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Pretty Little Liars | Recensione 7×04 – Hit and Run, Run, Run

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Pretty Little Liars | Recensione 7×04 – Hit and Run, Run, Run
PRETTY LITTLE LIARS - "Hit and Run, Run, Run" - After making the biggest mistake of their lives, the girls must deal with the repercussions of what they've done in "Hit and Run, Run, Run," an all-new episode of Freeform's hit original series "Pretty Little Liars," airing TUESDAY, JULY 12 (8:00-9:00 p.m. EDT). (Freeform/Byron Cohen) KEEGAN ALLEN, TROIAN BELLISARIO

THIS IS PRETTY LITTLE LIARS, BITCHES! Perdonate l’entusiasmo a tratti fuori controllo ma quando, giunti alla settima stagione, questo show riesce ancora a proporre episodi così intensi, ricordo perfettamente il motivo per cui l’ho sempre amato ma soprattutto difeso concedendogli il rispetto che merita. Con i suoi alti e bassi, con i suoi pregi e difetti, Pretty Little Liars è diventato un cult nel suo genere e credo che episodi come l’ultimo andato in onda ne siano al tempo stesso la prova e la ragione. Travolgente, inquietante, adulto come mai prima d’ora, oscuro, Pretty Little Liars mostra il suo vero volto, tra ciò che è sempre stato e ciò che è diventato, un’oscillazione tra passato e presente che vive tramite le evoluzioni di quei personaggi che abbiamo visto crescere fin dal pilot, attraverso le storie di vecchie conoscenze che fanno del loro ritorno a casa uno spettacolo degno di essere rappresentato nella piazza centrale del paese, e infine grazie anche ai nuovi volti conosciuti recentemente ma che hanno già lasciato la loro impronta indelebile sul terreno su cui si fonda questa serie. O sei metri sotto di esso.

ATTO I: LA NOTTE PIÙ LUNGA

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Fotografia, regia e sceneggiatura curano, a mio parere, le scene successive al fatale incidente in maniera assolutamente impeccabile, con una particolare attenzione ai piccoli dettagli, a determinate inquadrature e a parole scritte e pronunciate in momenti così geniali che nel complesso chiudono quello scenario in una cornice unica che rende quel blocco narrativo, quel particolare atto, totalmente riconoscibile nella sua individualità rispetto alla storia di base in cui è comunque inserito con incredibile maestria. So che sembra che vi stia parlando dell’ultimo film candidato all’Oscar, ma credo davvero che la struttura di fondo di questo episodio sia talmente evidente da non poter essere ignorata, così come tutti quei momenti confezionati con una tale attenzione che non sarebbero stati più lampanti neanche se avessero inserito nella scena degli indicatori lampeggianti con l’insegna “Questa è una scena importante, apri gli occhi”.

