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Cotte Telefilmiche – Frank Frink

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Cotte Telefilmiche – Frank Frink

Mentre organizzavo il mio articolo, mi sono imbattuta sulla piattaforma social di Tumblr in alcune parole che mi hanno sorprendentemente colpita, parole che non solo hanno ispirato questo pezzo ma mi hanno anche donato una visione d’insieme del percorso del personaggio a cui erano dedicate, lo stesso personaggio a cui anch’io oggi dedico questo omaggio, essendo infatti uno dei protagonisti maschili migliori che abbia mai  visto e amato in una serie tv. Il post in questione affermava semplicemente e brevemente: “Frank Frink is the guy who has nothing but deserves everything” [“Frank Frink è l’uomo che non ha nulla ma merita tutto”], un pensiero raramente condiviso considerato lo scarso seguito che questo personaggio vanta ma che riesce ad esprimere comunque, dal mio punto di vista, ciò che davvero Frank Frink meritasse dal suo destino e ciò che purtroppo in realtà gli è stato riservato.

Frank Frink

In tutta onestà, considerando il contesto della storia in cui si inserisce questo personaggio, un contesto tanto drammatico, oscuro e paralizzante da rendere una morte degna l’unico epilogo davvero auspicabile, non credo che Frank Frink non abbia avuto “nulla” nella sua vita, credo anzi che abbia avuto più di quanto abbiano ottenuto e probabilmente otterranno altri personaggi di “The Man In The High Castle”, e penso questo perché Frank, nella tragedia annunciata che purtroppo è stata la sua vita nella serie, ha ritrovato nel suo finale ciò che aveva perso lungo la strada e che più contava: se stesso e l’amore della sua vita.

Frank Frink

Frank Frink è stato infatti uno dei personaggi che più ha compiuto un percorso realistico e profondamente umano in un contesto difficile da razionalizzare e da affrontare con un tale equilibrio di crescita. Nelle tre tappe che hanno caratterizzato la sua esistenza nella serie, Frank ha vissuto l’inerzia, la rabbia e infine la rinascita ma in ognuna di queste fasi ha lottato con tutte le sue forze per mantenere accesa anche solo l’ultima scintilla della persona che era, per non lasciare che la rabbia, il dolore e l’odio gli portassero via anche l’ultima speranza di tornare un giorno ad essere in pace con se stesso e con i suoi demoni. Perché questo è ciò che rendeva Frank Frink, per me, l’uomo migliore della serie, non l’assenza di peccati o la rettitudine della sua strada ma la capacità di tornare indietro, fare ammenda e infine recuperare quella luce originale che in troppi avevano cercato di spegnere.

Quando conosciamo Frank per la prima volta, la persona che vediamo davanti a noi è un uomo mansueto, ordinario, che cammina a testa bassa, che desidera solo vivere per vedere un altro giorno, senza far rumore, senza cercare più di ciò che la vita gli permette di avere. Frank è un uomo “addomesticato” da una realtà che gli sembra troppo radicata per mutare in meglio, è un numero che fa parte di un sistema grigio, è un uomo senza volto e senza voce che non ricorda la vita prima della guerra e quindi non immagina un futuro diverso dal suo presente. Frank ha imparato a non lottare, a non sperare, a non pensare, in un mondo in cui “Il passato veniva cancellato, la cancellazione dimenticata, e la menzogna diventava verità” [“1984” – George Orwell].

Eppure nonostante le sue paure, nonostante la sua rassegnazione silente, nella prima tappa del suo percorso Frank Frink è un uomo che sa amare senza riserve, che custodisce un talento in grado di cambiare il mondo, che forse sogna anche quando non crede in quei sogni perché farlo significherebbe sfidare un male onnipresente e onnipotente impossibile da sradicare. Frank conosce ancora la differenza tra menzogna e verità, distingue ancora bagliori di luce in un mondo immerso nell’oscurità, ma sente di non poter alimentarli perché il silenzio è la sua unica possibilità di tenere al sicuro le persone che ama.

Frank Frink Frank Frink

Ma è proprio questa la lezione che Frank non impara ma subisce sulla sua pelle come la più straziante delle ferite perché nonostante vivesse la sua vita come gli era stato richiesto, l’amore e la lealtà incondizionata che prova nei confronti di Juliana diventano il prezzo da pagare per la vita di sua sorella e dei suoi nipoti, un prezzo che Frank non può sostenere e che innescano in lui una catena di sentimenti negativi che fino a quel momento aveva tenuto a bada, chiusi a chiave in quella parte oscura di sé che non poteva lasciare libera perché era l’unico aspetto della sua esistenza su cui ancora aveva un controllo.

