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Victoria | Recensione 2×02 – The green-eyed monster

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Victoria | Recensione 2×02 – The green-eyed monster

Ira Aldrige recita l’Othello a Buckingham Palace, dinanzi alla regina Victoria e al principe Albert, circondati da familiari, amici e conoscenti, in una serata dedicata alla promozione della cultura nel regno, in ogni suo aspetto, dalle scienze alle arti, dalla danza alla recitazione. Ira Aldrige recita l’opera shakespeariana diventata emblema della forza devastante e del potere subdolo di una passione come la gelosia, in un episodio in cui questo sentimento sembra essere protagonista indiscusso e perno centrale attorno a cui ruota l’intera trama. Ma come ho evidenziato accuratamente, l’apparenza è ben distante dalla realtà della storia. Sebbene infatti lo stesso titolo dell’episodio, il montaggio sempre un po’ fuorviante dei promo e il tanto anticipato grande ritorno siano apparsi come un’effettiva conferma del tono che avrebbe pervaso il secondo episodio della stagione, a reggere le emozioni, le decisioni, i contrasti e le paure che fanno vivere le parole di Daisy Goodwin davanti ai nostri occhi è qualcosa di molto più profondo, intenso e particolare della banale gelosia, si tratta invece di una serie di eventi legati tra loro che rischiano di mettere in moto un effetto domino guidato fin dall’inizio dell’umano timore di una giovane donna che, proprio come nella première della scorsa settimana, si ritrova a dover cercare un precario equilibrio tra i diversi ruoli tra cui la sua vita si dimena, a volte sfuggevoli anche al suo controllo.

“You always know how to make me feel better”

Non è la gelosia a riportare Lord Melbourne nella vita di Victoria. L’importanza di questo momento, di questo inaspettato ma sperato ritorno, pervade con innegabile evidenza ogni aspetto della serie, portando con sé da una parte un impatto sul fandom tale da riuscire quasi ad oscurare momentaneamente altri protagonisti e dall’altra un valore per la narrazione della storia talmente di spessore da essere incorniciato in una scena che accompagna con la regia ogni passo del suo ritorno alla “vita” oltre Brocket Hall, mentre le parole di una lettera agiscono da colonna sonora in una progressione di scene che riportano, lentamente, Lord Melbourne alla luce.

Lord Melbourne ritorna con discrezione e reverenziale rispetto in una realtà a cui credeva di non appartenere più e inizialmente la sua storia sembra ricominciare esattamente come il primo giorno in cui l’abbiamo incontrato, con stanchezza, rassegnazione, ma questa volta quasi con fatica anche, sebbene riesca a nascondere abilmente le sue debolezze e la sua posizione di “outsider” in un mondo in cui il suo posto e il suo contributo sembrano quasi essere solo un tenue ricordo, spesso purtroppo anche bistrattato. Ma anche solo per poche ore, o anche solo per un momento, ancora una volta Victoria sembra riportare nuova luce nella sua quotidianità, sembra apprezzare la sua compagnia e viverla come il più dolce dei ricordi, ma soprattutto ritorna a ritrovare in lui la risposta alle sue domande, la fonte inesauribile di consigli e di conoscenza, il supporto che è sempre dalla sua parte e che crede in lei anche quando Victoria stessa ne dubita.

Nonostante sia tutto inevitabilmente diverso nelle loro vite e nel loro legame, qualcosa persiste ancora quando sono insieme, una sintonia nel loro rapporto che ancora fa sorridere Emma Portman, da sempre prima testimone della loro vicinanza, e che ancora preoccupa tanto il re Leopold da spingerlo ancora una volta a scrutare attentamente le loro interazioni personali e a cercare di mettere quanta più distanza tra di loro. Ma riavere Lord M al suo fianco, in una serata in cui sembrava quasi a disagio nel suo stesso mondo, diventa nuovamente per Victoria un’abitudine a cui non riesce a rinunciare facilmente, lei che ancora custodisce gelosamente i suoi insegnamenti e il ricordo del suo modo di rapportarsi a lei con rispetto e uguaglianza, come nessuno aveva fatto prima, e per questo motivo lo segue mentre va via, imponendosi quasi con dolcezza nella sua vita, una vita da cui Lord M cerca forse di tenerla lontana, per ragioni che diventano sempre più evidenti mentre la storia viene raccontata.

Per pochi momenti, per brevi frangenti della loro vita, lontani da Buckingham Palace, dalle aspettative, dagli sguardi e dalle etichette, nulla sembra davvero cambiato tra Victoria e Lord M e ciò che mi colpisce ancora è quanto Victoria appaia a volte quasi genuinamente “dipendente” dalla saggezza del suo ex primo ministro, dipendente dai suoi consigli, dall’aplomb del suo portamento, dalla nobiltà del suo animo, e tutto questo nonostante lui cerchi ancora di “allontanarla” per quanto il suo cuore gli consenta.

