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Pretty Little Liars | Recensione 7×07 – Original G’A’ngsters

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Pretty Little Liars | Recensione 7×07 – Original G’A’ngsters

Family Affairs. Già nelle prime parole pronunciate da Spencer Hastings in questo episodio, si riconosce facilmente un concept di base nella storia, un tema che mi affascina sempre nelle serie tv perché si arricchisce ogni volta di sfumature nuove e diverse a seconda dei casi, sto parlando dei diversi tipi di Famiglia.

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Fin dal pilot di questa serie, quando la giovane età delle protagoniste comportava necessariamente la presenza costante dei loro nuclei familiari, abbiamo avuto modo di assistere al delinearsi di cinque famiglie completamente diverse, di cui le figlie erano spesso l’ovvio risultato ma da cui cercavano incessantemente di fuggire per abbracciare una personalità indipendente che le rispecchiasse in quanto persone e non soltanto come semplici portatori di un cognome e di quello che significava. Aria, sempre più matura della sua età, era oppressa dai segreti di suo padre e fu proprio il bisogno di dimenticare ciò che sapeva e aveva visto a condurla in quel pub dove la sua storia con Ezra ebbe inizio tra le note della canzone di un Jukebox, l’eterna B26; Spencer all’epoca era attanagliata dalla costante competizione con Melissa, dall’obiettivo quotidiano di essere all’altezza dei suoi standard, del cognome Hastings, trasformandosi ogni giorno in una macchina da guerra capace di eccellere in qualsiasi contesto; Hanna sfilava per i corridoi della scuola e dei centri commerciali così come aveva imparato dalla regina indiscussa di Rosewood a suon di umiliazioni, ma nel percorso inciampava continuamente nei suoi errori, ai quali una madre single e in crisi poneva rimedio come poteva; Emily invece indossava giornalmente la maschera di figlia perfetta in una famiglia perfetta perché almeno lei ad ogni modo una famiglia presente e affettuosa l’aveva, ma questo la portava a dover nascondere anche a se stessa la sua vera personalità; e infine c’erano i DiLaurentis, di cui Alison incarnava ogni singolo carattere, ogni sfumatura, ogni aspetto misterioso e ogni segreto, imperando per l’intera città, intessendo trame degne della migliore Penelope e vagando senza mai fermarsi come il più subdolo Odisseo. Sette anni fa quindi vedevamo cinque ragazze adolescenti fuggire dalle aspettative, dai segreti, dalle maschere e dalle debolezze delle loro famiglie, in cerca di qualcosa di vero, qualcosa di puro, un mondo in cui poter essere soltanto loro stesse, senza riserve, senza temere di non essere abbastanza, senza paura di deludere o tradire chi le circondasse. Ed ecco che, intorno alla queen bee di Rosewood o anche solo al suo ricordo, Aria, Spencer, Emily e Hanna si ritrovarono per la prima volta, loro che erano così diverse eppure così giuste insieme, totalmente complementari, come se fossero destinate a incontrarsi e a supplire a ognuna delle loro rispettive mancanze, creando insieme quella famiglia che tanto desideravano, senza legami di sangue, senza standard, senza maschere, soltanto loro, nella più semplice e umana essenza di un’adolescente.
Oggi, a distanza di anni da quel primo incontro, lontane dalla spensieratezza incontaminata che le univa prima che una dannata lettera entrasse nelle loro vite, Spencer, Aria, Hanna, Emily e Alison, si ritrovano ancora una volta insieme, adulte, disilluse, ferite ma mai spezzate, circondate da nuove nemesi invisibili ma con una sola certezza, la solita, quella che rappresenta per tutte loro un punto di partenza e un traguardo al tempo stesso: la loro amicizia, quel legame che è alla base di tutto, quella famiglia non convenzionale che è un punto fermo per ognuna di loro, nei momenti più bui e anche nelle poche occasioni che hanno per sorridere ed essere felici. Ricalcando una pietra miliare del loro rapporto, con uno spirito e una personalità certamente diversi dal “modello”, Spencer Hastings dona alle sue amiche un simbolo che diventi l’emblema di tutto ciò che hanno vissuto insieme, di ciò che rappresentano l’una per le altre, un promemoria costante di quella rete di sicurezza pronta a sostenerti dopo ogni caduta e di quella mano amica che ti aiuta a rialzarti e a ricominciare ogni volta. Questo quindi è il primo quadro familiare che ci viene mostrato nell’episodio, quella famiglia nata non per obbligo ma per scelta.

