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This Is Us | Recensione 1×18 – Moonshadow [Season Finale]

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This Is Us | Recensione 1×18 – Moonshadow [Season Finale]

Bentornati, fan di This Is Us.
Inizierò senza alcun preambolo dicendo che questa puntata è stata stranissima. Mi frulla in testa questo aggettivo che non lascia spazio ad altra definizioni.

La mia routine del mercoledì è quella di aprire gli occhi, agguantare il telefono e divorare qualsiasi notizia preceduta dall’avviso “Spoiler Alert” (gli spoiler sono da sempre il mio guilty pleasure). Immaginate la mia reazione attonita quando stamattina ho trovato duecentoventisei commenti sotto un articolo di TVLine che, più o meno, dicevano tutti “Che è sta roba?” (e sto riportando il tono più blando). Ho pensato di essere finita in una realtà alternativa in cui magari Trump non era presidente e gli showrunner di This Is Us erano stati sostituiti da cloni incapaci di creare telefilm.
Mi sono quindi avvicinata alla puntata con qualche remora, ma con la mente aperta, perché le puntate controverse sono per certi aspetti più tormentate da analizzare, ma sono un grande stimolo creativo e costringono a mantenersi fedeli alla (propria) onestà intellettuale.

Detto questo, non posso negare che sia stata in effetti una puntata molto diversa da quelle standard, anche considerando che il format classico di This Is Us è stato stravolto più volte e che ci hanno sempre presentato twist di varia intensità e grado, dall’apparizione sconvolgente di “nonno Miguel” alla fine della seconda puntata (“Che ne hai fatto di Jack, ridaccelo subito”), fino alla rivoluzione interiore, e poi fattiva, di Randall della scorsa puntata, che ci ha stupiti in senso positivo e abbiamo preso decisamente meglio (di Miguel). Quindi, non è che non fossimo preparati a qualche sconvolgimento. Ogni leggenda narra che i finali di stagione sono un crimine contro l’umanità e con questo spirito lieto siamo giunti a oggi, corazzati contro ogni evenienza, che avevamo febbrilmente immaginanto.

Il fatto, molto semplice, è che non avevamo previsto la natura della diversificazione e che ci aspettavamo, prevedibilmente, disgrazie, inondazioni, l’invasione di cavallette e i capelli al vento di Miguel, ma surprise! non abbiamo visto niente di tutto questo.
Con (mia) grande meraviglia, si è trattato di una puntata pacata, quieta (intendo, come andamento, non come eventi), concentrata su Jack e Rebecca, a tratti (devo dirlo e lo dirò) noiosa, ma caratterizzata da un chiaroscuro molto più netto di quello che eravamo soliti vedere. E non perché This Is Us non abbia, tra le sue doti, quella di saper cogliere le sfumature emotive dei personaggi con grande abilità di analisi psicologica, ma a me è sembrato che qui siamo andati molto più in profondità rispetto al solito e, per farlo, non serviva, banalmente, spedir giù al gente da un burrone, lasciandoci sei mesi in attesa (esattamente, invece, per come mi aspettavo).

Alla prima visione sono rimasta decisamente spiazzata. In certe scene i minuti non passavano mai e, francamente, avrei fatto anche a meno di indugiare tanto a lungo nel periodo pre-innamoramento, perché non sapevo che cosa farmene e ho trovato l’esecuzione molto, troppo lenta. Ho lasciato sedimentare il tutto, convinta che avrei espresso qui con grande forza tutto quello che non aveva funzionato, perché questa qui, signori miei (proclamavo nella mia testa), non è un finale di stagione. Questa è una puntata filler. Il vero finale classico è stata quello scorsa e come è possibile che ci abbiano dato “Memphis” e poi non si siano accorti di aver perduto il normale senso del ritmo e della realtà.
Questa puntata non “profuma” di This Is Us, non ne ha le caratteristiche primarie e non ci ingloba da subito nella familiare, accogliente atmosfera, nella quale entriamo ormai automaticamente alle battute iniziali.
Non avevo il minimo dubbio che sarei rimasta della stessa opinione quando ho premuto play per la seconda volta – lo faccio sempre per essere sicura di non essermi persa qualche dettaglio nella foga della prima stesura. In realtà l’ho guardata subito dopo, senza scrivere nemmeno una riga. E ho fatto benissimo.

