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Black Mirror | Commento ed Easter Eggs della terza stagione

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Black Mirror | Commento ed Easter Eggs della terza stagione

Dopo aver divorato questa stagione di Black Mirror e i suoi magnifici sei episodi, Alessandra (Ebe) ed io abbiamo deciso di buttare giù due righe a riguardo. Sappiamo che una serie come questa non ha bisogno di commenti perché arriva dritta al punto e colpisce come un pugno allo stomaco il telespettatore, lasciandolo in una condizione di angoscia senza precedenti, ma ci abbiamo provato lo stesso.
Quindi cominciamo!

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Per la serie “ogni tanto una gioia”, la terza stagione di Black Mirror non ci delude e comincia col botto: la prima puntata, Nosedive (Caduta Libera), è incentrata su un tema tanto geniale, quanto attuale, ovvero l’ossessione nei confronti dei likes da parte delle persone sui vari social network, e le conseguenze che potrebbero derivarne nel momento in cui avessero davvero un peso decisivo sulle nostre vite quotidiane. Una donna tormentata dall’idea dell’upgrade sociale che l’apprezzamento altrui (misurato virtualmente tramite un dispositivo installato negli smartphone) potrebbe farle ottenere, cadrà in disgrazia – ma finalmente libera di dire quello che le pare, senza la paura di un giudizio negativo da parte degli altri – in una prigione dedicata proprio a coloro che sono “impopolari”.

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Il secondo episodio, Playtest (Giochi Pericolosi) è IL Black Mirror della stagione. Viviamo in una società in cui giocare ai videogiochi rappresenta la modalità preferita di evasione dalla realtà. Nel videogioco possiamo essere chiunque vogliamo, dall’eroe della situazione allo spietato assassino di turno. Prendiamo delle decisioni, giuste o sbagliate che siano, perché non siamo davvero noi a farlo, ma qualcuno che vorremmo essere o che non saremo mai. Per ovvie ragioni, aggiungerei.
Ma cosa accade quando si vive in prima persona un’esperienza virtuale? Un’esperienza che ci mette faccia a faccia con le nostre più grandi e profonde paure?
Io, sinceramente, non mi sarei mai e poi mai prestata ad un prova del genere. Va bene affrontare le proprie paure – a volte è l’unico modo per superarle – ma non tutte insieme contemporaneamente, e di certo non quelle più irrazionali. Avere paura è una condizione dell’esistenza umana.
Così il nostro protagonista, Cooper, affronta le sue paure fino a quella decisiva: la paura di dimenticare.
Ma alla fine questo episodio non si rivela altro che il susseguirsi delle paure stesse di Cooper, dal momento che il gioco principale, le cose a cui crede di essersi sottoposto o di aver visto, non sono altro che il frutto del suo subconscio: 4 secondi di terrore assoluto che culminano nella morte del protagonista.
Cosa abbiamo imparato? Quando la mamma vi telefona, per l’amor del cielo, rispondete!

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Nella terza puntata, Shut up and dance (Zitto e Balla), un “innocente” ragazzino di sedici anni, apparentemente manovrato da loschi personaggi che lo ricattano inviandogli messaggi sul cellulare dopo aver visto che cosa aveva fatto, si scoprirà, alla fine, aver commesso atti di pedofilia. Questo episodio è stato quello che più mi ha colpita, soprattutto per il gioco di scambi che si verifica tra buoni e cattivi (molto simile a ciò che accade nella puntata Orso Bianco della seconda stagione), in cui i primi si rivelano i secondi e viceversa. I personaggi di questo episodio sono destinati a vivere un incubo da cui non c’è scampo, pagando per tutto il male che hanno fatto.