È atroce osservare e riconoscere il momento in cui Frank perde progressivamente fiducia negli ultimi baluardi di speranza che ancora lo sostenevano: l’amore per Juliana, la fiducia in un futuro se non migliore almeno diverso, l’attaccamento a una moralità che desse senso alla sua vita, la luce di Frank viene invasa da ombre che lo travolgono e offuscano i suoi valori, le sue certezze, quei sogni che aveva paura di ammettere. Ma nonostante la confusione e i dubbi, Frank cerca ancora un appiglio, cerca ancora di ricordare il tipo d’uomo che è sempre stato e di aggrapparsi a quel ricordo per sopravvivere e respingere quei demoni così convincenti che sussurrano nel suo orecchio, e lo fa per un’unica ragione, un unico pensiero: la vita accanto a Juliana.

Ma nel momento in cui si convince di aver perso anche quella possibilità, Frank si abbandona a una nuova fase del suo percorso, una fase che come un vortice inarrestabile lo investe e lo trascina con sé negli abissi più oscuri della sua anima. Quello che nella seconda stagione di “The Man In The High Castle” sembra un autentico risveglio per Frank Frink, diventa in realtà la sua condanna; quella che sembra una ritrovata lucidità e un motivo per ricominciare a vivere e a lottare si rivela presto come la valvola di sfogo di una rabbia incontrollata che si colora d’odio e punta unicamente alla vendetta.

Frank Frink Frank Frink
Frank Frink
La sua partecipazione alla frangia più estremista della Resistenza diventa per Frank una legittimazione della parte più oscura di sé, una scusante per prendere parte a una guerra dalla quale non intendeva uscire vivo o vincitore, una pena da scontare fianco a fianco con il “mostro” della sua storia a cui in quel momento credeva di somigliare tanto da meritare la stessa fine. E proprio quando ormai è un passo dall’ultimo atto della sua discesa nell’oscurità, come un crudele scherzo del destino, Frank rivede la sua luce, nel preciso istante in cui ormai sembra troppo tardi per riaccenderla.

Ma ciò che in pochi hanno visto e compreso di Frank Frink è la forza di quella luce, è la purezza di un animo che non poteva essere corrotto, mai del tutto, mai davvero, è l’eredità che un uomo buono poteva e doveva ancora lasciare al suo mondo. La terza e ultima fase del suo percorso segna l’accecante rinascita di Frank Frink, la conferma della persona straordinaria che era sempre stato, la redenzione di un personaggio “che non aveva avuto nulla e che meritava tutto”. In quella che finora è probabilmente la stagione più oscura di “The Man in the High Castle”, Frank Frink risplende nella sua ritrovata pace, illumina con la sua arte, un’arte in grado di cambiare il mondo e urlare contro i poteri totalitari che lo sovrastano, un’arte che lo riporta a casa e riporta la sua casa da lui.

Nel suo ultimo atto, Frank compie in un percorso di presa di coscienza, arricchito da nuove consapevolezze, una realizzazione che rimette in prospettiva il suo passato e dona un nuovo significato al suo presente. Non c’è più rabbia nel suo sguardo né una tacita rassegnazione, c’è la voglia di custodire una nuova serenità, di vivere nel modo giusto la sua seconda possibilità ma anche di continuare a combattere a modo suo e di alimentare la speranza di vedere un giorno un mondo migliore, quel mondo che adesso Frank ricorda.

Ritrovare Juliana ed Ed, ritrovare esattamente quell’amore che rinvigorisce la sua esistenza, porta Frank alle soglie della sua ultima battaglia ma questa volta senza rimpianti, questa volta con la consapevolezza di seguire il giusto percorso e di farlo da uomo libero, libero dall’odio, libero dai suoi demoni, libero dall’oscurità a cui avevano provato a incatenarlo.

L’epilogo riservato a Frank Frink brilla della stessa speranza che ancora circonda e avvolge Juliana Crain ma soprattutto trasforma un uomo imperfetto e puro al tempo stesso in un simbolo, il simbolo di un giorno che rinasce ogni volta, anche dopo la notte più buia.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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