Alla seconda visione è andato tutto perfettamente a posto e non perché volessi trovare qualcosa di positivo a tutti i costi, ma perché, mio malgrado, tutto ha iniziato a filare nel modo giusto e, arrivata alla fine, non solo concordo con tutte le scelte fatte, ma, soprattutto, ritengo che fosse il miglior finale possibile, che, oltretutto, non ha inteso giocare facile lasciandoci con un cliffhanger cheap. Indubbiamente è un finale che apre molte strade, fa nascere tanti interrogativi, ma si congeda con gocce di speranza abilmente diffuse nei nostri cuori, che ci lasciano con gli occhi gonfi di “lacrime belle”, come chiamo quelle che verso per questo telefilm. Mi sono sentita vicina all’essenza This Is Us come mai prima d’ora.

Per una tappa telefilmica tanto importante si è deciso di tornare alle origini, presentandoci la versione (molto) giovanile di Jack e Rebecca, protagonisti indiscussi dell’episodio – quando non erano ancora “Jack e Rebecca” e vivevano in una dimensione autonoma e separata dall’altro, della cui esistenza erano ignari. Una scelta non da poco, e perfettamente azzeccata, visto che il problema che ci verrà presentato e brutalmente sviscerato in seguito, sarà quello di capire, dopo tanti anni di matrimonio e assoluta simbiosi, come appaiano spogliati dell’altro e se sia possibile concepire che l’altro possa avere delle parti ancora autonome, e se queste mettano in discussione la loro unione, una volta riattivate.
Fa così il suo ingresso Jess dal sorriso obliquo un giovane Jack,

sbarbato e di bell’aspetto (è giunto il momento di dire che quel look baffuto anni ottanta con i capelli lunghi sul colletto non gli fa nessun onore), alle prese con i suoi demoni – il ritorno dalla guerra del Vietnam e la situazione terribile che è costretto a vivere sotto lo stesso tetto della sua famiglia disfunzionale – alla ricerca disperata di una svolta, di un riscatto, mentre tutto sembra andare nel peggiore dei modi. Vive alla mercé del padre che lo tratta da pezzente, dovendo soffocare qualsiasi tipo di ribellione per salvaguardare l’incolumità della madre. L’ho visto chiaramente quando il padre gli chiede di ripetere la battuta sprezzante sul suo amore per la bottiglie, a cui Jack si sottrae, lanciando uno sguardo eloquente alla madre, seduta in silenzio, resa inerme da anni di violenza domestica.

Cerca comunque di fare il meglio che può, di essere un uomo totalmente diverso da quello che è (stato) suo padre e veste tenacemente i panni del “bravo ragazzo che fa sempre la scelta giusta”.

I tried to go the other way. Be respectful to women,  do my part in ‘Nam, just be a good man.

È indubbiamente ammirevole che decida di allontanarsi dalla violenza alla quale è stato sottoposto, che ne veda chiaramente la vena distruttiva e che sappia che non siamo quello che ci capita, ma quello che scegliamo di essere. Penso, però, ed è una mia personalissima opinione, che Jack abbia preso un po’ troppo alla lettera l’imperativo morale, insediatosi nella sua coscienza, di fare sempre la cosa giusta. E non perché nella vita sia consigliabile sbagliare volontariamente o far del male al prossimo con incoscienza, ma perché attenersi a un tale modello di correttezza totalizzante, che non ammette errori, porta a un irrigidimento che non consente flessibilità verso di sé e gli altri, ed è lì che io ho trovato il punto di rottura di Jack.
Come sempre, non sono qui a giudicare colpevole nessuno dei due, cerco solo di analizzare le cause che hanno portato a quello a cui, con il cuore striminzito, abbiamo assistito alla fine della puntata.
La vita sembra divertirsi particolarmente a far sprofondare Jack sempre più in basso, senza offrirgli nessuna possibilità di uscita dall’angolo buio in cui l’ha chiuso, al punto da convincerlo che l’unica soluzione sia quella di intraprendere una pericolosa via criminale (il gioco d’azzardo e l’idea del furto) per poter finalmente permettersi quello che crede di meritare, perché si è sempre comportato bene. Se non c’è una giustizia che dia ai “buoni” quello che gli spetta, allora se lo prenderà con ogni mezzo.
 

