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The Walking Dead | Recensione 4×03 – Isolation

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The Walking Dead | Recensione 4×03 – Isolation

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Premessa: seguo “The Walking Dead” dalla prima stagione e non ne ho mai perso un episodio. In questi anni ho imparato ad affezionarmi (più o meno) ai personaggi e ad apprezzare i pregi dello show e i suoi bravi interpreti. Il che non mi ha impedito di notare anche grosse pecche: da episodi filler a comportamenti insensati dei personaggi, passando per momenti di vuoto – leggi: noia – nella trama imputabili, più che all’esigenza di trasmettere una sensazione di dramma e vacuità post-apocalittica, al tentativo di allungare il brodo. Insomma, è una bella serie che ha alternato alti e bassi, ma che forse non merita tutto il clamore e il successo che sta avendo. Parere personale e, probabilmente, impopolare.

PREVIOUSLY ON THE BORING WALKING DEAD: Patrick, divenuto un walker, attacca e banchetta con uno dei sopravvissuti del blocco di cui faceva parte, con il quale il mattino seguente fa una strage. I nostri sono così svegli da non capire che è il caso di chiudere le celle in cui dormono quando si fa notte! Poco dopo, i walkers rischiano di buttar giù le recinzioni che circondano la prigione e RiNck li allontana addirittura di una cinquantina di metri attirandoli con i maiali del porcile. I nostri sono così svegli da non capire che è il caso di rinforzare quelle recinzioni!

E, prima di passare al commento dell’episodio, una piccola e ragionevole RICHIESTA: se non siete d’accordo con il mio pensiero, siete pregati di spiegare pacatamente il perché evitando commenti sgradevoli e incivili e di non ritenervi depositari dell’unica verità in merito alla riuscita o meno della puntata di cui si discute. Grazie.

Ed ecco la RECENSIONE.

“Isolation” è un episodio che coniuga momenti di relativa calma ad esplosioni (per quanto brevi) di azione. I nostri sono sempre più debilitati dall’epidemia che sta mettendo in ginocchio tutti i sopravvissuti rifugiatisi nella prigione, ma c’è qualcuno che ha altro per la testa: Tyreese, ancora scosso dalla perdita di Karen, è intenzionato a punirne l’assassino e finisce per questo per azzuffarsi con Ricki1 che, giustamente, intende dare la priorità al grave problema che affligge la sua comunità. Rick, dapprima intenzionato a far ragionare l’uomo, decide poi di riaffermare con la forza la sua leadership: lo sceriffo Grimes si è sempre mostrato come un uomo buono e ragionevole, come uno che prima di rispondere con le cattive ne deve subire di torti. E anche dopo molti mesi dal suo risveglio in questo nuovo mondo non ha perso il vizio e a volte fatica a prendere decisioni difficili (vedi il voler dare un’arma a Carl). Ma più di Rick è il suo interprete che sta maturando e Andrew Lincoln ci offre ancora una volta una buona e sentita performance che contribuisce a dare uno spessore ad un personaggio, quello dello sceriffo, che non ha poi molta personalità.

In questa terza puntata Hershel torna ad avere un ruolo di primo piano. Nonostante l’età avanzata e l’handicap fisico che lo rallenta, il buon veterinario si arrischia ad andare nei boschi alla ricerca di erbe che possano aiutare i malati e, infine, decide di andare di persona a dare una mano agli infetti cercando, oltre che di curarli, di confortarli. L’uomo sa che non è il momento di tirarsi indietro per paura o altro: in questo nuovo mondo tutti devono dare il loro contributo per la sopravvivenza della comunità. Ed è anche per questo che Carl, molto cresciuto in tutti i sensi, si offre di scortarlo nella scampagnata: il ragazzino è consapevole dell’importanza del vecchio ed è consapevole che lui stesso, pur essendo tra i più giovani del gruppo, può e deve aiutare. Anche perché adesso, ricorda Hershel a Rick e Maggie, in ogni momento si rischia la vita e se si ha la possibilità di fare qualcosa per cambiare le cose, se se ne hanno le competenze, allora è il caso di farlo. Una scelta molto altruista da parte di un uomo che avrebbe ben potuto decidere di non esporsi in ragione della sua anzianità e del fatto che ha due figlie sulle quali vegliare.

Daryl, Michonne, Bob e Tyreese, invece, partono per la Facoltà di Veterinaria (lontana una settantina di chilometri dalla prigione) pur di trovare i2medicinali in grado di aiutare gli infetti. Sfortunatamente i nostri si distraggono ascoltando una frequenza radio dalla quale paiono cercare di comunicare altri sopravvissuti e Daryl non si accorge che davanti alla loro auto si para un’immensa orda di walkers che li costringe a fuggire a piedi nei boschi. La sequenza, non c’è dubbio, è ben fatta e di grande impatto, ma fa sorgere un quesito: possibile mai che nessuno abbia pensato di buttare un occhio alla strada? Sembra quasi una replica dell’incidente che vide protagonista Lori durante la seconda stagione e riporta alla mente il vecchio Dale che, pur facendo da vedetta dall’alto del suo camper, non si accorse del folto gruppo di walkers che marciavano verso il suo gruppo. Insomma, i nostri dovrebbero davvero prestare un po’ più di attenzione: certi loro comportamenti sono al limite dell’ingenuità e a volte paiono una maniera in cui gli autori, forzatamente, tentano di infilare un po’ di azione qua e là.

E in questo “Isolation” scopriamo che l’assassino di Karen e David, uccisi a sangue freddo perché malati, è nientemeno (salvo sorprese!) che Carol. La donna è di sicuro uno dei personaggi più interessanti della serie e che più si sono evoluti nel corso delle stagioni: da donna debole e succube del marito a donna forte e combattiva che non esita ad uccidere pur di proteggere la maggioranza del gruppo di cui fa parte. Da personaggio defilato che ben poteva morire senza far dispiacere nessuno spettatore è diventata uno dei volti più amati perché con lai4 sua fragilità e la sua forza è riuscita a superare prima i maltrattamenti del marito e poi il lutto per la perdita della figlia ed è riuscita, cosa che ancora Rick non ha metabolizzato, a far suo il nuovo stile di vita necessario a sopravvivere in un mondo dove i morti camminano. Uccidi o sarai ucciso e porta un’arma sempre con te. Anche se hai a malapena dieci anni.

Questo terzo episodio della serie di punta della AMC è inferiore allo scorso, pur presentando momenti di buon intrattenimento e di discreta presa emotiva (su tutti, il bosco sospeso tra tranquillità ed orrore dove Carl accompagna Hershel a raccogliere delle erbe). A “The Walking Dead” servirebbe uno scossone, uscire dallo schema già visto della lotta quotidiana per la sopravvivenza rotta, solo di rado, da qualche intoppo e immergersi in un racconto di più ampio respiro. Sviluppare la storia della frequenza radio, far scoprire degli avamposti militari del Governo USA ancora abitati da civili e presidiati dalle forza speciali americane, darci maggiori dettagli sul passato dei vari personaggi sarebbero delle buone vie per fuggire da uno schema solido, ma che a volte si rivela troppo usato e abusato. Con Woodbury ci eravamo quasi.

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