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Lucifer – I 5 momenti in cui la serie è precipitata nel baratro

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Lucifer – I 5 momenti in cui la serie è precipitata nel baratro

Lucifer – I 5 momenti in cui la serie è precipitata nel baratro

C’è una serie bellissima, che nelle prime stagioni non riesce a sbagliarne mezza nemmeno a impegnarcisi. I personaggi solidi, solidissimi – in grado di farsi amare o odiare a seconda dei casi, ma con una caratterizzazione che sta in piedi da sola e lo fa pure egregiamente.

Passa la prima stagione, passa la seconda. Arriva la terza e inizia a dare segni di cedimento, ma poi con la quarta si risale a gran velocità e… ci si schianta rovinosamente con le ultime due. La macchina evidentemente non è settata bene e va fuori giri in quinta e in sesta. Rovinosamente, lo ripeto.

Ebbene sì, cari Addicted, sto parlando proprio di Lucifer. Cosa è successo? Quando e come è iniziata la discesa verso gli inferi per una serie che puntava ai vertici del paradiso?

Lucifer – I 5 momenti in cui la serie è precipitata nel baratro

  1. È iniziato tutto nel più classico dei modi, con un’immotivata voglia di allungare strenuamente il brodo nel corso della terza stagione. Una miriade di episodi filler che non solo non hanno aggiunto nulla di particolarmente entusiasmante alla trama, ma che sono riusciti piuttosto a distogliere l’attenzione da quella principale – che di per sé era abbastanza figa.
  2. Parliamo poi dei Deckerstar, i tanto sospirati Deckerstar e anche qui, va bene lo slow burn, va bene non precipitare le cose, ma tirarle così tanto per le lunghe? Sarebbe stato molto meglio far scoprire a Chloe la verità entro la fine della prima stagione, con tutti gli annessi e connessi. Dai, diciamolo fuori dai denti: a un certo punto è diventata quasi una farsa. Lucifer che a ogni episodio le ripete cinquanta volte “I’m the Devil” e lei che fa le smorfiette infastidite perché la presunta battuta sta iniziando a invecchiare male – facendo poi in realtà la figura dell’idiota perché dai, ce l’hai di fronte agli occhi la verità. Santissimo cielo, perfino Ella a un certo punto l’ha capito senza bisogno di spiegoni!
  3. Pensiamo ora a Maze e al fatto che dalla terza alla quinta stagione ripete ciclicamente la stessa pattern di errori. Rabbia nei confronti di Lucifer –> schieramento sbagliato –> pentimento –> ripetere tutto da capo. E tanti saluti e cari baci al discorso sui personaggi caratterizzati in maniera solida.
  4. È giunto il momento di trattare uno degli argomenti più spinosi, nonché la storyline peggiore di tutte: Daddy Dearest ci viene presentato fin dall’inizio come l’incubo celestiale per eccellenza, per poi rivelarsi un simpatico nonnetto che anela solo ad andarsene in pensione. W-T-F?! 
  5. Infine, la sesta stagione che si apre con il cliché dei cliché – ovvero la figlia dei Deckerstar – che arriva con un altro cliché – il viaggio nel tempo – e termina la sua storia con il terzo cliché consecutivo – ovvero, nel tentativo di evitare che il futuro si compia, lo fa avverare. Il risultato? Nell’esatto istante in cui dice “sono tua figlia”, chiunque con l’occhio mediamente allenato all’arte dello storytelling più banale può capire con agio cosa accadrà da lì alla fine.

Ci sarebbe molto altro su cui discutere – Trixie praticamente non pervenuta nelle ultime stagioni, Dan che con un colpo di reni inaspettato passa dall’essere il clown del villaggio al diventare l’unico personaggio dotato ancora di senso, Linda che scrive questo libro assurdo su Lucifer, Lucifer che diventa lo psicologo designato dell’inferno e non si capisce bene come mai non possa vivere in entrambi i mondi come ha sempre fatto – o come sta continuando a fare Amenadiel. Insomma, storie buttate un po’ a casaccio e condite con una buona manciata di nonsense.

Dispiace, dispiace molto perché le prime stagioni sono state oggettivamente perfette. Okay, non è mai stata la serie più originale dell’universo, però nel loro piccolo gli autori inizialmente avevano fatto meraviglie. E invece, giunti in fondo, hanno tentato di rattoppare episodi mediocri mettendoci lì un Tom Ellis ballerino/canterino/a petto nudo ogni volta che la storia faticava a prendere il volo – cioè a ogni episodio. E per quanto le trame verticali di questo genere ci piacciano molto, ahimè non bastano a distrarci del tutto. Salviamo Amenadiel e il suo percorso, salviamo Dan che come ho detto prima si è rivelato il migliore di tutti, ma ancora non basta.

Se anche voi avete perso l’entusiasmo per questa serie e siete arrivati alla fine solo grazie alla forza di inerzia, fatecelo sapere. Se invece l’avete trovata godibile fino all’ultimo, discutiamone!

 

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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