Rebecca, dal canto suo, è altrettanto provata dalla vita, che le propone una disfatta dopo l’altra, anche se, apparentemente, di dimensioni inferiori.
Sappiamo che vive con una madre ossessivamente alla ricerca della perfezione che l’ha cresciuta convincendola di non valere nulla. Ha un sogno, che è quello di cantare, ma a quanto pare nemmeno la famiglia che si è scelta – le sue amiche – la sostiene nelle sue aspirazioni. Io comprendo benissimo che il periodo non fosse moderno, all’epoca dei fatti, ma sentirle parlare di “diversificazione” di scelte di vita (intendendo il matrimonio), senza che esprimessero nemmeno un po’ di entusiasmo per la sua ambizioni, mi ha fatto provare un po’ di amarezza e pena per lei. Ci si aspetterebbe almeno che dei coetanei non ci dessero gli stessi consigli che troviamo nei romanzi di Jane Austen. In ultimo, il suo demo non viene accettato. Subisce un rifiuto dopo l’altro, e perfino il suo blind date arriva in ritardo e la annoia a morte.

Ed è qui che queste due anime si incontrano, in modo del tutto casuale (per quanto abbiano voluto farci credere che fossero l’appuntamento al buio dell’altro – il che sarebbe stato abbastanza scontato, ma per fortuna non è andata così), e si legano strettamente e strenuamente.
Rebecca rappresenta la svolta di Jack. Lo salva, letteralmente, impedendogli inconsapevolmente di prendere una strada molto brutta. E Jack coglie ed è attirato dal nucleo vitale di Rebecca, la sua smisurata passione per il canto.

Tutta questa premessa, il cui ritmo, indubbiamente, rimane troppo lento per i miei gusti, nonostante ne abbia compreso il senso, ci porta al grande scontro di cui Jack e Rebecca, molti anni più tardi, si sono resi protagonisti senza nessuna esclusione di colpi e senza nessuna misericordia, davanti ai nostri occhi atterriti, opponendosi frontalmente in un litigio di dimensioni epiche a cui ci hanno preparato da settimane, un pezzo per volta, ma che è stato comunque penoso da guardare. Credo di aver raramente visto una rappresentazione tanto realistica di un confronto di tale portata.

C’erano due persone vere che litigavano davvero, nel modo in cui gli esseri umani arrivano a discutere nel mondo reale, senza tener conto dei tempi televisivi, che impongono, banalmente, di non potersi parlare sopra l’un l’altro, altrimenti il pubblico non capisce nulla. Ma è così che accade, la gente normale non ha spettatori a cui far comprendere con precisione ogni punto del dibattito ed è così che è stato messo in scena. E ancora, molto vero è il fatto di non concludere la scena con uno scambio di battute pregnanti che all’improvviso risolvono la questione o mettono un punto definitivo, ma lasciarli invece a gridarsi addosso fino allo sfinimento, aumentando il volume degli strepiti e la gravità delle recriminazioni, in preda a una rabbia che si nutre di quella dell’altro e che sfonda ogni limite di contenimento.
In sintesi, se ne sono dette di tutti i colori e poi sono andati a letto, senza aver trovato il bandolo della matassa o aver tirato in ballo la chiave dei massimi sistemi. Erano semplicemente esausti e incapaci di andare avanti, ma non avevano risolto alcunché. Grandissimo applauso a Milo Ventimiglia e a Mandy Moore perché sono stati magistrali in tutte le loro scene e immagino sia stata una fatica epocale interpretare una rabbia così intensa e distruttiva, oltre a tutte le altre sfaccettature che il copione ha previsto per i loro personaggi.

