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Daredevil Stagione 3 – Il Gran Burattinaio

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Daredevil Stagione 3 – Il Gran Burattinaio

Attesa lungamente da noi fan da prima dei Defenders, finalmente il 19 ottobre Netflix ci ha regalato la terza stagione di Daredevil, e non mi vergogno ad ammettere di essere stata così coinvolta dalle vicende da aver guardato gli episodi persino in palestra fra un tapis roulant e una cyclette (20 minuti sono molti da occupare quindi: perché non scaricare Netflix persino sul cellulare?).

Dopo una seconda stagione che, per quanto bella, ha comunque un po’ deluso le aspettative, Netflix ci colpisce al cuore con una terza stagione che ha sbaragliato e superato qualsiasi cosa io mi aspettassi.

Da un po’ di tempo, vista la tendenza del canale a far fuori serie tv, vivo nel terrore che possa cancellare proprio questa, ma confido che la bellezza della serie e l’entusiasmo dei fan contribuiscano a mantenerla in vita ancora un po’.

Sono stati 13 episodi intensissimi: ricchi di azione, emozione e suspance. Molto ben scritta la sceneggiatura (ben pochi errori e nessun episodio noioso), ottimi gli interpreti. La stagione, per quanto mi riguarda, è promossa a pieni voti.

Protagonista incontrastato è stato senza dubbio lui: Wilson Fisk e il suo interprete, l’immenso Vincent d’Onofrio. Non credo si renda abbastanza merito alla bravura di questo attore, e spero che un giorno ciò avvenga. Wilson Fisk non sarebbe lo stesso senza di lui: dall’incredibile uso che fa della sua fisicità alla modulazione della voce (quel parlare basso, a denti stretti, in perenne gestione della propria natura brutale), alle micro-espressioni più eloquenti di mille parole.

Ciò che rende assolutamente eccezionale il suo ritratto del villain è proprio la capacità che ha – agevolato da una sceneggiatura curata nei minimi dettagli – di essere il Mostro che manipola un’intera città e che conserva in sé una violenza inaudita, ma anche l’uomo innamorato di Vanessa che con un dialogo ai limiti del paradossale (visto che proveniva dalla voce di un uomo bestia) riesce a descrivere il suo amore con parole degne di un poeta.

Lungo il corso della stagione lo spettatore si ritrova come Foggy e Karen: intrappolato in una spirale in cui si rende conto di quanto Fisk sia pericoloso ma allo stesso tempo senza riuscire a capire cosa stia tramando.

La sceneggiatura è riuscita a rendere l’infiltrazione di Kingpin in ogni singolo angolo della società con sinistra maestria: solo molto avanti nelle puntate lo spettatore si accorge che Fisk è ovunque, e che l’FBI è stato manipolato con eccezionale bravura dalla mente astuta del criminale.

Lo sguardo sconvolto di Nadeem che entra nell’attico e si accorge che l’uomo agli arresti domiciliari vive nel lusso sfrenato, è lo sguardo dello spettatore che, impotente, assiste al ritorno sulla scena di un uomo che ha solo finto di essere sconfitto, salvo poi risorgere dalle proprie ceneri come una crudele fenice.

Per questo motivo la genesi di Bullseye/Ben Poindexter diventa l’esempio perfetto di ciò che Fisk ha fatto per anni: lenta accurata manipolazione delle circostanze fino a tessere la ragnatela perfetta e catturare la sua preda. E’ incredibile che una parte dello spettatore arrivi a provare compassione per Dex: un ragazzo con gravi problemi psichiatrici che la società nella sua forma migliore ha provato a salvare dandogli una speranza, ma che progressivamente, e per mano di una sola persona, viene spogliato di quella speranza di umanità e ricoperto della definitiva e letale maschera del mostro. Lode a Wilson Bethel che mi ha molto stupito per le sue capacità: io lo conoscevo solo nelle vesti comiche del meraviglioso Wade Kinsella di Hart fo Dixie e vederlo vestire i panni drammatici di un uomo malato e dalla violenza dirompente, è stato molto interessante.