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Ma in ogni famiglia che si rispetti, le tradizioni esistono e vanno mantenute vive e a ogni momento in cui tutte loro si illudono di poter conquistare una parvenza di normalità, è tradizione che corrisponda una risposta di intensità uguale e contraria, e così ai sorrisi, ai brindisi, ai pegni d’amicizia e alla promessa di restare insieme a qualsiasi costo si contrappone l’ultima fatale mossa di A.D., tramite un classico messaggio in cui un segreto viene rivelato e soprattutto attraverso la scoperta della sua ultima vittima, Sara Harvey.

 

La morte di Sara Harvey permette non solo di aprire una nuova fase nelle indagini sull’identità di Uber A ma porta anche l’episodio a introdurre un nuovo quadro familiare, riportando sulle scene Pam Fields e quel rapporto così puro e semplice che la lega a sua figlia Emily. Il contrasto tra i momenti vissuti dalle donne Fields e quelli di cui invece saranno protagonisti i DiLaurentis è a mio parere volutamente evidente ma soprattutto credo che l’attenzione riservata al legame madre/figlia che caratterizza Pam & Emily abbia dato vita a uno di quei pochi scenari di Pretty Little Liars completamente privi di dubbi, sospetti, indizi nascosti o parole non dette, si respira per la prima volta dopo troppo tempo una sensazione di pura normalità, in ogni aspetto del loro rapporto. Nonostante infatti la necessità inevitabile della storia di soffermarsi maggiormente su tutti quegli elementi indispensabili per raggiungere una soluzione che sembra avvicinarsi di più episodio dopo episodio, ciò ho apprezzato davvero è stata la volontà degli scrittori di ritagliare degli spazi privati che permettessero ai personaggi di evolversi nella loro individualità, nella normalità che almeno un rapporto tra una madre e una figlia dovrebbe avere. Ancora fortemente provata dalla scomparsa di suo marito Wayne, Pam fa del suo meglio per riprendere in mano la sua vita anche se priva di un sorriso che considera quasi un tradimento nei confronti del ricordo che custodisce di lui. Ed è proprio per questo obiettivo che Emily lotta con passione come solo lei sa fare per le persone che ama, spingendo Pam a ricominciare a vivere così come suo padre avrebbe voluto, e complice anche una caotica ma spensierata festa di addio al nubilato, Emily riesce a condividere con sua madre un momento di pura gioia, afferrandolo prima che sfugga e vivendolo senza riserve, senza porsi troppe domande, senza permettere al passato di tirarle indietro e al futuro di spaventarle.

 

E se la storyline dalla famiglia Fields riesce a distaccarsi per pochi minuti dall’oscurità dell’immenso mistero che circonda la morte di Charlotte e la successiva brama di vendetta di A.D., la “nuova” famiglia DiLaurentis/Drake diventa praticamente il cardine principale intorno a cui ruota ormai l’intera vicenda. Il ritorno di Jason concede ad Alison, almeno per pochi istanti, l’illusione che tanto insegue disperatamente, quella di avere una famiglia che, per quanto disfunzionale possa essere, sia presente per lei come non era mai davvero successo in passato. Ancora una volta infatti mi ha colpito quel suo bisogno quasi ingenuo di fidarsi di chi le sta accanto, tanto da illuminarsi sinceramente come poche volte prima quando riaccoglie Jason nella sua vita, ma soprattutto mi ha stupito notare quanto lei voglia credere fortemente nella buona fede di Mary, di quella donna che somiglia così tanto a sua madre, e a cui ha perdonato facilmente anche il piano crudele messo in atto a sue spese pur di non rinunciare a lei e all’immagine che incarna.