 

L’improvvisa visita a Brocket Hall trasporta Victoria e Lord M in un piccolo spazio fuori dal mondo, in cui non è affatto la gelosia a spingere Victoria a cercare conforto e sostegno da Lord M ma è il bisogno di avere qualcuno accanto quando credeva di non avere nessuno, di avere chi l’ha sempre vista e sempre capita, di avere l’unico che in quel momento è ancora dalla sua parte, che l’ascolta e riesce a placare ogni ansia, rassicurare ogni dubbio e rinforzare la sua fiducia in sé stessa e nella persona che le è accanto nella vita. È con lui che Victoria riesce a dar voce alle sue paure più radicate, alle insicurezze e alla difficoltà di conciliare il suo ruolo di moglie e madre da una parte e quello di monarca dall’altro, una dicotomia che sembra affliggerla più di quanto riesca ad esprimere ma che appare quasi sorprendentemente accessibile di fronte a chi non potrebbe mai giudicarla.

L’aspetto che più mi lascia meravigliata e affascinata del personaggio di Lord M è la sua intensa purezza, è la saggezza non solo delle sue parole ma anche del suo animo, dei suoi gesti, di quello sguardo che rivolge a Victoria, è la sua capacità di starle vicino sapendo quando fare un passo in avanti e quando invece ricusarsi, quando essere presente per lei nel momento in cui più ne ha bisogno e quando invece spingerla a superare questa “dipendenza” e a “camminare da sola”, fidandosi ancora una volta di lei e di quell’istinto che ha riconosciuto in lei dal primo giorno e che ai suoi occhi ha sempre superato qualsiasi conoscenza di cui Victoria fosse ancora mancante.

William spinge Victoria a credere in se stessa e in Albert, rispettando il suo matrimonio e anche lo stesso principe, forse un po’ di più di quanto al momento lui stimi Lord Melbourne, le ricorda chi è e chi sarà sempre e nel farlo dimostra una straordinaria modernità anche nel suo modo di vedere Victoria come donna, esattamente come l’ha sempre vista, una donna in grado di superare qualsiasi uomo provi a contrastarla e a farla sentire in qualche modo inadeguata e “piccola”, o destinata esclusivamente al ruolo di moglie e madre. Lord M vede Victoria e vede la regina che lui ha sempre creduto lei potesse diventare e così facendo permette anche a lei di vedersi attraverso i suoi occhi e ritrovare la forza di affrontare le insicurezze che la respingevano indietro.

E consapevole della sua forza morale e delle sue capacità, compie nuovamente un passo indietro, anche per evitare che lei possa guardarlo per davvero e rendersi conto di quanto la sua salute sembri deteriorare inesorabilmente nonostante le insolite cure mediche a cui si sottopone senza nutrire apparentemente troppe speranze.

Sarò certamente di parte [giusto un po’, quanto basta!] ma credo sia quasi impossibile restare inermi di fronte al fascino di un personaggio che ama incondizionatamente, che abbraccia con grazia e accettazione la solitudine in cui si rifugia senza ripensamenti, che sa sempre cosa dire al momento giusto, che fa ammenda per gli errori e per il passato, che non ha paura di ammettere quando è arrivato il momento di smettere di lottare e soprattutto che sa come spezzarsi il cuore pur di riparare quello della donna che l’ha riportato in vita la prima volta ed è stata la sua ragione per continuare a combattere dopo le tragedie che l’avevano messo in ginocchio. Credo che in parte, esattamente come succedeva nei primi anni del suo regno, più Lord M cerchi di allontanarsi da Victoria, più non possa fare a meno di rispondere quando lei chiama, e questa volta forse lo farà anche per avere la sua ultima possibilità di dirle addio.

 

“There are times, ma’am, when I wish I’ve been born a man”

Così come succede con il ritorno di Lord M, allo stesso modo non è la gelosia a caratterizzare l’arrivo sulle scene di un personaggio che a mio parere ha rivelato la sua vera luce forse solo nel finale ma così facendo ha anche rischiarato la sua intera storyline nell’episodio. Si tratta di Lady Ada Lovelace, una donna di estrema intelligenza e di scienza, la cui mente eccelsa ravviva la passione di Albert per la conoscenza e per l’innovazione, con la creazione della prima macchina in grado di effettuare calcoli complessi con maggiore rapidità rispetto all’intelletto dell’uomo.

