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5 passi per provare a capire Trish Walker

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5 passi per provare a capire Trish Walker
Marvel's Jessica Jones

L’ho attesa, l’ho bramata, l’ho guardata con tutta la passione e la dedizione che il mio Defender preferito merita ma la seconda stagione di “Marvel’s Jessica Jones” mi ha lasciato in uno stato di deprimente negazione e rifiuto di quanto è accaduto, in particolar modo nel season finale. La mia reazione “a caldo” dopo aver guardato l’episodio rasentava la disperazione e l’indignazione per una scelta narrativa che, per quanto abbia provato a difenderla nel percorso, penso che nel finale purtroppo abbia oltrepassato qualsiasi limite giustificabile, raggiungendo una distanza da cui non si torna indietro. Le mie illustri colleghe di Telefilm Addicted [The Lady and the Band & ChelseaH] che si sono occupate di questa seconda stagione prima di me hanno concordato con un’osservazione che sembra dunque mettere d’accordo buona parte del fandom ed è quasi inutile girarci intorno ora: Trish Walker ha perso completamente la ragione e la sua caratterizzazione è stata al limite del “out of character, rendendola solo l’ombra vuota della donna che abbiamo amato spassionatamente nella prima stagione [e no, non me ne importa nulla dei suoi nuovi, “fantasmagorici” poteri].

Assistere a quello che mi appare sinceramente uno stravolgimento della sua personalità è stato difficile ma credere che a causa di questo cambiamento così radicale e improvviso il suo rapporto simbiotico con Jessica possa risultare irrimediabilmente compromesso è onestamente inaccettabile e inconcepibile. Per questo motivo, due strade si aprivano davanti a me: andare in terapia dai Telefilm Addicted Delusi Anonimi [Ciao, sono Rita, e mi hanno appena distrutto una delle brotp a cui più tengo] o provare ad analizzare quanto è successo con parziale razionalità.

Voglio premettere però che questo articolo non sarà un’apologia né delle azioni di Trish né del modo in cui il personaggio è stato scritto in questa seconda stagione, credo infatti che alcune azioni e alcune parole non possano essere completamente giustificate e mi risultano ancora logicamente incomprensibili per ciò che Trish dovrebbe significare ai fini della storia e soprattutto nella dinamica relazionale con Jessica. Con il senno di poi e con una sostanziale dose di training autogeno, mi sono anche resa conto che il contesto sociale in cui la storia prende vita rappresenta un’attenuante che non posso negare e non sarebbe neanche giusto farlo nei confronti di un personaggio che merita almeno il beneficio del dubbio.

Questi sono dunque 5 passi da compiere per: contestualizzare le azioni di Trish Walker, aggrapparsi alla speranza che il suo rapporto con Jessica possa tornare ad essere quello che è sempre stato ed evitare di prendere a testate il pc per la rabbia e lo shock.


 

“I’m not a hero, I don’t know what I am anymore,
I just know that I am your sister”

 

1. Psicologia “deviata” all’origine da sua madre

Quando si parla di “Marvel’s Jessica Jones” e dei suoi protagonisti principali non si può assolutamente precludere una premessa di partenza: non ci troviamo in un contesto umano “normale”, almeno per quanto riguarda una concezione standard dell’idea di normalità. E Trish Walker, anche se in apparenza così composta ed elegante, non fa eccezione, anzi, come ha ampiamente dimostrato in questa seconda stagione, è inseguita e spesso fatta prigioniera da più demoni personali di quanti ne avessimo riconosciuti in precedenza. E se personalmente credo che la scusante del background familiare di solito regga solo in parte e non giustifichi nella totalità le scelte compiute autonomamente [per intenderci, non è esclusivamente colpa dei suoi genitori se Daniel Grayson è cresciuto come un inetto anziché come il poeta a tempo perso che sognava di diventare], bisogna riconoscere e ammettere che la presenza devastante di sua madre nella sua vita abbia nel tempo influenzato e temo anche “deviato” quasi irrimediabilmente la psicologia di Trish, rendendola estremamente debole e pronta a crollare da un momento all’altro.

