who We Are, e che bello veder ripartire le serie tv a questo ritmo!

The Third Day è una miniserie targata HBO molto particolare. Divisa in tre segmenti – estate, autunno, inverno – ci narra le vicende di un uomo e di una donna capitati su di un’isola misteriosa in due momenti differenti. La particolarità è che, mentre la prima e la terza parte sono composte entrambe da tre episodi, la seconda sarà invece un episodio unico girato nella modalità live theatre, in quello che si preannuncia essere un evento unico e che avrà come cornice Londra.

✔ Jude Law, che ve lo dico a fare. C’è chi ammette di averla messa in lista per lui, e chi mente.
✔ Il senso di ansia che viene instillato nello spettatore fin dalle prime scene, e che non fa che salire man mano che l’episodio va avanti.

✘ La lunghezza eccessiva dell’episodio. Okay, io non sono una grande fan del format che sfora i quaranta minuti e che ormai è quello che va per la maggiore, però oggettivamente parlando si potevano tagliare svariate scene senza che la trama ne risentisse.

 

Sam – È un padre di famiglia premuroso, un uomo buono e altruista che non ci pensa due volte prima di aiutare Epone, e che continua a preoccuparsi per lei anche quando potrebbe benissimo lavarsene le mani. Ma è anche un uomo che per tenere in piedi la propria attività è disposto a mettere quarantamila sterline in tasca a qualche figura facilmente corruttibile. Le due facce dell’umanità, il bianco e il nero che diventano grigio e che ci restituiscono un personaggio estremamente sfaccettato ma, soprattutto, umano.

Sam che riporta a casa Epone – È il momento in cui scopriamo sia l’animo buono di Sam, sia che sta per avventurarsi in un luogo da cui non si sa se e come riuscirà a fare ritorno. Epone cerca di farsi lasciare sul limitare della terra ferma, poi gli dice di andarsene subito, ma Sam no, Sam deve essere sicuro che lei starà bene. E l’inquadratura dall’alto in cui vediamo la strada che congiunge terra ferma e isola sommersa dall’alta marea, è l’unica cosa di cui abbiamo bisogno per comprendere in che guaio stia andando a cacciarsi l’uomo. Ancora prima di conoscere le persone che abitano l’isola, ancora prima di vedere quelli che sembrano strani sacrifici animali e ancora prima di scoprire l’ovvio, ovvero che i telefoni non funzionano.

L’atmosfera generale mi ha ricordato moltissimo The Wicker Man, film del 2006 con Nicholas Cage che, nei panni di un investigatore privato, finisce su una piccola isola abitata da una comunità pagana. Qualcosa mi dice che il povero Sam non finirà molto diversamente dal buon Cage, staremo a vedere.

Le produzioni HBO sono sempre di qualità eccellente, varrebbe la pena di vedere questo pilot anche soltanto per il montaggio e la fotografia. La meraviglia. La storia si dipana forse un po’ troppo lentamente, però ammetto che questa lentezza contribuisce non poco a costruire l’ansia di cui parlavo prima.

Diciamo che la trama non è delle più originali anzi, l’abbiamo vista e stravista in decine di film, però è quel genere di storia che tiene incollati allo schermo a prescindere, una di quelle che stranamente non stancano e non invecchiano mai.

Certo, dovremo aspettare i prossimi episodi per capire se il cast e l’ottima produzione saranno supportati da una trama solida, però per ora io mi sento positiva.

Chiudo facendo notare che negli ultimi anni sono sempre di più i registi e gli attori del grande schermo che decidono di comparire su quello piccolo. Questo per me è una segnale molto forte di come la qualità delle serie tv sia aumentata rispetto a cinque o dieci anni fa – a livello di produzione, quantomeno.

80/100

Storco un po’ il naso per la lunghezza dell’episodio che è risultato a tratti davvero troppo lento, però generalmente parlando la produzione è ottima e la storia intriga. Di sicuro promette molto bene, speriamo!

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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