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5 miniserie degli ultimi anni che potrebbero valere un recupero

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5 miniserie degli ultimi anni che potrebbero valere un recupero

Cosa potrebbe essere sfuggito ai vostri radar negli scorsi anni che possa valere un recupero? Non ho la presunzione che i titoli qui di seguito siano totalmente sconosciuti o particolarmente di nicchia, si tratta infatti di prodotti in alcuni casi anche largamente pubblicizzati, in altri addirittura premiati ai Golden Globe… Ma, sia quel che sia, trovo che di alcune di queste miniserie degli ultimi anni in giro per il web se ne sia parlato il giusto e non troppo di più, mentre a mio parere ciascuna ha dei pregi all’interno del proprio genere che le varrebbero un’ulteriore menzione. Ecco quindi una proposta di cinque miniserie degli ultimi anni che potrebbe valere la pena recuperare se le avete accidentalmente tralasciate, di tipologia diversa per soddisfare anche i gusti più disparati di spettatori che hanno voglia di ampliare la propria watchlist con aggiunte di breve durata.

1) Fosse/Verdon

Ho avuto il piacere di seguire questa miniserie di FX (in Italia trasmessa da Fox Life) ben prima che ai Golden Globe dello scorso gennaio decidessero di premiare una Michelle Williams oggettivamente strepitosa nel ruolo di Gwen Verdon, la celebre ballerina di Broadway nonché partner storica del coreografo Bob Fosse (Sam Rockwell). La miniserie segue gli alti e bassi dei due protagonisti, tra flashback e flashforward, ripercorrendo le loro carriere nel mondo dello spettacolo parallelamente alle loro vite personali, evidenziando lo stretto rapporto sentimentale e professionale che li ha legati anche nei periodi in cui non erano più una coppia. L’iniziale passione, le liti e i tradimenti, il genio sregolato di lui e le sfide e conquiste di lei, ascesa e declino di entrambi, le insicurezze sul lavoro e una delineatura spesso ben poco lusinghiera non solo delle personalità dei due protagonisti, ma anche dell’intero ambiente professionale che li circonda.
La serie, basata sul romanzo Fosse di Sam Wasson, annovera tra i suoi produttori anche Nicole Fosse, unica figlia della coppia, il che rende ancora più incisivo il modo tutt’altro che patinato con cui viene rappresentata una realtà familiare non proprio idilliaca.
Come già accennato, la Williams, dopo un paio di positivi exploit nel mondo del musical cinematografico (tra cui il recente The Greatest Showman), qui brilla letteralmente di luce propria nei panni della Verdon, riuscendo sia a emularne il talento vocale e sul palco che a ricrearne i momenti più bui e di vulnerabilità nel periodo in cui il suo astro rischiava di eclissarsi. Ho apprezzato inoltre come, a livello narrativo, Fosse/Verdon a tratti riprenda l’alternanza caratteristica del film Chicago del 2002 tra la realtà e le introspezioni dei personaggi rappresentate in stile show.
Ricreando, tra le altre cose, anche frammenti di dietro le quinte e messe in scena di grandi cult cinematografici e di Broadway diretti da Bob Fosse (e in alcuni casi anche interpretati da Gwen Verdon) come Sweet Charity, Cabaret e Chicago, questa miniserie è ovviamente una wonderland per gli appassionati del genere musical.

