Home Mr. Mercedes Mr. Mercedes | Recensione 1×01 – Pilot

Mr. Mercedes | Recensione 1×01 – Pilot

0
Mr. Mercedes | Recensione 1×01 – Pilot

Ogni volta che viene annunciato un nuovo adattamento di un libro di Stephen King, televisivo o cinematografico che sia, lo saluto con un misto di gioia e timore. Gioia perché King è senza dubbio il mio scrittore preferito (mettetemi al rogo o flagellatemi sulla pubblica piazza, perché, per quanto ami Harry Potter a discapito della mia stessa sanità mentale, La Torre Nera rimarrà sempre LA SAGA per me), timore perché le trasposizioni delle sue opere hanno sempre lasciato un po’ a desiderare.

C’è da dire che Mr. Mercedes parte con un ovvio vantaggio rispetto a suoi colleghi dalle discutibili fortune e cioè quello di non dover dare forma concreta a nessuno dei mostri partoriti dall’immaginazione del re del brivido, che risultano sempre tanto spaventosi sulla carta quanto deludenti all’impatto visivo. No, in Mr. Mercedes il mostro è “solo” un uomo.

Se vi state chiedendo di cosa tratti il primo libro della trilogia di Hodges, debbo rispondervi che racconta innanzitutto la storia di una sfida. Per quanto la storia sia popolata di personaggi accattivanti e ben caratterizzati, il fulcro dell’intera vicenda, il motore portante è da ricercarsi nel dualismo e nella contrapposizione fra il Detective in pensione Hodge e Brady Hartsfield, tristemente noto come l’assassino della Mercedes.
La loro sfida è incalzante e feroce, un’escalation continua e vertiginosa di intuizioni e violenza, che finirà inevitabilmente per coinvolgere e talvolta travolgere le persone più vicine a Bill.

Il pilot di questa prima stagione è ovviamente e forzatamente introduttivo, ci sono un antefatto da narrare e personaggi complessi da delineare con decisione fin dalle prime battute.

Mentre la presentazione di Brady sembra costruita appositamente per generare un senso di simpatia e immedesimazione (il canto a squarciagola nella solitudine dell’abitacolo della macchina, un principale opprimente e un lavoro a dir poco insoddisfacente), il Detective Hodge sembra da principio respingerci, creando con il suo carattere burbero e la sua espressione ostile una fitta barriera di filo spinato a separarlo dal resto del mondo.

Nel corso dell’episodio veniamo presi per mano e costretti a ribaltare le nostre prime impressioni, scoprendo in Hodges delle caratteristiche così profondamente umane che non possono che spingerci ad apprezzarlo, mentre la connotazione di Brady assume sfumature via via più inquietanti e allucinate.
A fare da campanello di allarme (che più che un campanello è in realtà una sirena antincendio) è soprattutto il rapporto del ragazzo con la madre, che si connota fin da subito e senza possibilità di errore come malato ed edipico in maniera a dir poco estrema.
Il ritratto iniziale di Deborah Ann mi ha fatto, da lettrice, un po’ storcere il naso: quella che nel romanzo viene descritta come una figura decadente e vagamente hollywoodiana, languida e obnubilata, viene sostituita nell’adattamento televisivo con una donna sciatta, priva di qualsiasi eleganza, vestita rozzamente e fin troppo vitale.

A Hodge sembra invece mancare la disperazione che inizialmente dovrebbe caratterizzare la sua figura, una scelta tutto sommato comprensibile e perdonabile, anche se la fascinazione e il desiderio di approcciarlo di Brady nascono in buona parte dall’attrazione riluttante del Detective per la vecchia pistola del padre e per l’idea del suicidio (idea del suicidio che è poi uno dei temi portanti della trilogia, soprattutto del terzo volume).
Non mi spiego onestamente la funzione dei siparietti dimenticabilissimi con la vicina di cui ho prontamente scordato il nome. Posso solo pensare che il loro scopo sia quello di strappare un sorriso, ma personalmente li ho trovati parecchio superflui e campati per aria.