È assolutamente irrispettoso infatti, nei confronti della caratterizzazione di entrambe le donne, ridurre, secondo me, questa storyline al solo sentimento di gelosia per via delle attenzioni che Albert sembra rivolgere a Lady Lovelace. Per quanto siano innegabili le distanze tra Victoria & Albert in questo episodio, alimentate a mio parere spesso dal bisogno di Albert di trovare ancora il suo posto nelle vicende del regno, soprattutto dopo aver retto la monarchia durante la prima gravidanza e aver anche conquistato la stima e il sostegno del Primo Ministro Peele, ciò che Lady Lovelace porta in realtà nella storia e soprattutto nel matrimonio dei due protagonisti è la concreta realizzazione di una necessità, la necessità di vedersi nuovamente come la prima volta, di provare a ritrovarsi dapprima nell’amore che li ha uniti dall’inizio e poi nel bisogno di consolidare la reciproca fiducia e conciliare quelle differenze che ancora li caratterizzano.

L’interesse di Albert nei confronti di Lady Lovelace si mostra progressivamente in tutta la sua innocenza, causato infatti esclusivamente dal suo profondo entusiasmo nei confronti di tutto ciò che è nuovo e che può far progredire il regno attivamente, una passione che lo riempie e lo illumina ogni volta ma che involontariamente rischia di lasciare Victoria indietro, persa nelle sue insicurezze che ritornano a far sentire prepotentemente la loro presenza proprio come a Kensington, proprio come quando sua madre e Conroy le dicevano che non sarebbe mai stata abbastanza. La reale gelosia di Victoria in questo episodio sta a mio parere in quelle conoscenze che vede in Albert e di cui si sente mancante e soprattutto si tratta in realtà di paralizzante paura in seguito alla realizzazione di quella “prigione” che vede nella gravidanza e che si fortifica nuovamente intorno a sé proprio quando credeva di esserle appena sfuggita.

La risoluzione della storyline di Lady Lovelace è a mio parere un’autentica firma dello stile originale di Daisy Goodwin come scrittrice e di ciò che questa serie intendeva significare per lei fin dall’inizio. Il confronto tra Lady Lovelace e Victoria segna ancora una volta l’intrinseca modernità di questa serie, è un confronto onesto, luminoso nonostante la difficoltà celata in quelle parole, e soprattutto è il primo momento in cui Victoria riesce non solo a vedere Ada come una donna da ammirare per la sua incredibile intelligenza ma ancor di più riconosce in lei un’alleata, con cui fare squadra anziché considerare una rivale, poiché sole in un mondo che avrebbero certamente trovato più facile da affrontare se fossero nate uomini. Nella fattispecie infine, ho apprezzato davvero molto la scelta di presentarci non solo il personaggio di Ada Lovelace come prima programmatrice, ma di porre l’accento sull’importanza della cultura e delle arti, un espediente che ha permesso alla serie di portare in scena i talenti dell’epoca e non solo, anche quelli nascosti all’interno della famiglia reale.

 

“Beautiful but melancholy”

È quasi difficile guardare Ernest in questi episodi, così lontano dalla sua personalità spumeggiante eppure così affascinante nella sua malinconica bellezza.

Penso che la storyline di Ernest in questa stagione debba ancora davvero cominciare e non so se forse sia legata in maniere biunivoca a quella di Harriet, di cui ho davvero sentito la mancanza in questo episodio, sorprendentemente visto quanto altri aspetti mi abbiano rapito inesorabilmente. Ma Ernest ha sempre avuto per me un fascino particolare, che, perdurando in questa stagione, mi ha dimostrato quanto esulasse dalla sua apparente estrema sicurezza di sé e si fondasse invece nella sua incredibile sensibilità e nella capacità di capire l’amore e le donne più di quanto forse volesse ammettere inizialmente. Mi ha emozionato la semplicità del suo duetto improvvisato al pianoforte con suo fratello Albert, Albert che è ancora l’unico destinatario della parte migliore di Ernest ma che forse ancora non immagina la profondità dei tormenti emotivi di suo fratello.

