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Supergirl – Recensione 5×01/5×02: Il valore di un click

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Supergirl – Recensione 5×01/5×02: Il valore di un click

Supergirl Recensione 5×01/5×02: “Doctor Who” una volta ha detto che il progresso dell’umanità non si misura dallo sviluppo dell’industria ma dal valore che viene dato a ogni singola vita umana, anche quella più ordinaria. Ma “Doctor Who” parla alla versione migliore di noi stessi, cerca di coltivare la versione migliore di noi stessi. Quasi tutte le altre serie tv ci mettono di fronte, invece, a uno spaccato verosimile di realtà umana e sociale, qualcuno lo rappresenta meglio, qualcuno FA del suo meglio, ma tutte loro sono concordi nel riconoscere che non siamo proprio la specie più valorosa dell’universo.

Supergirl” quest’anno ha intrapreso un nuovo percorso che prende in prestito da “Black Mirror” il suo concept di partenza: la tecnologia e gli effetti che il suo progresso ha e può avere sull’umanità. Da un punto di vista personale, questo è un tema a me caro, un tema che ho analizzato attentamente in passato e che permette di aprire una serie di discussioni etico-morali sulle responsabilità e sulle influenze dello sviluppo tecnologico. Per questo motivo, già dalla sua presentazione all’ultimo San Diego Comic-Con, la storyline orizzontale di questa quinta stagione di “Supergirl” mi ha affascinato particolarmente e devo ammettere che dopo i primi due episodi trasmessi, le premesse per l’evoluzione di questa tematica sono solide e possono dare vita a uno dei migliori nuclei narrativi di “Supergirl” (che con la quarta stagione, per me, ha fatto già un ottimo lavoro).

Con le idee più definite e una maggiore consapevolezza delle intenzioni di questa stagione, vi parlo dei due maggiori punti di forza e della più evidente debolezza che ho riscontrato nei primi due episodi della quinta stagione di “Supergirl”.

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Supergirl Recensione 5×01/5×02: “Black Mirror” insegna e noi non impariamo

Come ho già anticipato, il debutto della quinta stagione di “Supergirl” ritrae un nuovo aspetto della serie, un nuovo volto che prende nuovamente ispirazione dalla realtà che ci circonda, ma se la seconda e la quarta stagione avevano un’anima prettamente politica e morale, questa quinta sembra intenzionata ad affrontare di petto una questione dalle sfumature etiche, indagando l’influenza della tecnologia nella vita di tutti i giorni. Se è vero che “Supergirl” non è una serie scritta impeccabilmente, è anche vero che a volte riesce ad esprimere concetti fondamentali in poche parole e nella première della quinta stagione mi hanno colpito particolarmente le parole della new entry Andrea Rojas, nuovo editor in-chief della CatCo Media:

Today the measure of worth is all in a click”.

Mi hanno colpito queste parole per una ragione specifica, perché sentendomi anch’io parte di una realtà editoriale online seppure non a livello professionistico, il discorso di Andrea ha fatto cadere il sipario su una verità innegabile: oggi contano le visuals più delle parole, i like più dei contenuti, le condivisioni più dei messaggi. E non lo affermo con lo stesso sdegno di James Olsen che ha capito presto di non poter sottostare alla nuova linea editoriale di Andrea, ma lo dico come una “wannabe writer” che condivide lo stesso amore incondizionato per la libertà d’espressione di Kara Danvers. Proprio Kara infatti una volta ha detto: I don’t know how to stay emotionally neutral when I’m writing something I’m passionate about e questa frase è diventata presto per me una linea guida per il mio modo di scrivere e per il mio modo di rapportarmi alla realtà dei magazine o blog online.

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Le parole di Andrea, da un punto di vista professionale e concreto, non sono sbagliate: internet ha cambiato il mondo, ha cambiato e influenzato ogni singolo aspetto della nostra vita e l’editoria non è da meno, e così come abbracciamo i cambiamenti positivi apportati dall’evoluzione digitale, e sono tanti, allo stesso modo dobbiamo accettare quei lati negativi che ogni grande rivoluzione comporta. Il valore di un click è parte integrante del nuovo giornalismo, è un dato di fatto innegabile e imprescindibile di questa nuova realtà digitale e ha anche il suo potere intrinseco, basti notare le sorti di serie tv come “Brooklyn Nine-Nine” e “Lucifer” salvate anche o soprattutto dalla mobilitazione dei fandom sui social media, ed è proprio per questo che l’idea alla base del discorso di presentazione di Andrea Rojas non è sbagliato.