È sempre intrigante, per me, quando nessuno dei due “contendenti” ha completamente ragione, o torto. Sono stati meschini entrambi. Si sono feriti come solo due persone che si amano riescono a fare. Con lucidità chirurgica e desiderio di puntare il bisturi proprio lì dove si è più vulnerabili.
Jack ha colpito l’insicurezza di Rebecca sull’avere o meno il diritto di riaccarezzare il sogno della gioventù, senza sentirsi ridicola, come aveva detto in precedenza a Ben: I look like a mom playing dress-up.
Jack va a prendersela proprio lì.

“You are a 40-year-old woman singing covers in pubs! That is not a career, Rebecca.”

Sminuisce le sue aspirazioni, le disprezza, facendo qualcosa di imperdonabile. La convince che ha ragione a pensare di non essere all’altezza di quel sogno, rimasto chiuso in cassetto, proprio come hanno sempre fatto tutti. Mi fa venire in mente il commento sarcastico di Jack su “Chi si crede di essere, Janis Joplin?”, espresso a Miguel, che fa ancora più male vista la doppia inquadratura sul poster della cantante in casa della giovane Rebecca.
Ed è chiaro che il problema non è mai stato avergli tenuta nascosta la storia con Ben. Quello è solo un pretesto, tanto che la frase sprezzante Jack l’aveva detta prima di scoprire che, tanti anni prima, erano usciti insieme. Il problema è sempre stata la voglia di autonomia di Rebecca, le cui aspirazioni non si esauriscono nell’essere moglie e madre. Infatti, è la prima cosa che la invita ad ammettere – quella di non farsi bastare quel ruolo – segno è che è qualcosa di cui è sempre stato convinto, che ha sempre percepito e, forse, non le ha mai perdonato.

Rebecca non è certo da meno al volerlo ferire dove è certa di farlo sanguinare. Sa che il suo timore più grande è quello di assomigliare al padre e glielo scaraventa quindi contro. E lo accusa di aver sempre finto di essere perfetto, mentre sotto quell’immagine di uomo, padre, marito ideale c’era il vero Jack, quello che sta parlando in quel momento, quello meschino, forse. Quello che è capace di atti meno che amorevoli, perché, del resto, è un essere umano anche lui, nonostante lo sforzo di fare sempre la cosa giusta. Quanto ha fatto male sentirle dire “I have no life. I’m a frigging ghost”. Non è certo facile, per Jack, realizzare che non è riuscito nel suo intento di renderla felice, che non  le è bastato e, anzi, l’ha fatta sentire come se non fosse nemmeno una persona reale.
Ciascuno incolpa l’altro di aver dovuto rinunciare a qualcosa a cui teneva molto, per colpa sua.

È vero che Jack ha fatto enormi sacrifici per la sua famiglia e che si è prodigato completamente per il benessere materiale ed emotivo di ogni componente. È vero che ha sempre dovuto andare incontro a Rebecca per primo e che ha accettato un lavoro dietro a una scrivania per guadagnare di più e che ogni pensiero, minuto, dollaro sono stati dedicati a loro, per farli stare bene, per dare un futuro, un tetto, delle possibilità. Sapere che non è così, beh, è spiazzante, doloroso.

È però altrettanto vero, per correttezza, che Rebecca ha spesso solo “seguito” le decisioni del marito, in ambiti importanti della loro vita, prese senza essere consultata. Parlo dell’affitto del primo appartamento, dell’acquisto della casa e della pressione per avere bambini. Lui non l’ha obbligata a fare nulla, naturalmente, e avercene di uomini come Jack eccetera, ma non si può negare che sia sempre stato evidente che lei sia entrata in un ruolo che, per quanto poi le sia venuto benissimo, e che ha assolto con grande amore e onestà, in mezzo ai colpi della vita, non era esattamente quello per cui si sentiva predestinata. Lei non voleva nemmeno sposarsi.
E credo che questa dinamica irrisolta, che non sembrava importante all’inizio, quando erano innamorati e pronti a ogni sacrificio, ogni compromesso, per il bene della coppia, si sia ingigantita, abbia preso spazio e si sia protratta nel tempo, rosicchiando impercettibilmente la resistenza del loro rapporto. Rebecca è sempre stata quella da andare a prendere e riportare indietro, quella più insicura da dover sempre sostenere e Jack si è assunto il compito di farlo, diventando la colonna della famiglia, forse sapendo sempre dentro di sé che toccava a lui essere la quercia che sosteneva tutti i rami.
Penso che Rebecca si sia un po’ abituata a questa gestione da parte di Jack al punto da darlo per scontato, mostrando poca indulgenza quelle volte che lui si è tirato indietro, gravato dai suoi problemi. Ho trovato sempre un po’ severa Rebecca, con le debolezze di Jack. Lo dimostra anche il fatto che si aspettasse di trovarlo a mo’ di labrador fuori dalla porta della camera e a me, onestamente, l’immagine ha fatto un po’ pena. Questa volta lui non può arrivare con una magia a risolvere tutto, anche perché le cose che sono state dette non possono venire cancellate. Si può superarle, incontrandosi a metà strada, però.
 
