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Pilot Addicted | Emerald City

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Pilot Addicted | Emerald City

Dopo una lunghissima gestazione, alla fine questa attesa serie ambientata nel celeberrimo mondo di Oz ha visto la luce, debuttando lo scorso 6 gennaio con un doppio episodio sulla NBC. Se alla vigilia della messa in onda del nuovo episodio vi state ancora chiedendo se valga o meno la pena di imbarcarsi nella visione, potete dare un’occhiata alle opinioni del nostro staff su questo pilot.

Questa serie si è fatta attendere un bel po’, c’è da dire: se ne parlava già qualche anno fa, proprio nel periodo in cui avevo deciso di immergermi nella lettura di “Wicked” (romanzo di Gregory Maguire che rivisita la storia di L. Frank Baum creandone un ideale prequel dalle tinte più “adulte”… e che come avrete intuito dal titolo è stato anche l’ispirazione per il famosissimo musical). La notizia che la NBC stava pensando a un prodotto che si rituffasse nel regno di Oz (ormai visto davvero in tutte le salse, incluso il film con James Franco di qualche anno fa che a me in fondo non è dispiaciuto poi così tanto, come a quanto pare alla maggior parte dei critici di cui ho avuto modo di leggere i commenti), con personaggi e ambientazioni in un certo senso più “dark”, mi aveva catturata immediatamente, quindi quando si è parlato di tornare al progetto inizialmente abbandonato io ero già in prima fila a vedere che ne sarebbe stato di questa rivisitazione.
I dubbi ovviamene c’erano: non si tratta del primo esperimento (televisivo e non) di prendere un classico e rimodellarlo per adattarlo al gusto moderno, e soprattutto parliamo di un progetto che come ambizione sembrava puntare a standard più da cable ma sarebbe andato in onda su uno dei network broadcast (già mi immaginavo i green screen alla OUAT… che io adoro in generale ma, riguardo il CGI, non c’è difesa che regga). Tutto sommato però, visto che negli ultimi anni la NBC ha dimostrato di saper confezionare anche prodotti abbastanza di qualità, forse potevo fidarmi.

Dopo la visione di questo doppio episodio introduttivo posso dire che Emerald City mi ha suscitato pareri discordanti ma, nel complesso, mi ha incuriosita quel tanto che basta per proseguire per l’intera prima stagione. Dal punto di vista delle critiche posso dire che la protagonista forse deve ancora entrare pienamente in character (non conoscevo Adria Arjona prima visto che di True Detective ho visto solo la prima stagione, quindi essendo la prima volta che la vedo in azione non me la sento di affermare lapidariamente “recita da cani”) ma per ora l’ho trovata tendenzialmente monocorde per gran parte del tempo. Vincent D’Onofrio come Mago di Oz invece devo ancora inquadrarlo del tutto, ma più che l’interprete credo di dover ancora inquadrare pienamente il personaggio: di certo non è il Mago che ricordiamo dal romanzo di Baum o dal famoso film con Judy Garland, sebbene la scena in cui si toglie la parrucca sembrerebbe voler citare la natura “fasulla” del personaggio originale e il suo cercare di apparire più potente e influente di ciò che realmente è. Diciamo che nel suo ruolo da politico mi è sembrato di rivedere più il personaggio del libro di Maguire, così come l’intera atmosfera distopica di un regno in cui la magia è stata messa al bando (in “Wicked” Elphaba – la Strega dell’Ovest di cui invece in Emerald City, così come nel romanzo originale, non viene mai fatto il nome proprio – è una ribelle contro il sistema quasi dittatoriale di questo “Mago”). Interessanti invece le scelte di Joely Richardson per una Glinda apparentemente meno zuccherina e più machiavellica e Ana Ularu come una Strega dell’Ovest che mantiene il lato spigoloso che ci si aspetterebbe dal personaggio con l’aggiunta di una sfumatura più conturbante.
Mi è piaciuto poi l’adattamento di alcuni tratti originali che sembrano quasi interventi di “normalizzazione” della trama (sempre per richiamare Once, penso all’aver reso i Sette Nani semplicemente sette uomini di bassa statura), cosicché il colorato Regno di Oz, fatto di aspetti a volte tendenti all’assurdo, possa apparire come un mondo più credibile… con magia e minacciose creature mitologiche ma dall’aspetto meno “fiabesco”. Così le Scimmie Alate diventano droni a forma di scimmia (dall’aspetto anche abbastanza steampunk a dirla tutta, che mi ha creato qualche confusione in parallelo con i territori dei Munchkin qui riadattati in stile Narnia e abitati da una tribù di pseudo-selvaggi), il sentiero di mattoncini dorati una strada coperta da pollini (il cui effetto oppiaceo ricorda quello del campo di papaveri del romanzo), Toto è un meraviglioso pastore tedesco e lo Spaventapasseri (Oliver Jackson-Cohen, al secolo Jonathan Harker in Dracula) è una persona in carne e ossa ma colpito da amnesia, quindi non propriamente in cerca di un cervello ma quasi… Altri riferimenti vanno un po’ a confondersi tra il romanzo originale e il riadattamento cinematografico degli anni ’30 (penso ad esempio ai “guanti” magici incastonati di rubini che potrebbero richiamare le scarpette rosse del film, che erano invece argentate nel libro), ma ho trovato comunque un piacere questo star lì a individuare elementi familiari in una storia conosciuta eppure nuova.

