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Il Nostro Addio a… Reign

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Il Nostro Addio a… Reign

La settimana scorsa abbiamo dato l’addio definitivo a Reign”, ovvero alla serie targata CW basata sulla storia di Mary Stuart, Queen of Scots, che ci ha fatto compagnia per ben quattro anni. Ci sembrava quindi giusto e doveroso porgerle un ultimo saluto e ricordare il perché ci sia entrata così tanto nel cuore.

 

Vi dirò la verità: non voglio parlare delle cose che non mi sono piaciute di questo show – tante delle quali in realtà ho già analizzato recensendo quest’ultima stagione – ma solo di quelle che me l’hanno fatto amare alla follia perché, pur avendo odiato il finale e non avendo apprezzato particolarmente alcune linee narrative, la verità è che questa è una di quelle serie che probabilmente in futuro rivedrò con piacere e che mi rimarranno sempre nel cuore. Quindi, cosa ho apprezzato così tanto di questo show? Ve lo dico in uno dei miei tanto cari elenchi puntati!

  • I Frary. Ovviamente. Dico ovviamente non perché sia ovvio che a una persona debbano piacere Francis e Mary, ma perché se state leggendo questo articolo è probabile che abbiate seguito anche le mie recensioni e quindi questo punto vi risulterà abbastanza ovvio. Li ho amati fin dal primo istante, da quando Mary lascia il convento delle suore e torna alla corte di Francia, pronta ad abbracciare il proprio destino.Quella di Francis e Mary è stata una romance costruita benissimo, perché quando i due si rivedono dopo anni di separazione si sentono entrambi spaesati e a disagio, messi sotto pressione dalla promessa di un matrimonio politico che non sono sicuri di voler onorare. Non si conoscono, non si fidano l’una dell’altro, non sono nemmeno lontanamente amici. Non fosse che, in realtà, lo sono eccome. Piano piano iniziano a ricordarsi di com’era essere due bambini alla corte di Francia, di come fossero stati compagni di giochi, di come fin dalla più tenera età si fossero sempre sostenuti a vicenda. E da lì scelgono di darsi una possibilità, e passano dall’essere un principe e una principessa costretti a stare insieme da motivazioni politiche, all’essere un ragazzo e una ragazza che si amano e vogliono stare insieme. Uno scenario idilliaco e alquanto improbabile per l’epoca, ma loro lo ottengono, ce la fanno, riescono a vivere una favola in un mondo in cui le unioni per amore non esistevano, in cui non c’era possibilità di eguaglianza fra uomini e donne, in un mondo diviso dalle guerre politiche e da quelle religiose. Loro superano tutto e sopravvivono a tutti, proprio grazie al loro legame. E la cosa più bella è che, anche dopo la dipartita di Francis, Mary riesce a trovare la forza per andare avanti continuando ad attingere al pozzo di questo amore così vero e così profondo. Un amore che non avrà eguali, un amore che non potrà mai essere rimpiazzato o dimenticato. E infatti, sia Gideon che Bothwell non sono dei rimpiazzi, non sono un andare avanti forzato, ma sono qualcos’altro, sfumature d’amore diverse che mai avranno la stessa tonalità di quello di Francis. Un altro aspetto che ho apprezzato tantissimo di come abbiano costruito il rapporto dei Frary è che esso non è stato sempre perfetto, sempre spensierato, sempre senza preoccupazioni ma anzi, li abbiamo visti anche toccare il fondo, abbiamo creduto che ci fossero ferite che non potevano essere rimarginate o dimenticate, abbiamo sofferto con loro del loro dolore. E questo li ha resi anche tremendamente veri.
  • In generale, credo che gli autori di questo show abbiano fatto un ottimo lavoro per quel che riguarda il romanzare la storia. Hanno lasciato immutati gli eventi più grossi e la storyline generale della vita di Mary Stuart, come punti fissi nel tempo che non possono e non devono essere toccati, ma allo stesso tempo hanno saputo costruirci intorno delle vicende solide e avvincenti. Pochissime cose sembrano buttate lì a caso – e queste poche capitano per il 90% nell’ultima stagione (come il triangolo Leith/Claude/Luc), quindi fanno testo fino a un certo punto visto che abbiamo appurato che gli autori hanno saputo della cancellazione dopo aver scritto la stagione, dunque in realtà non sappiamo e non sapremo mai dove volessero realmente andare a parare con ciò che non ci torna – i personaggi hanno tutti un loro percorso ben definito e la recitazione è di altissimo livello nonostante il target dello show. Ogni attore è riuscito a diventare un tutt’uno con la propria parte, a portare in vita quello specifico personaggio nel migliore dei modi, a diventare lui. Forse l’unico un po’ sottotono è stato Torrance Coombs, così come credo che il suo personaggio sia stato quello scritto con più superficialità – quindi in realtà non riesco a giudicare bene se la colpa sia stata di Coombs o della scrittura di Bash. Per il resto, non ho davvero nessun appunto da muovere. L’unico forse – ma qui si tratta proprio di andare a cercare l’ago nel pagliaio – è che Nick Slater (Henry) sembra ben più grande di Spencer MacPherson (Charles), ma come ho detto, si tratta proprio di andare a cercare il pelo nell’uovo per il gusto di farlo.
  • La colonna sonora. Sono stati bravissimi nel riuscire ad adattare una colonna sonora assolutamente moderna – fatta quasi al cento per cento da hit dei giorni nostri – a uno show in costume. Canzoni che in qualunque altra serie storica sarebbero sembrate completamente fuori luogo, qui si sono amalgamate alla perfezione con le scene alle quali facevano da sfondo, aggiungendo un elemento descrittivo in più, soprattutto a livello emotivo.