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Ciò che bisogna equilibrare però è proprio l’importanza che viene affidata al valore di questi click perché per quanto Kara sia disposta a smussare la sua personalità giornalistica a favore della nuova linea editoriale, mutare gli obiettivi e lo spirito dei contenuti a favore di uno stile più “affine” a un “lettore” ormai troppo abituato a meme e sarcasmo spicciolo non favorisce lo sviluppo del giornalismo o della libertà d’espressione ma anzi ne mina le basi fondamentali, spegnendo giorno dopo giorno il potere della parola scritta. Ed è proprio questo il cambiamento che la Rojas sembra aver apportato nella redazione della CatCo, un cambiamento che James rifiuta categoricamente ma che Kara invece affronta come una sfida, decisa a non permettere alla nuova gestione di cambiare tutto ciò in cui ha sempre creduto.

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Ma il discorso e la posizione nella storia di Andrea non riguardano solo il giornalismo ma l’utilizzo della tecnologia nella vita di tutti i giorni, una storyline che ha radici anche più profonde di quelle affondate nel mondo dell’editoria e che coinvolgono anche i personaggi di Kelly Olsen e Lena Luthor (di cui parlerò dopo). Evidentemente ispirata dalle lezioni di “Black Mirror”, questa quinta stagione di “Supergirl” introduce una nuova tecnologia che indaga la realtà aumentata fino a raggiugere sviluppi possibilmente distopici ma come sempre con lo scopo di partenza di migliorare la quotidianità e facilitare le connessioni umane, riducendo le distanze tra pensiero, volontà ed espressione e organizzando al meglio la gestione dei ricordi e delle emozioni ad essi legati.

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Kelly Olsen è evidentemente l’espressione più sana di questo progresso, sostenuta proprio da una fiducia nello sviluppo e nell’utilizzo di queste tecnologie, come dimostra la sua terapia di recupero dei ricordi di J’onn. La passione di Kelly, la sua intraprendenza e la sua convinzione sono gli atteggiamenti che più sostengono la positività di questa evoluzione, che ne confermano la necessità e ne abbracciano l’inevitabilità, soffermandosi sugli aspetti migliori di questa trasformazione sociale e umana.

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Ma le evidenti mire di potere di Andrea e le missioni disturbanti di Lena Luthor evidenziano ben presto l’atroce negatività di questo progresso, degenerando in fretta nella distopia distruttiva. Personalmente però credo che “Supergirl” in questo modo confermi, proprio come la celeberrima serie antologica britannica, un mio punto di vista, ossia la mancanza di responsabilità della tecnologia in sé per sé e forse in parte anche di chi la crea contro invece l’intenzione di chi la usa. Andrea e Lena rappresentano, in modo differente, l’emblema della tipica abitudine dell’uomo di cercare di più, bramare di più, avere di più, per poi incolpare l’avanzare dei tempi per le loro colpe e i loro peccati.

Per questo motivo, forse, proprio la semplicità di una serie come “Supergirl” potrebbe illustrare in maniera lineare, in questa stagione, le diverse posizioni sociali e umane nei confronti del progresso tecnologico e se Andrea al momento sembra dover incarnare l’aspetto più negativo dello sviluppo e Kelly Olsen quello positivo, è Lena Luthor il personaggio che più sfuma questa realtà, ponendo nel suo centro e percorrendo una sottile linea di confine morale.