E parlando di ottimi comprimari, devo altresì lodare il lavoro (e il casting) fatto per il personaggio del detective Nadeem. Lo hanno introdotto in maniera da farci provare immediata empatia per lui: il padre, marito, agente modello che sacrifica se stesso e i propri bisogni per poter aiutare la famiglia in difficoltà e si accorge troppo tardi di essere stato manipolato sin dall’inizio. L’uomo all’apparenza perfetto che finisce, oberato dal terrore per quanto potrebbe accadere a chi ama ma anche dall’orgoglio ferito per essere stato giocato da Fisk, per assistere senza reagire alle brutalità perpetrate da Kingpin e dal suo scagnozzo.

La figura di Nadeem diventa ideale parallelo a quella di Murdock senior: pugile e padre modello che per orgoglio decide di ribellarsi a Fisk e finisce per perdere di vista ciò che realmente era importante per il figlio, facendosi ammazzare e lasciando il ragazzo solo al mondo. Il piccolo Sami Nadeem è in un certo senso un nuovo Matt, con l’enorme differenza che è circondato da persone che lo amano e una madre coraggiosissima che lo crescerà nel ricordo dell’atto di sacrificio del padre. Allo stesso modo, lo scontro fra Matt e Nadeem nella palestra diventa lo scontro fra Matt e suo padre, proprio pochi giorni dopo la scoperta delle bugie dette da padre Lantom (altra figura paterna della vita di Matt) e suor Maggie (sulla quale tornerò dopo).

Mi è piaciuto molto anche il percorso che hanno fatto fare a Matthew nel corso della stagione: il Matt che era uscito dal non aver potuto salvare Elektra (la prima volta) era un Matt già di per sé piuttosto danneggiato, ma quello che emerge dalle rovine (letteralmente) del finale dei Defenders è messo molto peggio.

La perdita della speranza nei confronti dell’utilità della propria missione che è costata la vita e l’anima di qualcuno che ha amato moltissimo, diventa una perdita di se stesso che si riflette in ogni sua azione al punto che Foggy non ha bisogno che Matt glielo dica, se ne accorge da solo.

Il ritorno di Fisk esarceba questa perdita di sé, spingendo Matt a pensare di eliminare la minaccia Kingpin una volta per tutte. Ma è in questo frangente che si insinuano i ruoli di Poindexter e Nadeem: l’uno, vestendo i panni di un finto Daredevil, fa prendere vita al Mostro, rendendo concreto ciò che Matt sarebbe senza la sua umanità e il suo senso di giustizia: una macchina spinta unicamente dalla vendetta e dall’istinto di protezione nei confronti di una missione/persona nella quale si ritrova. L’altro – Nadeem – è colui che attraverso il proprio sacrificio, ricorda a Matt come si possa lottare per la giustizia e redimersi dai propri errori senza perdere la propria bussola morale.

Il tema della redenzione dai propri errori si ritrova anche nelle storyline delle due donne che hanno influenzato più di tutti la storia di Matt: sorella Maggie e Karen Page.

Malgrado la grande rivelazione (che avevo completamente dimenticato sul momento) su sorella Maggie sembrasse uscita da una soap opera sudamericana, non mi sono poi così stupita di scoprire che quelle che mi sembravano cure di amore materno fossero biologicamente tali: la delicatezza, l’affetto sconfinato che traspariva dalle azioni della suora, erano troppo belle e intense per essere unicamente spinte dalla vocazione. E Matt gode di quell’affetto che gli arriva da chi non se l’aspetta e finisce per comprendere le ragioni, difficilissime eppure così comprensibili, che hanno spinto Maggie ad abbandonare suo figlio e il suo compagno. Sorella Maggie ha dedicato ogni giorno della sua vita da allora a redimersi per l’enorme errore commesso, e lo ha fatto dedicandosi a sua volta ai bambini abbandonati di Hell’s Kitchen, facendo proprio l’insegnamento di Padre Lantom.

