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Castle | Recensione 6×19 – The Greater Good

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Castle | Recensione 6×19 – The Greater Good

Lo sapete tutti ormai, dieci volte su nove la mia obiettività su Castle va in letargo, lasciando ampio vantaggio al mio cuore da fan all’ultimo stadio. Ma affetto a parte, quando il livello di due episodi è diverso, si avverte innegabilmente soprattutto quando sono consecutivi. “The way of the Ninja” è stato un episodio carino, divertente, particolare, che ha spinto un po’ sull’acceleratore della fantasia ma “The Greater Good” è stata una puntata pienamente e totalmente da “Castle”, attingendo ad una realtà verosimile per quanto riguarda il caso e aprendo sorprendentemente una finestra interessante e intensa sulla vita privata di uno di quei personaggi comprimari che, non appena glielo permettono, brillano di luce propria.

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Ma andiamo con ordine come sempre, prima il dovere e poi il piacere, ossia prima vi parlo del caso e poi delle persone che vi hanno preso parte e che lo hanno reso vivo.

Credo che alla base di questo episodio ci siano le parole intramontabili del cinico ma eterno Machiavelli: Il Fine giustifica i Mezzi, ossia cosa si è disposti a fare per raggiungere un obiettivo che ci sembra giusto, per cui vale la pena mettere a rischio anche la nostra moralità, un obiettivo dunque che, come recita il titolo, assume spesso le sembianze di un bene più grande.

La vittima, Peter Cordero, era uno speculatore di Wall Street che si ritrova a voler seguire la retta via rendendosi però tragicamente conto di essere circondato esclusivamente da vicoli ciechi. In un’indagine che alla fine si chiude, come in un cerchio, ritornando alla sua prima conclusione raggiunta, Beckett e la sua squadra capiscono, tra capovolgimenti e segreti, di non dover indagare sul traguardo ma sul punto di partenza.

All’inizio come sempre, di fronte ad una vita privata completamente annullata da quella professionale, le ricerche si soffermano sull’ambito lavorativo, ossia quello finanziario, in cui non è affatto difficile immaginare uno scenario ricco di moventi e probabili colpevoli. Ma nonostante le evidenti ombre nella società d’investimenti per cui lavorava, i sospetti restano ancorati alla donna misteriosa che aveva chiamato i soccorsi e ad una presenza poco raccomandabile proveniente dal suo passato. La prima vera svolta nella storia viene fornita da Lanie che, dopo un’attenta analisi del corpo, ipotizza la presenza di un microfono sotto la camicia della vittima. In seguito a questa informazione, un capitolo del tutto nuovo viene presentato quando, con sicurezza e determinazione, irrompono nel distretto due avvocati provenienti dall’ufficio del procuratore distrettuale e se una è il sospettato principale dell’omicidio, l’altra condivide con il capitano Gates il fascino autoritario, lo sguardo gelido (con il quale fulmina Castle come solo il Capitano riusciva a fare) e il patrimonio genetico, essendo sua sorella Elizabeth.

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Si scopre quindi che la vittima aveva “scelto” di fare un accordo con l’ufficio del procuratore, diventandone un informatore all’interno di un’indagine federale che aveva come obiettivo proprio la società d’investimenti in cui lavorava e il suo capo Jamie Berman, accusato di frode. Con enorme disappunto di Gates jr., l’omicidio batte la frode così tutti i dettagli dell’indagine federale vengono rimessi al vaglio della polizia di New York. Ciò che però più insospettisce Beckett e i suoi uomini sono gli ultimi movimenti della vittima che portano ad un conto bancario segreto su cui erano stati depositati, poco prima della sua morte, ben 25 milioni di dollari. La sorpresa maggiore la si ottiene scoprendo la fonte di quel generoso versamento, ossia il suo stesso capo Jamie Berman, colui che stava spiando per conto dell’ufficio del procuratore.

Gli ultimi pezzi del puzzle sono facilmente ricostruibili e il colpevole stranamente ritorna ad essere il loro primo sospettato: l’avvocato Stephanie Goldmark. Ansiosa di chiudere con successo l’indagine federale su Berman, Stephanie aveva dato una piccola spinta a ciò che considerava la sua giustizia e aveva incastrato Peter Cordero per costringerlo a collaborare. Dopo aver capito di essere diventato una marionetta nelle mani della donna, Cordero aveva scelto di tornare ad essere indipendente, informando Berman dell’indagine in cambio dei soldi necessari per rifarsi una vita lontano da New York. Purtroppo la tappa finale del suo percorso era stata tragicamente stroncata dall’avvocato, nel nome di un bene superiore.

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The Dynamic Duo

In un episodio che preannunciava, come storyline personale, un nuovo capitolo della storia Caskett, entriamo invece a sorpresa nell’orbita privata del capitano Gates che vede irrompere sua sorella Elizabeth nel suo distretto, nel suo lavoro e nella sua vita. Fin dall’inizio, il rapporto tra le due donne, più simili di quanto vogliano ammettere, profuma di novità e di profondità, lasciando trasparire un contrasto passato mai risolto.

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Ovviamente la vicenda incuriosisce Castle come un bambino di fronte al suo enorme regalo di Natale con il biglietto “Non aprire” ma, in una delle scene più belle dell’episodio, è con Beckett e con la sua ammirevole riservatezza che Gates si confida, raccontandole di come i rispettivi lavori avessero in passato allontanato due sorelle che in realtà avevano sempre condiviso un legame unico.

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Victoria e Elizabeth sono due donne forti, indipendenti e determinate oltre ogni limite e questo le porta inevitabilmente a scontrasi nel momento in cui il prevalere di un’indagine comporterebbe il fallimento dell’altra ma, quasi come monito per loro in quanto persone e sorelle, il caso le mette di fronte all’estremismo che il senso di giustizia può raggiungere, perdendo in questo modo il suo significato più profondo. Elizabeth non rinuncia alla sua indagine ma capisce di dover intraprendere un nuovo percorso, con la certezza però di avere di nuovo sua sorella Victoria a guardarle le spalle. Degno di nota, per usare un eufemismo, è la lealtà che che Gates è riuscita a conquistarsi tra gli uomini del Dodicesimo distretto.

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Com’è giusto che sia però, anche i Caskett hanno avuto il loro magico spazio e questa volta il problema sono gli invitati. Nonostante entrambi vogliano provare ad avere un matrimonio intimo e riservato, le loro liste degli invitati sembrano pensarla diversamente e se quella di Kate raggiunge un accettabile numero di partecipanti, quella di Castle prevede l’affitto di Time Square per contenerli tutti, o al massimo dell’isola privata di un suo vecchio amico. Come al solito allora, quando i Caskett si trovano di fronte ad un’impasse, si cerca l’aiuto da casa e questa volta vengono chiamati in causa due esperti: Martha e Ryan. Inutile dire che il loro supporto si rivela fondamentale!

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Alla fine della giornata, Kate e Castle sono nuovamente soli e insieme a dover decidere del loro matrimonio, senza scuse e senza scorciatoie ma con un’unica inossidabile certezza, un unico punto di partenza imprescindibile: sé stessi, la loro storia vera ed intensa, il loro amore quasi da favola. E quel giorno, le uniche persone che vorranno al loro fianco saranno quelle che rappresentano le colonne del loro passato e l’ancora del loro futuro.

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p.s. ma quanto ho fangirlato nel sentire il nome di Maddie tra gli invitati?!?!?!

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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