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Il Conte di Montecristo e Revenge: La Vendetta e il Desiderio di Rivalsa

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Il Conte di Montecristo e Revenge: La Vendetta e il Desiderio di Rivalsa

Buon pomeriggio e buon lunedì a tutti! E, soprattutto, Auguri di Felice Anno Nuovo!
Siamo qui per l’ultimo appuntamento, per quest’anno, della nostra rubrica inerente ai parallelismi, per quanto riguarda le tematiche trattate, tra grandi romanzi e famosi telefilm.
E, per quest’ultimo capitolo, abbiamo quella che potrebbe essere la “ciliegina sulla torta”. Oggi parleremo, infatti, della vendetta e del desiderio di rivalsa.
Per farlo, abbiamo ovviamente scelto le opere che ne sono l’emblema per antonomasia: per ciò che concerne la letteratura, “Il Conte di Montecristo” e, per i telefilm, “Revenge”.
Bando alle ciance, dunque, e iniziamo!

Il Conte di Montecristo” è forse il più famoso romanzo di Alexandre Dumas, persino più de “I Tre Moschettieri”, altra opera famosissima.
(Non vi nascondo che, a livello di romanzo “singolo”, è il mio preferito in assoluto fra i numerosi libri che amo perdutamente.)

Il romanzo venne pubblicato a capitoli sul “Journal des Débats”, a partire dal 28 agosto 1844, fino al 16 gennaio 1846. Contemporaneamente, venne rilasciato anche nei diciotto volumi pubblicati da Pétion e Baudry; proprio insieme a “I Tre Moschettieri”, “Il Conte di Montecristo” segnò il trionfo di Alexandre Dumas come romanziere, rendendolo uno degli autori più letti del XIX secolo.
In verità, la trama si ispira a una vicenda autentica narrata nel racconto “Le Diamante et la Vengeance” (“Il Diamante e la Vendetta”), presente nella raccolta “Mémoires Historiques Tirés des Archives de la Police de Paris” (“Memorie Storiche Tratte dagli Archivi della Polizia di Parigi”), pubblicata da Jacques Peuchet nel 1838: quella del giovane François Picaud, tradito da alcuni “amici” alla vigilia del matrimonio e per questo arrestato e rinchiuso per sette anni in carcere; il giovane si arricchì grazie al prelato compagno di cella, che lo nominò erede dei propri beni, e tornò dunque in Francia, dove compì la propria vendetta.
Dumas, dopo aver curato l’edizione del racconto ai fini della pubblicazione, scrisse di getto un centinaio di pagine che rappresentarono il nucleo iniziale del suo grande romanzo (definito il manoscritto di Villers-Cotterêts).
Nel complesso, l’opera (che, oltre al racconto suddetto, contiene varie fonti di ispirazione, tra le quali anche le memorie di viaggio dello stesso Dumas, che, ad esempio, visitò l’isola di Montecristo) si struttura di tre parti: l’episodio marsigliese, che serve a illustrare le cause della vendetta; quello toscano, che costituisce il preludio della vendetta, e l’ultimo, quello parigino, dove essa si sviluppa e si compie.
Oltre alla vendetta, vi sono altri temi trattati dal romanzo, quali la giustizia (strettamente connessa alla vendetta), il perdono e la misericordia.
La trama, credo, la conoscete tutti. La storia ha inizio nel febbraio del 1815, il protagonista è il giovane Edmond Dantès, ufficiale della Marina civile francese di circa 19 anni, il quale viene arrestato a Marsiglia il giorno del suo matrimonio. Edmond è vittima dell’invidia di due uomini: Danglars, che sulla nave di cui Edmond è secondo (e poi, seppur brevemente, Capitano) svolge le mansioni di contabile, e Fernando Mondego, cugino della promessa sposa di Edmond, Mercedes. Il primo invidia a Edmond la posizione sulla nave su cui entrambi servono, il Faraone, posizione che vorrebbe per sé; il secondo, invece, gli invidia l’amore di Mercedes.
