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How To Get Away With Murder | Recensione 3×10 – We’re Bad People

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How To Get Away With Murder | Recensione 3×10 – We’re Bad People

Dopo aver rimandato il ritorno post-hiatus di una settimana, HTGAWM ha finalmente fatto il suo ritorno, insieme a tutti gli show del #TGIT, e l’ha fatto con un episodio emozionalmente pieno e soprattutto particolarmente efficace negli accostamenti flashback/presente. Ho trovato i montaggi tra sequenze alternate e in particolare la fotografia così profondamente diversa tra passato e presente un’ottima scelta, che a livello narrativo ha raggiunto il risultato voluto di farci immedesimare ancora di più nel generale sentimento di sconforto per la perdita di Wes (se già non lo fossi stata al momento della rivelazione nello scorso season finale, probabilmente questo episodio mi avrebbe gettata efficacemente nello stato d’animo degli altri personaggi… la maggior parte perlomeno). HTGAWM come sempre funziona dal punto di vista emotivo concentrandosi sull’introspezione dei suoi protagonisti, che sono stati delineati sempre più come personaggi a 360° nell’arco delle scorse due stagioni e mezzo e che quindi riescono bene a reggere una narrazione solo con il loro sviluppo caratteriale e l’analisi della loro psiche, i loro comportamenti e le loro reazioni: non abbiamo misteri da sviscerare o casi da risolvere in aula in questo “We’re Bad People”, eppure non c’è un secondo in cui mi sia sentita come se mancasse qualcosa. Ci sarebbe ancora da capire esattamente cosa è successo a Wes, chi sia il colpevole e ovviamente ci sarà da trovare una scappatoia per Annalise, attualmente in carcere e in attesa del processo con l’accusa di omicidio, ma questi aspetti più procedural non si fanno spazio eccessivamente all’interno della trama, che rimane invece perlopiù ancorata sulla componente umana dello show e su come ciascuno stia affrontando quello che, come ci si poteva aspettare, sarà un importante catalizzatore in questa seconda parte di stagione: per una puntata non ci arrovelliamo il cervello per capire chi o cosa abbia ucciso Wes, ma ci fermiamo a ricordarlo tramite i ricordi degli altri, e in un certo senso a processarne la scomparsa così come realisticamente accadrebbe tra persone vere, attraverso diversi stadi di accettazione, di domande e dubbi, di rifiuti e anche scatti d’ira quando provocati.

E di comportamenti discordanti ne vediamo diversi, a partire proprio da quei flashback luminosi e colorati che ci mostrano squarci di passato in un’atmosfera che sembra avere più dell’onirico. Il primo in particolare, incentrato su Annalise, potrebbe quasi sembrare più un sogno a occhi aperti della professoressa, disperata per la perdita di quel ragazzo promettente con cui aveva instaurato un rapporto particolare, che conosceva letteralmente da quando era bambino. Non da meno sono altri momenti di riflessione sul passato, che sembrano a volte troppo belli per essere veri: non credo di aver mai visto Michaela così carina nei confronti di Wes, mentre Connor gli si approccia con la solita spocchia e lo stesso sarcasmo di sempre, che però presto sembra sciogliersi in comprensione reciproca. Diciamo che, in un certo senso, quello che potrebbe a prima vista sembrare un mero plot device per proporre momenti accaduti dietro le quinte unicamente come input per sequenze lacrimose, potrebbe voler in realtà rispecchiare una normale tendenza umana, ovvero quella a distaccarsi dal grigiore di un presente oscuro rituffandosi in un ricordo edulcorato dalla nostra stessa psiche: quante volte ci sembra di vivere un momento avvilente e, pensando ai bei giorni andati, li riviviamo nella nostra mente come più felici e luminosi di quanto siano effettivamente stati? Questa è perlomeno la mia lettura di questi salti temporali così marcatamente in antitesi dal punto di vista visivo, scelta che sembra consapevolmente eccessiva per rendere lo stacco ancora più netto.

Parlando poi di scrittura, non posso che dirmi felice delle scelte fatte in particolare con i ragazzi: Michaela e la sua vicinanza a Laurel senz’altro, ma Asher e Connor in cima a tutti.

 

Michaela si è finora imposta come la donna di ghiaccio, che non esita a sputare sentenze in faccia alla madre adottiva, ma vederla così scossa e improvvisamente così intenzionata a stare vicina a un’amica (stesso termine che usa – forse per la prima volta, come lo stesso Connor le fa notare – anche per Wes) non sembra qualcosa di uscito fuori dal nulla, perché già in passato aveva dimostrato come le tragedie altrui possano toccarla (il desiderio di chiamare Asher alla notizia del suicidio del padre solo per accorgersi, nell’imbarazzo generale, di non avere il suo numero). Io credo genuinamente che Michaela sia un tipo a cui piaccia tenere la corazza alta e per quello non ha mai platealmente esternato alcun segno di affetto o perlomeno vicinanza per Wes (anzi, tutto il contrario!), ma allo stesso tempo lo show me l’ha presentata come una persona da cui mi aspetterei l’uso della parola “amico” per la prima volta solo dopo la perdita di qualcuno che ha sempre, neanche troppo velatamente, apprezzato ben poco. In questo senso parlo di personaggi che sono riusciti a imporsi nell’immaginario del pubblico: siamo arrivati al punto che, al 90%, riusciamo tranquillamente ad anticipare le loro reazioni e a capire se stiamo assistendo a un comportamento solito o insolito (il restante 10% riguarda perlopiù Annalise invece, tuttora mina vagante a livello narrativo e, forse giustamente, imprevedibile).

