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Da Mona Lisa Smile a One Tree Hill: Insegnare a Vivere

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Da Mona Lisa Smile a One Tree Hill: Insegnare a Vivere

Noi Telefilm Addicted siamo bravi in tante cose: guardare una serie tv per un’intera giornata eliminando le fasi superflue come il pranzo o la cena; commentare live su svariati social network contemporaneamente; riconoscere una stagione di una serie tv basandoci esclusivamente sui capelli della protagonista ma più di tutto siamo bravi nei collegamenti. Di fronte ad un telefilm degli anni ’90 sappiamo tranquillamente tracciare la carriera futura di quasi ogni attore del cast; ascoltando una particolare canzone possiamo collegarla a una o più scene di cui è stata colonna sonora ma, aspetto più importante, di fronte a un libro o a un film, sappiamo andare oltre il primo significato e attuare precisi collegamenti interdisciplinari tra i diversi ambiti artistici. E se la rubrica che accostava un libro a una serie tv è stata già sviluppata, adesso è il momento del “grande rivale” di un tv show, il Film.

In questo primo appuntamento della nuova rubrica ho l’immensa fortuna di potervi parlare di un film a mio parere immenso, con un significato tanto semplice quanto intenso e profondo al punto tale da darmi i brividi ogni volta che lo rivedo. Quindi prendiamo il nostro Tardis personale e facciamo un salto indietro nel tempo nell’ormai lontano 2003, anno di uscita nelle sale cinematografiche del film “MONA LISA SMILE”.

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Per la regia di Mike Newell e la sceneggiatura di Lawrence Konner e Mark Rosenthal, il film presenta un cast quasi interamente al femminile e dal livello artistico talmente alto che durante la visione non hai via di fuga, sei costantemente colpito emotivamente su ogni fronte. Nel film che, secondo me, si presenta come la perfetta versione al femminile de “L’attimo Fuggente”, una sempre luminosa Julia Roberts interpreta la professoressa Katherine Ann Watson, una giovane donna nubile che ottiene finalmente il lavoro dei suoi sogni, la cattedra di Storia dell’Arte nel prestigioso collegio femminile di Wellesley. Era il 1953 e questo è il carattere più importante da ricordare in una storia come la sua.
Siamo dunque negli anni ’50, un periodo che a tratti porta ancora i segni e le ferite della guerra mondiale ma che dall’altra parte vede gli Stati Uniti rialzarsi e mostrare al mondo cosa significa essere l’America. Le donne in un contesto del genere sono istruite, ben educate, eleganti e intelligenti ma tutto per un unico obiettivo: essere mogli e madri, “il ruolo per cui siamo nate”, restare in casa per prenderci cura di nostro marito e dei nostri figli, possibilmente con un bel sorriso sulla faccia. Le ragazze del collegio Wellesley, per quanto forti e mature, conoscono il loro futuro e non intendono ostacolare la strada che la società e la famiglia hanno disegnato per loro.

Katherine Watson arriva nella sua classe con l’intento di insegnare storia dell’arte, con la speranza di insegnare qualcosa di nuovo ma cosa si insegna a chi sembra possedere già tutte le risposte? Il suo primo giorno, Katherine viene travolta da giovani donne dalla cultura ammirevole ma dalla mente spenta perché se è vero che avevano imparato a leggere, è anche vero che avevano imparato a non pensare perché non c’è niente di più pericoloso di una mente pensante. Katherine Watson è una donna nubile che insegna Arte e ci sono così tante informazioni rivoluzionarie in questa descrizione che per tutti, in quel collegio religioso, la signorina Watson viene subito etichettata come “progressista”. Eppure è con la sua immensa semplicità che Katherine Watson capisce di poter avere ancora qualcosa da insegnare, di poter avere TUTTO da insegnare. “Cos’è l’Arte?”, “Chi decide cosa è Arte e cosa non lo è?”, “Quali sono le persone giuste a cui spetta decidere?”, Katherine comincia a fare domande, comincia a svegliare quelle menti dormienti, comincia a chiedersi perché ci deve essere qualcuno là fuori che imposta le linee guida, che ci dica come vivere, cosa imparare, come agire.

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Ci sono dei parametri, la tecnica …”, le risponde decisa Betty Warren (Kirsten Dunst), la ragazza che sembrava orgogliosa di incarnare tutti i principi basilari del suo collegio, della sua società, della “sua Arte”, quella in cui tutto è già deciso, tutto è stato già detto ma l’ARTE, la vera Arte, quella di Katherine Watson, così come la vita, dovrebbe essere libera, dovrebbe porre domande, dovrebbe essere infinita, sempre in evoluzione, come i nostri pensieri, dovrebbe donarci il nostro bene più prezioso: una SCELTA.

