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Il telefilm che vorrei: Dirty Dancing

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Il telefilm che vorrei: Dirty Dancing

“Era l’estate del 1963. Tutti mi chiamavano ancora Baby e a me non dispiaceva affatto. Era prima che uccidessero Kennedy, prima dei Beatles, quando credevo nell’impegno civile. E soprattutto quando mai avrei pensato che al mondo potesse esistere un altro uomo oltre a mio padre”

Era, in realtà, il 1987 quando con queste parole prendeva vita sugli schermi di tutto il mondo una delle eroine pop-romantiche per eccellenza del XX secolo, protagonista di quello che in principio era stato concepito come un filmetto a basso costo e con attori per nulla famosi, destinato invece ad entrare prepotentemente nell’Olimpo dei film di maggior successo della storia del cinema (il primo a vendere oltre 1 milione di copie in home video) oltre che nel cuore di migliaia di donne, generazione dopo generazione.

Vincitore anche di un premio Oscar e di un Golden Globe per il brano (I’ve Had) The Time of My Life, Dirty Dancing narra la storia d’amore a passo di salsa, mambo e merenghe, tra Francis Baby Houseman, diciassettenne di buona famiglia con spirito anticonformista, e Johnny Castle, ballerino dal futuro incerto di qualche anno più grande di lei.

La frase iniziale, pronunciata da Baby (Jennifer Grey) nei primi minuti della pellicola, racchiude il succo di tutto il film, inquadrando l’epoca storica in cui esso è ambientato (e che epoca storica!), raccontandoci qualcosa della straordinaria personalità della protagonista (quando credevo nell’impegno civile…) ed anticipandoci quello che sarebbe accaduto poi, ovvero la maturazione da ragazzina a donna grazie al primo grande amore.

Per quanto mi riguarda, il punto di forza e l’enorme successo di questo film non risiedono tanto nella figaggine del compianto Patrick Swayze nel ruolo del “bello e dannato” (la fangirl di casa, in questo caso, è mia madre…), ma più che altro nella figura di Baby, giovane donna dal carattere estremamente forte e dalla bellezza non convenzionale, testardamente fuori dagli schemi se si pensa all’epoca in cui il film è ambientato e pronta a giocarsi il tutto e per tutto per i valori in cui crede (compreso il rispetto di quel padre tanto amato).

Il solito cliché alla Romeo e Giulietta, trito e ritrito e un po’ banalotto? Forse, per quanto riguarda le premesse. Perché comunque ogni grande storia d’amore che si rispetti non deve mai percorrere una strada in discesa (sennò sai che noia?!).

Non si può dire, però, che Dirty Dancing si limiti soltanto a questo. Le tematiche affrontate nel film, infatti, sono molteplici e sicuramente le si riuscirebbe a sviluppare in maniera decisamente più approfondita e soddisfacente se si potessero “spalmare” nell’ arco non dico di una serie-tv da 5 stagioni (e forse nemmeno di 3, dato che la trama del film copre un periodo di sole 3 settimane), ma di una miniserie composta da 10-12 episodi assolutamente sì.

Tanto per cominciare, i due protagonisti sono contornati da un discreto numero di personaggi secondari “incasellati” abbastanza bene nella parte che gli spetta. Lo spettatore riesce, infatti, a comprenderne fin da subito il ruolo nonostante i loro caratteri e/o personalità siano appena abbozzati e rasentino una certa stereotipizzazione, riconducibile soprattutto alla contrapposizione abbastanza netta tra due ceti sociali che, banalmente, si possono definire come “borghesia” e “proletariato”.

 

Da una parte abbiamo, quindi, il Dr. Jake Houseman (padre di Baby), stimato professionista felicemente sposato con Marjorie (donna apparentemente un po’ frivola) e con grandi aspettative per le proprie figlie: Lisa (la maggiore), piuttosto svampita e superficialotta, e Baby (la minore), tutta conferenze ed impegno civile. Completano il quadro “borghese”, Max Kellerman, proprietario del villaggio-vacanze, suo nipote Neal, coetaneo di Baby (pieno di sé e colmo di pregiudizi), e Robbie, studente di medicina con lavoro estivo come cameriere e che quindi viene considerato il classico “buon partito” (per poi rivelarsi in realtà lo stronzo della situazione).