Asher e Connor, come dicevo, sono i due personaggi per cui ho maggiormente apprezzato l’introspezione, anche se a pelle per ragioni diametralmente opposte. Asher è sempre Asher, sappiamo che nonostante tutto è una persona leale, che in fondo si sentiva legato a questo piccolo gruppo disfunzionale e, per quanto non l’avremmo mai detto a inizio serie, si è evoluto in un personaggio di cui abbiamo scoperto lati amabili. Da lui non mi sarei aspettata nulla di diverso dallo scatto d’ira nei confronti di Connor quando quest’ultimo insiste nello sputare veleno sul ricordo di Wes davanti a una sofferente Laurel. Ho esultato internamente anch’io a quel ceffone perché, per quanto anche il secco cinismo di Connor sia perfettamente in character e, anche in questo caso, non mi sarei aspettata nulla di diverso da quell’astio mal represso nei confronti del compagno morto (ma raramente approcciato come “amico” quando in vita), da un punto di vista umano è qualcosa che socialmente non si può semplicemente accettare con un’alzata di spalle. D’altronde Connor è sempre stato apprezzato come personaggio a tutto tondo anche per la schiettezza con cui esprime pareri impopolari, ma a tutto c’è un limite e, sebbene credo che un tale comportamento mascheri un dolore se non pari almeno di solo poco inferiore a quello degli altri, non nego che una parte di me avrebbe voluto prenderlo a calci insieme ad Asher in quel momento.

 

 

Passando invece agli “adulti”, il dolore per la morte di Wes è parzialmente offuscato dall’impegno per aiutare Annalise, che dal canto suo sta vivendo momenti da dimenticare in quel contesto degradante che può essere il sistema carcerario americano, esemplificato in maniera lampante dalla riluttanza a rinunciare alla sua privacy e usare il water scoperto della cella comune. La Annalise che vediamo in questo episodio è quasi permeata da un velo di indifferenza, si mostra poco combattiva e lascia tutte le decisioni a una più che mai insicura Bonnie, sembra aver perso tutta la sua forza e determinazione con la vista del cadavere di Wes e già nei flashforward della prima metà di stagione l’avevamo sentita dichiararsi “stanca”. Una Annalise abbattuta fa quindi da contraltare a una ancora decisa Annalise nell’episodio di apertura di questa terza stagione, che dichiarava “We’re good people now” e sembra essere smentita proprio dal titolo opposto di questo episodio. Un episodio che, come detto già in riferimento ai flashback, fa degli accostamenti un suo punto forte, ad esempio in quella scena in cui il montaggio affianca la perquisizione di Annalise prima di entrare in prigione all’autopsia di Wes, entrambi momenti in cui due corpi vengono in un certo senso “messi a nudo” e che, in quanto a fattore disturbante, mi ha ricordato quella sequenza nella prima stagione in cui vediamo alternarsi scene di Wes a letto con Rebecca e stralci dell’autopsia di Lila.

E proprio il ricordo di Rebecca, insieme a quello dell’assassinio di Sam, sembrano tornare prepotentemente a galla anche nella trama orizzontale, portandoci a chiedere cosa ci sia davvero dietro alla scomparsa di Wes. Mi sembra ovvio in che modo la notizia del ritrovo del corpo della ragazza potrebbe averlo portato a scegliere di collaborare con la polizia per incastrare la Keating, ma cosa invece l’ha spinto a lasciare la centrale? Per andare dove? I minuti finali sembrerebbero volerci convincere che Frank sia davvero coinvolto in qualche modo, ma io fatico a crederci: potrebbe aver senso, ma al momento è la soluzione più scontata. Credo che il costituirsi di Frank sia, ancora una volta, la dimostrazione di come quest’uomo che si è più volte dimostrato senza scrupoli sia invece pronto a capitolare rapidamente quando c’è in gioco Annalise e la possibilità di essere riabilitato ai suoi occhi, del potere morboso che la donna esercita nella sua testa. Quindi non una reale ammissione di colpa, ma un ennesimo tentativo di farsi perdonare da lei… e da Laurel, considerando le sue taglienti parole di poco prima.

Ancora una volta trovo quindi che HTGAWM abbia dimostrato che, nonostante ci abbia appassionato a lungo per la sua natura contorta, da seguire affannosamente per non perdersi dettagli che potrebbero chiarire un mistero, è anche uno show con un’anima, pronto a virare verso una componente più umana ora che abbiamo avuto modo di affezionarci ai suoi personaggi e, proprio per questo, a mio parere potenzialmente in grado di sopravvivere al di là delle prime stagioni di rodaggio, staccandosi da una struttura d’impatto e senz’altro distintiva – ma che a lungo andare gli si rivolterebbe contro in quanto troppo logorante, ripetitiva e, soprattutto, tendente all’assurdo – in favore di qualcosa di più lineare e comunque non meno accattivante.

E voi invece che ne pensate di questo ritorno? E come vedete il futuro della serie? Attendo i vostri pareri qui sotto nei commenti, vi lascio intanto con il promo del prossimo episodio e, come sempre, con l’invito a passare dai nostri amici di

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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