Voglio soffermarmi prima della fine anche sui personaggi nuovi introdotti in questa stagione. Difficile da inquadrare mi risulta ancora Wilhelmina Coke, una ragazza che subisce evidentemente la rigida educazione della Duchessa di Buccleuch ma che nasconde passioni e ardori giovanili, al momento ancora innocenti ma pronti ad esplodere a mio parere, proprio come succede con chi resta intrappolato per troppo tempo in prigioni di norme e obblighi. Tendo invece a provare più simpatia per la giovane Cleary, la “nuova” Skerrett, così spaventata quasi dalla sua stessa ombra e insicura dei suoi stessi passi, un personaggio che ha portato sicuramente un po’ di brio nel “downstairs” di Buckingham Palace in questo episodio. Particolarmente sottotono al momento, rispetto alla prima stagione, mi appare Penge mentre Lord Alfred Paget acquista sempre più spazio nella storia, accennando adesso a un inconfondibile e pericoloso interesse nei confronti di Lord Drummond. Ancora fin troppo distanti, infine, appaiono miss Skerrett e Francatelli, frustrato dall’obbligo di tornare a palazzo contro la sua volontà.

In una nota personale invece devo evidenziare quanto ridimensionato sia inevitabilmente al momento il ruolo di Lehzen, dall’inizio uno dei personaggi secondari che più apprezzo, ma di cui avverto sempre la presenza ma soprattutto l’importanza nella vita di Victoria, di cui incarna sempre l’unica figura materna che abbia mai avuto. Il momento in cui Victoria si abbandona al suo abbraccio è stato probabilmente uno dei miei preferiti nell’episodio perché, seppure con spazi e tempi ristretti, mi ha dimostrato quanto Lehzen resti ancora una costante nella vita della sua piccola Alexandrina.

L’avrete capito ormai, è impossibile per me restare impassibile o neutrale di fronte a una serie che unisce perfettamente qualità e umana passione, senza sentire il bisogno di lasciarsi andare ad estremismi che possano magari incuriosire la critica e aumentare gli ascolti. Innamorata come il primo giorno, vi lascio e comincio il countdown per il prossimo episodio di una serie che sento mia in ogni suo aspetto.

Se siete fan della nostra “Victoria” Jenna Coleman, non dimenticate di passare da questa meravigliosa pagina Facebook a lei dedicata!

» take care of Jenna Louise Coleman. 

 

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

2 COMMENTS

  1. Non so se ricordi che dopo la puntata una delle prime cose che ho detto è stata tipo “sono senza parole”, perché questa puntata, Lord M, loro due… mi lasciano senza parole.
    Ora ho appena finito di leggere la recensione e la sensazione è la stessa, SONO SENZA PAROLE.
    Sapevo che avresti fatto un ottimo lavoro, ma hai davvero reso omaggio alla puntata perfettamente, ne hai catturato ogni aspetto e mi hai ammazzato.
    Iniziare la recensione parlando della rappresentazione dell’ Othello e del tema della gelosia per poi mostrare quanto la puntata andava ben oltre questo e voleva mostrare molto di più… è stato GENIALE.
    Poi honestly non riesco a trovare parole sensate per dire quanto ami il modo in cui hai parlato del rapporto tra Victoria e Lord M e soprattutto del personaggio di Lord M. Io ho serie difficoltà ad esprimere a parole QUANTO io ami questo personaggio, quanto sia importante, quanto lo trovi magnifico, quindi è una fortuna che tu riesca ad esprimerlo in questo modo magnifico e che riesca quindi a dare anche un senso ai miei pensieri ahah
    Poi ho amato come hai parlato della storyline dell’episodio e del personaggio di Lady Lovelace, a volte penso che se Daisy in qualche modo riuscisse a leggere le tue recensioni ne sarebbe super entusiasta, perché riesci sempre a cogliere al meglio il nocciolo delle storie che vuole raccontare.
    E come sempre anche il modo in cui ti soffermi in ogni personaggio, anche quelli che hanno avuto meno spazio, è incredibile e amo leggere ciò che hai da dire su ognuno di loro.

    • SEI SEMPRE TROPPO BUONA CON ME E LO SAI!!! Ma grazie per ogni singola parola!! Non sai QUANTO siano importanti per me!! Come tutti, anch’io ho dei preferiti in questa serie e non ne ho mai fatto mistero, quei personaggi e quelle storie che mi sono entrati dentro più di quanto avessi mai potuto immaginare, ma come sai ho creato fin dall’inizio un legame con questo show, sarà perché tutti quelli che ci lavorano hanno annullato le distanze tra loro e noi fan dal primo giorno quindi è stato quasi facile sentirli vicini. ADORO ogni singolo aspetto di questa serie, adoro Daisy da impazzire e il suo modo di scrivere e raccontare le storie; adoro il cast e la passione che tutti loro mettono al servizio dei personaggi; adoro la regia e la fotografia (soprattutto Gareth) e adoro il gioco di squadra che si respira, quindi cerco sempre di fare del mio meglio per andare un po’ più a fondo e rendere giustizia al lavoro di tutti, nel mio piccolo! Quindi grazie ancora per la stima e la fiducia che mi dimostri sempre!

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