Questi ultimi giorni sono stati difficili per i telefili di tutto il mondo, con il mare di cancellazioni che si è abbattuto su di noi come uno tsunami. Show che andavano avanti da una vita, show amati, show apprezzati dalla critica, show un po’ meno apprezzati dalla critica e show di cui non gliene frega nulla a nessuno, sono stati sradicati dalla nostra vita senza pietà. Guardandomi un po’ in giro, mi è stato facile individuare cinque tipi di reazione che lo spettatore medio può assumere, e c’è anche chi prima o poi le sperimenta tutte, tipo cinque stadi del lutto telefilmico.
Quello in totale negazione.
Questo ignaro telefilo stava avendo una giornata tranquilla, quando aprendo i social la sua espressione si modifica da “moderatamente contento” a “quel tizio ha un’accetta sanguinante in mano?” Invece di indagare a fondo è probabilmente quello che, sconvolto, chiude la pagina. Oppure apre anche il post, ma si autoconvince che è uno scherzo anche se a comunicare la notizia è EW con tanto di tweet degli autori. Il poveretto passa la giornata a mormorare fra sé “non può essere vero” e gli ci vogliono una o due settimane più quattro sedute di psicoterapia per poter finalmente accettare la realtà.
Quello con problemi di gestione della rabbia.
Questo telefilm addicted si sente invadere da una furia che non sa bene dove indirizzare e quindi comincia dapprima a scrivere post arrabbiati contro il mondo e poi, non soddisfatto, ad assediare attori, scrittori, showrunner, membri della troupe, il tizio che porta il caffè il giovedì sul set. Perché state certi che lui li cercherà. Li troverà. E li ucciderà. Chi, di preciso, non è chiaro.
Quello “lo salva Netflix”.
Questo telefilo non ci sta a cedere al potere dei soldi, a farsi calpestare dai grandi palinsesti televisivi. No, lui crede nel potere del popolo, nell’égalité, nella fraternité, nella liberté e nell’hashtaglité. E allora sfrutta tutte le combinazioni possibili di “save” e il nome del suo show, compie sacrifici umani nel nome di Netflix e dorme con le petizioni sotto il cuscino per scacciare gli incubi. Poco importa che lo show lo vedono lui e sua mamma.
Quello in lutto profondo.
Il telefilm addicted in lutto profondo è una creatura da avvicinare con estrema cautela, il suo habitat naturale è il letto, il suo richiamo i versi di disperazione, e il suo rituale di accoppiamento prevede di far sapere al mondo che “lui lo sapeva” perché tanto cancellano “sempre gli show che segue lui”. Crede anche di essere spiato dal Governo, ma questa è un’altra storia.
Quello che si consola con le altre duemila serie che segue.
È una fase in cui arrivano più o meno tutti prima o poi, in cui si sente ancora il dolore pungente della cancellazione, ma razionalmente si sa di avere altre cinquanta serie da seguire il prossimo autunno, più, ovviamente, le nuove uscite. Ci si distrae pensando a quanti bei pilot si vedranno e con gli show che invece hanno ottenuto il rinnovo, mentre la nostra anima si lancia in una struggente imitazione di Celine Dion in “My Heart Will Go On”.
Sono morta XD Fantastico articolo! Il “lo sapevo che lo cancellavano, cancellano sempre quelli che piacciono a me, del resto”.
Ecco, magari la prossima volta fammi un elenco delle serie che segui così evito XD
(Poi c’è il fandom di Castle che ha gioito, ma quella è un’altra storia).
Ahahahahah sì, pubblicate una lista che così non le seguo! Grazie per il commento, Syl. E sì, anche io ho gioito! Castle senza Stana non aveva senso.