Per quanto riguarda la controparte “proletaria”, troviamo Johnny Castle, ballerino e maestro di ballo, super-corteggiato da donne di ogni età ma in realtà molto insicuro e con una scarsa considerazione di sé stesso;  Penny, la sua migliore amica e partner di lavoro, cacciata di casa dalla madre a soli 16 anni; Billy, cugino di Johnny, il tuttofare dell’albergo, simpatico e alla mano. E, per finire, tutti gli altri ballerini-animatori.

Insomma, se si potessero sfruttare le tempistiche di una serie-tv, di materiale su cui lavorare, per quanto riguarda una certa varietà di personaggi, ce ne sarebbe in abbondanza. Se fossi uno degli sceneggiatori, cercherei di ridurre quella che nel film risulta essere una rappresentazione un pochino “macchiettistica” delle varie figure in gioco, magari cercando di mostrare più sfaccettature della loro personalità (nessuno deve essere per forza totalmente “buono” o “cattivo”) ed introdurrei sicuramente anche qualche flashback che ci mostri la vita di Johnny, Baby e Penny prima degli eventi narrati nel film, in modo tale da inquadrare meglio il loro carattere ed i loro rapporti interpersonali.

In particolare, quello tra Baby e suo padre (di cui già nel film si comprende l’importanza), tra Baby e Lisa (il rapporto tra le due sorelle, così diverse ma comunque legate da un certo affetto, potrebbe essere interessante da vedere) e tra Baby e Penny (un’amicizia femminile inizialmente minata dai pregiudizi della ballerina nei confronti della ragazza); quello poi tra Johnny e Penny (l’amicizia pura tra uomo e donna senza implicazioni romantiche) e la storia tra quest’ultima e Robbie, le cui conseguenze sono praticamente la causa scatenante di tutto ciò che accade nel film.

 

Ovviamente, essendo il fulcro della vicenda il rapporto tra Baby e Johnny, anche nella serie-tv la loro storia d’amore dovrebbe restare la protagonista e la possibilità di avere tante ore a disposizione per raccontarla sarebbe sicuramente un grande vantaggio.

Darebbe modo di sviluppare al meglio e più lentamente il passaggio tra quell’antipatia iniziale, in cui i pregiudizi di lui (che vede Baby solo come una ragazzina ricca figlia di papà) sono contrapposti alla mentalità aperta di lei (molto “matura” e con le idee ben chiare per essere solo una diciassettenne),  e la fase centrale di conoscenza reciproca (con crescita costante della tensione sessuale, alimentata soprattutto dal ballo), in cui ogni preconcetto viene a cadere e lui inizia a vedere lei sotto una luce diversa, fino ad arrivare all’ innamoramento vero e proprio, con, in aggiunta, un eventuale approfondimento su dubbi e paure che una certa differenza di età e la presumibile verginità di Baby (non viene detto esplicitamente ma suppongo sia così, data l’epoca) comportano.

Come ho già detto in precedenza, l’aspetto che più amo di questo film è come abbiano scelto di rappresentare Baby: non è una bellezza da calendario (e, forse, proprio per questo tante ragazze riescono facilmente ad identificarsi in lei), ma possiede una personalità talmente forte da riuscire a conquistare e a “salvare”, in un certo senso, il ragazzo bellissimo ma tormentato (“Grazie a lei ho capito che tipo di persona voglio diventare“), insegnandogli allo stesso tempo ad avere più fiducia in sé stesso e a combattere per far sentire la propria voce, senza preoccuparsi delle conseguenze. Ed è qui che risiede la bellezza e la forza di questa storia d’amore. Certo, c’è anche l’attrazione fisica, ma ciò su cui si basa la storia tra Baby e Johnny è qualcosa di molto più profondo.

Altro punto a favore di una possibile serie-tv è sicuramente il decennio storico in cui il film è ambientato (poco sfruttato nelle serie-tv…mi viene in mente solo Mad Men).