  • I costumi. Sembra una cosa scontata per uno show in costume, ma in realtà non lo è affatto. Il target di Reign è quello del mero intrattenimento con una serie che non ha nessuna pretesa di qualità o di veridicità storica, quindi va proprio sottolineato che anche dal punto di vista dei costumi è stato fatto un ottimo lavoro. Oltre ad averli apprezzati in generale perché oggettivamente belli, devo dire di aver amato particolarmente quando l’argomento è stato affrontato apertamente alla corte di Scozia: quando Mary infatti lascia la Francia per tornare in Patria, i costumi si sono in un certo senso imbarbariti e impoveriti, e difatti Mary per recuperare quello sfarzo alla quale era abituata ha dovuto farsi inviare degli abiti per se stessa, Greer e le altre dame di corte proprio dalla Francia, il cui senso estetico e della moda era anni luce avanti rispetto a quello della Scozia.

In realtà questo è un riassunto molto spicciolo del perché io abbia amato così tanto questa serie, ma se dovessi parlarne in maniera approfondita finirei con lo scrivere un saggio in dieci tomi – cosa inopportuna in questa sede. In generale però mi sento di consigliare Reign” a chiunque, perché nel suo genere l’ho trovato proprio una piccola perla.

ChelseaH

 

“Reign” è arrivato alla sua conclusione. Forzata. La CW, infatti, ha deciso mesi fa che lo show non avrebbe avuto un seguito, dopo la quarta stagione. Lecito, da parte di un’emittente, decidere di chiudere una serie tv, senza ombra di dubbio, ma sarebbe cosa logica avvisare gli showrunner e, dunque, gli sceneggiatori della serie che essa deve arrivare alla conclusione prima che questi pianifichino la stagione, ovvero al rinnovo, come è stato fatto per “Beauty And The Beast”, prima, e “The Vampire Diaries”, poi.
Invece gli sceneggiatori di “Reign” lo hanno saputo quando stavano girando l’ultima parte della stagione (come confermano alcune cose scritte da Adelaide su Instagram e l’intervista che abbiamo pubblicato giorni fa e che trovate QUI) e così abbiamo subito il taglio della storia di Elizabeth e Mary (con l’amore e il matrimonio con Bothwell, previsti in origine, poi eliminati per via della chiusura forzata) e il fatto che abbiano dovuto lasciare in sospeso senza chiusura James e Greer in Scozia e tutta la Corte francese.