Dalle torture psicologiche e fisiche ai compromessi disumani a cui ha sottoposto sua figlia, Dorothy Walker ha venduto Trish e la sua innocenza al miglior offerente, ha instillato in lei la convinzione di dover accettare e sottostare a qualsiasi richiesta pur di raggiungere l’obiettivo prefissato, in questo caso il successo e la fama, e poi ha “guardato” quasi con soddisfazione il risultato del suo miglior affare: una donna vuota e in balia di ogni tipo di eccesso che le donasse la sensazione di essere viva.

2. Insicurezze derivate da un’adolescenza traviata

Diretta conseguenza di una figura materna a tutti gli effetti tossica per lei, e dunque di un’adolescenza priva di quell’innocenza indispensabile per vivere una sana fase di transizione dall’infanzia all’età adulta, mi sembra evidentemente la profonda insicurezza radicata nella sua personalità e forse mai davvero estirpata ma solo messa a tacere grazie al raggiungimento di un equilibrio che si mostra in questo contesto in tutta la sua precarietà.

Emblema di tutte quelle bambine che hanno agguantato troppo presto un successo maggiore di quanto potessero sopportare e che sono dunque diventate meri prodotti di vendita nelle mani di uomini senza scrupoli che tengono le fila dello show business, Trish è diventata adulta con la convinzione di non poter essere niente di più di ciò che appariva, di poter essere guardata ma mai ascoltata, semplicemente di non essere mai abbastanza per sedere al tavolo dei “grandi”.

Ogni sua decisione in campo professionale dal momento in cui si è ripulita definitivamente dalla tossicità del suo passato è stata compiuta e guidata proprio dall’intenzione di colmare queste insicurezze e dimostrare a se stessa e al mondo di valere di più della sua bellezza. La scelta di diventare conduttrice radiofonica [e quindi lontana dalla visibilità e affidandosi solo alla sua voce], la volontà di abbracciare spesso argomenti delicati che possano anche metterla sulla linea di fuoco di persone che non vogliono essere esposte, la profonda gelosia nei confronti di Griffin e del suo essere la “voce” che lotta contro le ingiustizie e che nel suo piccolo può cambiare il suo mondo, sono tutti aspetti di Trish che evidenziano quanto lei lotti quotidianamente contro il suo passato per affermarsi in un’identità che le dia un senso e un obiettivo e quanto frustrante diventi giorno dopo giorno rendersi conto di non esserci ancora riuscita, non quanto lei vorrebbe, se mai ci sarà un traguardo in grado di soddisfarla completamente.

3. Il complesso dell’eroe

E proprio quel bisogno di alzare sempre un po’ di più l’asta degli obiettivi da raggiungere, proprio quella debolezza che per troppo tempo l’ha lasciata alla mercé di qualsiasi burattinaio riuscisse ad acquistare le sue redini, hanno spinto le ambizioni di Trish ben oltre il limite salutare consentito, facendo crescere con maggiore intensità dentro di lei il complesso dell’eroe.

La radio, le notizie, le storie di cronaca, la sua stessa voce, non erano più sufficienti, non le bastavano più, non riempivano neanche lontanamente quel vuoto che Trish avvertiva costantemente nella sua vita mentre il bisogno di riscattarsi, di dare un senso alla sua stessa esistenza, di lasciare un segno visibile e concreto in un mondo profondamente sbagliato, diventava sempre più preponderante, arrivando a travolgerla e a trasformarsi in quella che realisticamente è ormai un’ossessione. È in questo momento che Trish cambia, troppo in fretta e troppo radicalmente perché possa essere accettato senza batter ciglio, senza notare un destabilizzante distacco con una rappresentazione della sua personalità che precedentemente aveva sì rivelato tutti questi “punti ciechi” ma che presentava anche una moralità e un’intelligenza saldamente ancorate alla sua caratterizzazione mentre ora appaiono inspiegabilmente slegate e smarrite. Trish Walker vuole essere un eroe eppure ha totalmente dimenticato l’umanità che dovrebbe esistere alla base.