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L’astio e la diffidenza che a giusta ragione Jason prova per Mary Drake rovinano quindi inevitabilmente i due minuti di pace che Alison credeva di poter sognare e vivere, minando nuovamente il suo equilibrio instabile e immergendo le sue precarie dinamiche familiari in quell’atmosfera di dubbio e sospetto che si respirava quotidianamente nei periodi “d’oro” della royal family di Rosewood. Nonostante tutto però, le scene tra Alison, Mary e Jason si caricano ai miei occhi di un fascino particolare perché più li vedo insieme, più mi convinco quasi ingenuamente (proprio come Ali) che Mary sarebbe davvero potuta essere per loro il tipo di madre che Jessica in fondo non è mai stata, nonostante il suo costante tentativo di tenere al sicuro tutti i suoi figli. Ma c’è una luce diversa in Mary, forse l’unica luce di questo personaggio così travolto dalle ombre, perché in lei riconosco lo stesso passato travagliato, lo stesso spirito innegabilmente danneggiato dei DiLaurentis e di conseguenza anche quella stessa voglia di poter ancora avere qualcosa di vero, una parvenza di famiglia dopo tutto ciò che hanno perso o che gli hanno strappato via con la forza.

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Ancora una volta, i racconti di Mary mostrano un lato di Jessica a cui non è difficile credere, ponendo in luce tutti i soprusi che ha dovuto subire negli anni, ma soprattutto quei ricordi diventano ora una chiave di lettura per la trama principale che unisce in questo modo passato e presente ma soprattutto che riconduce ogni dettaglio a un’unica costante, quella da cui tutto ha sempre inizio: i segreti della famiglia DiLaurentis. E se le liars riescono ad entrare in possesso di queste informazioni è solo perché la diffidenza nei confronti di Mary Drake non è la sola ragione che accompagna Jason nel suo ritorno a Rosewood.

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Nell’ennesima dimostrazione della volontà della serie di ricongiungersi alle origini della sua storia, Jason torna determinato più che mai a riavvicinarsi all’unica delle ragazze con cui ha davvero creato un legame negli anni, anche più profondo di quello che lo unisce a sua sorella Spencer. Ho sempre pensato infatti che, se Ezra non fosse mai esistito nella vita di Aria, Jason avrebbe potuto rappresentare un’alternativa più che accettabile perché anche a distanza di così tanto tempo, Aria sembra riuscire ad essere per lui l’unica persona in grado di vedere il suo lato migliore, l’unica capace di toccare le giuste corde per raggiungerlo come nessuno riesce a fare e calmarlo tanto da permettergli di affrontare la situazione con lucidità. Legati molto probabilmente anche da una storia di cui non conosciamo i dettagli, Jason e Aria riescono a tornare facilmente sulla stessa lunghezza d’onda, con innocente amicizia almeno da parte di Aria e con l’obiettivo di indagare insieme sulle vere intenzioni di Mary Drake.

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Ed è proprio grazie ai racconti di Mary che Alison, Spencer, Hanna ed Emily ritrovano un vecchio rifugio di Jessica, ma soprattutto trovano probabilmente la svolta nella loro storia. Tra i dettagliati dossier raccolti su ognuna di loro e le instancabili ricerche che a quanto pare Jessica aveva compiuto per ritrovare Alison, le ragazze si imbattono in quella verità che sembra portare nuova vita alle loro indagini, e proprio come avevamo sospettato, lì fuori c’è adesso un fratello o una sorella di Charlotte in cerca di vendetta, chiudendo in questo modo il cerchio dei nemici che circondano le liars. Ma se il volto di A.D. è ancora nascosto nell’ombra, ciò che diventa evidente è che questa persona è sempre un passo avanti a loro anche quando non riescono a vederlo e non ha alcuna intenzione di terminare il suo gioco, non prima di aver scoperto l’identità dell’assassino di Charlotte.

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E il candidato numero 1 per il posto è adesso il redivivo Noel Kahn. Certamente ben inserito in tutta la vicenda anche se ovviamente non ne sarà lui il protagonista, Noel sembra comunque disposto ad abbattere molti dei suoi limiti per raggiungere i suoi misteriosi obiettivi. Quasi costante presenza nella vita di Emily, Noel comincia subito a spingersi ben oltre ciò che ha fatto in passato per riappropriarsi dei dossier riguardanti Mary Drake ritrovati dalle ragazze nei sotterranei del Radley e custoditi ora nella roulotte di Toby.

