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Home Good Omens

Good Omens: Promosso o Bocciato?

Ale by Ale
5 Giugno 2019
in Good Omens, Recensioni
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Da quando è stata annunciata questa miniserie, che sarebbe stata l’adattamento del romanzo Good Omens scritto a quattro mani da Neil Gaiman e Terry Pratchett e che avrebbe visto nel cast principale Michael Sheen e David ‘anche-con-gli-occhi-serpentini-ho-più-espressività-io-in-un-sopracciglio-che-il-resto-del-mondo-in-tutto-il-corpo’ Tennant rispettivamente nei ruoli dei protagonisti Aziraphale e Crowley, ho letteralmente contato le ore fino al rilascio in blocco di questi sei episodi da parte di Amazon Prime, che ha prodotto la serie in collaborazione con BBC Two.
Tutte le premesse appena descritte, nonché il promo presentato a ottobre a New York, lasciavano sperare in un prodotto di ottima fattura… e a visione ultimata non potrei essere più soddisfatta.

Good Omens non è soltanto uno degli adattamenti più fedeli di un romanzo che mi è capitato di vedere di recente, ma svolge egregiamente anche l’arduo compito di riportare in video le caratteristiche peculiari della narrativa di Gaiman e Pratchett, con tanto di ironia e quel tocco prettamente bizzarro e a tratti surreale (la Terra è del segno della Bilancia; la forma della M25 rimanda in realtà al simbolo oscuro odegra… cosa che io, e i lettori romani potranno convenire con me, ho sempre sostenuto anche riguardo al G.R.A.) che sembra rimandare alla penna di Douglas Adams, di cui come ben sappiamo anche Gaiman è un grandissimo fan.
La fedeltà della resa su schermo ha sicuramente molto a che fare con la presenza di Gaiman stesso tra gli autori della serie, mentre la buona riuscita visiva si deve alla regia di Douglas Mackinnon, già dietro la camera di vari episodi di Doctor Who e Outlander, nonché dello speciale “The Abominable Bride” di Sherlock (a proposito: riconosciuta la voce di Benedict Cumberbatch da qualche parte?).

Normalmente sono una fiera sostenitrice della fisiologica differenza che si ha tra medium diversi e per questo non mi accanisco troppo verso adattamenti cinematografici o televisivi che non rispettano con assoluta fedeltà l’originale cartaceo, ma qui si è riusciti a rendere con estrema naturalezza anche quei dettagli che, leggendo, veniva da chiedersi come avrebbero mai potuto funzionare onscreen. Ottima ad esempio l’idea di inserire la “voce di Dio” (Frances McDormand) come voce narrante della storia, cosa che permette di riportare molti dei passaggi descrittivi del libro e dà un tono quasi favolistico alla trama (analogamente a film come The Hitchhikers Guide to the Galaxy, sempre per richiamare Adams).
La trasposizione è fedele quasi alla virgola nei dialoghi, riportando anche molte delle battute più iconiche; a livello di soundtrack sono poi a dir poco entusiasta visto che, scegliendo di mantenere l’espediente della “voce di Freddy Mercury che esce dalla radio” e si trasforma poi nei vari messaggi che Crowley riceve alla guida, si è riusciti ad avere le meravigliose canzoni dei Queen come sottofondo delle scene in cui la Bentley del demone sfreccia a tutta velocità tra le strade del centro di Londra o della limitrofa campagna inglese.

Ma sono convinta che, al di là dell’apprezzamento per il materiale originale, Good Omens sia una storia che possa essere apprezzata in generale da chiunque: ha quel tono a tratti dissacrante che potrebbe far pensare a prodotti come Dogma, ma il tutto è avvolto in quell’involucro di humour tipicamente British che non può non scatenare una risata ai passaggi più eccentrici.
Il cast corale è non solo composto da nomi di spicco come Jon Hamm (che dopo Unbreakable Kimmy Schmidt adesso adoro vedere in ruoli che richiedono una vena più comedy), Miranda Richardson e Michael McKean, con camei illustri come quello di Derek Jacobi (il Metatron… aaah, memorie di Alan Rickman, R.I.P.) e dei due autori del romanzo (Neil Gaiman nel cinema in cui si trova Crowley nel quarto episodio, mentre l’iconico cappello e la sciarpa di Pratchett, che avevano presenziato per lui anche all’anteprima della serie a Londra, appaiono nella libreria di Aziraphale), ma crea un contorno di personaggi dalle personalità ben delineate e in cui ognuno ha un preciso ruolo all’interno della trama… perfino i bambini della cerchia di Adam hanno ciascuno il proprio carattere ben distinto, e un apprezzamento ai giovani interpreti è d’obbligo. Piccola nota di apprezzamento anche per Adria Arjona (Anathema Device), che a quanto pare aveva deciso di recitare da cani soltanto in Emerald City.

L’ironia che fa da sfondo a questa lotta contro il tempo di due improbabili alleati (un demone e un angelo che, dopo aver vissuto secoli e secoli sulla Terra e aver più volte incrociato i loro cammini, sono non solo diventati affezionati alla vita sul nostro pianeta ma anche piuttosto attaccati l’uno all’altro) per scongiurare l’imminente Apocalisse trascina in un turbinio di situazioni spesso bislacche, che fanno quasi venir voglia di centellinare la visione di quei soli sei episodi.
Impossibile poi non appassionarsi alla migliore bromance degli ultimi sei millenni, che conquista già al terzo episodio: Sheen e Tennant riescono a rendere brillantemente la meravigliosa chimica tra Aziraphale e Crowley in tutte le loro sfumature, da quelle stereotipate a quelle più prettamente “umane”.

Di questa serie non si può dire che, nonostante il relativamente breve svolgimento, non presenti le proprie trame e i propri personaggi in maniera graduale e organica, tanto da riuscire comunque a catturare pur solo nell’arco di meno di sei ore complessive.

Last but not least: una sigla stupenda! Commovente infine la dedica “A Terry”, scomparso ormai quattro anni fa, tra i titoli di coda dell’ultimo episodio.

Quanti di voi non hanno resistito a bingewatchare Good Omens e si sentono ora orfani? Quanti stanno invece applicando la strategia del contagocce?
Che abbiate letto l’opera di Pratchett e Gaiman prima o che abbiate scelto di arrivare alla visione totalmente “spoiler-free”, aspetto di leggere i vostri commenti qui sotto
. E nel frattempo non dimenticate di passare dai nostri amici di

Fraciconia
Gli attori britannici hanno rovinato la mia vita

per ulteriori news sui nostri interpreti preferiti e il mondo British in generale.
Alla prossima!

Ale

Ale

Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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