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Doctor Who | Recensione 9×05 – The Girl Who Died

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Doctor Who | Recensione 9×05 – The Girl Who Died

Doctor Who cambia registro, cambia tono, cambia il modo di raccontare le sue storie e secondo me ti mette anche un po’ alla prova “nascondendo” dietro un sorriso, un abbraccio o una battuta di spirito sarcastica, alcuni dei suoi temi di discussione più importanti, alcuni dei suoi pilastri più antichi, quelle parole, quelle emozioni e quelle domande che spetta a te cogliere in una delle storie apparentemente più semplici ma proprio per questo motivo più profonde e autentiche della stagione ma anche di questa nuova epoca della serie.

JUST A VILLAGE

Il cambiamento di rotta rispetto ai primi quattro episodi si avverte fin dall’inizio, dai toni più leggeri, dal nuovo contesto storico, dall’atmosfera di pacata ilarità che si respira nelle prime scene, quelle rare volte in cui Doctor Who non ti smuove emotivamente come un terremoto e ti illude che in fondo andrà tutto bene, illusione retta a maggior ragione da sfumature di colore accoglienti e rasserenanti che caratterizzano il semplice villaggio vichingo in cui il Dottore e Clara vengono condotti come prigionieri, non prima di aver assistito alla triste dipartita degli occhiali da sole sonici, momento in cui ho quasi potuto ascoltare il giubilo di gioia nei tre quarti del fandom della serie! Elementi ricorrenti si riaffermano fin dall’inizio: una minaccia aliena, un personaggio ospite che emerge, Clara in pericolo, tutto secondo i piani, ma se finalmente conosciamo la tanto attesa Ashildr interpretata da Maisie Williams e Clara si destreggia egregiamente nel suo confronto con il leader dei Mire, valorosa razza di guerrieri, a cambiare in realtà sono proprio le dimensioni di questa minaccia, di una guerra che per la prima volta non mette a repentaglio l’intera sorte dell’umanità ma riguarda esclusivamente il piccolo villaggio vichingo, per una volta non è il mondo ad aver bisogno di essere salvato ma solo la più piccola parte di esso. Presagi di morte, un popolo privato dei suoi guerrieri più forti, un bambino che piange perché avverte il pericolo che incombe e il consiglio migliore che il Dottore riesce a dare è sempre lo stesso: fuggire, il più lontano possibile, perché restare e combattere è una battaglia persa in partenza. Per quanto Clara riesca a raggiungere i suoi dubbi più reconditi e a capire le sue decisioni ancora prima che vengano prese, i tentativi del Dottore di preparare quegli uomini all’imminente guerra si vanificano l’uno dopo l’altro perché ancora una volta non era quella la soluzione giusta, un’emozione che definirei quasi paura continua a frenare il Dottore, continua a impedirgli di vedere quel piano che è lì di fronte a lui dall’inizio ma che si rifiuta di affrontare, costantemente spaventato dalle conseguenze, dal pericolo di perdere qualcosa di più importante di una guerra. Ma la sua natura è destinata ad emergere prepotentemente e a mettere in atto quel piano spettacolare che come una scultura andava soltanto estratto dalla pietra grezza con immaginazione e selvaggia creatività. Eppure, proprio quando credeva di aver vinto, le sue paure peggiori si riaffermano ancora una volta.

