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Still Star-Crossed | Recensione prima metà di stagione

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Still Star-Crossed | Recensione prima metà di stagione

Shonda ha colpito ancora. Quest’estate, annunciato un anno fa, è sbarcato sugli schermi americani, e dunque sui nostri pc, un nuovo show targato Shondaland, “Still Star Crossed”, ambientato nella “fair Verona” di Shakespeare e il cui scopo è raccontare ciò che accadde dopo la tragica morte di Giulietta e Romeo.

Il pilot parte con una versione condensata della tragedia di Shakespeare. All’apertura dell’episodio, infatti, ci si ritrova al matrimonio tra Giulietta e Romeo e nella parte iniziale di esso vediamo gli eventi immediatamente successivi: la morte di Mercuzio e quella di Tebaldo, la condanna e la fuga di Romeo, il fidanzamento di Giulietta con Paride (imposto dai genitori), il tentativo di aiuto a Giulietta da parte del frate, con l’infuso atto a simularne la morte, la missiva mancata per Romeo e, dunque, l’arrivo di quest’ultimo da una Giulietta apparentemente morta, il suicidio di Romeo, il risveglio di Giulietta che trova morto il suo amato e la morte della giovane, per seguire il suo Romeo.

E in tale contesto troviamo alcune differenze: custode dei segreti di Giulietta, nonché persona che l’accompagna in chiesa per sposarsi, non è la balia, bensì Rosaline, sua cugina; Paride giunge a rompere le uova nel paniere a Romeo piangente sul corpo esanime di Giulietta, viene ferito da Romeo e si ritrova legato ai Capuleti; la morte dei due giovani non è ispirazione di pace tra le famiglie dei Capuleti e dei Montecchi, anzi, è fonte di ulteriore astio; il Principe di Verona non è la figura potente e carismatica presentata nella tragedia, ma un giovane figlio a sua volta turbato da varie questioni, che non ha bene la misura di cosa voglia dire governare e quali sacrifici possa comportare, mentre quella davvero pronta e consapevole è la sorella, che si ritrova messa da parte in un’epoca in cui il mondo apparteneva agli uomini.

È bene chiarire subito che, tratta da un romanzo di cui dovrebbe essere l’adattamento, la storia presenta del potenziale (tralasciando il fatto che può disturbare molto l’alterazione del finale di Shakespeare, che tramite la tragedia dei due giovani sposi instaurava la pace tra le due famiglie, che si ritrovavano unite nel dolore) e ci sono degli elementi interessanti: la questione politica, con l’ulteriore problematica di capire chi voglia la continuazione della faida tra Capuleti e Montecchi e perché; la figura della Principessa, complessa e forte; la recitazione è piuttosto buona; Anthony Head nei panni del Lord Capuleti.

Il problema è l’esecuzione generale, che lascia molto a desiderare.

La gente si è lamentata di “Reign”, che non aveva alcuna pretesa di essere fedele, visto che voleva “solo” essere una gradevole versione romanzata (e in questo lo show è riuscito nonostante i difetti), si è lamentata de “I Medici”, che per essere un primo mattone delle nuove serie tv italiane è generalmente un buon prodotto, ma si dovrebbe vedere “Still Star Crossed” per capire come non realizzare uno show che prosegue una storia di William Shakespeare.

Ci sono inquadrature che ricordano il favoloso “Romeo+Giulietta” di Baz Luhrmann, senza però averne l’originalità e lo stile tipico del regista. 

Ci sono idee che derivano chiaramente dalle scelte operate per il film, che però non hanno senso visto che la serie, a differenza del film, non è ambientata in epoca contemporanea ma in quella originale. Degli esempi? La scelta di attori di colore per interpretare nobili, governanti e ambasciatori, del tutto fuori luogo visto che, per l’appunto, si è mantenuta l’ambientazione originale. Nel film di Baz Luhrmann il Principe era interpretato da un attore di colore e andava benissimo. Perché? Per il semplice motivo che Shakespeare era stato trasportato nell’epoca contemporanea e grazie al cielo l’umanità si è evoluta (quantomeno in generale) e nessuno si stupisce di un Capo di Stato che non ha la pelle bianca, ma lo show è ambientato nell’epoca originale della tragedia e in quei secoli esisteva ancora la schiavitù, quindi figuriamoci se persone di colore potevano essere i Principi di Verona o l’Ambasciatore di Milano.

