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The Walking Dead 8×10 – Time to take out the trash…

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The Walking Dead 8×10 – Time to take out the trash…

Ci ho messo un bel po’ a scrivere questa recensione perché, confesso, all’inizio non volevo scriverla affatto… cosa mi ha dato questo episodio? In realtà molto poco, quindi per la gioia dei vari “se ti fa schifo non guardarla” (tradotto con “bene parlarne solo se se ne parla bene”, hello democracy!) avevo deciso di skipparla con nonchalance e amen. Perché, fondamentalmente, all’inizio e per buona parte mi è sembrato molto un prolungare l’agonia per la scomparsa di Carl, che ok dolore e tutto ma credo, riprendendo le parole di Al la settimana scorsa, che gli sia già stata concessa un’uscita con onore (molto più che ad altri e, senz’altro, molto meglio di quella che si è beccata l’interprete in primis): anch’io non ero esattamente una fan del personaggio ma avevo iniziato ad apprezzarlo di più ultimamente, soprattutto nel rapporto con il padre e con Negan, i due pilastri della stagione, e tutto sommato l’episodio incentrato sul suo addio non mi è dispiaciuto… certo, arrivata a un certo punto ho guardato l’orologio con rassegnazione sperando che fossimo quasi alla chiusura ma, a dirla tutta, il mio stato catatonico dopo appena 4 ore di sonno, l’ultima mezza giornata di lavoro e altrettante 4 ore di viaggio in treno prima di spalmarmi sul divano a guardare la puntata potrebbe essere stato parte del problema.
Tolto il cliffhanger finale con Rick ferito in mezzo al nulla evidenziato già da Al non posso dire di non aver apprezzato almeno in parte quanto visto, e a una seconda occhiata è stato questo il motivo per cui almeno un paio di righe per questo “The Lost and The Plunderers” ho voluto buttarle giù: non voglio sbrodolarmi su molte delle storyline collaterali (seriously, che pensa di fare Aaron, sedersi dietro l’albero e aspettare di incontrare qualcuno di Oceanside per sbaglio? Buona fortuna amico!) ma concentrarmi su cosa ho invece apprezzato maggiormente in questo decimo episodio, ovvero il rapporto tra Rick e Negan anche in riflesso a quanto auspicato da Carl, nelle sue visioni smarmellate e nelle sue lettere di addio.

L’episodio si costruisce a tasselli che vanno a incastrarsi formando man mano un quadro più completo, ricollegando le azioni dei vari personaggi coinvolti… sarebbe andato bene anche senza inserire i nomi dei personaggi che avrebbero dovuto essere i focus dei vari tasselli all’inizio di ciascuna sequenza, ma questo non lo dirò ad alta voce sennò sono quella a cui “non va mai bene niente”. Dei vari scorci quelli che ho sorprendentemente trovato più interessanti sono stati quelli incentrati sui morti de fame della discarica: prima Simon (personaggio che di norma mal sopporto e che per me avrebbe potuto essere fuori dai giochi da tipo… sempre!) che si rivela una mina vagante e disubbidisce platealmente agli ordini del suo leader, spunto tutto sommato interessante in prospettiva perché potrebbe portare a uno scossone ai vertici della piramide gerarchica dei Salvatori, rendendola ancora più pericolante di quanto già non potesse essere all’indomani della scoperta del doppio gioco di Dwight; poi la reazione di Jadis alla carneficina dei suoi compagni.

Jadis è quel personaggio che all’inizio mi ha istillato una punta di curiosità, un po’ forse per via dell’apparenza pseudo steam-punk, ma che poi è andata sgonfiandosi gradualmente verso un più tiepido meh. Il doppio gioco degli Scavengers nei confronti di Alexandria, poi il nuovo accordo con Rick e, di nuovo, la fuga a gambe levate dal Santuario ai primi accenni di pericolo… di lei e della sua comunità non abbiamo mai avuto modo di scoprire molto se non che si esprimevano a monosillabi e avevano un atteggiamento pretenzioso pur vivendo in mezzo ai rifiuti, siamo sempre rimasti sulla superficie, per quello questo piccolo insight mi è piaciuto, vedere la reazione per una volta scomposta di Jadis alla perdita dei suoi, e poi il dolore successivo nel triturarli insieme agli altri walker penetrati nella discarica (scena super-splatter… e c’è anche stato un momento in cui ero assolutamente certa che avrebbe usato le carni tritate per dipingere, quindi o la mia mente è entrata nel loop gory oppure si tratta proprio di roba nonsense che ho imparato ad aspettarmi da TWD). Ottima prestazione in generale della McIntosh (perdonatemi se non scrivo il nome completo ma non ce la posso fare…), l’unico appunto che mi viene in mente è a livello di scrittura: il discorso fatto a Rick sulle motivazioni dietro alla formazione di questa comunità, perché proprio quel posto, arriva un po’ dopo i fuochi, l’ho trovato anche abbastanza toccante (sorretto, appunto, dalla performance dell’attrice) ma di per sé aggiunge poco alla narrazione ora che l’intero gruppo è stato sterminato ed è rimasta lei da sola. Si tratta di un perfetto esempio di come TWD avrebbe avuto l’opportunità di scavare più a fondo in alcune delle realtà che ci ha presentato, ma ha perso l’occasione ed è tornato sui suoi passi solo troppo tardi. Ciò non toglie, ovviamente, che questa potrebbe non essere l’ultima volta che vediamo Jadis, anzi ci conto: tradita dallo scagnozzo di Negan, tradita da Rick (che ha tutte le ragioni del mondo, per carità, ma lasciarla indietro e addirittura quasi spararle addosso va contro tutto quello che lo sceriffo rappresentava nelle prime stagioni dello show, il cambiamento è abissale)… semmai rientrerà nel quadro generale da quale parte starà? Sempre che poi prenderà una posizione, e non decida invece di fare la trottola impazzita…