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Il quarto episodio, San Junipero, è stato molto particolare. Di certo non il migliore della stagione, ma ha inglobato una novità che mi ha lasciata piacevolmente sorpresa: per la prima volta, un episodio di Black Mirror non mi ha trasmesso quell’amara sensazione di angoscia, ma solo… conforto.
È un episodio che si inquadra solo alla fine. Il telespettatore rimane smarrito di fronte a quei salti temporali e a quei blackout improvvisi dopo la mezzanotte, fin quando non capisce che San Junipero non è altro che una sorta di aldilà creato ad hoc dall’uomo.
San Junipero è un luogo in cui ritrovarsi dopo la morte, un paradiso in cui essere giovani per sempre. Chi non lo sceglierebbe? Chi non firmerebbe subito per avere la possibilità di vivere una nuova vita, in compagnia delle persone che ha perso? Io di sicuro non ci penserei due volte. È un luogo di riscatto dalle ingiustizie della vita e un luogo in cui ricominciare a vivere, ed è questo che rappresentano le protagoniste, Yorki e Kelly: due donne che vogliono e meritano una seconda occasione di essere felici.
È un Black Mirror singolare, perché tende a scuotere la coscienza dei religiosi, di chi sa per certo che dopo la morte c’è qualcosa di vero, di autentico, di divino. Ma il pubblico religioso non è esattamente il pubblico di Black Mirror e forse per questa ragione San Jupinero risulta essere l’episodio più positivo della stagione, almeno per me.

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La quinta puntata, Men against fire (Gli uomini e il fuoco), mi ha letteralmente sconvolta, non tanto per la trama in sé (che è sicuramente avvincente e ti tiene incollato allo schermo), quanto per il messaggio che intende diffondere: vediamo una truppa di soldati impegnati nella battaglia contro i “parassiti”, mostri che poi si riveleranno normalissime persone, affette, però, da malattie che potrebbero contaminare la perfezione del genere umano che è venuta a crearsi. Tramite un dispositivo che gli è stato impiantato nel bulbo oculare, questi militari non possono avvertire né le reali fattezze, né l’odore del sangue, né sentire le urla delle persone che stanno uccidendo. Il parallelismo è evidente: anche noi quando assistiamo, dall’altra parte dello schermo e seduti comodamente sul divano però, a scene di violenza realmente accadute, non possiamo tastare con mano (né con nessuno degli altri sensi) ciò che sta succedendo effettivamente, e lo schermo che ci separa nettamente dai fatti edulcora scene che in realtà sono doppiamente orrende per chi le vive a tutto tondo. Insomma, Black Mirror è una serie che merita sempre e comunque, che va a toccare temi di importanza capitale, ambientandoli in un futuro distopico che, secondo me, non è poi nemmeno distante anni luce da ciò che è attualmente il nostro presente.

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L’ultimo episodio della stagione, Hated in the Nation (Odio Universale) è probabilmente quello che ho apprezzato meno. Ottimo il plot twist, così come il tema del cyberbullismo e della propagazione virale dei messaggi, ma è stato un episodio troppo, troppo, troppo, troppo lungo.
Un’ora e mezza per cambiare le carte in tavola è decisamente troppo.
Anche lo special natalizio è durato molto più di un episodio ordinario, ma quantomeno quello era diviso in parti, perché trattava diversi argomenti (Z-Eye, il cookie e tutto ciò che ne consegue).
In questo episodio, invece, ci siam dovuti sorbire un’indagine infinita, che non poche volte mi ha fatto temporaneamente dimenticare di essere di fronte a Black Mirror e confondere il tutto con una qualsiasi puntata di Criminal Minds.
Anche il modo in cui si conclude l’episodio è un po’ meh: l’unico modo per stanare il responsabile è fingere che abbia vinto, quando in realtà le indagini continuano ad andare avanti.
Per carità, il momento in cui le api iniziano ad uccidere tutte quelle persone è davvero di grande impatto e ci fa intendere che internet non è quel luogo sicuro e ovattato in cui sputare sentenze non porta a nessuna conseguenza. Al contrario, internet è quel luogo in cui tutto rimane, in cui chiunque può vederti e in cui nessuno può dimenticare.
Tenetelo a mente la prossima volta che vi viene in mente di attaccare virtualmente qualcuno. E, ovviamente, occhio alle api!