Un’altra importante differenza è rappresentata dalla scelta degli sceneggiatori di sostituire la lettera cartacea inviata da Brady ad Hodges con un video mediamente splatter e di sicuro cattivo gusto.
La prosa raffinata e provocatoria dell’assassino viene lavata via di sana pianta da glitch ed effetti speciali, in un tentativo forse di attualizzare la vicenda che finisce però per snaturare leggermente Hartsfield, spingendo prepotentemente in secondo piano la sua cerebralità ed impedendo a Hodge di sfoderare tutto il fascino delle sue indagini vecchio stile.
Stessa cosa vale per il lancio della pallina sul portico proprio in contemporanea con la presenza di Bradley e del suo camioncino dei gelati, si tratta di un gesto avventato e fine a se stesso che stona ampiamente con l’immagine del killer gelido e misurato da lui inizialmente offerta.

Un cambiamento che ho trovato invece piacevole e interessante è la scelta di tenere la fantomatica Mercedes sotto sequestro a distanza di due anni, con ancora le ammaccature e le macchie di sangue a riportare costantemente alla memoria degli investigatori che sì, hanno fallito, e che l’assassino è ancora beatamente a piede libero.
Un particolare che serve ad alimentare e sottolineare la tendenza all’ossessione di Hodge, irresistibilmente attratto dal vortice di un’indagine che sembra ripiegarsi su se stessa.

Dal punto di vista del casting, devo ammettere che le scelte si sono dimostrate finora azzeccatissime. Brendan Gleeson dà vita a un Detective Hodges che è facile farsi piacere, mentre Treadaway, come prevedibile, si dimostra fin da subito perfetto per un ruolo che gli sembra quasi cucito addosso.
Sono sinceramente curiosa di scoprire come verrà reso il personaggio di Holly, che è forse il mio preferito all’interno dell’intera trilogia.

Una menzione d’onore anche per la colonna sonora assolutamente splendida, che con il pezzo iniziale non perde occasione di strizzare l’occhio a una delle opere più acclamate della produzione di King.

“I don’t wanna be buried in a Pet Sematary,
I don’t want to live my life again.”

In sostanza questo pilot ci regala un esordio piacevole che già comincia a costruire efficacemente quella tensione che caratterizzerà la sfida fra Hodge e Brady e che, nonostante alcuni cambiamenti forse superflui e grazie soprattutto all’interpretazione dei due protagonisti, mi fa ben sperare per gli episodi futuri.

Non mi resta che darvi appuntamento a metà stagione per fare il punto della situazione prima della sconvolgente e tumultuosa corsa verso il finale.

Previous article Younger | Recensione 4×07 – Fever Pitch
Next article Telefilm Addicted Consiglia… Shinsekai Yori
Avatar photo
Nata come Elisa, fin da bambina dimostra un’inquietante e insopprimibile attrazione per i telefilm e per il bad boy di turno. Le domeniche della sua infanzia le trascorre sfrecciando con Bo e Luke per le stradine polverose della sperduta contea di Hazzard. Gli anni dell’adolescenza scivolano via fra varie serie, senza incontrarne però nessuna che scateni definitivamente il mostro che dorme dentro di lei. L’irreparabile accade quando un’amica le presta i DVD di Roswell: dieci minuti in compagnia di Michael le bastano per perdersi per sempre. Dal primo amore alla follia il passo è breve: in preda a una frenesia inarrestabile comincia a recuperare titoli su titoli, stagioni su stagioni, passando da “Gilmore Girls” fino ad arrivare a serie culto quali “Friends” ed “ER”. Comedy, drama, musical… nessun genere con lei al sicuro. Al momento sta ancora cercando di superare il lutto per la fine di “Sons of Anarchy”, ma potrebbe forse riuscire a consolarsi con il ritorno di Alec in quel di Broadchurch…

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here