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Manifest – Recensione e teorie sul finale della seconda stagione

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Manifest – Recensione e teorie sul finale della seconda stagione

Ciao a tutti e bentornati! Spero che, nonostante le necessarie restrizioni di questo periodo, stiate passando un buon weekend pasquale.
Personalmente, vista la situazione, ne sto approfittando per dedicarmi ancor più del solito a recuperi e nuove visioni. Tra le nuove uscite non poteva certo mancare la seconda stagione di Manifest, di cui avevo già avuto modo di parlare all’inizio e a metà circa. Proprio in questi giorni è andato in onda il season finale, che ha confermato il buon trend che avevo già evidenziato in precedenza andando anche ad aprire nuovi scenari potenzialmente interessanti per un eventuale prosieguo… seppure senza ancora rispondere a molte delle domande più pressanti (ragion per cui se la NBC non lo rinnova per una terza stagione li vado a cercare a casa!). Andiamo quindi a commentare insieme quanto visto in questo finale di seconda stagione di Manifest e ad azzardare qualche teoria sui futuri sviluppi.

Innanzitutto comincio col ribadire che l’ampliamento della cerchia ristretta della famiglia Stone continua a viaggiare sui binari giusti: oltre ad aver “riportato in vita” Vance e a mantenere Zeke e Saanvi (sebbene quest’ultima sempre “a mezzo carico”… ci torniamo fra un attimo), ho apprezzato l’introduzione di TJ (come accennato anche nella scorsa recensione) e trovo azzeccato anche il personaggio di Drea. Confesso che quest’ultima per diversi episodi l’ho guardata con sospetto, così come anche il nuovo capo distretto (avevo idea che nascondesse qualcosa, ma ho cominciato a convincermi che fosse qualcosa di buono nel momento in cui ho iniziato a sospettare che la svolta dark di Jared potesse tutto sommato essere solo una simulazione): Drea è stata da subito fin troppo carina e disponibile con Michaela… forse è solo che serie di questo tipo mi hanno abituata a non fidarmi ciecamente della gentilezza gratuita della gente. Per ora sono felice di essere stata smentita, anche se le parole del Maggiore su come stia tenendo d’occhio gli Stone mi hanno riacceso il campanello d’allarme: che sia proprio Drea il suo “infiltrato”? Certo sarebbe un peccato, ma è plausibile.
Riguardo invece il piano segreto che coinvolgeva il doppiogioco di Jared, devo dire che se per cinque minuti all’inizio non mi era dispiaciuto come risvolto e non l’ho trovato neanche così campato in aria, è arrivato presto il sospetto che fosse tutta una montatura. Una volta confermato questo ammetto di aver capito che Jared nelle originali vesti di alleato mi piace comunque sempre di più: irremovibilmente fedele a Michaela e sempre dalla sua parte, non importa cosa succeda (e con chi lei stia al momento). La compostezza con cui continui a supportarla e il rapporto di equilibrato sopportarsi tra lui e Zeke è stata la migliore scelta narrativa a mio vedere: non se ne può davvero più di triangoli amorosi, apprezzo molto di più un rapporto di questo tipo, decisamente adulto da parte di Jared e senza inutili melodrammi… che il focus della storia deve rimanere un altro!