2) Catch-22

Genere totalmente diverso, tra il bellico e il fanta-storico, questa miniserie pubblicata da Hulu (in Italia trasmessa su Sky Atlantic) e tratta dall’omonimo romanzo di Joseph Heller mi ha spiazzata fin da subito per la difficoltà di identificarla in un’unica tipologia narrativa: partita con una vaga ironia (seppur nera) di fondo, con l’avanzare degli episodi sopraggiungono momenti che sfociano nel drammatico, nel grottesco, a volte addirittura nello splatter.
Il protagonista, John Yossarian (Christopher Abbot, l’inutile Charlie in Girls che qui si rifà con un’interpretazione decisamente credibile), è un soldato americano arruolato come bombardiere nell’Air Force durante la Seconda Guerra Mondiale e stazionato in Italia nell’isola di Pianosa. La trama di fondo ruota intorno ai suoi tentativi di farsi riformare costantemente ostacolati dall’innalzarsi del numero di missioni necessarie a richiedere tale congedo (ironicamente quasi sempre quando John è a un passo dal raggiungimento del traguardo). Una tale premessa sembrerebbe suggerire un’ambientazione drammatica come quella bellica vista attraverso una lente quasi “comica” ma, come già accennato, all’ironia che sembra pervadere la storia fanno spesso da contraltare scene sanguinose o disturbanti, che a dispetto del contesto risultano paradossalmente più destabilizzanti per lo spettatore proprio per via del particolare stile narrativo. Personalmente trovo che la genialità della trama sia stata proprio questa: creare una premessa che, già nelle sue caratteristiche, esemplifica l’assurdità di alcune situazioni, a loro volta riassunte dall’assurdità della regola che dà il titolo alla serie: il Comma 22, appunto. Questo comma afferma contraddittoriamente che un modo per essere esentati dal partecipare a ulteriori missioni militari sarebbe l’essere dichiarati pazzi, ma nel momento in cui si va a richiede l’esenzione su tali basi si viene automaticamente dichiarati sani di mente, perché sarebbe folle al contrario non mostrare alcun timore per se stessi nel contesto di una situazione così pericolosa, perciò tale timore non può che essere il prodotto di una mente razionale… Un paradosso talmente assurdo che ha fatto sì che l’espressione “catch-22” coniata da Heller sia ormai entrata anche nel linguaggio comune per indicare, in diversi contesti, situazioni prive di vere vie d’uscita (non trovo lavoro perché prima ho bisogno di esperienza ma non posso maturare esperienza se non trovo un lavoro).
Catch-22 è senz’altro una serie diversa, a suo modo coinvolgente, punteggiata tra le altre cose da comparse ricorrenti di volti noti come George Clooney, Hugh Laurie e Kyle Chandler.

3) The Outsider

Un altro adattamento di un romanzo di Stephen King? Sì, ma di quelli che funzionano bene. The Outsider, andato in onda su HBO a gennaio di quest’anno e a febbraio da noi su Sky Atlantic, sembra porsi inizialmente come l’ennesima storia di bambini scomparsi con poliziotto dal passato doloroso che indaga, piccola comunità sconvolta dall’accaduto e da successivi scandali… insomma, già visto, verrebbe da dire. Ma visto che è di King che parliamo non poteva mancare la componente horror, che va a mescolarsi al giallo quasi a sorpresa. La trama, che parte dal caso impossibile di un uomo accusato di omicidio che però le prove piazzano allo stesso momento sia sulla scena del crimine che a miglia da lì, prende qualche svolta inaspettata fin dai primi episodi, poi l’introduzione del personaggio di Holly Gibney (un’ottima Cynthia Erivo) ci aiuta a tracciare una scia di crimini dalle simili circostanze inspiegabili, suggerisce i risvolti soprannaturali, crea quel giusto dramma umano nel suo relazionarsi con gli altri personaggi principali… e a quel punto non si può più smettere di guardare fino a quel finale volutamente ambiguo.
Non me la sento di entrare più nel dettaglio per evitare spoiler involontari, ma se questi elementi in una trama sono il vostro pane quotidiano e questa miniserie in dieci episodi è sfuggita per caso alla vostra attenzione, allora The Outsider potrebbe senz’altro valere un recupero.