Il primo grande atto di questo episodio si sofferma dunque sulla prima scena che ci hanno presentato all’inizio di questa stagione. L’ambientazione notturna, un bosco labirintico, quattro pale e un corpo da seppellire sono componenti troppo caratteristiche e classiche di questo show per lasciare indifferente un fan che si ritrova adesso catapultato nell’essenza più autentica di uno show che ha fatto delle sue sfumature thriller una delle ragioni maggiori del suo successo. Credo quindi che sia stato proprio questo primo aspetto dell’episodio a colpirmi profondamente, avvertire in qualche modo una tale intensità e oscurità in uno scenario che affascina e “diverte” sia perché ripercorre un passato importante per la serie e per la storia, sia perché si arricchisce ora di nuovi caratteri, più maturi, più pericolosi, più intriganti. Questo particolare blocco narrativo si divide in tre locations, creando dunque tre scenari che si completano a vicenda e che a mio parere si rivelano uno più autentico dell’altro. All’inizio abbiamo quindi il bosco, i momenti immediatamente successivi “all’incidente”, abbiamo le reazioni che ci aspetteremmo da tutte loro. Se Hanna e Alison sono momentaneamente immobilizzate dal trauma vissuto, Emily si lascia andare alla sua tipica emotività che contrasta l’estrema, adrenalinica e razionale lucidità di Spencer, mentre il supporto costante di Aria unisce entrambe le posizioni in un momento in cui il confine che le separa dalla disperazione diventa più labile ad ogni secondo che passa. Ma ci sono due particolari che rendono davvero vivo e coinvolgente questo momento catartico: il primo è l’inquadratura oscura e ambigua di Hanna che trascina la sua pala con un’espressione che definirei quasi di aggressività repressa, come fosse sul punto di colpire qualcuno o volesse accertarsi di aver davvero portato a termine il compito Rollins, quando invece comincia semplicemente a scavare al fianco delle sue amiche perché, che lo vogliano o no, sono nuovamente insieme, il tempo si riavvolge, e sebbene in modo certamente differente da quello sperato, Spencer, Aria, Hanna e Emily sono nuovamente legate a doppio filo da una storia e da un evento che non possono spiegare perché ormai è troppo tardi e troppe bugie sono state raccontate, troppi errori sono stati commessi. Nonostante le distanze, nonostante le differenze, quelle ragazze sono nuovamente sole contro un mondo che hanno combattuto già tante volte in passato e che adesso ritorna a bussare alle loro porte come un déjà vu terribilmente realistico e tangibile.

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E la costante di tutto è sempre Alison DiLaurentis, perché, in un modo o nell’altro, tutto inizia e finisce con lei, con le sue azioni, le sue decisioni, i suoi errori ed è proprio lei la protagonista del secondo momento rilevante di quella notte. Quando estrema lucidità e pura follia si incontrano in Alison DiLaurentis, non c’è da sorprendersi che sia lei a rubare la scena recuperando il badge di Elliott dal corpo ormai sepolto di suo marito, senza neanche aver bisogno di guardare, senza esitare e senza battere ciglio, quasi fosse completamente svuotata da ogni sentimento, da ogni pensiero, quasi fosse semplicemente Alison DiLaurentis.

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Il secondo scenario di questo atto invece si apre nell’auto di Elliott mentre le ragazze lasciano il bosco per mettere in scena il loro ultimo spettacolo. La confusione regna nel gruppo e se la paura disfattista si fa giustamente largo in Hanna nonostante i tentativi di Aria di mantenere la calma, Emily e Spencer restano al comando e in controllo della situazione, il tutto mentre Alison torna silente nel suo mondo e assiste alla scena come spettatrice e non come la protagonista che è sempre stata. Ad emergere in questo contesto è ciò che mi colpisce anche nello scenario successivo, ossia proprio la caratterizzazione di Spencer Hastings che, per quanto sia in preda a una crisi individuale di cui si noteranno gli effetti in seguito, sotto pressione torna momentaneamente ad essere la persona che abbiamo conosciuto finora, una ragazza con un’affascinante dialettica forbita che, nel momento di maggior tensione, riesce quasi a ritrovare la sua vera identità, anche solo per pochi istanti, mentre si vanta di quei piccoli vezzi che la caratterizzano da sempre e che adesso tornano utili o si riconosce con stile in una moderna Lady Macbeth, un ruolo a cui credo Troian Bellisario sia destinata dalla nascita. Porre l’accento su quelle parole che potrebbero sembrare insignificanti nell’economia generale della storia significa per me invece notare un’attenzione ammirevole e professionale nella scelta delle parole e delle frasi che ascoltiamo spesso con disattenzione e che invece compongono ai miei occhi il ritratto di un personaggio che in quel particolare frangente assume spessore e tridimensionalità.