Siamo nella Verona di “Romeo e Giulietta”, non nella Serenissima Repubblica di Venezia dell’ “Otello”.

E poi c’è la sfida alla genetica: qualcuno dovrebbe spiegare come faccia Giulietta a essere bianca come una mozzarella e le sue cugine, figlie del fratello del padre di Giulietta, di uno splendido color cioccolato. Lo stesso dicasi per Romeo (e su padre e Benvolio). Sì potrebbe obiettare che le madri erano di colore, ma allora si torna al problema di prima, ovvero in quelle epoche era impensabile un tale matrimonio.

Ancora peggio il Principe: lui di colore, sua sorella dai tratti che ricordano origini mediorientali. Usare una delle attrici scelte per Rosaline e la sorella, cugine di Giulietta, per interpretare la Principessa in modo da creare una certa somiglianza che fosse verosimile, credibile, troppa fatica? E magari si sarebbe potuta usare Medalion Rahimi (questo il nome dell’attrice che dà il volto la Principessa di Verona) per interpretare una delle cugine di Giulietta. Anche in questo caso si sarebbe ottenuta una maggiore credibilità.

Insomma, è solo una questione di credibilità, visto il periodo, e il concetto si può riassumere con una frase presa in prestito da una serie famosissima e amatissima, “Doctor Who”: “La Storia in mano agli Americani? Hai mai visto i loro film?”

“Still Star Crossed” è l’esempio lampante del significato di questa frase.

Infine, una cosa che suscita molto fastidio per l’utilizzo costante: le inquadrature aeree che accelerano, da una parte all’altra della città, per spostare l’azione e mostrare cosa stanno facendo altri personaggi rispetto a quelli presenti sullo schermo fino a quel momento, i quali ovviamente si trovano in luoghi diversi.

Uno strumento che può andare bene una volta ogni tanto, ma del quale nello show si abusa costantemente, essendo utilizzato più e più volte in ogni episodio.

È un peccato, perché l’idea del “Cosa accadde a Verona dopo la morte di Giulietta e Romeo” è molto interessante e personalmente proprio per questo speravo in uno show che fosse un buon prodotto, invece ci troviamo dinanzi a un tentativo che nonostante qualche spunto positivo è un fallimento e una delusione. E non per niente è stato cancellato. Shondaland perde colpi?

Sam

Partiamo da una premessa: questo è il mio primo approccio vero a qualcosa targato Shondaland. Evito i medical come la peste e tutto il resto non mi ha mai ispirato abbastanza da decidere di guardare quanto meno il pilot, poi è arrivato “Still Star-Crossed” e il mio amore inconsulto per il bardo e per la tragedia in questione mi hanno portato a mettere questo show in lista. E vi dirò, da tutto ciò che avevo letto ero anche partita con la convinzione che avrebbero fatto un pessimo lavoro ma mai, mai nella vita, avrei pensato di ritrovarmi a volermi strappare i capelli per la frustrazione o di augurargli la cancellazione a tutti i costi.

No, io pensavo che sarebbe stato un prodotto di scarsa qualità ma comunque godibile, la classica serie estiva in cui non viene investito chissà che capitale ma che si fa guardare.
Invece qui siamo a dei livelli che perfino le ultime stagioni di The Vampire Diaries” meriterebbero tutti i premi della galassia a confronto. Insomma, sono offesa in nome dell’amore inconsulto di cui parlavo prima, e in nome di tutta un’altra serie di personaggi quali: Shakespeare himself, Baz Luhrmann, la città di Verona, l’accuratezza storica, e perfino a nome di Douglas Booth – perché onestamente, dopo aver visto il suo Romeo non pensavo che potesse esserci di peggio e invece no, perdonami Douglas, perdonami.

