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The Walking Dead 8×11 – “Fede” è un mazzo di chiavi in fondo a un salvadanaio

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The Walking Dead 8×11 – “Fede” è un mazzo di chiavi in fondo a un salvadanaio

Brace yourselves voi a casa, perché sto per dire qualcosa che non mi sentivate dire da tempo mi sa: questo episodio non mi ha fatto totalmente schifo! No, sono seria, ammetto che all’inizio ho avuto vari momenti in cui ho ruotato gli occhi al cielo, aggiungendomi all’incrollabile fede di Padre Gabriel con un’esortazione, da parte mia, perché l’Onnipotente ponesse fine a questo nonsense, ma poi verso la fine mi sono trovata a guardarmi indietro e a rendermi conto che, potrei sbagliarmi, ma rispetto a molti episodi visti (specialmente in questa stagione) questo emerge veramente meglio grazie a qualche spunto interessante qua e là.

Cominciamo proprio con l’arco narrativo di Gabriel e la sua missione di riportare il dottor Carson a Hilltop da Maggie. Se lungo il corso della loro buddy adventure on the road mi sono trovata in un paio di occasioni a chiedermi se mi fossi per sbaglio sintonizzata su una replica della prima stagione di Lost (il dualismo religione-razionalità, la trasmissione radio ecc.), verso la fine ho invece rianalizzato quanto visto in una luce diversa: ho inizialmente sorriso al cammino di Gabriel sorretto solo dalla fede, a discapito di tutto quello che sta accadendo loro (e a lui in particolare, con la graduale perdita della vista), che va a scontrarsi con l’iniziale scetticismo del medico (e mio di spettatrice che trova alquanto surreali dettagli come la miracolosa apparizione di antibiotici nella casa di legno o, ancora più, di mappa e chiavi di una macchina DENTRO UN BUSSOLOTTO!), ma in seguito mi sono accorta che al di là dell’enorme sospensione dell’incredulità che ci è stata richiesta in diversi punti prima, il termine del viaggio congiunto di questi due personaggi doveva passare anche per quello, e l’ho apprezzato in prospettiva proprio per il modo in cui la narrazione è stata costruita. La ferrea determinazione di Gabriel nel credere che ci sia un piano superiore dietro a ogni loro passo, il modo in cui gradualmente, un evento fortuito dopo l’altro, anche “l’uomo di scienza” inizia pian piano a sciogliersi e, forse, a credere… solo per arrivare alla risoluzione finale in cui lo sparo miracoloso di Gabriel (“Usa la Forza, Luke”) che salva il dottore dallo zombie finisce per condannarli dalla padella alla brace, rivelandosi il segnale che attira i Salvatori e finisce per decretare la fine di Harlan (la prospettiva dalla vista offuscata di Gabriel in quest’ultimo frangente non è stata forse la scelta vincente per quanto mi riguarda, dal momento che ho dovuto rimandare indietro e rivedere la scena tipo 3 volte per essere sicura di aver capito bene la dinamica di come lui abbia provato a prendere la pistola a uno dei Savior ma sia stato seccato dall’altro). Nonostante il minutaggio relativamente breve dedicato allo sviluppo di questa sottotrama e alle dinamiche tra i due personaggi, ho veramente apprezzato la consistenza con cui si è portato avanti questo filo narrativo, come questa storia sia stata creata e si è svolta armonicamente e in maniera tutto sommato coinvolgente, portando a un climax finale inaspettato e che controbilancia come un pugno allo stomaco la vena alla “volemose bene” precedente: dimostrazione che, nonostante a volte TWD si perda nella costruzione di scenari più improntati a preparare il campo a rese dei conti colossali, relegando questi momenti preparatori a meri “segnaposto” senza incisività, non c’è motivo per cui quegli stessi episodi di transizione non possano essere teatro di storyline più profonde e magari graffianti nella loro crudezza (emotiva, non solo splatter). La stessa attuale situazione di Gabriel potrebbe generare un nuovo punto di interesse, ad esempio: non sono esattamente una fan del personaggio, ma la sua disabilità potrebbe senz’altro essere il cardine di un nuovo ventaglio di possibili situazioni da rappresentare (come si può vivere e sopravvivere in queste condizioni nel mondo attuale?).