 

ATTO II : L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI SPENCER

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E proprio il personaggio di Spencer mi porta ad analizzare un altro blocco narrativo che questo episodio ha offerto e dedicato a lei proprio nel momento in cui paradossalmente meno “riconosciamo” la Spencer Hastings che abbiamo conosciuto e amato negli anni. Non mi sorprende quindi che Troian Bellisario abbia particolarmente apprezzato la scrittura e la regia di questo episodio, in cui abbiamo avuto modo di assistere ad una crisi talmente personale e profonda del suo personaggio da rendere la storia del Radley e della dipendenza meri capitoli del suo passato. Un momento di tale confusione e disorientamento non l’avevamo mai davvero visto nella storia di Spencer, lei che, anche nel suo sogno a tinte noir indotto dall’abuso di medicine, riusciva a collegare dettagli che in molti non avrebbero mai visto neanche da svegli e questo lo dobbiamo principalmente alla controversa storyline che la vede coinvolta in uno struggente triangolo sentimentale con Caleb e Hanna. Per quanto ribadisca la mia idea che le conseguenze di questa storia si stiano prolungando forse più del necessario, non posso negare che, in confronto al precedente episodio, tutte e tre le parti in gioco abbiano dimostrato in questo contesto una nuova profondità del tutto umana ma soprattutto hanno causato, almeno nel mio caso, una maggiore empatia rispetto a quella che ho provato ultimamente nei loro riguardi. Il momento in cui Caleb ha lottato, forse per la prima volta, per non perdere Spencer, appellandosi a quel sentimento che non mi è mai sembrato reale come in quel frangente, non mi ha lasciata indifferente, ma soprattutto ho apprezzato che non abbia lasciato indifferente neanche Hanna che in quel momento ha forse realizzato quanto la sua costante indecisione non abbia fatto altro che peggiorare un equilibrio di già instabile che sarebbe potuto essere certamente meno drammatico se gestito con più onestà da almeno due delle parti coinvolte. E purtroppo invece è ancora una volta Spencer a pagare il prezzo emotivo più alto di questa assurda relazione altalenante, perdendo il controllo di se stessa nel momento peggiore, nel modo peggiore e con ogni probabilità (dati gli spoiler che indicano il nuovo arrivato come l’ultimo dei Rosewood Finest, ipotizzerei anche il capo di Toby) con la persona peggiore.

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Ciò che purtroppo rende questa situazione perfino più difficile è notare quanto le sue amiche abbiano ancora bisogno di lei come guida sicura, come persona a cui rivolgersi nel momento di maggiore crisi e perdere un punto di riferimento solitamente così stabile e costante allontana inevitabilmente la luce in fondo al tunnel rendendolo invece sempre più buio. Ed è quando Emily Fields prende il controllo della situazione e va a recuperare ciò che resta di Spencer dopo “un’efficace” serata alibi al bar del Radley, che ti rendi conto di quanto quella realtà stia diventando incredibilmente complicata. A onor del vero, ho anche apprezzato in fondo il momento condiviso da Spencer e Emily perché, al di là della paura e dell’incredulità per il tempismo della sua ribellione, nello sguardo di Emily non c’era affatto delusione o rabbia ma solo preoccupazione e dispiacere per Spencer, forse gli stessi sentimenti, sinceri per la prima volta, provati da Hanna il giorno successivo, quando spinge la sua amica a parlare con Caleb, guardandole le spalle e sostenendola pur di non perderla, pur di recuperare quel rapporto che sarà sempre più importante di qualsiasi relazione. E se Spencer è ufficialmente in pausa dal suo ruolo di leader innato e mente geniale del gruppo, grazie al cielo, possiamo ancora contare sulla sua migliore nemesi.

 

ATTO III : THERE’S NO PLACE LIKE HOME

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Questo episodio ci ha mostrato nel migliore dei modi il ritorno a casa o sulle scene di due personaggi chiave della storia e soprattutto di colonne portanti di questa serie. Chi dopo un paio di episodi, chi dopo intere stagioni, due uragani scuotono nuovamente Rosewood e le vite che la alimentano, mentre la promessa di un terzo risveglio sembra volersi annunciare episodio dopo episodio.