4. La dipendenza dalle droghe

Il problema principale che a questo punto si delinea per Trish non è tanto il desiderio di essere un eroe quanto l’incapacità di accettare i mezzi a sua disposizione per esserlo e volerne sempre di più, a causa ancora una volta di quella “debolezza” che lei ancora riconosce in se stessa e che le impedisce invece di vedere e sfruttare i suoi reali punti di forza. Rifiutare e contrastare la sua natura umana diventa per Trish non soltanto deleterio dal punto di vista fisico e psicologico ma si trasforma anche in una facile “giustificazione” per crollare nuovamente nella spirale della dipendenza che aveva segnato purtroppo buona parte della sua vita. E se in precedenza le droghe erano state per lei indispensabili per spegnere la mente e chiudere gli occhi, “proteggendosi” così dalla realtà di cui era triste vittima, adesso la dipendenza dagli “steroidi” potenziatori di Simpson si arricchisce addirittura di motivazioni che almeno ai suoi occhi appaiono nobili e meritevoli del suo sacrificio, il fine ultimo che giustifica ogni mezzo necessario. Ma una dipendenza è sempre una dipendenza e questa volta in realtà Trish ne ha sviluppate ben due: la prima è concreta ed è rappresentata dagli steroidi e la seconda è psicologica ed è proprio quel complesso dell’eroe di cui parlavo prima.

5. L’amore incondizionato per Jessica

E qui si soffre. Tanto. Il legame simbiotico che unisce Jessica e Trish è onestamente la ragione e la chiave di lettura dell’intero articolo perché l’idea di considerare questo rapporto inesorabilmente compromesso mi toglie il sonno la notte. Ma paradossalmente credo anche che l’amore fraterno che provi per Jessica sia una delle ragioni che hanno spinto Trish ad agire come ha fatto [o probabilmente lo spero, scrittori non deludetemi, vengo a cercarvi].

Sicuramente, essendo l’unico rapporto della sua vita sempre presente, puro e onesto, in esso Trish ha riversato la vera se stessa, con tutti i pregi visti nella prima stagione e i difetti tristemente amplificati oltre misura nella seconda, tra cui innegabili e leggere sfumature di gelosia e invidia. Per questo motivo quindi credo che, nel momento in cui era più lucida e razionale, a Trish bastasse vivere l’esperienza dell’eroe attraverso Jessica, abbracciando con accettazione ma soprattutto stabilità il ruolo di “sidekick”, perché all’epoca non lo vedeva come ripiego ma come valido e indispensabile supporto, esattamente come anche Jessica in realtà l’ha sempre considerato. Ma l’estremizzazione [non necessaria] di tutti gli aspetti più negativi della sua personalità ha portato Trish ad “abbandonare” il desiderio di veder diventare Jessica un eroe, cominciando invece a vedere se stessa in quelle vesti e iniziando anche a smettere di ascoltarla. Eppure, anche nella peggiore delle accezioni del suo comportamento, credo ancora che Trish non volesse solo essere un eroe, ma volesse “genuinamente” essere l’eroe di Jessica. Il suo inspiegabile cinismo nei confronti di Alisa, la sua ingiustificabile propensione all’omicidio della donna, sono atteggiamenti che affondano le radici anche o forse soprattutto nell’amore incondizionato che la lega a Jessica, in maniera sicuramente “deviata” a causa delle droghe e delle ragioni sopra spiegate, ma si tratta comunque di un amore fraterno che rappresenta in fondo per entrambe un perno imprescindibile della loro esistenza.

L’idea di perderla, la convinzione che in qualche modo Jessica sia sotto l’influenza negativa di sua madre, sono tutti pensieri a cui Trish si aggrappa per giustificare le sue azioni, perché oltre qualsiasi ferita pregressa, a condizionarla maggiormente è proprio il desiderio di “salvarla” come Jessica ha salvato lei tante volte, non riuscendo però a capire che non toccava a lei farlo. Le sue parole finali, per quanto non mostrino in realtà né rimpianto né consapevolezza della gravità del suo comportamento, evidenziano l’unica certezza che al momento resta a Trish: Jessica è sua sorella e questo sarà sempre il suo punto di partenza.

La verità è che non sarà facile per Jessica & Trish riprendere le redini di un rapporto segnato irrimediabilmente da un gesto difficile o forse impossibile da perdonare ma credo anche che un legame come quello che le unisce, che le ha sempre rese l’una l’unica famiglia dell’altra, debba almeno riuscire a considerare, seppure a lungo termine, delle attenuanti. Ma ahimè, tutto sta nella capacità degli scrittori di riconoscere non solo quello che deve continuare ad essere il cuore della serie ma anche la vera personalità di Trish Walker, una donna che non deve essere definita e schiacciata dalle ferite del passato. Permetteteci [e soprattutto permettete a Jessica] di capire e perdonare Trish Walker, personalmente non aspetto altro.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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