Già, parliamo di questo focus: dal cliffhanger finale della stagione scorsa si era capito che in questa seconda stagione Manifest avrebbe indirizzato gran parte del lavoro dei protagonisti a scoprire di più sulla data di morte e su come scongiurarla. Purtroppo, avendo Zeke una data molto più prossima rispetto agli altri, in queste ultime puntate è stato su di lui che si è incentrato gran parte del racconto, portandolo a fare pace con suo padre, a coronare il suo sogno d’amore con Michaela… insomma, in tutto e per tutto il percorso di Zeke sembrava averlo condotto a una pacata rassegnazione alla fine della sua vita, ora che finalmente poteva dire di aver conquistato tutto quello che non aveva mai avuto. In parte per questo forse non posso dire di essere saltata sul divano alla scena della sua resurrezione. Per prima cosa, la costruzione della scena l’ho trovata piuttosto cheesy (pur volendo presumere che il bagliore che vedono Michaela, Ben e Cal sia in qualche modo collegato alla luce che aveva visto Cal dall’aereo, il che suggerirebbe l’intuizione di Ben su come effettivamente si sia verificata questa resurrezione, è davvero troppo “disneyano”). Inoltre, da un mero punto di vista narrativo, in questa seconda stagione Manifest ci aveva già strappato dolorosamente un altro personaggio (TJ) solo per poi restituircelo su un piatto d’argento. Chiariamo, non sono una fan del far fuori personaggi amati solo per il fattore shock (coff coff quarta stagione di Veronica Mars…), tutt’altro! Però ritengo che a volte, se la morte è ben costruita all’interno delle storyline e può dare spazio a un’interessante evoluzione caratteriale di uno o più personaggi, ben venga. È quello che era successo proprio con TJ: mi era dispiaciuta la sua apparente dipartita perché lo apprezzavo come aggiunta alla cerchia Stone, ma l’episodio successivo ha creato una bella dinamica tra Ben e sua figlia, il loro comune dolore li ha portati ad unirsi più profondamente di quanto fatto fino ad allora, il loro rapporto si è fatto più stretto… in alcuni contesti scegliere di uccidere un personaggio è la via più facile, altre volte invece concedere per forza il lieto fine lo è. Nel caso di TJ non ho trovato la scelta di salvarlo una facile scappatoia perché comunque abbiamo sperimentato la sofferenza di Ben e Olive con loro per un intero episodio prima di ritrovare il ragazzo, quindi lo sviluppo narrativo dei due personaggi e il loro riavvicinamento dovuto a tale perdita l’abbiamo comunque vissuto. Nel caso di Zeke invece abbiamo avuto un molto più lungo periodo di accettazione di un destino che sembrava impossibile cambiare, da quando il giovane ha scelto di lasciare l’ospedale analogamente a un malato terminale che vuole passare i suoi ultimi momenti nel calore di casa propria e non lontano dai suoi cari combattendo una lotta impossibile. Dopo diversi episodi in cui la storyline di Zeke e Michaela sembrava aver avuto come focus principale proprio il far giungere anche lei a questa accettazione, la scena del sacrificio di Zeke sembrava la conclusione più giusta (e il culmine drammatico dell’intera seconda stagione di Manifest), anche per come la visione che porta Zeke a salvare Cal ha creato un parallelismo con quella che nella scorsa stagione aveva portato il bambino a trovare lui: sembrava giusto lasciarlo andare a questo punto. Riportarlo in vita sarà anche un tassello importante nel puzzle del mistero della data di morte e come sconfiggerla, ma la cosa non ci viene in alcun modo presentata adeguatamente. È l’ipotesi formulata successivamente da Ben a introdurci alla possibilità che sia stato il seguire le sue chiamate fino alle estreme conseguenze a salvare Zeke (cosa che va ad allinearsi alle indicazioni di Al-Zuras: “All other paths lead to disaster”), ma la scena di per sé l’ho trovata piuttosto anticlimatica dopo tutta la costruzione narrativa degli episodi precedenti. Inoltre ricordiamo che è stato proprio l’iniziale ignorare la chiamata “let him go” di Michaela a portarli fino a quel punto: è l’universo che si autocorregge e anche se lei l’avesse seguita si sarebbero comunque verificate le circostanze per permettere a Zeke di salvarsi come ha fatto, oppure il rifiuto di Michaela di seguire quella specifica chiamata era “già previsto” e faceva parte di questo piano più grande? O, ancora (ma improbabile), si è trattato di una semplice casualità?

