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American Horror Story | Recensione 4×13 – Curtain Call

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American Horror Story | Recensione 4×13 – Curtain Call

Girls and boys, ci siamo arrivati: il season finale di American Horror Story. L’ultima «Curtain Call». Ammetto che le mie emozioni sono piuttosto contrastanti e non tutte positive, ma andiamo con ordine. Riassuntino prima, considerazioni dopo. Quindi, vediamo cos’è successo nel Freak Show in quest’ultima, decisamente non sanguinolenta puntata.

Avevamo lasciato Dandy entusiasta nuovo proprietario del Freak Show, e in quest’episodio il nostro simpatico spostato di quartiere ha dato il meglio di sé: come ben sappiamo, essere uno della compagnia è il sogno della sua vita, e non potrebbe essere più contento di averlo finalmente realizzato, se non fosse che i freaks continuano a non considerarlo e a prenderlo in giro. Ovviamente nella logica di Dandy questo vuol dire mettersi addosso un bel completo elegante, acchiappare una pistola e far saltare la testa a tutti quelli che non sono interpretati da un attore abbastanza famoso e quindi hanno bisogno di una chiusura un pochino più approfondita. Ed ecco che al bagno di sangue del Freak Show diciamo addio a Eve l’Amazzone, a Paul, e a tutti gli altri, mentre Dandy se ne va portandosi dietro le gemelle Tattler.

 
 
 

E non solo! Una volta tornato a casa, Dandy organizza in un batter d’occhio una cerimonia a regola d’arte, e sposa le gemelle. Dandy è entusiasta, felicissimo, già sogna pargoletti con tre teste che gli scorrazzano in giro per casa, e non si accorge che la cameriera ha tre seni e un viso famigliare, e che lo champagne che gli sta servendo lo sta decisamente addormentando. Dandy ha giusto un momento per rendersi conto che le gemelle lo hanno tradito (e si dimostra pure offeso, quando io dico, Dandy, hai presente come sei? Non esattamente una personcina da sposare, proprio). Quindi, Desiree, Jimmy, Bette e Dot vendicano i loro compagni del Freak Show buttando Dandy dentro una cisterna d’acqua e restando a guardarlo affogare, soddisfatti del loro operato.

 
 
 

Nel frattempo, Elsa finalmente arriva a Hollywood, e dopo un paio di battute d’arresto incontra il manager che la lancerà nel dorato mondo dello spettacolo. E qui abbiamo un flash forward agli anni Sessanta, in cui Elsa è una star della televisione e una cantate da top ten, sta per ricevere quella che sembra una stella sulla Walk Of Fame, ha sposato il suo manager e ha due cani chiamati Showbiz e Box Office. Wow. E tutto sembrava molto Asylum, con il salto temporale in avanti, e anche molto Murder House, in un certo senso: lì, Jessica Lange era un’attrice che non aveva mai avuto la sua chance al successo. Elsa Mars sembra aver ottenuto tutto quello che ha sempre desiderato. Un po’ come un cerchio che si chiude. Se non fosse che manca almeno ancora mezz’oretta alla fine.

 

C’era una cosa che doveva saltar fuori, ossia il video in cui Elsa perde le gambe. Inutile dire che la stampa ci si butta sopra come uno stormo di avvoltoi affamati, e il direttore del network per cui lavora Elsa non è esattamente entusiasta. Elsa è licenziata, ma ottiene di fare almeno lo speciale di Halloween. Ricordiamoci, Elsa è una freak, nonostante tutto. E i freak non dovrebbero fare spettacoli ad Halloween, ed Elsa lo sa benissimo. E mentre è sul palco a cantare David Bowie, come nel primo episodio della stagione, ecco che compare Edward Mordrake, assieme a Twisty, e si porta via Elsa. Ad aspettarla c’è Ethel, che dice a una stupita Elsa, che si aspettava di finire in un qualche tipo d’inferno per tutte le cose non propriamente carine che ha fatto in vita, «Can you imagine the police showing up at the old Globe and arrestino the guy playing Othello for killing Desdemona? Stars never pay».

