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Mistresses | Recensione 1×01 – Pilot

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Mistresses | Recensione 1×01 – Pilot

YUNJIN KIM, ROCHELLE AYTES, JES MACALLAN, ALYSSA MILANOTra lingerie e abiti succinti, accompagnati da una stuzzicante base musicale (che potete trovare cliccando QUI) , l’ABC suggerisce un’Estate in preda alla sensualità. Le vere protagoniste sono le curve femminili, evidenziate da meravigliosa biancheria intima, che lasciano in secondo piano i personaggi e le storie che hanno da raccontare. Mistresses è un remake dell’omonima serie UK; essa si presenta come un dramma e conferma a larghe linee di esserlo fino all’ultimo minuto, nonostante i numerosi cliché.

DI COSA PARLA? | Di tutto e di niente, direi a primo impatto. Quattro donne con vite sentimentali pari alle svendite del 90% di abiti griffati (traete le somme), dove belle case e portafogli pieni sono ben lontani dal rendere le loro vite perfette. A dire il vero, non trasudano soldi a destra e a manca, ma non si può certo dire che vivano in balia della crisi economica. Le piccole gioie della vita non sembrano fare al caso loro, poiché, da qualunque angolazione le si guardi, si potrà sempre scorgere un segreto adombrato o un problema in agguato.

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Savannah, interpretata dalla bellissima Alyssa Milano, è una donna affascinante, trasudante sensualità nonostante madre natura non sia stata generosa nei suoi confronti per i centimetri d’altezza.  Sposata da tempo con Harry, il loro matrimonio bazzica attorno all’ovulazione mensile, con la vana speranza che i trucchetti di cui si circondino portino ben presto ad allargare la famiglia. Interessante il gioco di ruolo con il quale si sono presentati ad inizio puntata, poiché il loro biglietto da visita parla chiaro sul loro matrimonio: ossessione per l’ovulo. Harry lavora come cuoco in un ristorante, mentre Savannah è un avvocato che lavora a stretto contatto con un tormento erotico di nome Dominic, il quale le concede spesso e volentieri occhiate lascive a raggi X. Il problema di Savannah? Diventare socio dell’azienda. Aveva timore di poter rimanere incinta e quindi poter perdere la candidatura per quel posto, cosa che non lascia in disparte Harry; anzi, quando il medico dichiarerà la sentenza e abbatterà la ghigliottina sul capo del cuoco, il cappello da chef anziché cadere tenderà a stringersi maggiormente sulla sua testa, perché non avrà il coraggio di affrontare l’argomento. Dopo essersi urlati contro e aver evitato di gettarsi dietro la porcellana, Savannah viene sedotta nuovamente da Dominic e, questa volta, cede: la tensione sessuale tra i due è tagliente; ma che Harry sia fatto della stessa pasta della moglie è un pensiero che mi ha convinto subito durante il breve scambio di battute acide tra la suddetta Savi e la hostess del ristorante. Le soluzioni sono due: a) antipatia a pelle; b) DNA da mistresses.

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Karen, intepretata dalla “lostissima” Yunjin Kim, è una psicologa e, come un cliché che si rispetti, perde la testa e il cuore per un suo paziente che, oltre ad avere una moglie ricchissima e un figlio ostile con il quale tende a chiacchierare meno possibile, le confessa di essere malato. Gettando all’aria anni di carriera e di studio, Karen dimentica cosa significhi l’etica professionale e dona anima e corpo all’uomo che, alla fin dei conti, ha preferito trascorrere gli ultimi istanti di vita tra le braccia della donna che porta la sua fede all’anulare.  Come se non bastasse, Karen siede vicino alla famiglia addolorata durante il funerale ed è costretta a reggere la mano della nemica in amore, fingendo d’essersi limitata a scarabocchiare qualche pensiero contorto durante le sedute col marito. E, osando di più, attira le attenzioni del figlioccio leggermente ossessivo, che non aveva mai incontrato fino a quel momento, ma che sa come imprimersi nella vita di una donna. Le prime cose da fare sono:

– Digitare su Internet il suo nome e stamparsi l’intera biografia (Ok, è una mia ipotesi, ma che altra spiegazione potrei valutare? D’accordo, chiedere alla madre, fonte del denaro, non è da escludere);

–  Appropriarsi del suo numero di telefono e bombardarla di chiamate;

–  Precipitarsi fuori l’appartamento della donna in questione e ipnotizzarsi mentre la telecamera punta l’obiettivo su di te;

–  Braccarla a lavoro, come un topo messo all’angolo.

Se non sei ancora riuscito a impressionare la tua donna, il mio consiglio è uno: prenota una seduta per farti analizzare il cervello; quello potrebbe fornirle le risposte che stava cercando sul tuo conto.