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La teoria dell’universo che si autocorregge potrebbe applicarsi anche alla fine dei tre rapitori: nel momento in cui scopriamo che le tre ombre minacciose che continuavano a disturbare le visioni di Cal appartenevano ai tre criminali incastrati da Michaela devo ammettere di aver sentito nella mia testa come il rumore di un palloncino che si sgonfia. Per quanto il capobanda sembri un pericoloso psicopatico, non mi hanno trasmesso l’immediata idea di entità maligne… le ombre facevano presagire quasi qualcosa di ultraterreno (come i Cavalieri dell’Apocalisse teorizzati da Adrian… solo che questi non erano quattro): tre umanissimi spacciatori è quasi una delusione.
Scoprire che ignorare la propria chiamata da parte di Michaela ha fondamentalmente salvato loro la vita, impedendo loro di saltare in aria con il loro laboratorio, sembrerebbe essere ciò che l’universo vuole “rimettere a posto” spezzando loro il ghiaccio da sotto i piedi con un fulmine (un fulmine nero come quello che ha avvolto il volo 828? O semplicemente un randomissimo fulmine che, di tanti posti, va a cadere proprio sul lago gelato… dove, tanto per dire, erano comunque ammucchiate più persone di quante io ne farei stare su una superficie così notoriamente fragile). Il che rende la scoperta che i tre cadaveri sono scomparsi dal fondo del lago ghiacciato ancora più interessante: erano tre comuni mortali resi casualmente importanti dall’essere stati l’oggetto della chiamata ignorata da Michaela o erano già importanti da prima?
Personalmente ho due ipotesi a riguardo. La prima è che non avessero un grande rilievo nella più complessa trama globale, ma essendo sfuggiti al loro destino una volta l’universo è intervenuto per correggere l’intoppo, ma nel farlo ha accidentalmente conferito ai tre gli stessi poteri dei passeggeri dell’828: se a colpirli sul lago ghiacciato sia in effetti stato un fulmine analogo a quello della tempesta attraversata dall’aereo, i tre potrebbero essere scomparsi come i passeggeri del volo e un giorno torneranno con le chiamate e la “data di scadenza” come i nostri protagonisti. Ma la teoria che mi convince leggermente di più è di tipo più mistico (Lost docet): che ci siano in gioco forze più alte, che l’universo stia giocando una sorta di partita a scacchi tra bene e male, in cui i passeggeri che sentono le voci sono inconsapevolmente al servizio delle forze benefiche e i tre di quelle maligne ed è per questo che Michaela doveva lasciarli tornare al loro laboratorio? Quando si sono salvati da quella sorte, l’universo è intervenuto per rimettere tutto sui binari facendoli affogare.
Ma a questo punto c’è da chiedersi: se i passeggeri (e Zeke) hanno la possibilità di salvarsi dalla data di morte, c’è la possibilità che ciò apra un nuovo circolo? Cioè, Zeke è salvo per sempre o ha solo iniziato un nuovo corso? E se così fosse, ci si può salvare dalla morte più di una volta? Si può addirittura diventare immortali? È questo che è successo ai tre sul lago, sono morti e risorti? Sarebbe un risvolto a dir poco intrigante scoprire che magari li ho sottovalutati a un primo sguardo e fanno in realtà parte di un complotto ben più grande.

E parlando di complotti, veniamo alla storyline secondaria di questo finale della seconda stagione di Manifest e alle teorie riguardanti quegli ultimi due minuti da grattacapo.
Innanzitutto parliamo del faccia a faccia tra Saanvi e il Maggiore, che ci porta a un risvolto totalmente inaspettato per la prima (non so se sono pronta a una Saanvi macchiata dall’omicidio, seppure involontario) e ci rivela le vere intenzioni del governo nei confronti delle sue ricerche… ma qualcuno aveva qualche dubbio? Se c’è una cosa che ho imparato da questo genere di storie è che se il governo si impossessa di ricerche scientifiche riguardanti mutazioni genetiche, al 90% lo fa perché vuole rigirarle a proprio favore, impiegandole per scopi militari o comunque sinistri. La rivelazione che il Maggiore non si era impossessata del materiale su cui stava lavorando Saanvi per trovare una cura per i passeggeri ma per replicare quella mutazione del DNA non è quindi una rivelazione scioccante, ma è narrativamente un giusto parallelo che Saanvi si senta dire che “non esiste una cura” proprio nello stesso episodio in cui Zeke “si cura da solo” quasi per intercessione divina. Come anticipavo prima, quello che mi è dispiaciuto molto all’interno di questa seconda stagione di Manifest è stato vedere il personaggio di Saanvi relegato quasi unicamente a dottoressa integerrima che non getta mai la spugna, senza sfumature al di fuori di questo obiettivo di correggere l’anomalia genetica e salvare tutti dalla data di morte a guidarla. C’è stato un flebile tentativo di darle uno spessore emotivo al di là di questa ossessione introducendo il personaggio di Alex e i loro trascorsi, ma alla fine non ci si è mai veramente schiodati troppo dal riportarla alle sue ricerche e i suoi esperimenti. Le sue convinzioni granitiche sembrano quasi voler replicare (e mi dispiace scomodare di nuovo Lost dopo aver ripetuto anche nelle precedenti recensioni quanto non vorrei creare il paragone) il dualismo uomo di scienza-uomo di fede: Saanvi dichiara spesso di non credere ai miracoli e si strugge per trovare una soluzione medica all’anomalia, mentre Ben si abbandona al misticismo, alle visioni e alle improbabili coincidenze collegate a tarocchi e libri antichi. E in questo finale ad averla vinta sembra essere proprio la visione ultraterrena del mistero che li circonda.
Siamo ancora ben lontani dall’avere tutte le risposte che vorremmo, e questo è forse il tarlo che più mi continua a disturbare a fine visione: c’è stato uno sviluppo graduale ma costante nell’arco di questa seconda stagione di Manifest, sono state aggiunte piccole briciole di informazioni ogni tanto, eppure arriviamo alla chiusura non solo senza avere ancora certezze importanti in mano ma con nuovi interrogativi che si stagliano all’orizzonte: la visione di Ben con l’aereo che esplode e il rottame recuperato dal peschereccio in mezzo all’oceano.