 
 
 
 

In realtà, è un concetto che un po’ fa paura, più che essere confortante. Davvero le stelle non pagano mai? Davvero le persone famose possono sempre farla franca, mentre a pagare ci pensano quelli normali? Davvero a uno come Paul viene fatta saltare la testa da un pazzo psicopatico mentre Elsa va ad Hollywood a realizzare i suoi sogni, e poi resta a fluttuare in un aldilà in cui può cantare David Bowie quanto le pare? Io non ne sono molto convinta, ma forse è questo il senso che voleva passare questa stagione di AHS. Quest’ambiguità di fondo su cosa sia giusto e sbagliato, e di nuovo, su chi siano i veri mostri. O forse il vero obbiettivo era fare qualcosa assolutamente privo di senso?

Ammetto che non sono stata tanto catturata da Freak Show, almeno non tanto quanto lo sono stata dalle stagioni precedenti. Credo che il motivo principale fosse davvero la mancanza di una trama di fondo. Per esempio, in Coven tutto si riduceva a sapere chi fosse la nuova Suprema. Qui, boh. I personaggi si sono spesso mossi senza un motivo preciso, scomparendo e ricomparendo, uscendo di scena troppo presto o troppo tardi. Non che sia stata una brutta stagione da vedere, intendiamoci, ma mi ha comunque lasciata un po’ con l’amaro in bocca, e con l’entusiasmo smorzato. La prossima stagione la prenderò davvero con le pinze, anche perché non ci sarà più lei. L’unica che ha reso sopportabile il tutto. Jessica Lange.

Ecco, Jessica Lange è davvero la perla di questa serie, anche se Elsa Mars ha spesso fatto cose un po’ senza ragioni apparenti. Ma Jessica Lange, Jessica Lange è stata incredibile. Sono sicura che avrebbe avuto una grande carriera anche senza aver incontrato Ryan Murphy e Brad Falchuk, ma l’essere approdata a American Horror Story é stato un colpaccio: ha cambiato la vita all’intera serie, dandole un tono immediatamente più alto.

Personalmente, delle sue quattro incarnazioni, la mia preferita è stata Fiona, in Coven. Non ci sono tante possibilità così per attrici oltre i cinquant’anni, personaggi così complessi e ancora così affascinanti: Fiona è una Femme Fatale in piena regola, sexy, sarcastica, spietata, meravigliosamente femminista, uscita da un film noir vecchio stile, una Malefica in tubino nero. Per me Coven è stata creata apposta per dare alla Lange la possibilità di girare un’intera stagione in strascicato accento del sud e lanciare in giro battute più taglienti del suo eye-liner. Non per niente ha vinto l’Emmy, e se l’è meritato infinitamente.

Elsa Mars non è a livello di Fiona Goode, ma neanche per idea, eppure le due condividono qualcosa, secondo me (oltre a una romance con Danny Huston). Nella sua scena finale con Massimo, Elsa dice, «I have always been cursed. First, by having my dreams ripped away. Now, by having them all come true… Eight years ago, my best friend made me a birthday cake. That night, when she and I sat over my candle, my birthday wish was plain and simple: I just wanted to be loved. And every step I have taken since then has taken me one step further from that wish coming true». Ed è questa l’essenza di quella che è stata la storia di Jessica Lange in AHS, quello che lega Fiona e Elsa, e anche Constance e Sister Jude. Sono un misto di ambizione schiacciante e sacrificio. Queste donne sono tutte donne che vengono distrutte dai loro desideri, o meglio, che vogliono lasciarsi distruggere dai loro desideri. Estasi nell’agonia, molto S&M, ma anche incredibilmente umano e incredibilmente emozionante, se interpretato da Jessica Lange con quel suo sorriso disperato ma ancora combattivo, ancora pieno di sfida, che rifiuta di essere compatita.

Mi rendo conto che quest’ultima recensione si è trasformata in una lode a Jessica Lange (un po’ come l’ultima mezz’ora della puntata), ma ehi, che ci volete fare? Io voglio essere lei da grande. E alla fine, io vi ringrazio per aver letto, e per aver seguito questa stagione. Non so se ritornerò per la prossima, ma in qualunque caso, è stato un onore aver vissuto nel Freak Show con voi, ladies and gents. Grazie per tutto, e see you around.

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