Qualcuno sicuramente non sarà dispiaciuto, qualcuno sarà sollevato dalla fine dello show per la sua mancanza di veridicità storica… ma “Reign” è davvero così tanto da condannare?
Senza ombra di dubbio non è stato privo di difetti: la mancanza di accuratezza storica (tanto per fare solo un esempio, James Moray, il fratello di Mary, non fu mai dalla sua parte); alcune trame assurde, come la morte di Francis (secondo quanto riporta la Storia), seguita dal suo ritorno in vita a opera della “magia” per poi farlo morire nuovamente (avrebbe avuto più senso farlo morire nel modo in cui avvenne davvero, come fatto già con suo padre, e fermarsi lì); alcuni eventi della terza stagione in Francia, nonché la novità con la quale la Corte di Francia ci ha congedato, ovvero questo cosiddetto “figlio di Satana”; l’inutilità di altre trame, come l’uscita di scena, il rientro e la nuova uscita di Leith, che avrebbero dovuto uccidere in modo da far costruire qualcosa tra Luc e Claude.
Ancora peggio, lo spreco di alcuni personaggi: parliamo di Sebastian, in primo luogo, che da un certo punto della seconda stagione ha iniziato a essere utilizzato malissimo, a parte alcuni momenti con Francis e poi la partenza con Mary per la Scozia, ed è sparito nel nulla; Stéphane Narcisse, che, senza parlare del fatto che Luc è saltato fuori dal nulla (Narcisse non aveva figli dopo la morte del suo erede, poi improvvisamente eccone una schiera di cui Luc era il capostipite), ha avuto una strepitosa entrata in scena nella seconda stagione, ma nel centro del suo percorso narrativo ha subito delle scelte degli autori che hanno fatto perdere smalto al personaggio (per fortuna si sono ripresi, peccato che anche lui non abbia avuto una conclusione); infine, ancora più grave, Louis di Condé e suo fratello il Re di Navarra. Molti avranno odiato Condé perché è diventato l’amante di Mary quando il rapporto tra lei e Francis si era incrinato in modo grave a causa delle bugie (a fin di bene) di Francis e della violenza da lei subita, ma la verità è che il Principe di Condé poteva essere usato magnificamente, proprio sfruttando questo amore infelice, unendolo agli eventi storici realmente accaduti. Egli, infatti, fu uno degli ideatori dei complotti contro il Re di Francia e fu perdonato due volte, la seconda da Caterina de’ Medici in seguito alla morte di Francis, poiché la Corona aveva bisogno di pacificare la Francia per la successione al trono. Pertanto, si sarebbe potuta sfruttare la fine della relazione fra lui e Mary proprio per renderlo il nemico, giustificare il suo passare da essere alleato dei sovrani ad avversario, mentre Narcisse compiva il percorso inverso, da nemico ad alleato perché cattolico (mentre Condé era protestante), e narrare la Fronda.
In questo modo gli autori avrebbero potuto costruire una terza stagione più incentrata sugli eventi politici, sfruttando così ancora il personaggio di Francis almeno per i due terzi della stagione, anche perché la seconda è avanzata lentamente (al finale si è all’inizio della primavera del 1560, Francis morì nel dicembre di quell’anno, quindi c’erano ancora otto-nove mesi da narrare e con questo periodo si sarebbero potuti coprire una quindicina di episodi, ovviamente alternando la Francia all’Inghilterra, con Elizabeth), mentre la terza ha fatto il contrario, con un notevole salto temporale avvenuto di colpo. E forse, gli ascolti sarebbero stati più alti, permettendo una quinta e conclusiva stagione.


E tuttavia, nonostante questi innegabili difetti “Reign”, con la sua palese intenzione di essere un prodotto di mero intrattenimento, nient’altro che un romanzo in immagini, in tale categoria è una delle serie meglio realizzate, con pregi notevoli che sono innegabili tanto quanto lo sono i difetti.
Lo show, infatti, non ha mai voluto essere altro che una bella versione romanzata della storia di Mary Stuart e delle persone che amò e di quelle che combatté durante la sua vita e generalmente ci è riuscito, proprio grazie a quei pregi che non possono essere negati da nessuno.
Sin dal pilot le ambientazioni e le scenografie sono risultate davvero belle, in particolare i palazzi reali.
Altrettanto belli, pur nella loro non accuratezza storica, sono risultati essere i costumi e la colonna sonora. Anzi, diciamo pure che questi due elementi sono stati splendidi, nonché molto accurati pur nella loro non veridicità storica.
Per ognuna delle amiche e dame di compagnia di Mary (Greer, Lola, Kendra e Aylee), nonché per Mary stessa, sono stati ideati e creati degli stili ben precisi, ispirandosi a diversi momenti e stili della storia umana, accanto all’uso di abiti di Alexander McQueen, Dolce & Gabbana, Oscar De La Renta. Kenna, ad esempio, aveva uno stile più bohémien; Lola, invece, era ispirata a Ofelia (da “Amleto” di Shakespeare) e alla donna pre-raffaellita.


Mary ha avuto un’evoluzione nei suoi abiti, nel suo stile, che è passato dalla “Principessa innocente e luminosa” alla giovane sovrana che scopriva e iniziava a esprimere il suo spirito combattivo (alcuni degli abiti, infatti, sembravano quasi delle armature e alcuni accessori sottolineavano questo concetto anche quando Mary indossava abiti più “soavi”, basta pensare agli orecchini a forma di spada), alla Regina consapevole di se stessa.


La colonna sonora è sempre stata adattata ai momenti che doveva sottolineare, con la scelta di pezzi e canzoni che, seppur moderni, si sono sempre sposati a meraviglia con la narrazione, dal primo all’ultimo episodio, esaltandola, ampliandone la capacità di trasmettere emozioni e, a tratti, rendendola persino poetica. Sono stati utilizzati brani dei The Lumineers (a partire dalla bellissima sigla, con il brano “Scotland”, che ci ha accompagnato nelle prime stagioni), dei London Grammar, dei Florence & The Machine, dei Goo Goo Dolls, di Fleurie…
Questo studio approfondito di tali aspetti ha conferito sin dal pilot un tocco notevole di originalità e unicità allo show, nonché una bellezza ineguagliata da altri.