E rimanendo sul discorso della graduale trasformazione di Rick, arriviamo a quello che per me è stato il punto focale dell’episodio: il suo confronto con Negan. Mi è sfuggito se abbia letto anche la lettera a lui indirizzata prima di aprire quella destinata al suo nemico, ma la reazione è tutta l’opposto di quella che ci saremmo potuti aspettare: per nulla ammorbidito dal desiderio invocato dal figlio in punto di morte, la perdita sembra averlo invece caricato di nuova rabbia… rabbia che vuole platealmente scaricare sui Savior e sul loro leader, che da parte sua si mostra invece alquanto scosso dalla morte del ragazzo. Avevo già avuto modo di dire in passato che il soft spot di Negan per Carl avrebbe potuto rivelarsi uno spunto interessante in futuro, così era già stato in frangenti come l’attacco ad Alexandria nello scorso mid-season finale, e in questa comunicazione i due contendenti si sputano addosso sentenze che sembrano quasi voler ribaltare la nostra concezione delle cose: chi è il buono e chi il cattivo, per chi dovremmo tifare? Negan ha commesso atti orribili, ma sembra avere del metodo della sua follia, un piano che prevede non una dittatura assoluta quanto, a suo vedere (come aveva già riferito a Gabriel a suo tempo), un contesto di protezione vicendevole. Sembra realmente convinto del bene in fondo alle sue azioni e decisioni e, tra i due, siamo arrivati al punto in cui Rick sembra diventato quello meno propenso a una soluzione diplomatica. Ognuno dei due vuole far fuori l’altro, fin qui non c’è dubbio, ma Negan vorrebbe “eliminarne uno per educarne cento”, Rick sembra invece più dell’idea di fare una strage indiscriminata perché chiunque dall’altra parte della barricata è automaticamente un nemico.
Sfumature che un membro di questo mondo avrebbe dovuto imparare a distinguere: come Maggie ha ricordato tempo addietro, personaggi come lei e Tara erano su due fronti diversi in un momento orribile della sua vita, eppure ora sono parte dello stesso gruppo che lotta per lo stesso scopo. Carl era partito come una macchina da guerra subito dopo la perdita della madre e, nell’arco degli ultimi episodi, si era evoluto in un personaggio più propenso all’accoglienza e alla tolleranza dell’altro, si era intrufolato nel Santuario con l’intento di eliminare Negan e ha lasciato questo mondo includendolo tra le sue ultime volontà, appellandosi al buon senso suo e di Rick e chiedendo loro di trovare un punto d’incontro. Laddove Rick è andato perdendo di equilibrio, Carl sembra aver trovato una strada che punta più lontano, e ha salutato suo padre lasciandogli il compito di provare a essere più lungimirante… compito che, a giudicare dalla conversazione con Negan, il nostro protagonista è ancora lontano dal portare a termine.

Da che non volevo scrivere nulla direi che vi ho rotto le scatole anche abbastanza con la filosofia da Bignami che, lo so, è overanalyzing quando si tratta di TWD, quindi ora mi muto e passo la parola a voi: fatemi sapere che ne pensate della direzione intrapresa e di quanto visto in questo episodio in particolare e, in attesa del prossimo, vi ricordo di passare dai nostri amici di

The Walking Dead ITA
Andrew Lincoln Italy
Jeffrey Dean Morgan Italia

per rimanere sempre aggiornati sullo show e i suoi interpreti.
Alla prossima!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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