Il messaggio del sacerdote finisce per fare breccia anche nel – meraviglioso – personaggio di Karen Page. In questa stagione abbiamo finalmente avuto tutti i pezzi del puzzle del suo passato e compreso a fondo le ragioni per cui lei è così come è. Se possibile, la adoro ancora di più. Caricata di un senso di colpa notevole, Karen ha fatto della sua vita una lotta alle ingiustizie e non accetta compromessi, da nessuno. Vederla lottare contro i propri rimorsi ma anche contro il ripresentarsi di quel senso di colpa latente nel suo animo, mi ha dato speranza. Ho però letteralmente adorato il modo in cui entrambi i suoi amici hanno reagito alla notizia della morte di Wesley: nessuno dei due l’ha giudicata, entrambi l’hanno accolta e, anzi, l’hanno rimproverata per non aver condiviso con loro fon da subito quel segreto.

Io ve lo dico, quando vedo insieme la Nelson, Murdoch & Page Associati perdo l’oggettività perché adoro il loro legame e il modo in cui siano una famiglia l’uno per l’altro. Se consideriamo, poi, che l’unico ad avere una sana famiglia alle spalle è Foggy, la cosa diventa ancora più lampante.

Foggy Nelson merita il mondo: questo è tutto ciò che avrei da dire su di lui. In questa stagione lo abbiamo visto maturare molto e se possibile diventare ancora più incredibile: ho adorato vederlo rimanere l’unico del trio con raziocinio e ottimismo, e mi è piaciuto moltissimo vederlo giocare a scacchi per riuscire (o per lo meno provarci) a battere Fisk in astuzia. Il suo trucco avrebbe funzionato se non fosse che Fisk aveva modo di arrivare ovunque!

Un’altra cosa che mi è piaciuta molto è stata l’uso del dialogo immaginario fra Matt/Fisk e Matt/suo padre per esternare i demoni che ancora lo perseguitano, oltre che la sequenza in cui Kingpin osserva da spettatore esterno (come un poliziotto su una scena del crimine) il passato di Dex.

SCENE TOP:

  • Il nuovo patto col tovagliolo

  • Fisk che descrive il modo in cui Vanessa gli abbia cambiato la vita

I’ve spent much of my life alone. And for many years, I pretended that this was the source of my strength. I told myself I had free will. And in that time, I achieved a great deal. But I was not fulfilled. I was longing for a connection that I could imagine but I could not achieve. Searching and not finding. Until Vanessa. Until I discovered love. I thought I would explode with the sense of power and freedom that she brought me. That the world lay at my feet. But then that passed when I discovered the great lie at the heart of love. That what I took for true freedom was precisely the reverse: you can built a prison of stone and steel, but you merely present the prisoner with a challenge. Any trully determined man will find a way out. But love… Love is the perfect prison. Inescapable. So, you see Agent Nadeem… I’m always in prison, wherever I go. If these thing help me saving Vanessa, then they are nothing to me. I will do I must.”

  • Karen che confessa a Fisk l’omicidio di Wesley

  • Matt che comprende che uccidere Fisk lo snaturerebbe e usa su Kingpin il metodo Fisk: prendi un punto debole e usalo a tuo vantaggio.

Chiudo con una semplice constatazione, in barba alla comune affermazione per cui «love is weakness», tutti i personaggi avevano proprio l’amore come propria debolezza sì, ma anche come propria forza: la famiglia di Nadeem, l’amicizia che lega Matt, Foggy e Karen, l’amore materno di sorella Maggie e l’affetto di padre Lantom, la costante della vita di Ben Poindexter (la psicologa e la sua collega: non per nulla è proprio la ragazza la chiave di volta per far ribellare Bullseye al suo creatore), l’amore di Kingpin per Vanessa che per lui vale molto più di tutto ciò che ha.

(sono loro la vera power couple! L’unico autentico Dinamico Duo!)

Vi è piaciuta la stagione? Cosa avete amato di più? Cosa vorreste vedere? Vi aspetto nei commenti. 

PS. Dopo l’attacco al Bulletin inizio a vedere con occhi decisamente diversi gli oggetti di cancelleria sulla mia scrivania. 

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