I’M SICK OF LOSING PEOPLE

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Essere il Dottore è il destino più difficile tra tutti. Ho sempre creduto che nella “commedia” della vita la parte più brutta da interpretare fosse quella di chi resta, rispetto a chi invece va via. Non so come prenderete questa affermazione, se come una frase fatta, un luogo comune, o come una totale idiozia. Con questo però certamente non voglio parafrasare il vecchio detto “Beato chi muore”, diciamo che anche in quel caso non se la vedono davvero bene, ciò che intendo dire è che anche per chi resta, la vita non è più davvero la stessa perché si convive costantemente con questa mancanza che inevitabilmente ti cambia. Se non siete ancora caduti in depressione, vi chiederete: “come mai questo discorso così allegro e incoraggiante?”, è presto detto, perché paradossalmente, per quanto lui continui a correre, il destino del Dottore è quello di restare e osservare il mondo che invece continua ad andare avanti e infine a lasciarlo indietro. Tutto questo vita dopo vita, volto dopo volto, rigenerazione dopo rigenerazione, è sempre la stessa storia: il Dottore si avvicina, si lega, ama e alla fine perde tutto, senza possibilità di fermare il ciclo, senza riuscire a far nulla con tutto quel potere di cui dispone. Mi sembra quasi superfluo stare qui a raccontarvi ciò che lui vi ha già descritto con le sue parole, con la sua esperienza, quella “maledizione” che lo segue da sempre e che ogni volta lo costringe ad assistere allo stesso spettacolo: veder andare via chi ama, essere lasciato irrimediabilmente solo. Ma adesso il Dottore è stanco, stanco come non lo è mai stato per le mille battaglie, per le infinite guerre, stanco di questo crudele loop in cui è intrappolato, stanco di poter far tutto eppure di non avere il potere di evitare di perdere le uniche persone che vorrebbe davvero salvare da tutto e tutti, quelli che gli entrano dentro senza permesso e diventano una parte di lui, quella parte a cui inevitabilmente è costretto a rinunciare presto o tardi. Ashildr diventa per il Dottore il perenne promemoria del suo destino, quella piccola ragazza che sognava ad occhi aperti quelle storie che avrebbe voluto vivere, rappresenta per lui il simbolo di qualcuno così diverso eppure così simile, qualcuno che resta e osserva gli altri che vanno via ma anche qualcuno che adesso diventa chi va via, da lui, come sempre. E il Dottore è ancora una volta impotente di fronte all’unica legge a cui non può sfuggire, a cui non c’è soluzione … o almeno così dovrebbe essere. Mostrare questo lato del Dottore ci ha permesso di conoscere per davvero una parte immutabile di lui, al sua parte più umana, quella che alla fine prende sempre il sopravvento qualsiasi volto lui abbia perché è quella parte che lui continua a scegliere.

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One day the memory of that will hurt so much that I won’t be able to breathe

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E come se la sua intera esistenza non fosse un promemoria abbastanza forte, il Dottore guarda affianco a sé, guarda quella persona che è lì con lui da così tanto tempo da illuderlo che sarebbe durata per sempre e ogni volta che la vede lì vicina, ricorda il suo destino e sa che presto o tardi perderà anche lei, lei che non può sopportare di lasciar andare perché al momento è la compagna che lo completa e lo conosce meglio di quanto lui conosca se stesso. C’è una frase che il Dottore ultimamente ripete spesso, quasi come se sapesse che il momento sta arrivando e provasse con tutte le sue forze a ritardarlo, ad allontanare l’inevitabile. Lui quindi continua a ripetere a Clara di avere un “dovere di protezione” nei suoi confronti, lui sente di doverla difendere anche dal suo stesso futuro ed è esattamente ciò che prova a fare, ormai in ogni episodio, lui prova ad allontanarla, a proteggerla, per lei e per la sua vita, per lui e per quel dolore soffocante che il suo ricordo gli provocherà. Ma Clara Oswald continua ad affermare se stessa, la sua più autentica e originale essenza, la ragazza impossibile nata per salvare il Dottore, la ragazza che adesso non potrebbe mai lasciarlo. Clara non vuole che lui la protegga, non se questo significa lasciarlo andare, perché rinunciare a lui sarebbe come rinunciare alla sua stessa vita e Clara ha ancora voglia di vivere, di viaggiare, di guardare e di combattere per qualcosa in cui crede, in cui entrambi credono.

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Clara e il Dottore hanno raggiunto un tale equilibrio in cui soli sono straordinari ma insieme creano qualcosa di unico perché lei diventa il suo pezzo mancante, quella parte che lo completa, quella persona che gli ricorda costantemente la cosa giusta da fare, che sia salvare il suo pianeta o solo un piccolo villaggio, perché vale la pena lottare per ogni singola vita, perché lei sa sempre che lui lo farà, deve solo aspettare che anche il Dottore lo capisca.

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Forse è questo che in molti odiano di Clara, ciò che rappresenta per il Dottore e allo stesso tempo ciò che riesce ad essere da sola: forte, indipendente, protettiva in modalità “mamma orsa” ogni volta che incontra qualcuno al di sotto dei vent’anni. Ogni episodio, ogni scena, diventa adesso una parte dell’addio a Clara, un elogio alla sua storia e alla sua persona, un’anticipazione di quella sofferenza che inseguirà il Dottore quando lei non sarà più al suo fianco. Ma per ora quel momento non è ancora giunto, le paure restano soltanto questo e il Dottore & Clara scelgono di affrontare il loro futuro nell’unico modo che conoscono: INSIEME.