Mi è piaciuto moltissimo il fatto che non ci siano stati gesti eclatanti o chiusure romantiche inverosimili. Il mattino dopo li troviamo esattamente come ci aspetteremmo di vedere due persone che se ne sono dette di tutti i colori la notte precedente. E apprezzo anche che non abbiano abusato della scusa che ci rifilano sempre: “L’ho detto in preda alla rabbia. Non lo penso davvero”. Ecco, no. Un po’ di onestà è gradita. Sono dell’idea che le cose dette nei momenti di collera siano verissime e corrispondano al nostro autentico sentire. Serviva solo il coraggio dell’ira per tirarle fuori, spazzando via le sovrastrutture della buona educazione e della repressione interna.

Per il punto in cui sono arrivati, per come si è messa la situazione, l’unica possibilità è quella di prendersi una pausa. Naturalmente ho sperato contro ogni logica che lei lo abbracciasse e ritirasse il suo invito ad andarsene, perché quei due, secondo me, si amano ancora parecchio e c’è speranza per loro. Ma era un desiderio irrazionale. È giusto che vada così. Questo non significa che penso che l’unica strada percorribile sia la separazione (never, ever), ma credo che adesso non si possa fare altro che metabolizzare quanto espresso, per vedere se si possono riannodare i fili spezzati e riscoprire la genuinità dei motivi per cui si sono innamorati e che li hanno tenuti uniti per tanto tempo.
Come dice Jack, nel suo meraviglioso discorso che mi ha sia spezzato il cuore che fatto nascere in me un certo ottimismo per il loro futuro, è solo un “intoppo” nel loro rapporto.

  

Jack è l’uomo delle parole. Sa usare il loro potere curativo, sa che possono infondere coraggio e speranza. Non poteva andarsene senza farle scivolare a mezza strada tra loro, come semi da cui far rinascere il loro amore strapazzato.
Ed è naturalmente un discorso magnifico, pieno d’amore e non di amore scontato, amore tanto per dirselo, per fare un’uscita a effetto, per farle cambiare idea. È l’amore di un uomo che, nel breve spazio di una notte è andato oltre la sua rabbia, ha analizzato la situazione, ha ascoltato le accuse che gli sono state rivolte e che non vuole avere ragione a ogni costo.

Rebecca gli aveva chiesto di dirle tutti i motivi per cui, adesso, lui la amasse. E la non risposta di Jack aveva segnato un punto di nono ritorno. Il mattino dopo è proprio da lì che riparte.

 
Le racconta perché ama ancora la donna che ha davanti a sé, non quella che aveva costruito nella sua mente in tutti quegli anni. Lui non può tornare all’uomo che era prima di incontrarla, perché quell’uomo era perso, lei lo ha salvato e lui ne è perfettamente consapevole. E c’è luce in fondo al tunnel, sembra dirle. Forse lei potrà non vederla, ma lui sì, lui ci crede ancora.

  

Speranza che vedo rappresentata dal ciondolo a forma di luna, che richiama la canzone che lei stava cantando l’attimo prima che Jack si perdesse, l’attimo che l’ha salvato. Rebecca lo porta ancora, sempre. Chissà che non sia di buon auspicio.