I due decidono quindi di denunciarlo, seppur in modo anonimo, al Procuratore del regno di stanza a Marsiglia, con l’accusa di complottare insieme all’ “usurpatore”, ovvero Napoleone Bonaparte, proprio per consentirne il ritorno (che poi avvenne: i famosi Cento Giorni, al termine dei quali Napoleone dovette arrendersi e accettare l’esilio a Sant’Elena, dove morì). L’accusa ha il suo fondamento, estremamente parziale, nel fatto che la nave Faraone, durante il viaggio, aveva fatto tappa forzata all’isola d’Elba, a causa della febbre cerebrale che aveva colpito il Capitano (poi deceduto). All’Elba, Edmond aveva trovato soccorso per il Capitano proprio presso Napoleone Bonaparte, che poi gli aveva chiesto di ricambiare il favore consegnando una lettera. Missiva di cui Dantès non conosce il contenuto, poiché non sa leggere.
Il giovane viene dunque arrestato e portato dinanzi al vice procuratore, Villefort, il quale interroga Edmond e capisce che egli è del tutto innocente e gli assicura che verrà rilasciato entro la sera stessa. Villefort, però, si fa consegnare la lettera di Bonaparte e la legge. A causa del contenuto di questa cambia idea e fa incarcerare Edmond nella tremenda prigione dello Chateau d’If (Castello d’If), dalla quale i carcerati escono solo una volta morti.
Inizia così, per Dantès, il terribile periodo della prigionia, che si protrae per quattordici anni; durante tale inferno, l’unica ancora di salvezza per il giovane uomo si rivela essere l’Abate Faria, altro prigioniero allo Chateau, che lo porta a comprendere i veri motivi e i veri responsabili della sua condanna e lo istruisce a tutto tondo: Faria, infatti, fa scoprire a Edmond di quale mente oltremodo brillante e geniale egli sia dotato e gli insegna a leggere e scrivere, gli insegna la storia, la filosofia, la matematica, la scienza, la chimica, le lingue… e gli rivela, altresì, di conoscere l’ubicazione di uno splendido tesoro, il tesoro dei Conti Spada, sepolto all’isola di Montecristo nel 1492.
Quando l’Abate Faria sta per morire, anni dopo, lascia a Edmond la mappa che dovrebbe condurre al tesoro, affinché egli possa impossessarsene nel caso riesca a portare a compimento il piano di fuga che avevano stabilito. Dantès, ormai uomo, capisce che proprio la morte del suo amico e mentore è l’occasione per fuggire: si sostituisce nel sacco per cadaveri al corpo del defunto Faria e, lanciato in mare dai carcerieri convinti di eseguire il “funerale” dell’ennesimo prigioniero deceduto, riesce a fuggire.

Giunto poi a Montecristo, egli trova il tesoro, immenso: forzieri e forzieri di oro, pietre preziose, gioielli.
Inizia, così, la sua nuova vita: divenuto un uomo colto, uno dei più colti, in effetti, della sua epoca, viaggia per tutto il mondo, espandendo ulteriormente la sua cultura e divenendo maestro di travestimenti, con l’intento di scoprire cosa è avvenuto ai suoi aguzzini e seguirne le tracce, con un unico scopo, ovvero vendicarsi. Torna infine a Parigi proprio con il titolo e la nuova identità di Conte di Montecristo, poiché lì si trovano coloro che hanno rovinato la sua vita.
Fernando Mondego è divenuto il Conte de Morcerf, ha sposato Mercedes e da lei ha avuto un figlio, Albert. Danglars è diventato Barone e uno dei più importanti banchieri di Francia (nonché il più ricco di Parigi). Gérard de Villefort è divenuto Procuratore Generale del regno.