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I’M THE DOCTOR AND I SAVE PEOPLE

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Il Dottore continua a ripeterlo. Riesco quasi a sentire o immaginare i commenti dei più acidi su questa frase e sulla sua allitterazione, come se fosse l’inizio di ogni strofa di questa bellissima poesia, “I’m the Doctor and I save people”, semplice, buonista, costante. Ma c’è di più oltre queste parole, c’è di più dietro questa affermazione che adesso diventa sempre più forte, sempre più rumorosa affinché tutti possano ascoltarla e ricordarla, affinché LUI possa ricordarla a se stesso. Mi affascina terribilmente fare un passo indietro e guardare nel complesso questo magnifico quadro che è il Dottore, questo Dottore, che continua a ricordarmi tutti gli altri, a volte anche quelli che non conosco, ma che in qualche modo avverto nei suoi modi, nei suoi occhi, nel suo spirito che non cambia mai. E il percorso che il Dodicesimo Dottore sta compiendo è un’opera d’arte che non puoi davvero capire finché non arrivano momenti come questi che lo definiscono e ci permettono di conoscerlo un po’ meglio, di vedere sotto la superficie, al di là del riflesso di uno specchio d’acqua. Se notate bene, il Dottore di Peter Capaldi è nato con un dubbio, il nostro dubbio: “Perché proprio questo viso? Quale messaggio si cela in questa rigenerazione?”, ma credo davvero che all’inizio i tempi non fossero ancora maturi per questa risposta. Per tutta l’ottava stagione quindi il Dottore ha cercato di conoscersi, ha cercato nuove risposte per altre domande, ha provato a definirsi in quanto UOMO e ha lottato per riconoscersi nella sua missione in quanto DOTTORE. Dopo questo percorso di conoscenza quindi, il Dottore ha cominciato a ripetere questa frase, ha impostato finalmente le coordinate del suo viaggio, ha risolto i suoi dubbi e ha guardato al cuore della sue essenza, trovandone il comune denominatore, la sua missione ultima: salvare le persone, sempre nei limiti di quelle regole che dovrebbe rispettare ma che diventano ogni giorno più soffocanti. Ma c’è ancora una domanda a cui questo Dottore non ha trovato risposta, un dubbio che gli dà la caccia e che ritorna a farsi sentire nel momento in cui il Dottore rischia di perdere quelle piccole certezze che aveva costruito. E allora anche la sua missione sembra quasi una bugia, quel principio su cui ha fondato la sua persona improvvisamente non regge più perché lui, il Dottore che dovrebbe salvare le persone, continua inesorabilmente a perderle. Ma ecco che proprio nel suo momento più buio, il Dottore diventa davvero pronto per quella risposta che cercava.

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So che molti di voi non lo ammetteranno mai ma Steven Moffat ha dimostrato ancora una volta una maestria unica nella gestione di storie e personaggi, concedendo al Dottore quell’illuminazione che soltanto ora riesce a vedere così chiaramente da sentirsi stupido per non averlo capito prima. I AM THE DOCTOR AND I SAVE PEOPLE, queste parole, quel VOLTO così familiare, sono un monito, sono un promemoria per il Dottore stesso dal suo passato, da quel particolare momento in cui le regole non contavano più e tutto ciò che importava era poter salvare qualcuno, non tutti certo, ma QUALCUNO, che sia quindi una famiglia di Pompei, un villaggio vichingo o una singola ragazza. Adesso il Dottore sa, adesso ricorda, adesso capisce perché quel viso era destinato a lui: perché era colui che ne aveva più bisogno. Lo sappiamo, il Dottore mente ma tante volte il Dottore dimentica, così quel viso diventa ora un eterno ricordo di chi lui sia, di chi è sempre stato e sempre sarà. E quelle parole sono davvero SUE, sono la sua speranza più profonda, perché ora il suo percorso è chiaro: LUI È IL DOTTORE E SALVA LE PERSONE, e al diavolo le regole e chiunque creda di poterlo fermare.

Restare e andar via. Amare e perdere. Salvare e Viaggiare. Ashildr nel finale racchiude tutto ciò che è stato vissuto dal Dottore, diventando lei stessa un ibrido (un’altra parola che continua a ripetersi in questa stagione come un messaggio), diventando più simile a lui di quanto entrambi abbiano mai voluto, e passando lentamente dalla gratitudine per aver ricevuto il suo dono più grande al rancore per quella che diventa ogni giorno di più una maledizione. E le conseguenze delle sue azioni torneranno ancora una volta a far visita al Dottore.

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Non dimenticate di passare da questa meravigliosa pagina dedicata a Clara Oswald e alla sua interprete Jenna Coleman! • Clara Oswald » Jenna Coleman. ϟ

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

9 COMMENTS

  1. Io mi inchino a Moffat, perché ha dimostrato di poter tirare fuori dal cappello una spiegazione semplice, quasi banale, ma che è calata così bene nella storia da impressionare.
    Ed è bello che sia proprio Donna, tra tutte, ad essere rimasta impressa. Certo, Capaldi è apparso nella quarta stagione, nella stagione di Donna, ma quella frase “non l’intera città, ma salva almeno qualcuno” è l’essenza di una companion splendida.
    Una delle poche che realmente è stata la morale del Dottore, il freno a tendenze megalomani, il ridimensionamento di un personaggio che troppo spesso tentava di comportarsi come un dio.
    Grazie Moffat.
    Grazie.