Il benessere della famiglia, i loro figli, sono sempre la priorità dei due genitori, che si chiedono che impatto avrà la “separazione” sulla loro crescita, sugli adulti che diventeranno, su come vedranno il mondo e le relazioni. “Saggio Jack” rassicura Rebecca che hanno fatto del loro meglio, che hanno dimostrato con l’esempio come è fatto un matrimonio sano. Il fatto che ci sia stata una (brusca) frenata non significa che tutto quello che hanno insegnato venga perduto. È solo una tappa del percorso, che non fa perdere valore a tutto quello che c’è stato prima. Con una riflessione che spaventa e dà sollievo al tempo stesso, le spiega che i loro figli, come chiunque, sono più della somma degli insegnamenti dei genitori. I figli sono esseri umani, che faranno le loro scelte, commetteranno i loro errori e li renderanno orgogliosi.

Qui, simbolicamente, appaiono le immagini dei tre giovani Pearson alle prese con il loro personale momento di svolta, che rispecchia quello dei loro genitori. Kate ha finalmente scoperto la sua passione, che è la stessa della madre, cioè cantare. Forse riuscirà dove Rebecca si è fermata. Kevin ha realizzato quello che si era ripromesso: ha fatto rinascere la sua carriera, ha rinsaldato la sua reputazione e va a cogliere la sua grande occasione. Randall ha completato il cerchio: dall’esperienza che ha vissuto con il padre biologico sente la forza e la voglia di donare a un altro bambino privo di possibilità quello che è stato donato a lui (come gli aveva suggerito il dottor K qualche puntata fa). È qualcosa che non mi aspettavo minimamente, ma che suona meravigliosamente giusto.
Per tutti e tre si aprono nuovi orizzonti. Hanno chiuso questo capitolo delle loro vite, ma sono pronti ad affrontare il futuro e quello che verrà, grazie alla consapevolezza e maturità acquista in questa parte di cammino. Apre inoltre moltissime prospettive di trama, perché c’è un intero mondo in attesa di essere esplorato, davanti a loro.

  

Così come si apre a Jack e Rebecca. Non avevo idea di come potessero proseguire più stagioni tenendo “in vita” Jack, ma adesso non è più necessario porsi questo problema, né temere di dover avere Miguel sempre presente sui nostri schermi. Le storie da raccontare non sono infinite (perché sappiamo che Jack ha un tempo limitato), ma il ventaglio è molto ampio.
L’unico interrogativo che mi rimane è come mai la “didascalia” fatta con le frasi di Jack sotto le immagini dei figli dica “scelte sbagliate” in concomitazione con l’apparizione di Kevin e Sophie. È uno spoiler o una necessità narrativa? Perché, volendo iniziare a congetturare, il fatto che lui torni a Los Angeles, riproponendo la stessa dinamica che ha portato al divorzio, non significa per forza che farà casino come può aver fatto in passato, o all’inizio della stagione. Faccio il tifo per Kevin.

Una puntata finale che, per me, rimane inaspettata, ma che sento “giusta”. E anche piena, alla fine, di quel calore umano che This Is Us non si fa mai mancare e che ci avvolge come una coperta morbida pronta per noi ogni mercoledì. Sarà dura aspettare sei mesi, ma lo sarà meno del previsto. Ho sempre pensato (e scritto) che gli autori di This Is Us non sono mai gratuitamente crudeli con il pubblico, ed è così anche in questa occasione. Ne sono molto felice.
Naturalmente mi mancheranno, perché tanti mesi senza la famiglia Pearson sono difficili da immaginare, ma c’è la certezza che li avremo per noi ancora per diverso tempo (speriamo molto). Siamo solo all’inizio, è solo un “intoppo” nel loro rapporto. E il mondo è un po’ più bello sapendo che c’è This Is Us ad aspettarci e farci piangere emozionare.

Vi ringrazio per avermi letto e sono tanto felice di aver avuto l’opportunità di recensire una serie così diversa, particolare e delicata. Non ho mai avuto tanta voglia di piangere ogni settimana. Perché sono lacrime che fanno bene, catartiche, in un certo senso.
This Is Us è stata una grande scoperta e ha rappresentato una piccola rivoluzione nel palinsesto televisivo, che i network sembrano convinti di dover riempire di procedurali a struttura rigida o mega complotti della CIA, per venire incontro al gusto del pubblico. This Is Us parla di noi e noi ne siamo entusiasti.