Quando il Conte di Montecristo fa il suo ingresso tra la nobiltà parigina nessuno riconosce in lui Edmond Dantès. I lunghi anni di prigionia allo Chateau d’If hanno cambiato profondamente Edmond, sia fisicamente che caratterialmente: non c’è più traccia dell’ingenuo, gioviale e buono ragazzo che era un tempo, ora c’è un uomo austero e autorevole, dalla volontà di ferro, affascinante, calcolatore, freddo, nel cui cuore arde un solo fuoco, il desiderio di giustizia-vendetta per il tremendo torto subito, non solo in prima persona, ma riversatosi anche sulle persone amate, come il padre, morto di stenti.

Come un ragno, il Conte tesse la sua ragnatela, in cui le sue prede sono già ignote prigioniere, come un burattinaio muove i fili e coloro che hanno causato la grande tragedia che lo ha colpito sono solo marionette attaccate a quei fili e si muovono secondo il suo volere. Alla fine, uno dopo l’altro tutti i suoi aguzzini cadono, scoprendo proprio in quel momento che il Conte di Montecristo è in realtà Edmond Dantès, che tutti loro credevano morto. Fernando si suicida, Villefort impazzisce anche a causa della morte del secondogenito, Danglars è rovinato. E tuttavia, proprio la morte del figlioletto di Villefort, un sorta di “danno collaterale”, spinge Edmond a mettersi in discussione, motivo per cui decide, infine, di non esigere la vita di Danglars e di lasciarlo libero.
Edmond Dantès, Conte di Montecristo, abbandona così la vendetta e abbraccia il nuovo aspetto della seconda possibilità che la vita gli ha concesso: l’amore della giovane Principessa Haydée, figlia del Pascià di Giannina, la cui famiglia fu trucidata quando il Pascià venne rovesciato dall’acerrimo nemico generale Kourchid, grazie al tradimento di Fernando Mondego. Ridotta in schiavitù, Haydée fu salvata proprio da Edmond, che la riscattò e la fece vivere con lui, in libertà e agiatezza, con la sola richiesta della sua testimonianza contro Mondego, al momento opportuno (testimonianza puntualmente resa da Haydée).
Questo grande romanzo di Alexandre Dumas, lo scrittore stesso, è sempre stato considerato “letteratura francese minore”, eppure Il Conte di Montecristo” non è solo la storia di un personaggio, della sua rinascita dopo la discesa all’inferno, è altresì un affresco della società francese dell’epoca, così come lo sono, seppur in modo più esteso, “Notre Dame de Paris” e “Les Misérables” di Victor Hugo.
A un’attenta osservazione, infatti, risulta evidente come a decretare il destino del giovane Edmond Dantès sia proprio la situazione francese: il Paese è ancora in bilico, nonostante l’Impero di Napoleone I, susseguente alla Rivoluzione sfociata poi nel Terrore, sia caduto e sia iniziata la Restaurazione. In Francia, in quei giorni, la situazione è tutt’altro che stabile; il Paese, infatti, è ancora sull’orlo dell’abisso, diviso fra imperialisti bonapartisti e monarchici che vogliono (e appoggiano) il ritorno sul trono dei Borbone (mediante il ramo cadetto dei Borbone-Orléans, con Luigi Filippo Duca d’Orléans, salito al trono con il nome di Luigi XVIII), che i Rivoluzionari hanno tentato di estirpare. Una tensione che potrebbe portare al punto di rottura e sfociare in una nuova “guerra civile”, dopo gli scontri religiosi che per più di due secoli l’hanno devastata (quelli fra Cattolici e Ugonotti), dopo la Rivoluzione e il periodo del Terrore.
Ed è proprio questo che spalanca le porte dello Chateau d’If per il giovane e innocente Edmond. Pertanto, non l’invidia per una donna (Fernando), non quella per la promozione a Capitano del Faraone (Danglars), non soltanto l’ambizione (Villefort). E’ la politica, sono poteri e intrighi di cui l’onesto Edmond, che come detto non sa leggere, non concepisce nemmeno l’esistenza.
La famosa lettera consegnata a Edmond, infatti, è indirizzata a un certo signor Noirtier, fedele di Napoleone. E questo signor Noirtier non è altri che il padre di Villefort, filomonarchico e aspirante a divenire Procuratore del Re a Parigi. Ed è dunque a causa di questa scoperta che Villefort fa incarcerare Edmond: non possono esserci testimoni liberi o viventi del vero passato di suo padre, delle sue alleanze e lealtà politiche, del suo coinvolgimento nei piani e complotti per il ritorno di Bonaparte.