    • E io non potrei essere più d’accordo con te! Credo che questa sia stata la linea guida di tutto l’episodio, ossia un’incredibile semplicità che all’inizio quasi ti spiazza e ti fa pensare: “Beh, questo episodio sarà quasi un riempitivo” ma poi cominci a notare tutte quelle scene e quei momenti che conferiscono una profondità assurda! E la spiegazione del perchè di quel volto è stata l’emblema perchè è stata, come hai detto tu, all’apparenza quasi banale ma di un’intensità incredibile! Ed è fantastico vedere una cosa del genere nello stile Moffat perchè lui secondo me all’inizio non era affatto così, puntava molto alla storia, allo spettacolo quasi, invece è come se con l’avvento di Clara, che per me è il suo personaggio preferito, lui abbia cambiato davvero registro! Grazie Moffat e grazie a te per il commento!

      • Io continuo a pensare che il Moffat delle ultime due stagioni sia un Moffat molto ridimensionato. Non è più l’autore super contorto delle prime stagioni, ha trovato una sana via di mezzo tra ragione e sentimento che mi fa amare il Dottore ancora di più.

  2. Mi ha fatto piacere leggere la tua recensione, perché avevo sentimenti un po’ contrastanti riguardo la puntata e come al solito leggere il tuo pensiero mi ha aiutato a chiarire il mio. Questa puntata mi ha convinto un po’ meno delle altre, ma ha avuto dei momenti eccezionali, prima di tutto la spiegazione della faccia. Rivedere Tennant è stato inaspettato e meraviglioso e la spiegazione semplice e piena di significato. Complimenti per la recensione!
    PS: chi lo sapeva che i bambini vichinghi erano così poetici!

    • Grazie mille Irene!! Sono onorata!! Rivedere Tennant in quel momento così importante per il DOTTORE, qualunque viso lui abbia, è stato emozionante! E devo ammettere che la storia dei bambini all’inizio non mi convinceva ma poi è diventata davvero pura poesia!

  3. Grazie per la bellissima recensione 🙂

    è la puntata che più ho amato di questa nona stagione.
    Il collegamento alla fine di Pompei nella quarta stagione con Donna e Tenth l’ho trovato geniale e ben inserito.

  4. Questa è una di quelle puntate che, come hai detto, iniziano in sordina… e poi ti pugnalano a tradimento quando meno te lo aspetti.
    Ho singhiozzato, quando ho visto Ten.
    Singhiozzato come se mi avessero appena accoltellata alle spalle.
    E’ il MIO Dottore, e continua a tornare e sbucare all’improvviso, sempre, quando credo di aver superato il lutto per la sua “dipartita”, e a ricordarmi che dentro a Eleven e a Twelve c’è anche lui, anche una parte di lui, quella parte testarda e piena di vita che non voleva andarsene e che non se ne andrà mai.
    Chiusa la parentesi nostalgica, questo episodio ha lo stesseo “sapore” di Ring Of Akatheen”. Quel sapore un po’ dolceamaro che hanno le puntate in cui il Dottore non riesce a vincere mai del tutto. In cui c’è qualcosa che sembra comunque essere andato storto. In cui ci sono le lacrime e la commozione e la vita… ma c’è anche la SUA sofferenza, piena, profonda, quell’aura di solitudine che sempre lo accompagna. Sono queste le puntate che finalmente rimangono impresse. Sono questi gli episodi che ti lasciano dentro qualcosa.
    Questa stagione mi sta piacendo da morire. FINALMENTE.

    Ottima recensione, Hon <3 come riesci a capire tu questa serie, non riesce nessun altro 🙂

    • Tesoro, dette da te, queste parole valgono davvero un mondo per me quindi grazie di tutto! Sai bene cosa abbiano significato per me Ten & Rose e sai quanto di loro io riveda in Twelve & Clara, così distanti eppure così simili! Ho nominato anch’io Rings of Akhaten (uno dei miei episodi preferiti in assoluto) in un mio post su FB, soprattutto per quanto riguarda Clara che per me, per quanto sia cresciuta, è fondamentalmente sempre la stessa e amo questo aspetto! Non so se riesco davvero a capire questa serie ma so che la amo da impazzire e che faccio del mio meglio per andare in profondità e renderle giustizia, spero di esserci riuscita!

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