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Joss, interpetata dalla biondissima Jes Macallan, è la sorella minore di Savannah. Se c’è qualcosa che Sex and the City insegna, è che in ogni gruppo d’amiche che si rispetti, deve esserci sempre una Samantha. La domanda che mi nasce spontanea però è: che cavolo c’è di Samantha in questa qui? Oltre al fatto che abbia due pali della luce al posto delle gambe – e che metta tacchi alti come grattaceli – gli uomini sono l’unico elemento in comune con un personaggio simbolo del genere. Joss è famelica, nel giro di quaranta minuti ha esplorato scrivanie, muri, cucine e chi ne ha più ne metta: ci credo che sia un agente immobiliare! È contesa da diversi uomini che mirano ad accasarsela, ma Joss è uno spirito libero, a cui piace godersi le bellezze della vita. Vanitosa e senza casa – evidentemente non aveva capito che la chiave stava nel non farsi il padrone di casa per mantenersela – la sua sfida in quest’episodio consisteva nel trovare la dimora adatta ad una coppia lesbica, che è risultata essere più complicata del previsto. Sono sicura che se avesse voluto, avrebbe fatto delle avance per conquistarsi il portafogli di una e proporre una convivenza a tre all’altra pur di accaparrarsi quella vista-mare mozzafiato. Non è una coincidenza che gli autori abbiano giocato sulla sintonia istauratasi tra Joss e la mora. E, dal promo della prossima puntata, direi che non sto affatto divagando!

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April, interpretata da  Rochelle Aytes, affronta una delle sfide più infami della vita: la vedovanza; raggruppa le energie per crescere sua figlia Lucy e possiede un delizioso negozio che fungerà d’aggancio con diversi uomini. La donna non riesce a superare la perdita del marito, nonostante siano passati tre anni, e si convince che le chiamate anonime che riceve siano frutto del suo fantasma. E le amiche, anziché proporle una visita medica, la assecondano nel racconto e s’immedesimano a tal punto da sobbalzare allo scoppio di un palloncino. Non sono un tantino adulte per credere alla storia dei fantasmi? No, certo che no. Preferiscono ignorare le prove che l’universo concede loro, sorridere benevole a una donna che usa il proprio bambino come scudo di bugie e tornarsene a casa con il fiato del fantasma sul collo. Una nota positiva in tutto questo c’è, e non mi sto riferendo alla rivelazione del figlio illegittimo: Richard, il padre single che si spaccia per stalker e usa dei cuscini per porle delle avance. Sa di già visto, ma April sembra una donna che si lascia convincere con ben poco: la stessa donna braccata al motel in compagnia di Savi, le si ripresenta fuori la porta di casa con un bambino di colore al seguito. La dichiarazione sarà sconcertante e credo che il povero Richard si beccherà un altro due di picche, anche perché sarà l’ultima delle sue preoccupazioni. L’idea che il suo matrimonio non fosse perfetto come credeva la spezzerà in due e non avrà il coraggio di fare i conti con i suoi di fantasmi.

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Data la forte pubblicità di questa serie, le aspettative non hanno combaciato con la realtà dei fatti. Mi sarei aspettata uno scioglimento di trama migliore, personaggi più definiti così come le loro storyline, anziché porre l’attenzione su pochi di loro. Ma è anche vero che si tratta pur sempre di un episodio di debutto, in quaranta minuti sarebbe stato difficile dare giustizia a tutti; difficile, ma non impossibile. La serie potrebbe evolversi in meglio con lo srotolamento della trama, quindi niente è perso!

Mistresses vi dà appuntamento il 10 Giugno, con altri rompicapi da risolvere e altri segreti da seppellire.



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Per quanto l’apparenza possa ingannare, ha avuto sempre una ricca immaginazione, sin da bambina: avrebbe voluto indossare un camice azzurro e ubriacarsi con Cristina e Meredith, esibirsi con vestiti pomposi e colorati nel Glee Club, aprirsi un blog con cui infangare amici e famiglia, naufragare su un’isola deserta che tanto deserta non è, prendere a palettate vampiri con Buffy e uccidere i demoni con il Libro delle Ombre, trasferirsi in una città popolata dai personaggi delle favole, sorseggiare Cosmopolitan e indebitarsi per un paio di Manolo, scoprire l’esistenza di una sorella gemella e mangiare tutti i biscotti della famiglia Camden. Se non avesse guardato tanta televisione, a ventidue anni non avrebbe avuto il cervello ridotto in poltiglia. È certa che un giorno imparerà a volare come Goku – c’è riuscito Crilin! –, così potrà arrivare a New York e cercare Carrie Bradshaw o raggiungere Stars Hollow e bere il caffè di Luke o ancora farsi adottare dai Cohen e vivere per sempre sul materassino gonfiabile della piscina; ma, fino a quel momento, si limiterà a prendere appunti e coltivare il suo futuro tra i libri di Editoria e Pubblicistica, sperando di sbocciare nella versione di Anne Hathaway ne “Il diavolo veste prada”, anziché in quella di Ugly Betty, e vedere la propria immagine sugli autobus della città. Almeno sognare non costa niente!

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