Prima che uccidessero Kennedy, prima dei Beatles…Gli anni Sessanta segnarono un periodo di svolta per gli USA: dalla politica (con il democratico Kennedy alla Casa Bianca), all’arte (con la nascita della rivoluzionaria Pop Art), alla società (con quel consumismo dilagante già esploso negli anni ’50 grazie al boom economico), e con la pubblicità a rinforzare l’idea che essere alla moda fosse motivo di successo e di affermazione (Lisa si preoccupa di aver portato “solo” 10 paia di scarpe e Robbie si vanta dell’imminente acquisto di un’Alfa Romeo).

Gli anni Sessanta sono anche però il periodo storico in cui nascono i primi movimenti pacifisti per i diritti civili (“Tragedia sono i monaci buddisti che si dànno fuoco per protesta”) – soprattutto in seguito alla guerra nel Vietnam – e la cultura Hippie, che professa in maniera non-violenta un mondo libero dalle restrizioni e privo di guerre. Una delle epoche, a mio parere, più interessanti dal punto di visto storico e di cui, in un certo senso, abbiamo un assaggio anche nel film grazie alla contrapposizione tra Lisa (la consumista alla moda) e Baby (l’anticonformista con idee pacifiste). Un’epoca, quindi, di grandi cambiamenti che andrebbe a costituire uno sfondo piuttosto interessante alle vicende narrate, oltre che contribuire ulteriormente all’ approfondimento dei personaggi.

Interessante, a questo proposito, anche la pratica dell’aborto clandestino (verrà legalizzato in USA soltanto 10 anni più tardi, nel 1973) per cui Penny rischia la vita. Tematica molto interessante che nel film viene trattata solo superficialmente ed in maniera frettolosa, ma che in una eventuale serie-tv potrebbe essere approfondita, regalando spunti di riflessione interessanti sui cambiamenti che la società ed il mondo stavano affrontando in quel periodo.

Altra cosa che apprezzo molto del film è la location montanara-lacustre (anche in questo non banale e decisamente poco sfruttata nelle serie-tv per quanto riguarda la meta di una vacanza estiva), che potrebbe regalare, a livello di fotografia, delle immagini davvero suggestive e romantiche.

Ultimo- ma non ultimo punto di forza del film è, ovviamente, la magnifica colonna sonora che mescola brani dalle evidenti sonorità anni ’80 (che magari ri-arrangerei in una chiave più attuale), come Hungry Eyes, She’s Like The Wind (cantata dallo stesso Patrick Swayze) o la già citata (I’ve Had) The Time of My Life , ad alcune tra le canzoni più popolari degli anni ’60 (che, personalmente, adoro), quali Cry To Me Do You Love Me.

Se si considera che spesso anche la colonna sonora costituisce un contributo fondamentale per il successo di una serie-tv, da questo punto di vista direi che un eventuale telefilm sarebbe in una botte di ferro.

In conclusione, essendo Dirty Dancing uno dei miei film preferiti (e probabilmente uno di quelli che ho visto il maggior numero di volte), se mai dovessero trarne una serie-tv, le darei sicuramente una possibilità perché sono convinta che, se fosse affidata a mani capaci (per quanto riguarda regia e sceneggiatura) e ad attori magari poco conosciuti ma con una chimica adeguata, avrebbe davvero le potenzialità per diventare un piccolo gioiellino.

E ricordate…

Alla prossima!

P.S.: ringrazio Marianna, Simona e Walkerita per la fiducia!