Nel corso degli anni, gli adattamenti di questo romanzo sono stati moltissimi (se ne contano sedici tra film per il cinema, sceneggiati televisivi e anime), ma nessuno, quantomeno di quelli in epoca contemporanea, è risultato all’altezza del libro; non tanto per i tagli (necessari, trattandosi di un’opera di più di 900 pagine), quanto per il cambiamento radicale di alcune parti, l’eliminazione di personaggi per inserirne di nuovi non presenti nel romanzo (cosa francamente inutile, soprattutto se vanno a coprire il ruolo dei personaggi eliminati).
E tuttavia, in questi ultimi anni, una nuova idea è stata sviluppata e si è rivelata senza ombra di dubbio molto apprezzabile: non un ennesimo, parziale e deludente adattamento, bensì un ispirarsi a “Il Conte di Montecristo” per creare qualcosa di nuovo.
Parlo, naturalmente, di “Revenge”.

Revenge” è il telefilm che va in onda sul canale statunitense ABC, iniziato nel settembre 2011 e arrivato ora alla quarta stagione, attualmente in corso.
La trama è palesemente ispirata al romanzo di Dumas: una persona a cui viene rovinata la vita e che finisce in un inferno per cause altrui, una volta riemersa da tale inferno ottiene le risorse necessarie per vivere nella ricchezza, scopre la verità e decide di vendicarsi dei responsabili, iniziando dunque a viaggiare per formarsi, diventare una persona nuova, trovare le conoscenze necessarie, elaborare il complesso piano da attuare, per poi fare il suo (re) ingresso nella società di cui fanno parte gli aguzzini (ignari di tutto) con una nuova identità e, lentamente ma inesorabilmente, mettere in atto la propria vendetta.
I parallelismi sono chiari ed evidenti. L’originalità di questo telefilm è che protagonista principale non è un uomo, ma una giovane donna, Amanda Clarke, strappata da bambina al padre accusato ingiustamente di terrorismo, venduto alla giustizia dai veri responsabili, che lui credeva quantomeno amici fidati, i Greyson, magnati dell’alta finanza newyorkese. A causa di ciò Amanda-Emily viene divisa tra varie famiglie affidatarie e poi rinchiusa in riformatorio sino alla maggiore età.

https://www.youtube.com/watch?v=qkG37rzBc44

Non un Conte, dunque, ma una “Contessa”, fredda e indurita dagli eventi, algida, affascinante, colta, elegante, calcolatrice, geniale, decisa a portare a termine il suo piano e affamata di rivalsa e vendetta come il suo illustre predecessore.

Una rivalsa nei confronti non solo di determinate persone, ma, in generale, della vita, che così duramente li ha colpiti entrambi e dalla quale successivamente questi due personaggi pretendono quasi tutto: cultura, conoscenze e quindi “fama”, per così dire, ricchezza e pertanto lusso.
Quasi tutto, dicevo. Una sola cosa, infatti, Edmond Dantès Conte di Montecristo e Amanda Clarke alias Emily Thorne non pretendono espressamente, credendo, per la dedizione che hanno e devono avere per i loro piani e per il loro cuore indurito dall’estremo dolore, di non poterla avere: l’amore.

Un prezzo che sono disposti a pagare per portare a compimento qualcosa che è persino più importante, ovvero la vendetta. Una vendetta che non è cieca e arbitraria e che va a colmare le mancanze della giustizia, inesistente nel caso di Edmond e totalmente fallimentare nel caso di Amanda-Emily.
Là dove la giustizia, infatti, non sarebbe mai arrivata (per Dantès) e dove non poteva arrivare se non con una notevole spinta da parte di chi conosce la verità (per Amanda-Emily), là dove essa, probabilmente, non sarebbe comunque stata sufficiente in quanto non proporzionata agli indescrivibili torti subiti, proprio là arriva la vendetta di questi due incredibili personaggi e che, dunque, va a coincidere in un certo qual modo con la giustizia
(“L’unico verdetto è vendicarsi” – “V Per Vendetta”).