Supergirl Recensione 5×01/5×02: Lena Luthor e la linea sottile

Il personaggio di Lena Luthor mi appare in questa quinta stagione di “Supergirl” pericolosamente in bilico tra ciò che il suo cognome pretendeva che lei diventasse fin dal principio e il tipo di persona che invece abbiamo conosciuto e amato in questi anni. Le azioni solitarie ed estreme di Lena nascono sicuramente da quello che lei sente e considera come l’ennesimo tradimento della sua vita, il più difficile da sopportare e superare perché proveniente dalla persona in cui più aveva riposto la sua totale e incondizionata fiducia. Ma per quanto Lena sembri convinta della sua rabbia e della volontà di contare solo su se stessa e sul potere delle sue conoscenze applicate alla moderna tecnologia, le sue emozioni rivelano ancora un legame affettivo nei confronti di Kara che penso e spero sia meno irrecuperabile di quanto il suo cuore ferito voglia ammettere e riconoscere.

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Lena Luthor è sempre stata in “Supergirl” una variabile dall’equilibrio instabile ma dopo averla conosciuta approfonditamente nel corso delle ultime tre stagioni, i dubbi sulla sua effettiva moralità sembravano del tutto dissipati. E anche in questi primi due episodi della quinta stagione, per quanto rancore possa serbare, le intenzioni che sostengono le sue missioni sono originariamente e teoricamente positive ma dettate da un’apparente lucidità che invece potrebbe profumare sempre di più di superba irrazionalità.

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Il timore maggiore che quindi circonda Lena in questa stagione riguarda proprio il suo equilibrio etico-morale e il dosaggio della sua genialità perché se esiste un fattore in grado di mettere a rischio l’umanità di Lena è proprio la recente condizione di isolamento che la lascia sola con i suoi pensieri e il suo talento. Il primo passo verso un’oscurità etica è stato compiuto nel secondo episodio con l’inserimento dell’Intelligenza Artificiale “Hope” nel corpo senziente di Eve, un’azione che, non posso negare, mi ha trasmesso una sensazione di disagio nonostante il mio amore spassionato per Lena. Ma il percorso di questo personaggio è ancora lungo e sebbene mi aspetti altre decisioni moralmente discutibili, mi auguro che gli scrittori di “Supergirl” riescano a non far oltrepassare al personaggio il confine oltre il quale non si torna più indietro, perché da “volevo solo salvare l’umanità” a “io sono ineluttabile” il passo è breve.

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Supergirl Recensione 5×01/5×02: J’onn J’onzz e un velo di ripetitività

A un ottimo punto di partenza per la storyline orizzontale della stagione e a quella che al momento mi appare come un’impeccabile caratterizzazione sia di Lena che di Kara (pregando di non dover rimangiare queste parole), segue però una debolezza nello sviluppo di una colonna portante di questa serie, vale a dire J’onn J’onzz. A partire dal suo abbandono del DEO, la storia e la caratterizzazione di J’onn hanno subito un brusco calo, che ha indebolito molto lo spessore e il fascino di un personaggio che invece era portatore di un background definito ma anche di uno sviluppo preciso e degno di attenzione. Con l’introduzione delle dinamiche familiari però, suo padre prima e adesso anche lo sconosciuto fratello traditore, l’evoluzione di J’onn e della sua storia non solo si è arrestata ma sembra girare a vuoto nel suo passato, ridimensionando in questo modo anche il suo apporto ai combattimenti di gruppo.

Questa sensazione di ripetitività che aleggia sulla quinta stagione però non riguarda solo il nuovo ramo della famiglia di J’onn ma anche l’obiettivo alla base degli esperimenti di Lena perché entrambe le storie richiamano facilmente alla memoria il personaggio di Astra e il suo progetto Myriad, che intendeva proprio controllare le menti umane al fine di annullare tutti i conflitti e “salvaguardare” in questo modo il benessere della specie e del pianeta.

Il debutto della quinta stagione di “Supergirl” mi ha dunque evidentemente convinto e anche entusiasmato ma la mia esperienza personale con questa serie mi mette in guardia dai suoi ottimi inizi ricordandomi l’abitudine dello show di perdersi spesso a metà percorso. Nonostante, quindi, la quarta stagione abbia mantenuto invece un livello costante e ammirevole fino al suo epilogo, abbraccio gli aspetti positivi riscontrati in questa fase iniziale ma resto cauta per il futuro.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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