Vi invito a seguire tutte le pagine che ho sempre citato, e che ringrazio tantissimo per la collaborazione perfetta e che rimarranno attivissime anche e soprattutto in questi mesi, per non perdere nemmeno una news del cast e del telefilm.

Milo Ventimiglia Italia
Mandy Moore Italia
This Is Us Italia

This Is Us Italia(gruppo)

Grazie mille a tutti!
– Syl.

14 COMMENTS

  1. hai espresso esattamente e in un italiano perfetto quello che ho pensato dopo aver visto l’episodio…ti ho seguita durante tutta la stagione e hai davvero colto il senso di questa serie.

  2. Complimenti per la lucidità con cui hai seguito la serie e per la tua capacità di cogliere pattern e significati. Le tue recensioni sono state un appuntamento fisso durante tutta la stagione.

  3. Esco anch’io dal coro delle voci critiche verso un finale sul quale erano state caricate aspettative abnormi e che ha lasciato delusi coloro che si aspettavano soprattutto la risposta alla fatidica domanda “come accidenti è crepato Jack?”
    Non faccio la snob da tastiera, perché nel gorgo delle teorie sulla fine del patriarca Pearson c’ero dentro con tutte le scarpe MA (lo so che appare un filo contraddittorio) non avevo tutta questa voglia di assistere alla morte del mio best tv dad/husband ever. Motivo per cui sono stata ben felice che le immagini sulla dipartita di Jack siano state rimandate a data (stagione?) da destinarsi.
    Ciò non toglie che abbia vissuto questa puntata in modo “ansiogeno”: ansia per i comportamenti sconsiderati di Jack, pre e post matrimonio, e le conseguenze che potevano scatenare (ma solo io ho pensato che per le brillanti idee sul pokerino con la mala e la rapina al bar, alla fine ci avrebbe rimesso le penne l’amico, con conseguente rimorso insopportabile per Jack?), ansia e stretta al cuore per la colossale lite tra i coniugi (mai vista una lite tv più realistica, sommergiamo di Emmy gli attori, grazie), dolore quasi fisico nel vedere Rebecca cancellare il messaggio d’amore per il marito che aveva lasciato in segreteria e che Jack non ascolterà mai, nel vedere che la mattina dopo la lite, lui non era a dormire fuori dalla porta della camera, nell’ascoltare Rebecca che con buona grazia fondamentalmente lo cacciava di casa e, dulcis in fundo, lacrime come se non ci fosse un domani per il discorso finale di lui.
    “Eh, però mancava il cliffhanger…” sicuri sicuri? Stiamo parlando di una serie su una famiglia ordinaria con problemi e discussioni come si potrebbero sentire in qualsiasi appartamento; se quello che ci si aspettava era la nascita di tre draghi da uova fossilizzate forse bisognava seguire un altro genere (e lo dico da fan assoluta di Game of Thrones eh). Quale peggiore svolta o cliffhanger potrebbe esserci per una famiglia unita da un amore apparentemente a prova di bomba, che una separazione? Non parliamo di un evento destinato a cambiare le sorti dell’umanità ma a segnare profondamente chi lo vive sì. In questo senso le scelte autorali mi sono parse non solo ben realizzate ma anche assolutamente coerenti con lo spirito della serie.
    Ho amato di questo finale la sensazione di “inizio” (gioco di parole pessimo, lo so): l’inizio della famiglia Pearson nell’incontro fortuito tra Jack e Rebecca, l’inizio di cui parla Jack alla fine del suo splendido discorso prima di lasciare casa (ma io dopo frasi del genere, avrei sprangato la porta con assi di legno chiodate per essere certa che non uscisse, altro che), l’inizio di Kate che decide di dedicarsi al canto, l’inizio di Kevin per quella che potrebbe essere la svolta nella sua carriera (sperando sappia gestirla con la vita privata), l’inizio di Randall che (la scelta più emozionante per me) dopo aver onorato la memoria di William scegliendo uno stile di vita più “umano”, onora quella del padre adottivo, decidendo di regalare ad un altro bambino, ciò che lui ha avuto: una famiglia che lo ami.
    Ho chiuso la visione di questa stagione con bei sentimenti positivi che, inutile dirlo, mi mancheranno parecchio nei prossimi sei mesi, quanti, sembra, serviranno prima della messa in onda delle nuove puntate.
    Ci tenevo a ringraziarti Syl per le splendide recensioni, piene di passione e di spunti di riflessione e la pazienza mostrata nei confronti dei miei papiri.
    Appuntamento alla prossima stagione e…ricordiamoci di abbassare il finestrino e alzare la musica…questo è solo l’inizio 😉