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E proprio per questo motivo a pagarne le conseguenze seppur in maniera lieve è al momento Yvonne, in un evento che diventa dunque per Toby la causa scatenante di una decisione catartica. Nonostante infatti il suo maggior inserimento nella storia anche attraverso il flashback di un momento privato vissuto con Jenna negli anni di cui non siamo stati testimoni, Toby si ritrova costretto ad ascoltare il consiglio di Spencer, scegliendo in fondo a malincuore di interrompere ogni legame con quella città con cui a fatica aveva fatto pace ma soprattutto capendo in questo modo di dover lasciare indietro anche quella persona che per lui aveva rappresentato per anni l’unica ragione per restare a Rosewood.

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Oltre le rispettive relazioni, oltre le incomprensioni e le distanze, che il loro sia stato un addio definitivo o meno, credo che una parte del rapporto tra Spencer e Toby sopravvivrà incondizionatamente a qualsiasi intemperia, avendo rappresentato l’uno per l’altra un rifugio sicuro, la persona giusta da cui correre quando tutto sembrava sbagliato. L’intensità della loro relazione, anche grazie ai momenti più oscuri che hanno vissuto insieme, è tale da non poter mai essere relegata esclusivamente nel passato, lasciando sempre a mio parere uno spiraglio di speranza per il loro futuro, come una piccola scintilla che resiste tenace nelle zone più recondite di entrambi e che, se alimentata, un giorno potrebbe nuovamente tornare a riscaldare un legame che ai suoi esordi profumava quasi di amore shakespeariano.

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Prossimi alla conclusione ma restando in tema di amori storici, anche Hanna e Aria si ritrovano ora a dover affrontare nuove evoluzioni nei loro rapporti e se Hanna ricomincia ad avvicinarsi lentamente e con onestà questa volta a Caleb, Aria, sostenuta completamente dalle sue amiche, sembra ben disposta a seguire l’esempio di Toby e a fuggire da quella trappola mortale che è la sua città almeno il tempo necessario per realizzare il suo sogno con Ezra. Ma purtroppo Jason non è l’unico fantasma del passato che torna a far visita ai promessi sposi.

E mentre le strade di Noel, Jason e Aria sembrano destinate a incrociarsi più di quanto abbiamo visto finora, A.D. esce lentamente dall’ombra facendo avvertire la sua presenza in maniera letteralmente esplosiva.

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Io invece ora vi lascio, dandovi appuntamento alla prossima settimana!

 

Stay tuned, Uber Walkerit-A

 

2 COMMENTS

  1. Io continuo sulla stessa lunghezza d’onda: non posso fare a meno di simpatizzare con Mary. È chiaro come il sole che ci siano una marea di cose non dette riguardo il suo passato ed i suoi veri piani, ma non ne posso fare a meno, di primo impatto non riesco a non credere che la sua storia di vittima sia reale.
    Noel invece mi ha sempre dato dei dubbi, ma in fin dei conti l’ho sempre considerato come uno dei tanti specchietti per le allodole che Marlene piazzava per distrarti quando la situazione cominciava a farsi chiara. Per questo non sono per nulla convinta che sia lui a nascondersi dietro la maschera di AD ma non vedo comunque l’ora di scoprire finalmente quale sia il suo interesse in tutta questa storia, a partire dal principio!
    Come sempre complimenti per le tue recensioni, alla prossima 🙂

    • Ciao! Innanzitutto grazie mille ancora per i tuoi commenti!! Sai che la penso come te, contro ogni logica, Mary mi piace tanto e nonostante le diverse ombre che la circondano, secondo me potrebbe paradossalmente affezionarsi in modo sincero ad Alison, anche se ha un figlio/figlia in giro per Rosewood disposto a superare il limite pur di raggiungere i suoi obiettivi e sono certa che lei lo sappia! Noel Kahn non è niente di più di un galoppino secondo me, ha sicuramente degli interessi in questa storia, come sempre, ma è ben lontano dall’essere A.D., lo sappiamo bene

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