Edmond Dantès in un certo senso si crede, in verità, proprio lo strumento di Dio, la sua lunga mano per far sì che vi sia giustizia contro la malvagità che ha colpito un innocente.
A mantenerlo in contatto con la sua umanità, nient’affatto persa, sono alcune persone a cui egli presta il proprio aiuto, dimostrando che la grande generosità che lo contraddistingueva da ragazzo è ancora presente, essendo solo divenuta più cauta. Tra queste persone, come detto, c’è Haydée, che il Conte tratta con estremo riguardo e alla quale dedica tutta la sua protezione. Haydée che è, altresì, colei che salva, infine, la sua anima ferita.
In “Revenge” questo ruolo è ricoperto da Nolan Ross, in un certo senso, il quale riveste anche il ruolo che nel romanzo è di Faria, in quanto egli è colui che consegna ad Amanda-Emily la ricchezza che le permetterà di costruirsi una nuova identità e trovare i mezzi necessari per vendicarsi, come Faria fece con Edmond.
Per quanto il rapporto che lega lui e Amanda-Emily sia totalmente diverso da quello esistente tra il Conte di Montecristo e Haydée, caratterizzandosi come un rapporto fraterno, Nolan è colui che consegna alla nostra “Contessa” le prove della verità, del tradimento dei Greyson, così come Haydée è la prova fondamentale contro Mondego; Nolan è colui che la aiuta a mettere in atto la sua vendetta, come Haydée ha aiutato Edmond; Nolan è la persona che più di chiunque altro tiene in contatto Amanda-Emily con la sua umanità, con il suo cuore, esattamente come ha fatto Haydée.

Come detto precedentemente, Edmond rinuncia infine all’ultimo tassello della sua vendetta e decide di riaprire il suo cuore alla fiducia e all’amore, partendo per iniziare una vita felice con Haydée. Quale sarà il destino di Amanda-Emily è ancora da scoprire, ma una speranza in questo senso, affinché possa infine trovare pace, esiste ancora anche per lei.

Bene, con questo chiudiamo la nostra rubrica sulle corrispondenze tra grandi romanzi e famosi telefilm. Marianna, Mary e io ci auguriamo che vi sia piaciuto leggere le nostre riflessioni come a noi scriverle.
Grazie per essere stati con noi. Alla prossima!
Simona.

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Nata negli anni 80, grazie al suo papà clone di Magnum P.I., cresce a pane e “Genitori in blue jeans” (dove si innamora di Leonardo di Caprio che troverà poi in quei film tanto amati come "What's Eating Gilbert Grape" o “Total eclipse”), l’uomo da 6 milioni di dollari, l’A-Team, Supercar e SuperVicky. L’adolescenza l’ha trascorsa tra Beverly Hills 90210, Santa Monica e Melrose Place..il suo cuore era sul pianeta di Mork e alle Hawaii..anche se fisicamente (ahimè) era sempre e solo nella provincia bergamasca. Lettrice compulsiva fin dal giorno in cui in prima elementare le hanno regalato Labirinth è appassionata di fantasy (Tolkien è il suo re, Ann Rice e Zimmer Bradley le sue regine) e di manga (Video Girl AI in primis per arrivare a Paradise Kiss e Nana), anche se ultimamente è più orientata a letture propedeutiche pediatriche! Ama studiare (tra laurea, dottorato e master ha cominciato a lavorare a 28 anni!!) ed imparare, ma non fatela arrabbiare altrimenti non ce ne è per nessuno!

2 COMMENTS

  1. Non la morte come vendetta ma la rovina dei suoi nemici! fargli passare l’inferno in vita così come loro hanno fatto con lui.

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