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American Horror Story: Roanoke | Recensione 6×03 – Chapter 3

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American Horror Story: Roanoke | Recensione 6×03 – Chapter 3

Mi è servita quasi una giornata intera per metabolizzare le informazioni che ci sono piombate addosso in questo episodio. Fino alla puntata della scorsa settimana, avevo questa spiacevole sensazione asylumiana di robe buttate lì un po’ a caso. Di certo ricordate che Asylum – per quanto rimanga, ad oggi, la mia stagione preferita – è stato un po’ un calderone in cui Murphy & Co. hanno continuamente rovesciato dentro storie e storielle, al punto che ricordo di aver sviluppato un piccolo Kronk sulla spalla che sussurrava “scusa tanto, ma questo cosa c’entra?” e Ryan che rispondeva “no no, è un valido argomento!”. Zombie, il diavolo, gli alieni… come se un semplice manicomio gestito da suore non fosse abbastanza inquietante.
Per fortuna questo terzo episodio di America Horror Story: Roanoke ci ha riportato sui binari giusti e ci ha raccontato, anche se solo in parte, la storia della piccola e adorabile colonia di Roanoke, meta di vacanze per grandi e piccini.

Non sono ancora riuscita a farmi un’idea precisa, uno schema mentale da seguire, quindi direi di riprendere da dove eravamo rimasti: la piccola Flora è sparita.
Matt, Shelby e Lee iniziano a cercarla e devo dire di aver trovato l’atteggiamento dei poliziotti un po’ sospetto. Se prima mi ero convinta si trattasse della solita incompetenza della forza di polizia dell’entroterra della Luisiana, ora temo che quel gruppetto lì sappia più di quanto vogliano lasciare intendere. Magari mi sbaglio, magari sono solo degli inetti che alla fine moriranno male, ma in AHS è sempre meglio tenere gli occhi aperti su ogni dettaglio.

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Signora, insieme al maiale ci stanno anche 30 grammi di plastica. Che faccio? Lascio? 

La sparizione di Flora ci introduce ad un nuovo personaggio, l’enigmatico Cricket, un sensitivo.
Cricket si dimostra da  subito efficiente: fa un giro della casa, percepisce l’oscurità, commenta la carta da parati, una piccola seduta spiritica e BAAM, “signora, trovare bambini non è facile, mi sono guardato intorno e le posso fare un preventivo. 25000 dollari. Se mi paga vitto e alloggio e mi compra le candele, scendiamo a 24000”. La reazione di Lee è facilmente immaginabile: pistola alla tempia e un calcio in culo. Fuori da casa mia. Cricket rilancia “intanto non è casa tua, e ringrazia Dio che l’abbiano comprata quell’imbecille di tuo fratello e signora; secondo, non è colpa mia se non hai dato retta a quel televenditore che ti proponeva a 30 euro la cavigliera anti-furto per bambini”.
Lee si convince.
Ed ecco così che tre puntate e 25000 dollari dopo, ci viene raccontata la storia degli abitanti di Roanoke, in particolare di Thomasin White, la Macellaia.
In breve, c’era una volta una colonia di nome Roanoke in cui ci viveva un numero imprecisato di buzzurri. Il capo della colonia, preoccupato per la sua gente, va in Inghilterra a recuperare delle provviste e lascia la moglie, Thomasin, al comando. Non che ci sia tanto da comandare, eh! Devono solo restare dove sono e aspettare il ritorno del capo, non mi sembra una cosa così difficile.
E così Thomasin si fa in quattro: lava, stira, cucina, però a Roanoke non sono contenti. Subito uno degli uomini si lamenta perché voleva la pizza e non la minestrina di piselli. Sì, ma la dieta è dieta, avevamo stabilito zuppetta il martedì? E allora ti mangi la zuppetta! L’impertinente uomo dai modi rudi non lo accetta. Allora interviene il figlio di Thomasin, Wes Sopracciglione Bentley, ma mamma qui la gente muore di fame!
ZITTO TU, che fino a un’ora fa mangiavi patatine guardando Masha e Orso.
Thomasin è parecchio diplomatica e anziché prendere a cucchiaiate in testa l’impertinente uomo dai modi rudi – cosa che mia nonna avrebbe fatto senza dubbio se qualcuno avesse buttato un intero piatto di zuppa sul pavimento – lascia correre.
Ma quelli sono infami e la aggrediscono, in piena notte, dopo che quella donna stava sveglia dalle 4 del mattino per lavare gli stivali degli uomini di Roanoke. Thomasin viene bandita.
Non ti vogliamo qui, zia! Siamo fashion, siamo cool e vogliamo spaccare a suon di festini nell’entroterra!
Pure tu, Junior, a mamma tua?
Wes tentenna. Madò, ma se torna mio padre sono mazzate fortissime.
Gli uomini di Roanoke sanno come farsi sentire: mannaia alla gola e dimmi se l’idea del festino nell’entroterra non è la migliore del secolo. Poi ti chiami pure Ambrose, e già di tuo parti svantaggiato. Ma con un po’ di vita sociale vedrai che ti riprendi!
Ciao mamma, vado a fare il fuorisede!