Nella lista delle cose che mi hanno invece lasciata poco soddisfatta c’è sicuramente l’altro principale filone narrativo della puntata, ovvero la lunga marcia di Daryl & co. verso Hilltop. Mi ha onestamente infastidita l’atteggiamento di Tara verso Dwight: sono perfettamente cosciente dell’impossibilità di perdonare chi ti ha portato via la persona amata, ma ho trovato piuttosto stupido ed egoistico il modo in cui ha sacrificato tutto per rincorrere il proprio impulso di vendetta in un momento così delicato, mentre gli altri si calavano nel set de Il mostro della palude, finendo a tutti gli effetti per spingere l’altro, sebbene riluttante, di nuovo tra i ranghi dei Salvatori (per fortuna attualmente ancora ignari del suo tradimento)… e giuro che a parlare in questo frangente non è solo la mia tendenziale simpatia verso Dwight. Ok, lo trovo un personaggio interessante, pieno di drammaticità, in questa puntata Austin Amelio ha saputo rendere benissimo il peso della consapevolezza di avere un tempo limitato a disposizione (magari vedrà la fine dei Salvatori, ma sa benissimo che il passato è tutt’altro che perdonato, ho adorato l’onestà nel confessarsi dispiaciuto per quanto fatto a Denise e come ha reso il peso della certezza di essere già nel mirino delle persone a fianco di cui sta lavorando), ma a livello meramente strategico Dwight al momento è una valida pedina, utile e sinceramente dedito alla causa di sconfiggere Negan, quindi l’atteggiamento passivo-aggressivo di Tara potevamo tranquillamente risparmiarcelo almeno per stavolta. E fortuna che Dwight ha avuto la presenza di spirito di farsi riconoscere dalla squadra di ricerca e dirottarli in un’altra direzione.

Ultima ma non ultima Maggie, una leader sempre più affermata che mi dispiace vedere sempre ai margini della narrazione quando invece la sua maturità sempre più marcata meriterebbe maggiore spazio di espressione per quanto mi riguarda. E a proposito di leader, indicativo che l’episodio che ho all’inizio identificato come nel complesso uno dei meglio riusciti degli ultimi tempi sia praticamente Rick-free…

Concludo facendo un rapido accenno anche al leader dell’altra fazione, un Negan sempre più magnetico negli atteggiamenti e, in questo episodio, decisamente più sinistro nelle intenzioni: forget about “le persone sono risorse”, oggi Eugene mi ha dato una bella idea! Inzuppo Lucille nelle budella di zombie e questo mi darà un’arma ancora più micidiale… chiudiamo un occhio di fronte al dato di fatto che per rendere Lucille efficace, sangue di zombie o meno, Negan dovrebbe comunque sperare di trovarsi a distanza ravvicinata da un nemico che ha deciso di rimanere immobile a prendersi la mazzata anziché, che ne so, sparare. E chiudiamo pure tre occhi di fronte al mezzo plothole delle budella di zombie che improvvisamente, dopo stagioni e stagioni di gente che ne viene ricoperta e non contaminata pur sfoggiando ferite profonde quanto il Grand Canyon, adesso diventano mortali al solo leggero contatto…

Qualche occhio chiuso (o serrato) qui e là, quindi, ribadisco che il tono generale dell’episodio mi ha convinta: non siamo a livelli di perfezione e di certo siamo ancora distanti anni luce dai fasti iniziali della serie, ma ho apprezzato il bilanciamento delle varie sottotrame affrontate e la drammaticità ben realizzata nella maggior parte di esse.
Voi che ne pensate invece? Attendo come sempre di leggere i vostri pareri qui sotto nei commenti, vi lascio intanto i link delle pagine dei nostri amici di

The Walking Dead ITA
Andrew Lincoln Italy
Jeffrey Dean Morgan Italia

da cui vi invito a passare, se non l’avete già fatto, per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti.
Alla prossima!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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