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Da qui andrò avanti a voli d’immaginazione, ma attendo di leggere le vostre idee nei commenti per confutare queste ipotesi qualora abbiate notato dettagli contrastanti che sono sfuggiti a me, o confermarle qualora la pensiate allo stesso modo… o magari deviare in direzioni ancora diverse e ancora più fantasiose.
Volendo perseguire la teoria del complotto si potrebbe imputare sempre al governo la sparizione del volo in primis: volevano fare esperimenti per ottenere materiale genetico da studiare, come stanno facendo ora con le ricerche rubate a Saanvi, ma magari neanche loro avevano previsto che l’aereo sarebbe piombato in quella sorta di “non-tempo” (vogliamo chiamarlo una specie di limbo spazio-temporale in cui presente e passato sono coesistiti per un attimo, facendo sì che il volo 828 attraversasse il cielo sopra la nave di Al-Zuras?). Nel momento in cui, per ragioni a noi ancora non note, il volo anziché seguire gli schemi previsti dall’esperimento è semplicemente sparito dai radar, magari una replica dell’828 è stata creata ad arte dal governo e fatta esplodere in mare per insabbiare tutto, simulando un normale incidente aereo. L’imprevisto rientro dei passeggeri ha fatto però sì che dovessero coprire le tracce della loro stessa copertura, motivo per cui l’828 appena rientrato doveva sparire (l’esplosione a fine episodio pilota). In questo caso l’alettone recuperato dai pescatori alla fine di questo season finale apparterrebbe semplicemente al finto 828 di copertura. Per quanto realisticamente plausibile, però, per una serie talmente intrisa di soprannaturale lasciarci con un cliffhanger così carico di aspettative e poi rivelarci che “è stato il maggiordomo governo” sarebbe una delusione.
Una teoria ancora più intrigante sarebbe quella delle realtà alternative: esistono due “universi paralleli”, uno in cui l’828 è esploso in aria e caduto in mare e uno in cui è solo scomparso per cinque anni e ricomparso con a bordo tutti i passeggeri perfettamente sani e per nulla invecchiati. Quello a cui Ben sta assistendo sarebbe quindi un’occhiata “dall’altra parte” (qui invece Fringe docet), anche perché in tutto questo c’è da considerare che nelle ultime visioni lui non è più a bordo dell’aereo durante una turbolenza come i protagonisti apparivano all’inizio della stagione, ma sembra assistere all’esplosione da un punto esterno.
Se gli autori dovessero introdurre il multiverso sarebbe una gran figata, sicuramente, ma dovranno prepararsi a gestirla meglio di come hanno fatto con questa seconda stagione: Manifest quest’anno si è saputo districare con trame fitte, centellinando gli indizi ma dandoci comunque abbastanza per mantenere l’interesse vivo e non frustrarci con una trama fin troppo ermetica. Ora però il rischio è proprio quello: portare la complessità dell’intreccio a un livello ancora superiore e continuare a non sciogliere i nodi potrebbe finire per rendere la trama talmente ingarbugliata da far perdere allo spettatore l’interesse di seguirla e gettare gli autori nella difficile posizione di non sapere loro stessi come venirne fuori… e a quel punto il pericolo svaccata sarebbe dietro l’angolo.