Si riconosce infine la regia di Tarsem Singh, che proprio come quando ha diretto The Fall (film che ho adorato) ha scelto di girare in location a sicuro impatto visivo assolutamente reali piuttosto che far pesare il tutto sul reparto VFX: da questo punto di vista, nonché per l’ottima fotografia, Emerald City è assolutamente un piacere per gli occhi!

 
 

A conti fatti, come dicevo, ci sono diversi aspetti positivi che vanno a bilanciare qualche dubbio sulla direzione della trama, un vago senso di già visto e piccole indecisioni su uno o due interpreti, e se non altro a mio parere Emerald City non ha platealmente deluso le aspettative: non l’ho trovato pretenzioso o troppo ambizioso e, anche se è innegabile che grandi successi fantasy come Il Signore degli Anelli e, soprattutto, Game of Thrones ne abbiano influenzato la resa complessiva (in primis ambientazioni e costumi), non trovo che punti al tono forzatamente epico o a presentarsi come più di quello che è… e quello che è a me sembra già intrattenimento più che dignitoso.

Ale

Allora, comincio premettendo che l’annuncio di questa serie mi aveva messo addosso un’hype esagerata e forse questo ha pesato negativamente sul giudizio dell’episodio, che ho trovato sì gradevole, ma con alcune pecche di fondo che secondo me sono ancora un po’ da rivedere.

Sono sempre stata una fan de “Il Mago di Oz”, mi hanno sempre affascinata sia le ambientazioni che i personaggi, soprattutto le quattro streghe che popolano il reame, seminando terrore e morte o facendo venire il diabete con frasi zuccherose e buoniste (sì, Glinda mi è sempre stata sulle palle, facciamocene una ragione).

Ho letto anche io “Wicked” e sono rimasta ammaliata dalla figura della “perfida” strega dell’Ovest prima che diventasse tale, una ragazza decisa e a suo modo idealista, pronta a rischiare tutto per amore del suo Fiyero:

Too late for second-guessing
Too late to go back to sleep
It’s time to trust my instincts
Close my eyes: and leap!

(Un giorno riuscirò a vedere questo musical dal vivo, lo giuro!)

Posso dire in tutta onestà che l’Elphaba di Emerald City non mi ha delusa in nessun modo, restituendoci forse un’immagine più cupa e carnale del personaggio, più allucinata e spietata, ma comunque soddisfacente e intrigante, in qualche modo vera. La scena svoltasi all’interno del tempio è stata un crescendo di tensione senza respiro, sensuale e dirompente ed ha rappresentato, a mio parere, uno dei momenti più belli dell’episodio.

Pollici alzati anche per la scelta di virare il personaggio di Glinda verso una figura più algida e severa, meno stucchevole ed edulcorata, che gestisce una setta di monache/infermiere biancovestite che dovrebbero essere caste ma invece la lanciano in giro manco avessero una fionda (e non usano nemmeno un contraccettivo).

Non mi ha del tutto convinto, invece, il taglio che è stato scelto per rappresentare il grande Mago di Oz, il ciarlatano per eccellenza, il politicante tutto fumo roboante e niente arrosto, l’ho trovato forse un tantino troppo banale e poco spettacolare.

Un altro enorme punto di forza mi è sembrata la fotografia, decisamente di buon livello ed estremamente evocativa, in grado di creare dei ritratti quasi gotici con una singola inquadratura (basta pensare alla prigione e alla morte della strega dell’Est, con il cadavere composto quasi a sembrare un’opera d’arte e ai panorami tagliati di netto dalla strada di mattoni gialli/polline di papavero).

Insomma, i personaggi e le atmosfere mi sono sembrati particolarmente azzeccati e mi hanno decisamente incuriosita, sebbene abbia trovato piuttosto insipidi Dorothy e Lucas (sì, vabbè, s’è capito che vi piacete, limonate subito così ci risparmiamo una vagonata di cliffhanger e patimenti).

La nota più dolente, invece, è stata il modo in cui è stata sviluppata la trama di questo episodio pilota, forse un po’ troppo sconclusionato e macchinoso. Il ritmo eccessivamente lento e frammentato mi ha effettivamente impedito di farmi prendere più di tanto dalle vicende dei protagonisti, al punto che mi sono ritrovata più di una volta a controllare quanti minuti mancassero alla fine.

Ciò non toglie che il bilancio è tutto sommato positivo e che darò sicuramente una chance alle prossime puntate, perché alcune premesse mi hanno decisamente intrigata, soprattutto il preludio con la madre e il suo monito misterioso e le oscure profezie su questa fantomatica bestia.

Alla fine questa serie, sebbene non sia stata all’altezza delle aspettative che mi ero forse stupidamente creata, promette di essere un prodotto onesto, con delle potenzialità decisamente interessanti e potrebbe addirittura arrivare ad assumere i toni epici che avevano colorato il trailer e che mi avevano tanto ricordato Le Cronache di Narnia.

MooNRiSinG

E voi, avete già visto il pilot di Emerald City? Se sì, quali sono le vostre impressioni? E se non l’avete ancora fatto, vi abbiamo incuriosito?
Attendiamo i vostri pareri qui sotto nei commenti e intanto appuntamento a stasera (orario americano, domani da noi) con il prosieguo di questa nuova serie.

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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