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E puntualmente, quando tutto va per il verso peggiore, Mona Vanderwaal ricompare in tutta la sua genialità e ti fa rendere conto di quanto la situazione possa anche essere più tragica del previsto. Gli ingressi sulla scena di Mona sono sempre carichi di un tale effetto scenico che il suo personaggio finisce col circondarsi inevitabilmente di un’aura di epicità che poi si rafforza non appena comincia a parlare. Mona incarna la figura del guru del crimine, l’esperto che giudica l’operato dei concorrenti e puntualmente stila una lista di tutti gli errori che hanno commesso nell’arco di pochi minuti (l’auto, il bracciale, il cellulare di Rollins). Il suo ritorno sembra praticamente provvidenziale in un momento a tratti esilarante in cui Hanna e Aria si apprestavano (con modalità a dir poco “simpatiche”) a dar fuoco alla macchina incriminante in pieno bosco, dopo aver lasciato alla stazione l’auto Elliott, decise a mettere in scena una fuga dell’ultimo minuto, piano che ai loro occhi sembrava ben congegnato ma che davanti all’esperienza di Mona appare in tutta la sua debolezza, a voler essere buoni.

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Con una disinvoltura degna dei più grandi artisti del crimine, Mona sottrae l’auto alle liars, impedendo loro di richiamare l’attenzione dei federali con un falò che sarebbe stato degno delle migliori cerimonie funebri vichinghe e se ne occupa personalmente grazie a quei contatti indefiniti e irraggiungibili che non fanno domande. Ma ancora una volta, nonostante la sua prontezza, Mona è costretta ad “autoinvitarsi” alla festa e a reclamare il suo posto in un gruppo che a distanza di anni tende ancora a chiudersi in se stesso, solo tra quelle quattro persone che, nel bene e nel male, restano unite lasciando il mondo, e soprattutto Mona, fuori dai loro confini. Per quanto i dialoghi pungenti con Aria abbiano sempre il loro fascino, questo contesto particolarmente difficile permette a Mona non solo di risolvere buona parte delle debolezze di un piano instabile ma soprattutto le dona la possibilità di riavvicinarsi, forse per la prima volta in modo sincero, ad Hanna, per cui si dimostra un sostegno inaspettato e una risorsa ancor più indispensabile di quanto avessimo sperato.

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Nonostante resti ad ogni modo, uno dei personaggi più affascinanti e complessi di questa serie, salvo coinvolgimenti che non conosciamo (e in cui personalmente ancora spero, forse invano), credo purtroppo che nel complesso il personaggio di Mona sia da tempo ormai troppo ridimensionato, più di quanto una tale mente machiavellica e geniale meriti. Ma proprio mentre Mona siede con sicurezza a quel tavolo che brama dai tempi del liceo, mentre le liars indagano su quella terza persona che evidentemente ormai collabora con Mary Drake e con il caro estinto dr. Rollins, le porte del Radley si aprono per colei che non ha bisogno di presentazioni e che annuncia la sua presenza con il ritmo costante del bastone che guida i suoi passi sicuri e inquietanti. Ladies and gentlemen, fate largo a Jenna Marshall.

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Criptica, imperscrutabile e tagliente, Jenna riesce ancora ad ammutolire le liars come pochi, diffondendo in tutte loro quella sensazione di essere “viste” ben più in profondità di quanto riesca a fare una persona con tutte le diottrie a sua disposizione. Nonostante le ragazze le abbiano rovinato la vita in diversi momenti, Jenna sembra riuscire a tenerle ancora tutte in pugno, custode di segreti e conoscenze su ognuna di loro anche dopo svariati anni il loro ultimo incontro. E mentre i suoi conti in sospeso con Toby e Alison preannunciano, con mio immenso piacere, una sua permanenza a Rosewood per almeno un paio di episodi, il suo collegamento con Elliott Rollins, o con chiunque fosse in realtà, dona al suo personaggio quelle sfumature intriganti e misteriose che la caratterizzano fin dal pilot e che la rendono assolutamente irresistibile.