4) Sharp Objects

Rimaniamo in casa HBO con un’altra miniserie, stavolta del 2018, che ha ottenuto numerose candidature ai premi più prestigiosi, assicurandosi anche un Golden Globe per la migliore attrice non protagonista (andato a  Patricia Clarkson, che interpreta uno dei genitori più irritanti e allo stesso tempo più inquietanti visti in tv di recente), ma che dopo aver fatto parlare un bel po’ di sé, anche grazie alla partecipazione di un grosso nome come Amy Adams nel ruolo della protagonista, sembra già essere scomparso dai radar. Quindi, oltre al cast di tutto rispetto, perché recuperare questa serie, tratta dall’omonimo romanzo di Gillian Flynn?
Consiglierei assolutamente Sharp Objects a chi ama storie dai contorni torbidi, con una vena thriller di tipo psicologico. Al di là del caso delle ragazzine scomparse che sconvolge la cittadina apparentemente per bene in cui è cresciuta la problematica protagonista Camille, inviata come reporter per coprire il caso, a farla da padrone qui sono infatti proprio i traumi della ragazza e come ciò si rifletta su chi le sta intorno.
Gli episodi sono frequentemente costellati di flashback, spesso composti anche da un singolo e rapido fotogramma apparentemente sconnesso da tutto, cosa che contribuisce a riprodurre anche sullo spettatore la confusione di Camille e sottolinea maggiormente il disagio che le provoca il ritrovarsi nuovamente nella casa dove è cresciuta (sotto il critico sguardo della madre, che non perde mai occasione per svilirla). Di pari passo allo svolgersi delle indagini scopriamo man mano anche i drammi del passato della protagonista, il suo presente segnato da alcolismo e da episodi di autolesionismo, nonché varie altre problematiche legate alla sua famiglia.

5) Locke&Key

Ok, in questo caso sto barando perché non si tratta di una miniserie, anzi Netflix ne ha già annunciato a marzo il rinnovo per una seconda stagione, ma visto che al momento è disponibile la sola prima spero mi perdonerete se mi attacco a un cavillo per inserirla in questa lista… e se il finale, lasciato volutamente aperto, vi potrebbe far rimanere desiderosi di saperne di più per un numero imprecisato di mesi.
La serie, ispirata all’omonima graphic novel di Joe Hill, prende quasi subito una direzione originale, con l’apparentemente semplice stile young-adult del pilot che, col passare degli episodi, vira verso una vena più dark man mano che si va svelando il mistero di quanto accaduto al padre dei protagonisti e alla sua combriccola di amici da giovani.
Seguiamo il graduale rinvenimento delle varie chiavi all’interno della misteriosa Keyhouse (la casa ancestrale dei Locke in cui la famiglia va a vivere dopo la scomparsa del padre) e la scoperta dei loro poteri, la minaccia della “Donna del Pozzo” e il disvelarsi del torbido passato che lega diverse persone del posto allo stesso Rendell Locke… e come la storia rischia di ripetersi con i suoi figli.
Aggiungiamo poi ai pregi il fatto che ancora una volta Netflix ha fatto un buon lavoro di casting, ingaggiando un piccolo attore per il ruolo di Bode che non ho trovato fastidioso e poco credibile come quasi tutti gli attori bambini che si vedono nella gran parte delle serie… non sarà magari ai livelli dei protagonisti di Stranger Things, ma si lascia guardare senza procurare l’orticaria.
Una storia accattivante che mescola segreti e misteri con un elemento fantasy non scontato e che personalmente ho trovato un piacevolissimo passatempo.

Quante di queste miniserie degli ultimi anni avevate già avuto modo di vedere? Se le conoscevate, fatemi sapere se vi hanno soddisfatti o meno, altrimenti attendo di leggere i vostri pareri in merito dopo il recupero… che grazie alla durata limitata sarà facilmente affiancabile alla visione di una delle tante serie più o meno “storiche” multi-stagioni generosamente offerte dai cataloghi delle varie piattaforme online per riempire i nostri sonnecchiosi pomeriggi d’estate.
Alla prossima!

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