    • Ciao! Scusa il ritardo, sono stata via senza mezzi per rispondere.
      Grazie a te per le tue analisi, che ho sempre apprezzato tantissimo, per approndire e ragionare su quello che era successo in puntata, e vedere un altro punto di vista così ben spiegato. Poi, insomma, nemmeno io vado molto leggera con i papiri 😀
      A presto!

  4. Ho continuato a rimandare la visione di questo season finale perchè, come credo la maggior parte delle persone, mi aspettavo di dover affrontare la dipartita di Jack, e, dopo la morte di William, sarebbe stato un duro colpo. Mi sono invece trovata di fronte a tutt’altra situazione e non ne sono rimasta affatto delusa. Non avevo amato particolarmente il primo episodio completamente incentrato su Jacke e Rebecca, perchè avevo sentito troppo la mancanza dei Big Three, ma non è accaduto questa volta. Concordo sul fatto che i flashback precedenti al loro incontro avessero un ritmo un po’ lento, ma lo scontro nel “presente” mi ha ripagato di tutto. Con le tue parole hai come sempre colto il puro senso di This Is Us, ovvero il racconto vero di una realtà quotidiana, e una lita come la loro non è sempre fatta di frasi ad effetto, ma di veleno e di frecciatine mirate unicamente a ferirsi l’un l’altro, di confusione e di rabbia. Penso che in fin dei conti questo finale sia stata una scelta molto intelligente. Farci vedere la morte di Jack, probabilmente in un incidente stradale da ubriaco, avrebbe forse fatto di lui un “martire”: il marito perfetto che si riduce ad uno straccio e che finisce tragicamente per andare a cercare di recuperare il rapporto con la moglie che lo ha messo da parte per le sue ragioni egoistiche. Invece così si è dato il giusto spazio alla verità di entrambi, si è deciso di non far pendere l’ago della bilancia da nessuna delle due parti, esplorando ancora una volta la complessità di un rapporto così intenso. C’era bisogno di questo chiarimento e le parole di Jack mi fanno sperare che, quando la sua storia su questo schermo finirà, forse entrambi saranno in una disposizione d’animo diversa, verso la ricostruzione e non sull’orlo della distruzione.
    Gli spunti per il possibile futuro dei Big Three mi fanno pure ben sperare, anche se, come te, ho notato l’accento negativo posto sulla decisione di Kevin e non voglio credere che, dopo i grandi passi avanti, dopo quella corsa verso l’ufficio di Randall, sia ancora in grado di ripetere così banalmente gli errori del passato.
    Dire che mi mancherà l’appuntamento settimanale con This Is Us è ormai ripetitivo; mi mancherà anche l’appuntamento con le tue recensioni però, e questo ci tengo a sottolinearlo. Già dal Pilot Addicted che scrivemmo insieme avevo capito che avrei amato alla follia questa serie e che sarebbe stata un capolavoro, ma tu hai saputo rendere a parole tutta la profondità delle scene che ho visto e ribadire i miei complimenti mi sembra doveroso!
    Alla prossima, è stato un vero piacere seguirti 🙂

    • Grazie mille!! Mi fai commuovere!! Ho amato la serie da quel pilot che abbiamo fatto insieme <3
      Più passa il tempo e più sono convinta che sia stato il finale giusto, e anche rispettoso per il pubblico. Certo, sei mesi sono tanti, ma ci hanno lasciato con una speranza e non con un cliffhanger. Credo che alla fine come sia morto Jack non è nemmeno importante (e sono la prima a volerlo sapere). Importa forse di più che cosa sono riusciti a (ri)costruire prima della morte.
      Grazie per aver commentato sempre!

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