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E a chiudere questa ondata di grandi ritorni c’è per me Alison DiLaurentis che, per quanto non abbia ancora dato sfoggio delle sue spiccate qualità da villain indiscusso, mostrandosi anzi ancora fortemente dimessa e in balia di equivoci e verità a cui non si darebbe credito dato il suo passato, sta compiendo secondo me un percorso di “rinascita” che la condurrà presto o tardi a riprendere quel volto che le stava così bene quando regnava tra i corridoi della scuola e tra le strade di Rosewood. E a darmi conferma di questa teoria ci pensa forse Aria che adesso si strugge più del dovuto per i sensi di colpa che prova nei suoi confronti ma che, probabilmente non a caso, riprende dalla sua adolescenza uno dei tanti ricordi della Queen Bee che chiamava amica, ma che la terrorizzava al punto da influenzare anche gli aspetti più semplici della sua quotidianità. E se lo spettro della vecchia Alison aleggia su di lei, la vittima designata di questo piano crudele condotto da A.D., riporta da noi anche il ricordo di Charlotte e dei suoi ultimi momenti di vita quando un’ombra dalle forme indistinte l’aveva raggiunta nel campanile della chiesa subito dopo il congedo di Alison.

 

ATTO IV: NUOVE DOMANDE

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Ben lontani dunque dal calare il sipario sulla scena, l’atto conclusivo di questo spettacolo spetta alle domande che sorgono in seguito alle indagini e alle scoperte di Toby sull’identità rubata da Elliott Rollins e sulle motivazioni alla base delle sue azioni. E proprio quando meno avevano bisogno dell’intervento della polizia nella loro storia, le liars si ritrovano braccate su diversi fronti, intrappolate nuovamente dalle loro inevitabili bugie, il tutto mentre Caleb sembra improvvisamente svanito nel nulla e Mary Drake decide di prendersi cura di sua nipote Alison.

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Senza attendere oltre, senza ulteriori posticipi, Pretty Little Liars sembra intenzionato a puntare in alto con ogni episodio di questa stagione, raggiungendo con quest’ultimo un tale livello di intensità da creare adesso uno standard interessante da raggiungere e superare.

Completamente soddisfatta, Über Walkerit-A

2 COMMENTS

  1. Come sempre un’analisi ben accurata di tutto l’episodio 🙂
    Concordo pienamente su tutto quanto hai scritto per Spencer. Nonostante tutte le pessime situazioni in cui si è trovata, davvero non l’ho mai vista in un baratro peggiore; l’essere di nuovo catapultata in una situazione che la intrappola nei vecchi schemi da cui ha tentato di fuggire per tanto tempo la blocca e mina tutte le sue sicurezze. Fortunatamente c’è qualcuno che almeno temporaneamente la può sostituire nel ruolo di leader, e oltre alla straordinaria e forse un po’ sottovalutata Mona, mi sto riferendo ad Aria Montgomery: leader vero e proprio è una parola grossa, ma vogliamo spendere due parole per dire quanto è stata straordinaria questa ragazza nelle ultime puntate? Le manca l’astuzia di Spencer certo, ma per ora la vedo l’unico personaggio veramente saldo e in equilibrio con se stessa, e per questo l’unica in grado di tenere unito il gruppo. Ogni volta che dice “I promise” non si può che crederle e per questo la amo!!!

    • E come sempre, ti ringrazio di cuore per il tuo commento!!!! Vedere Spencer così dimessa e distrutta per tutto ciò che sta accadendo fa davvero male, lei è sempre stata quella che più sognava una vita normale, fuori anche dagli schemi che solitamente la sua famiglia le imponeva, quindi ora che ha perso nuovamente quella parvenza di stabilità che aveva conquistato, perdendo insieme anche il lavoro e Caleb, si ritrova imprigionata nel suo passato in cui tutto è uguale e diverso al tempo stesso! E come sai, non potrei essere più d’accordo con Aria. Il suo essere “leader” non è paragonabile al carattere di Spencer o di Mona, ma lei va avanti a modo suo, con la sua personalità, con il coraggio, con l’equilibrio che ha raggiunto tanto tempo fa quando si è accettata in tutti i pregi e i difetti, quando si è conosciuta meglio delle altre ragazze e ha capito chi volesse essere! Aria è la mia costante ormai!!

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