manifest seconda stagione

Tutto sommato però devo dire che, tirando le somme di questa seconda stagione di Manifest, mi trovo a sottolineare i pregi più dei difetti. Il season finale ha forse speso troppo tempo su punti di minore interesse tralasciando gli sviluppi che avrebbero potuto portare maggiore soddisfazione a noi pubblico, ma ha posto buone basi per sviluppi interessanti e per giungere al cuore di questo mistero (quanto prima, si spera). Ora quindi non ci resta che attendere notizie dal network per capire se ci sarà dato o meno di saperne di più il prossimo anno (anche se analisi dei dati condotte da siti di entertainment americani sembrerebbero vedere del positivo all’orizzonte).
Voi che ne pensate di questa seconda stagione di Manifest invece, vi è piaciuta o c’è qualcosa che avreste migliorato? E quali sono le vostre teorie per il seguito? Aspetto di leggere i vostri pareri qui sotto nei commenti.
A presto!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

2 COMMENTS

  1. Ciao Ale! Aspettavo questa recensione proprio perché volevo confrontarmi con altre opinioni! Innanzitutto sono praticamente d’accordo su tutto ciò che hai scritto, in primis sull’ottimo andamento di questa stagione che ho trovato anche superiore alla prima e soprattutto penso che sia stata un’ottima idea quella di lavorare su un numero ridotto di episodi, la trama infatti non ha subito rallentamenti e non ha presentato episodi filler. Anch’io mi aspettavo praticamente dall’inizio la morte di Zeke, anche perché la vedevo come espediente narrativo non solo per uno sviluppo drammatico della caratterizzazione di Mick ma anche perché forse quella morte poteva risultare “utile” per scoprire qualcosa in più sulla Death Date. Ora, non mi lamento affatto visto che Zeke è il mio personaggio maschile preferito di questa serie ma a questo punto mi chiedo cosa significherà questa resurrezione in futuro. Concordo anche sugli esiti del triangolo zeke-mick-jared, non sono mai stata una fan di quest’ultimo ma devo riconoscere che negli ultimi 3 episodi ha dimostrato quella maturità che gli è mancata in precedenza, anche perché lo vedo leale a tutta la famiglia Stone e non solo a Mick. Drea la amo e spero davvero resti un’alleata degli Stone perché mi sembra davvero un bel personaggio! Per quanto riguarda i 3 criminali, credo che in un certo senso possano essere stati “marionette” inconsapevoli di queste entità maligne che Cal vede e avverte e che non siano stati ritrovati forse perché queste entità non hanno ancora finito con loro. Ma in generale anch’io ho ipotizzato uno schema più grande di genere Lost-iano, nonostante la serie abbia cercato di affermare una sua indipendenza dal modello, che prevede appunto, come hai detto, una partita universale tra bene e male e forse le callings non sono altro che una sorta di metro di giudizio, che può rendere i passeggeri sia forze del bene che fautori dell’apocalisse, a seconda di come operano (e qui rientrerebbe la resurrezione di Zeke, che avendo seguito fino alla fine la sua Calling per poi usarla per salvare Cal, ha ottenuto vite extra come un Super Mario qualunque). In un certo senso quindi, credo che i passeggeri (e Zeke e non sappiamo chi altri a questo punto) siano stati “chiamati” e riconosciuti forse come possibili giocatori di questa partita e per questo “salvati” da morte certa per concedere loro un’altra possibilità di fare bene o male. Per questo forse l’828 è effettivamente esploso, loro sono stati salvati e “congelati” da qualche forza superiore e poi riportati nel mondo con questa missione inconsapevole: giocare questa partita, se la giocano bene vincono e sopravvivono, in caso contrario … death date. Infine mi piange il cuore per Saanvi, la mia Saanvi, un personaggio con un tale potenziale umano troppo spesso sprecato, e ora condotta quasi al limite della disperazione! Ora, se la NBC non rinnova, mi unisco alla tua crociata e prendo i forconi!

  2. E’ stata rinnovata e mi sembra giusto, per non essendo una serie di altissimo livello, è pur sempre un buon prodotto ricco di idee e di trame, speriamo che la terza stagione sia all’altezza delle aspettative.

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