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Ora, sappiamo che Black Mirror è una serie composta da episodi standalone, ma non mancano mai i riferimenti e gli Easter Eggs piazzati qua e là per deliziare i fan della serie. Vediamo insieme quelli di questa stagione:

  • Nella bacheca del social utilizzato da Lacie in Nosedive è possibile scorgere il nome di Michael Callow, ossia il Primo Ministro protagonista del primo episodio della prima stagione di Black Mirror, The National Anthem.
  • Sempre in Nosedive, ci vengono mostrati quei fan bizzarri della serie Sea of Tranquility, serie per la quale lavorava l’esperto di effetti speciali responsabile di organizzare il video di Michael Callow e del maiale in The National Anthem.
  • Uno dei simboli in 8-bit che si vede in Playtest è lo stesso simbolo che caratterizzava il White Bear Justice Park di White Bear. Si presuppone che Saito Shou sia il responsabile della tecnologia del parco.

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  • Hannah John-Kamen, che in Playtest interpreta Sonja, è la stessa attrice che ha interpretato Selma Telse in Fifteen Million Merits.
  • Nella rivista che Sonja mostra a Cooper in Playtest è possibile scorgere il nome Granular, la compagnia responsabile delle api elettroniche di Hated in the Nation.
  • Shut up and Dance ci regala ben tre riferimenti ai precedenti episodi della serie, attraverso la schermata che riporta la notizia delle email razziste di uno dei personaggi ricattati durante l’episodio. È infatti possibile individuare: una pubblicità del Cookie di White Christmas, la notizia del divorzio di Michael Callow dalla moglie (no, il suo matrimonio non è sopravvissuto alla vicenda del maiale) e il nome di Victoria Skillane, la donna costretta a rivivere lo stesso giorno di White Bear.
  • Kenny, protagonista di Shut up and Dance ha un adesivo di Waldo (The Waldo Moment) sul suo laptop.

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  • Raiman, in Men Against Fire, canta “Anyone Who Knows What Love Is (Will Understand)”, canzone già ascoltata in Fifteen Million Merits e White Christmas.
  • Blue Coulson, in Hated in the Nation, dichiara di aver lasciato il suo precedente lavoro per via delle mostruosità che ha avuto la sfortuna di scoprire e afferma di essere stata lei a recuperare i video dal computer di Ian Rannoch, che altri non è che il fidanzato di Victoria Skillane di White Bear.

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  • Quando Karin Parke guarda la tv in Hated in the Nation è possibile individuare il nome di Shou Saito di Playtest e la dicitura “MASS Project” di Men Against Fire.
  • Tra i vari trend topic di Hated in the Nation, oltre al principale #DeathTo ci sono #FREETHEWHITEBEARONE (con riferimento a Victoria), Harlech Shadow V (con riferimento al gioco sviluppato da Saito) e Michael Callow.
  • Il target politico delle api killer è un sottoposto di Michael Callow.
  • Le notizie che scorrono in tv durante il processo di Hated in The Nation fanno riferimento al lancio del gioco di Saito e al processo di Victoria Skillane.

E voi avevate notato questi riferimenti? No? Forza allora, urge un rewatch!

Il problema – e il vantaggio – di Netflix è quello di proporci intere stagioni in una volta sola che, dal momento che siamo Telefilm Addicted e non abbiamo il senso della misura, noi divoriamo senza pensare alle crisi di astinenza che ci verranno una volta conclusa la visione.
Abbiamo una memoria particolarmente selettiva, noi.
Ma consoliamoci perché Black Mirror ritorna l’anno prossimo con altri sei episodi. Fino ad allora, fate un bel respiro e ricordate: siamo noi i padroni della tecnologia, e non il contrario.

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Classe 1992, messinese, ha viaggiato molto durante la sua vita pur non avendo staccato gli occhi dal computer: ha passato un certo periodo a San Francisco con le sorelle Halliwell e ha frequentato il liceo di Sunnydale; ha bazzicato per un po' al Sacro Cuore, è precipitata su un'isola sconosciuta e ha passato parte dei suoi anni on the road a bordo di una Chevy Impala del '67. Deve alle serie tv la sua felicità attuale e la sua più che certa infelicità futura (sa fin troppo bene di non poter incontrare un Klaus o un Dean Winchester dietro l'angolo, purtroppo). È ossessionata dagli angeli, da Leo di Charmed ad Angemon dei Digimon; da Angel di Buffy (che non è un angelo ma... who cares?) a Castiel di Supernatural, e spera di cuore che arrivi a salvarla dalla perdizione telefilmica, almeno quel tanto che basta da farla laureare senza problemi in tempi accettabili.

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