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Nella vita fa la veterinaria (o almeno ci prova senza combinare troppi danni) ma, oltre agli animali, le sue più grandi passioni sono il cinema, le serie-tv e il disegno. Figlia degli anni ’80, inizia la sua carriera telefilmica in compagnia di Saranno famosi, Magnum PI, Supercar, l’A-Team e MacGyver, la sua prima serial- crush. A 9 anni, grazie alla mamma, viene catapultata nel contorto mondo di Twin Peaks, il suo primo vero serial. Gli anni dell’adolescenza saranno segnati da tre pietre miliari della storia telefilmica: Dawson’s Creek, Buffy-L’ammazzavampiri ed X-Files. Ma è con l’acquisto del suo primo pc e relativa connessione internet che la sua vita prende una piega totalmente nuova. Dover sottostare alle caotiche programmazioni italiane, infatti, non le basta più. E se in principio era solo Lost (tuttora il suo più grande amore) e poi Prison Break e Grey’s Anatomy, ora, tra serie concluse e attive, sono circa 40 quelle che sono entrate a far parte della sua vita. Oltre ai già citati Dawson’s Creek, Buffy e Lost, tra le sue serie preferite ci sono Friday Night Lights, True Detective, Vikings, Fringe, Sons of Anarchy, The Walking Dead, The Americans, Person of interest, Prison Break, Alias, Homeland e Gilmore Girls. Non ama spoilerarsi, si gode le sue serie-tv rigorosamente in lingua originale (infatti il suo inglese è migliorato un casino) e non disdegnerebbe un’apocalisse zombie se dovesse significare trovarsi faccia a faccia con Daryl Dixon.

5 COMMENTS

  1. Cosa dire se non che hai espresso per filo e per segno tutto ciò che amo di questo film, che va al di là degli attori e risiede nel contesto, nel momento, nel luogo e nella musica. E nei personaggi, intesi come tali, Nn attori.
    Io adoro dirty dancing, è il classico film che quando è in tv non posso non vedere, e conosco quasi le battute a memoria!
    E come dici tu c’è tutto un non detto che sarebbe bello vedere, ma anche credo io un post di possibilità da scoprire.
    Grazie perché davvero ripercorrendolo così mi sono emozionata per tutto quello che questo film mi ha sempre portata a pensare (e sentire)!
    Baci!

    • Grazie mille Mari! 🙂 (anche per avermi coinvolta in questa rubrica)
      Ovviamente le emozioni che ci regala il film sono ineguagliabili quindi, più che un remake vero e proprio del film sottoforma di serie-tv, lo vedrei più come un approfondimento dei personaggi (anche per quanto riguarda il loro passato, soprattutto dei protagonisti)e delle varie storyline 😉

      Baci ^_^

  2. Adoro questo film per esattamente tutti i motivi che hai elencato tu e sono d’accordissimo con te: ci sarebbe materiale a iosa per creare una miniserie in cui approfondire personaggi e situazioni solo appena accennati nel film (quello dell’aborto clandestino è solo l’esempio più lampante di quanto potenziale narrativo anche riguardante temi “scottanti” sia rimasto in parte inespresso per via dei limiti di tempo imposti da un lungometraggio).
    Se facessero questa serie, io la vedrei di certo! 🙂
    Complimenti per l’articolo 😉

  3. In ritardo ma finalmente eccomi!!!
    Sono riuscita infine a leggerlo tutto e mi è piaciuto davvero.
    Anche io, chiaramente, grande fan di Dirty Dancing, anche se ora lo guardo meno di un tempo (anche quando lo danno in tv, intendo), e devo dire che lo hai tratteggiato in modo compiuto in tutti i suoi aspetti.
    Molte cose sono state solo acccennate nel film, ma d’altronde non poteva né doveva essere diversamente, perché il punto centrale era un altro.
    Quindi sì, hai ragione, se ne potrebbe trarre una mini serie dove approfondire i vari aspetti da te evidenziati!
    Anche se i due protagonisti originali resteranno nel mito, niente impedisce di trovarne due che rendano loro omaggio e siano adatti alla mini serie. 🙂

    E grazie per la citazione finale, ma nond ovevi. 🙂

  4. Grazie per questo articolo, è un’idea geniale e che ha tutte le carte in regola per funzionare.. magari venisse una illuminazione del genere agli showrunner!!!
    DD è uno dei miei film preferiti di sempre, nell’87 avevo 12 anni e per la prima volta mi innamoravo di un film.. non solo di Johnny, ma dell’atmosfera sensuale, della colonna sonora da urlo e del ballo.. ancora oggi quando lo vedo non posso fare a meno di restare senza fiato per quanto era.. *polposo* e *succulento* Patrick Swayze, con quei muscoli guizzanti fasciato in pantaloni attillatissimi.. hot hot hot!!! *____*
    Non credo potrebbero mai trovare qualcuno di così bravo nelle scene di ballo.. ma gli darei una chanche, sicuro!

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