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Thomasin viene quindi mandata via, con un’orrenda trappola attorno al collo. A Kathy Bates succedono sempre cose brutte alla testa in American Horror Story, avete notato?
Così Thomasin arriva nella foresta, affida la propria anima a Dio… e arriva Lady Gaga. Pensa tu che culo.

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Lady Gaga, da brava venditrice porta a porta (o albero ad albero, dipende dai punti di vista) fa subito la sua offerta: no, dalla a me la tua anima, te la compro a metà prezzo e ti regalo anche un cuore. Andata!
Thomasin torna alla colonia e iniziano a volare cinquine e mannaie. Un macello, insomma. Da qui il suo soprannome: la Macellaia.
Il piccolo Ambrose si ravvede e chiede scusa. Thomasin gli toglie la playstation.

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Mamma, ti prego. La play no!

Torniamo nel presente, dove Cricket, Lee, Matt e Shelby sono alla ricerca di Priscilla nel bosco. Si imbattono nella Macellaia, e a quella le girano un po’ perché non è che una lancia mannaie alla gente per dare il benvenuto nel vicinato. Cioè, basta. Ve ne dovete andare.
Dateci la bambina e ce ne andiamo. Dateci la bambina, e nessuno si farà male. Andate a dirlo a Mason, questo.
La Macellaia si convince, perché come ho già detto, è una persona diplomatica. Va tutto a meraviglia, ma Shelby – affetta da una grave forma di Maaaaaattitite, malattia che la spinge ad urlare Maaaaaaaaaaatt ogni dieci secondi – scopre che il suo Matt si sta intrattenendo con Lady Gaga. Poco importa che Matt chiaramente non abbia la minima idea di che cosa sta succedendo, Shelby si infuria e va via. E non solo, mette in atto una di quelle tipiche vendette da terza elementare: tu mi tradisci? E allora io denuncio tua sorella per omicidio. Tié.
È tutto molto bello, perché adesso davvero la serie ha preso la piega di Altà Infedeltà. E di Donne Mortali. Sono quasi commossa.

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La domanda al momento è: considerando che Matt si è trovato sotto una specie di incantesimo, è possibile che Lee abbia ucciso Mason senza rendersene conto? Ad ogni modo, se prima ci chiedevamo perché Mason non facesse parte del documentario… beh, adesso è abbastanza chiaro.

È stato un episodio davvero interessante, ma temo che il prossimo possa allontanarci un po’ da questa strada, soffermandosi magari sulla questione Lee-arresto. E voi cosa ne pensate? Siete rimasti affascinati dal primo sguardo alla storia di Roanoke? Fatemelo sapere nei commenti!
Prima di lasciarvi con il promo del prossimo episodio, vi invito a passare e mettere un bel like nella pagina American Horror Story ITALIA.

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Classe 1992, messinese, ha viaggiato molto durante la sua vita pur non avendo staccato gli occhi dal computer: ha passato un certo periodo a San Francisco con le sorelle Halliwell e ha frequentato il liceo di Sunnydale; ha bazzicato per un po' al Sacro Cuore, è precipitata su un'isola sconosciuta e ha passato parte dei suoi anni on the road a bordo di una Chevy Impala del '67. Deve alle serie tv la sua felicità attuale e la sua più che certa infelicità futura (sa fin troppo bene di non poter incontrare un Klaus o un Dean Winchester dietro l'angolo, purtroppo). È ossessionata dagli angeli, da Leo di Charmed ad Angemon dei Digimon; da Angel di Buffy (che non è un angelo ma... who cares?) a Castiel di Supernatural, e spera di cuore che arrivi a salvarla dalla perdizione telefilmica, almeno quel tanto che basta da farla laureare senza problemi in tempi accettabili.

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