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In punta di piedi, Katherine Watson entra nel cuore e nelle menti delle SUE studentesse, di quelle ragazze troppo intelligenti per restare all’oscuro di tutto ciò che potevano fare per cambiare il loro mondo. E così quelle lezioni di storia dell’arte cominciavano ad abbandonare l’aula e i libri di testo, letteralmente ma soprattutto metaforicamente, e Katherine insegna loro a guardare per davvero, ad andare oltre, a restare in silenzio quando serve e a parlare con coraggio quando c’è ne bisogno.

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Tramite l’Arte, Katherine insegna loro a vivere, come non avevano mai fatto prima, a volere di più, a pretendere di più. Ed è nella vita di quattro ragazze in particolar modo che Katherine lascia un segno indelebile perché ad ognuna di loro, lei insegna a guardarsi intorno, a valutare tutte le opzioni e alla fine a SCEGLIERE ciò che più le rendesse vive. La dolcissima Connie Baker (Ginnifer Goodwin) impara a credere in sé stessa e a vedersi degna del vero amore che l’accetta così com’è (c’era qualcosa di Biancaneve già nel 2003); Giselle Levy (Maggie Gyllenhaal) impara ad essere più di ciò che è sempre stata e nel suo cinismo trova sempre spazio per una mai dimenticata umanità; Joan Brandwyn (Julia Stiles), la sua pupilla, la ragazza in cui più Katherine si rivedeva, impara a scegliere per davvero, a capire di poter essere una donna diversa e a rendersi conto poi di voler restare quella che è, senza rimorsi o rimpianti; e Betty Warren invece, lei che con le sue parole, più aveva ostacolato e respinto gli insegnamenti di Katherine, capisce di essere troppo sveglia per temere che la sua docente abbia ragione e impara a sue spese che non si può essere felici realizzando i desideri altrui, decidendo alla fine di inseguire soltanto i suoi sogni.

Katherine entra talmente tanto nel cuore delle sue ragazze da portarle, nella sua ultima lezione, a discutere sul significato della Mona Lisa, un’opera apparentemente al di sopra di ogni giudizio e parere ma che adesso invece ognuna di loro mette in discussione. Katherine Watson lascia il collegio a fine anno perché per una donna come lei era impossibile rinunciare alla LIBERTÁ D’ESPRESSIONE, una libertà che ancora oggi viene messa in dubbio e punita se qualcuno lì fuori crede di essere superiore, ma i suoi insegnamenti vivranno per sempre nella formazione di quelle ragazze che corrono in bicicletta dietro la sua macchina, piangendo, per dirle addio.
Katherine Watson è quella donna, quell’insegnante che vede la sua materia, la sua professione soltanto come un punto di partenza per quel percorso che è la vita e che ha come traguardo il coraggio di essere semplicemente sé stessi.

E se Mona Lisa Smile insegna la VITA, beh, per quanto mi riguarda non c’è serie tv che segua la sua stessa strada migliore di One Tree Hill.

One Tree Hill spesso viene sottovalutato, snobbato, etichettato come semplice Teen Drama quando la verità è che, per nove anni, One Tree Hill ha cercato di mostrarci un altro modo di vivere la vita, un modo che può anche non prevedere scandali, violenza o cinismo, un modo che può indicarci un’altra via, quella del rispetto  (per sé stessi e per gli altri), quella dell’amore in tutte le sue forme e del perdono, quella in cui può esserci di più oltre all’oscurità che sembra voler dominare il nostro futuro. E il simbolo di questo insegnamento non può non essere Haley James Scott (Bethany Joy Lenz), la docente che come Katherine Watson cambiò la vita dei suoi studenti.

Haley James era una ventata d’aria fresca a Tree Hill, era l’emblema della purezza e della lealtà, sicura di sé e del suo mondo ma disposta a guardare oltre, a vedere del bene lì dove gli altri restavano in superficie, accontentandosi dell’apparenza. Haley era intelligente, quel tipo di intelligenza che ti cambia la vita perché non si ferma tra i libri e i banchi di scuola ma pensa in grande, pensa al futuro e a ciò che si potrà realizzare una volta usciti da scuola, faccia a faccia con la vita vera. Per questo motivo Haley James ha sempre voluto fare l’insegnante ed essendo One Tree Hill una serie tv, abbiamo avuto la fortuna di seguire la sua crescita, il suo percorso, a partire dai suoi corsi di tutor, dal momento in cui gioiva quando uno dei suoi ragazzi riusciva a raggiungere un obiettivo, da colui che probabilmente è stato il primo ad essere salvato da Haley James, il ragazzo a cui Haley ha mostrato una vita diversa da quella che tutti si aspettavano da lui, dall’astro nascente del basket Nathan Scott. Haley ha permesso a Nathan di considerare un futuro dove lo sport non doveva essere la sua unica possibilità, gli ha mostrato di poter essere un tipo di persona che forse neanche lui sapeva che esistesse, ha evitato che Nathan diventasse come la persona che più detestava: suo padre. Haley ha salvato Nathan guardando alla bontà del suo cuore e donandogli il suo in cambio perché l’intelligenza di Haley James non risiedeva soltanto nella sua mente.

