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Peacemaker – I 5 motivi per cui dovete correre a recuperare questa serie

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Peacemaker – I 5 motivi per cui dovete correre a recuperare questa serie

Ci sono due lezioni fondamentali che i Guardiani della Galassia e la Suicide Squad ci hanno insegnato: la prima, è che ogni prodotto va preso e giudicato per ciò che è. Se siamo di fronte alla storia di una banda di scappati di casa disagiati e un po’ psicopatici, siamo di fronte a una banda di scappati di casa disagiati e un po’ psicopatici, punto. Quindi non possiamo certo pretendere che essi prendano la vita con l’integerrima serietà di Bruce Wayne, o che si facciano guidare dai valori che spingono all’azione gli Avenger – bensì dobbiamo aspettarci l’esatto opposto.

La seconda, importantissima, fondamentale lezione invece è che nessuno – e dico NESSUNO, ogni singola lettera maiuscola – è in grado di narrare sul grande (o piccolo) schermo gli scappati di casa come riesce a fare James Gunn. E questo è fondamentalmente il motivo per cui Peacemaker è una delle serie migliori che vedrete quest’anno, parlando di prodotti tratti dai fumetti americani, e vi spiego perché dovete assolutamente correre a recuperarla.

I 5 motivi per cui dovete correre a guardare Peacemaker

  1. La DC non ha nulla da invidiare alla Marvel in termini di potenziale, purtroppo manca di un piano cinematografico/televisivo ben congegnato e di sceneggiatori in grado di sfruttare al meglio storie e personaggi. Quindi, quando capita qualcosa di buono, bisogna fare festa grande e spargere il verbo in ogni angolo della terra. Insomma, long leave Peacemaker. Se dopo aver visto The Suicide Squad avete pensato “cosa me ne faccio di una serie su di lui?” – perché anch’io mi sono posta il quesito – fidatevi di James Gunn che ha creduto nel potenziale del personaggio, e nella propria capacità di raccontarlo. FIDATEVI.
  2. Peacemaker ha tutto: la sana dose di politicamente scorretto e la sanissima dose di nonsense (di quello buono) che da sempre accompagnano i membri della Suicide Squad, una trama al limite del ridicolo che però finisce per farti fare un tifo da stadio per questi villain atipici che si ritrovano a vestire i panni dei buoni – il tutto condito da una origin story e un’introspezione psicologica tutt’altro che banali, e dei personaggi di contorno a cui ti affezioni anche se non vuoi. Due bonus gigantenormi: qui troverete la versione su pellicola più bella di Adrian Chase, nonché l’animale da compagnia migliore di sempre. Inoltre, la serie fa ciò che ogni prodotto tratto dai fumetti dovrebbe fare sempre e comunque: ricordare l’esistenza dell’universo espanso di cui fa parte. Il che significa che troverete copiosi riferimenti a più o meno tutti i film usciti negli ultimi anni, più qualche cameo che vi farà sicuramente sorridere.
  3. La colonna sonora in questa serie è un personaggio vero e proprio, perché non esistono momenti sbagliati per lanciare a palla la musica rock e cantarla a squarciagola. Grazie James Gunn per essere un vero intenditore, e soprattutto grazie per essere stato lungimirante e aver creato di tuo pugno la playlist su Spotify, risparmiandoci la fatica.
  4. Vi commuoverete, mi azzardo a dire che quattro lacrimucce potrebbero perfino scendervi se guarderete gli ultimi episodi in stati emotivi non propriamente integri. Perché al di là della lotta contro l’improbabile alieno di turno, quella raccontata negli otto episodi di Peacemaker è soprattutto la storia della nascita di una squadra, di amicizie destinate a durare nel tempo e di riscatto personale. Li amerete tutti quanti, arriverete ad amarli così tanto da volere a tutti i costi la seconda stagione. Oppure da volere a tutti i costi che James Gunn prenda in mano l’intera DC e ci faccia ciò che meglio ritiene opportuno.
  5. La sigla, LA SIGLA è pura poesia. Una di quelle che non solo non riuscirete MAI a saltare – nemmeno facendo binge watching selvaggio – ma che anzi, avrete sempre voglia di tornare indietro a guardare, riguardare, vedere e rivedere.

Come dicevo all’inizio, Peacemaker va presa e giudicata per ciò che è, quindi di sicuro non c’è da aspettarsi nessun tipo di riflessione profonda sul ruolo degli eroi o alcuna morale di fondo. Ma non è forse questo uno dei punti di forza più grossi dell’universo DC? Quello di aver saputo dar voce – e che voce – anche ai cattivi? Di aver creato un universo in cui non solo bene e male non sono proprio mai assoluti, ma in cui spessissimo si mischiano al punto da ribaltare le posizioni in gioco?

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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