Gli aspetti forse più importanti, nonché tra i migliori dello show, sono la caratterizzazione dei personaggi, lo sviluppo dei loro rapporti, e la recitazione.
Per ciò che concerne la caratterizzazione dei personaggi, alcuni spiccavano in modo particolare, nel bene e nel male: Francis, con la sua ferma intenzione di essere un sovrano migliore di suo padre, un sovrano giusto, un marito e un padre migliore di suo padre (e se si pensa al periodo storico, si capisce la portata di tale impostazione… e uno dei rapporti più belli è stato quello tra lui e suo fratello Sebastian); Stéphane Narcisse, un uomo ambiguo, senza scrupoli, eppure affascinante, capace di essere leale, di amare senza riserve (nonostante il momento in cui il matrimonio tra lui e Lola è stato svilito, il loro amore è stato uno dei più belli dello show) e fedele alla sua Nazione; Gideon, leale e giusto, così deciso a trovare una soluzione pacifica in un periodo in cui le guerre erano la normalità; Knox e Darnley, il primo, perfetto esponente di quel periodo storico, bigotto, violento e misogino, il secondo, anch’esso emblematico dell’epoca, l’uomo che non accetta di essere secondo a una donna, assetato di potere come simbolo di approvazione e amore e di riscatto personale dall’essersi sentito (ed essere stato) una pedina in mano a donne forti (sua madre e Mary); James, Conte di Moray, che nonostante in realtà fosse esattamente l’opposto, è stato il perfetto alleato di Mary, non privo di difetti e pregiudizi, ma forte, protettivo e leale, esattamente come dovrebbe essere un fratello, anche a quei livelli; James Hepburn Conte di Bothwell, sarcastico, spregiudicato, seducente, sfrontato, ma anche romantico e leale, nonostante la differenza di religione, particolare non trascurabile per l’epoca.








Tra i personaggi, in ogni caso, a brillare davvero sono sempre state le protagoniste femminili, a partire da Caterina de’ Medici, odiosa e materna, nemica pericolosissima e spietata e protettrice ancora di salvezza e conforto, scaltra, intelligente e saggia. La perfetta rappresentazione di come una donna, in particolare di potere, dovesse essere all’epoca.

Lola e Greer, le dame fedeli, che nonostante abbiano dovuto lottare in un mondo che era loro ostile in quanto donne, non hanno perso quell’innocenza e quella grazia che le caratterizzava all’inizio, né i valori che le hanno sempre contraddistinte.
Elizabeth Regina d’Inghilterra, la donna che governò meglio degli uomini, che iniziò a porre le basi dell’Impero, che condusse la sua Nazione in un’età d’oro. Una sovrana che ci è stata mostrata in tutta la sua umanità, nella sua forza e risolutezza, ma anche nelle paure e nelle insicurezze.
Mary, Queen Of Scots, il cui arco narrativo l’ha portata dall’essere una Principessa, una ragazza innocente e pura a diventare una Regina, una donna combattiva, forte e risoluta quanto sua cugina, che ha interiorizzato e fatto tesoro di alcuni insegnamenti di Caterina, capace di dispensare condanne terribili dinanzi al tradimento ma, altresì, di lealtà assoluta e di natura benevolente. E anche lei, nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare, non ha perso quella fondamentale purezza che la contraddistingueva all’inizio, al suo ritorno alla Corte di Francia.



Averci mostrato queste donne forti, combattive e nonostante questo a loro modo romantiche, umane e delicate, è un indiscutibile merito di “Reign”, perché nonostante la dominante componente romanzata queste donne sono risultate credibili anche in relazione all’epoca che hanno rappresentato. Lo show ci ha dato un esempio di quanto le donne potessero essere importanti, di quanto potessero essere potenti e fondamentali anche in un’epoca dominata dagli uomini e anche se dirette verso un tragico destino.

Infine, la recitazione, davvero eccelsa, un elemento di valore soprattutto se si pensa alla “leggerezza” dello show. Giovani e meno giovani, tutti gli interpreti dei vari personaggi che negli anni il pubblico ha amato hanno fornito interpretazioni convincenti e sorprendenti, mostrando il loro valore e la serietà dell’impegno profuso nella realizzazione della serie. Non a caso spesso sono stati scelti attori di comprovata bravura, che hanno anni di esperienza teatrale sulle spalle e sono apparsi anche al cinema oltre a varie serie televisive. Interpreti e prestazioni attoriali che fanno spiccare “Reign” e lo elevano nettamente al di sopra di altri show che, come questo, non hanno altro scopo se non quello di intrattenere piacevolmente.

Per tutti questi motivi “Reign” aveva diritto a una vera stagione conclusiva (o quantomeno a degli episodi in più) e mancherà molto, nonostante i suoi difetti.

Sam

 

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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