Partiamo dalla cosa più eclatante: l’accuratezza storica. E no, non vi sto parlando di costumi, colonne sonore, vicende romanzate male o parti aggiunte/tolte/modificate a caso, vi sto proprio parlando del casting: l’ha già spiegato benissimo Sam come mai degli attori di colore siano del tutto fuori luogo in questa serie e non solo, in certi casi – come le cugine di Giulietta – vadano proprio contro ai principi base della genetica, quindi non starò qui a divagare ulteriormente.

Parliamo invece di Baz Luhrmann e vi dico che no, usare queste rapide inquadrature aeree per i cambi di location e ricreare intere scene come nel film – perché la scena del bacio fra Rosaline e il Principe è identica a livello di costruzione a quella del bacio di Romeo e Giulietta nell’ascensore – non serve ad aumentare la qualità artistica dello show, serve solo a richiamare all’attenzione dello spettatore una bellezza e una poesia che, se copiate malamente, sfociano solo e soltanto nella copia fatta male e null’altro. Ma roba che alcuni orribili film di serie B sono curati meglio.

A livello di trama, io capisco che siamo di fronte a un’opera di retelling e anzi, generalmente adororetelling, ma qui la nave perde acqua da tutte le parti, al punto che ora capisco perché l’anima del Romeo di Leo di Caprio sia andata a trasmigrare in Jack Dawson… per poter affondare più rapidamente e non dover assistere a certi scempi. Partiamo dal presupposto che se una persona non conosce l’opera originale in ogni sua sfumatura – e non è una cosa affatto scontata che la conosca – non capirà niente dei primi venti minuti del pilot.

Capisco che questa non sia la storia di Romeo e Giulietta ma di quello che è accaduto dopo, ma allora evitate del tutto di narrarci la loro storia, aprite una brevissima parentesi con narratore esterno che ci spiega in due minuti della guerra fra queste due famiglie e della tragica fine dei loro eredi e stop. Vogliamo poi fare un elenco puntato di tutto quello che mi ha lasciato a metà fra la risata isterica e lo sdegno?

  • Paride-ciuffetto-impomatato che ci conferma che in Reign” il problema non fosse il personaggio di Bash, ma più che altro Torrance Coombs;

  • Questa Rosaline che si erge ad antica Elizabeth Bennett sfidando le convenzioni dell’epoca e puntando i piedi sul fatto che lei non accetterà mai un matrimonio combinato, esibendo poi un’irritante saccenza sull’essere donna che a tratti ricorda pure Jo March e che il cielo ci aiuti;
  • Rosaline e il Principe che bisticciano peggio di due bambini dell’asilo e che sono tipo la coppia peggio assortita di sempre, con Rosaline che nemmeno si rende conto di quanto sia stata fortunata a passare dal Principe incapace di governare e senza spina dorsale al figaccione dei Montecchi;
  • il Principe per l’appunto, che è più indeciso, insicuro e volta bandiera di una bandiera vera messa fra quattro scie di vento opposte;
  • la scena del balcone che, a quanto pare, in questa versione è stata vissuta da questi pessimi e orribili amanti, che più che rovinarla non hanno fatto.

Vi dico cosa si salva in tutto ciò? Ve lo dico, dai:

  • la recitazione di Head, che è fantastico nel ruolo del patriarca della famiglia Capuleti;
  • Benvolio che è figo come pochi e che è anche l’unico personaggio a salvarsi (parzialmente);
  • la sorella del Principe, che ha tutta quella regalità e tutto quel polso di cui il fratello manca completamente.

Insomma, non riesco nemmeno a fare commenti approfonditi sulla trama, perché non è che ne abbia notata molta. Ho visto giusto gente aggrapparsi a qualunque appiglio pur di far rissa – verbale o fisica che fosse – e tanti atteggiamenti da asilo nella stragrande maggioranza dei personaggi. Non nutro nemmeno la speranza che possa migliorare, il che è una cosa orribile da dire dopo soli tre episodi!

ChelseaH

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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