Ma come succedeva con ogni obiettivo che si poneva, Haley realizza il suo sogno di diventare insegnante, con un unico vero scopo: cambiare la vita dei suoi studenti, insegnare loro a diventare adulti, ad essere sé stessi e a non rinunciare mai ad esprimere la propria opinione, a dire la verità. Ma anche per Haley, come per Katherine, il lavoro dei suoi sogni si rivela diverso da quanto avesse immaginato e la sua Betty Warren assume ora le sembianze di un giovane ragazzo di colore, arrogante e sicuro di sé, che fa vacillare la sua forza e la sua autorità. Il problema di Quentin Fields è che non aveva idea delle risorse che la sua insegnante possedeva, non aveva idea che uno come lui, lei l’aveva già incontrato e alla fine l’aveva anche sposato. Haley sfida Quentin, lo mette alle strette, gioca sul suo stesso livello e lo costringe a fare una scelta: aprire nuovi orizzonti o rinunciare a ciò in cui eccelle. In realtà in quel preciso momento, Haley dona a Quentin una possibilità, la possibilità di scoprirsi diverso, di diventare una persona migliore anche fuori dal campetto da basket, la possibilità di fare la differenza nel suo mondo. Quentin Fields comincia a volare, comincia a guardare davvero al suo futuro e a vivere la sua vita rispettando la persona che era diventato, fino all’ultimo dei suoi giorni. Nathan e Lucas Scott sono stati importanti nella vita di Quentin ma Haley James Scott è stata fondamentale nel permettergli di essere l’uomo che era destinato a diventare. E proprio nel momento in cui Quentin lascia la sua vita, Haley conosce Sam, una ragazza che per caso o per destino, si ritrova nella sua classe, bisognosa tanto quanto Quentin di un posto sicuro in cui stare, bisognoso di qualcuno che creda in lei per la prima volta e non la rifiuti come avevano fatto con lei fino a quel momento. Ancora una volta Haley non riesce a separare il suo lavoro dalle sue emozioni così apre a Sam la sua vita, la sua famiglia e le dona la persona di cui più aveva bisogno, una madre, la sua amica Brooke Davis.
Haley permette a Sam di esprimersi liberamente, di non aver paura delle sue opinioni e delle sue emozioni, di non precludersi nessuna strada perché lei, Samantha Walker, poteva fare e diventare tutto ciò che voleva. E per dimostrarglielo, Haley pubblica sul giornale della scuola il tema scritto da Sam, in cui per la prima volta, senza paure, lei si raccontava, onestamente. Ma così com’era successo con la direttrice del collegio Wellesley, anche la preside del liceo di Tree Hill impone ad Haley dei parametri, dei limiti entro i quali restare, per il bene di un apparente decoro, di una vetrina perbenista che rappresenta tutto ciò che Haley voleva evitare ai suoi studenti.

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Così Haley sceglie di restare fedele a sé stessa, di rinunciare al lavoro che amava per dimostrare ai suoi studenti che le sue non erano soltanto parole, e di concedere loro un’ultima importante lezione: Dire la Verità sempre, a qualsiasi costo, senza permettere mai a nessuno di condizionarli, di dir loro cosa pensare o cosa scrivere, perché la verità conta, “no matter what”.

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Haley James Scott lascia un segno indelebile nelle vite dei suoi studenti, tanto da ritrovarli a casa sua perché non erano pronti a lasciarla andare, ma come Katherine Watson, anche lei lascia il lavoro che ama senza rimpianti per non scendere a compromessi che l’avrebbero cambiata più di quanto era disposta ad accettare. Katherine Watson ed Haley James Scott sono due donne indipendenti che a distanza di più di mezzo secolo, guardano all’insegnamento come ad una possibilità, la possibilità di formare la generazione futura, di far crescere in loro un pensiero critico, a condurli per mano a scoprire quella vita di cui dovranno essere protagonisti, con coraggio e consapevolezza del loro potenziale.

Katherine & Haley sono insegnanti di vita, sono insegnanti che noi tutti vorremmo incontrare (o aver incontrato) sul nostro percorso perché sono persone come loro che ci ricordano il vero significato della scuola e dell’istruzione, ossia costruire quella personalità di cui possiamo essere fieri e in cui riusciamo a riconoscerci al di là delle etichette in cui gli altri inevitabilmente vorranno chiuderci.

E come cantavano gli Audioslave, “To be yourself is all that you can do …

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

3 COMMENTS

  1. Hai scritto un articolo meraviglioso, sappilo! Voglio pubblicarlo sulla mia pagina Facebook dedicata a One Tree Hill perchè merita di essere letto… se per te va bene.

    • Oddio innanzitutto grazie mille per i complimenti, sono onorata!!! E poi si, per me non ci sono problemi, se mi dici qual è la tua pagina mi piacerebbe anche seguirla!

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