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Home Looking For Alaska

Looking For Alaska – I 3 momenti migliori (+1)

Elsa Hysteria by Elsa Hysteria
12 Gennaio 2020
in Looking For Alaska, Rubriche & Esclusive, Top
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Looking For Alaska
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Qualche settimana fa vi ho raccontato quanto io abbia amato Looking For Alaska, mentre oggi sono qui a elencarvi quali secondo me siano stati i 3 momenti migliori della serie e perché.

Premetto che non è stato facile scegliere, come ho detto già nella recensione, questa miniserie è stata perfetta in tutto e per tutto e mi è rimasta nel cuore nella sua interezza. Nonostante ciò però, ci sono stati dei  momenti e delle scene precise che mi si sono tatuati inesorabilmente sul cuore. Eccoli di seguito:

3. Alaska commenta Il generale nel suo labirinto di Gabriel Garcia Márquez. È il momento esatto in cui percepiamo la profondità e la complicatezza del suo essere. Alaska è piena di voglia di vivere e allo stesso tempo di malessere esistenziale. Vuole farcela nella vita ma non sa quale sia il suo posto nel mondo.

2. Miles è stufo di tutto quanto e non riesce più a trovare il senso in nulla perché, per lui, la morte di Alaska di senso non ne ha nessuno. Dal suo punto di vista, lei era vita, quindi si getta in una riflessione profondissima sulla vita e sui rapporti, che culmina con quella che forse è la frase più celebre del romanzo. If people were rain, I was drizzle and she was a hurricane.

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  1. La morale – se proprio vogliamo trovarne una – è che non importa come Alaska sia morta. Che sia stato un incidente o un suicidio, che fosse ubriaca o sobria. Quello che importa è il vuoto che ha lasciato ma non solo, a importare è anche e soprattutto ciò che c’era al posto di quel vuoto. L’amicizia. L’amore. Il dovere di andare avanti e vivere anche per lei. E Miles e il Colonnello alla fine lo capiscono. Capiscono che è inutile continuare ad indagare, a porsi domande e a sbattere la testa contro al muro. Loro sono ancora vivi. Loro devono alla memoria di Alaska il fatto di vivere la loro vita al massimo, esattamente come lei avrebbe voluto vivere la propria. E lo capiscono lì, su quel pezzo di asfalto maledetto che se l’è portata via per sempre.

Gli ultimi due episodi sono stati senza ombra di dubbio i più intensi dal punto di vista emotivo. Sono quelli coi momenti migliori di tutto Looking For Alaska. La scena più bella in assoluto è proprio all’inizio del penultimo: sono tutti radunati in palestra, sanno che qualcosa di terribile è accaduto ma non cosa e a chi. L’unica persona assente – letteralmente l’unica, fra corpo studentesco e docenti – è Alaska. È evidente che sia il soggetto del dramma, eppure Miles non ci sta. Miles continua a impuntarsi e a ripetere che per iniziare la riunione devono aspettare Alaska. Che Alaska ha il diritto di ascoltare tanto quanto gli altri. Possiamo per favore aspettare Alaska? ripetuto come un mantra del rifiuto. Dentro di sé Miles sa, eppure non vuole in nessuna maniera arrivare al punto di sentirselo dire, al punto che diventi realtà.

Quali sono stati i vostri momenti preferiti di questa miniserie?

Elsa Hysteria

Elsa Hysteria

Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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