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Spellbook 1×02 – I Wish I Was the Moon

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Spellbook 1×02 – I Wish I Was the Moon

1×02 – I Wish I Was the Moon

 

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“Non giocare con me.”

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Wilma Dorty è fatta così; deve sempre avere l’ultima parola, deve sempre essere quella che manda la palla più in alto o segna più punti a canestro. È una vincente di natura, lo sa lei, lo sanno tutti coloro che hanno il privilegio, e a tratti il fastidio, di conoscerla.
La ragazza scende dalla macchina parcheggiata accanto ad un pino. La luna è piena, i rumori della natura in sottofondo, è tutto molto piacevole. Il clima sembra essere la ciliegina sulla torta: fa caldo, ma non esageratamente, è un’afa sopportabile. C’è una leggera brezza notturna che mette in pausa le ondate di calore della fine dell’estate, intervellandole come un loop in una traccia a due strumenti. Dallo sportello del guidatore scende un ragazzo, il classico belloccio biondo e palestrato, un cliché vivente, il jock di un film horror.
Wilma: sono più brava io, Tod.

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Tod fa cenno di no con il capo
Tod: potrai anche essere esperta nel tuo campo, con tutta la storia della psicologia e del movimento femminista, ma io ho un vero cuore horror.
Wilma: sono cresciuta a suon di splatter.
Tod punta il dito, scuotendolo davanti alla ragazza.
Tod: e gli slasher?
Wilma: splatter, slasher, che differenza fa?
Tod la guarda come se avesse detto la cosa più assurda del mondo
Tod: stai scherzando, vero? Dimmi il tuo slasher preferito!
Wilma: mmm. San Valentino di Sangue.
Tod: l’originale o il remake?
Wilma: l’originale.
Tod: io punto su Scream.
Wilma: oh, come sei originale.
Tod si fa avanti, togliendosi la maglia e mettendo in mostra gli addominali scolpiti. Wilma si avvicina, slacciandosi leggermente la camicietta a fiorellini, una di quelle che dice “sono una che ci starebbe, con gli addominali giusti.”
Tod: Scream è geniale.
Wilma: tutte quelle metaputtanate.
Tod ridacchia, divertito
Tod: non dirmi che stai analizzando Scream in quel senso.
Wilma: solo perché un tizio…
Tod: Kevin Williamson.
Wilma alza gli occhi
Wilma: dicevo, solo perché un tizio decide di riempire il suo cazzo di film di citazioni e riferimenti alla pop culture e all’horror non vuol dire che sia un genio. Il metateatro è stato inventato dai Greci. Kevin Williamson…
Tod: è un genio!
Wilma: uno che non ha il senso dell’originalità.
Tod sbuffa, quasi infastidito, ma non lo dà troppo a vedere, vuole il suo pompino.
Tod: ma sta proprio lì il bello. Lui prende personaggi stereotipati, situazioni stereotipate e già viste, e le rende originali. Fa dell’inaspettato il nuovo cliché.
Wilma: stai citando Scream 4!
Tod annuisce
Tod: allora l’hai visto!
Wilma: sai, questo sembra l’opening di un film horror.
Tod la guarda, curioso
Tod: davvero?
Wilma annuisce, divertita dalla situazione.
Wilma: il bosco, la notte, la luna piena. Tu che ami i cliché… il jock e la ragazza sfrontata che ci rimettono la pelle.
Tod: Drew Barrymore e il suo ragazzo nel teaser di Scream!
I due si guardano, maliziosi.
Wilma: questa cittadina non è una specie di Horrorville?
Tod annuisce
Tod: Twinswood. Stephen King ci ha scritto un libro.
Wilma: The Shining?
Tod fa cenno di no con il capo
Tod: no, non l’ha mai pubblicato. Ma sai, sono tutte puttanate. Credo che abbia il tasso di criminalità più basso della zona.
Wilma: uh, interessante.
Tod: allora, parliamo ancora di horror o me lo prendi in bocca?
Wilma ridacchia, non si finge neanche imbarazzata, sarebbe poco credibile.
Wilma: wow, come sei poetico.
Tod: dai, prendimelo in bocca!
Wilma si abbassa, mordendosi le labbra in segno di famelicità. Inizia lentamente a slacciare i pantaloni del ragazzo, mentre lui si appoggia addosso al veicolo.
Wilma: cazzo.
Tod la guarda, perplesso.
Tod: cosa?
Wilma: devo pisciare!
Tod: wow, come sei poetica.
Wilma si alza, infastidita
Wilma: ci metto un secondo, lo giuro!
Tod: sì, ma stai attenta a Ghost Face.
Tod abbassa la voce, imitandone una un po’ inquietante, o almeno ci prova.
Tod: sbrigati, altrimenti mi si ammoscia!
Wilma: mentre vado verso le fratte guardami il culo, almeno non corriamo rischi.
Tod: sbrigati!

Avendo trovato un angolo appartato, Wilma si gode qualche secondo di tranquillità, svuotando la vescica e ammirando la natura di Twinswood, e pensando a quanto quel posto sia assurdamente tranquillo e piacevole, al contrario di ciò che diceva la guida.
Wilma: mecca del sovrannaturale dei miei coglioni!

“Aiuto”

Wilma si alza, improvvisamente, riallacciandosi in modo disordinato i pantaloni.
Wilma: Tod?!
Wilma si guarda attorno
Wilma: Tod, sei tu? Tod non è divertente!

Wilma si fa avanti verso i cespugli, procedendo lentamente verso l’isolato luogo dove è parcheggiata la macchina. I fari sono spenti. C’è qualcuno che ansima faticosamente in lontananza, un’ombra davanti l’autovettura.

Wilma: Tod? Non fare lo stronzo, Tod.

“Me l’ha morso. Me l’ha morso.”

Una voce spezzata, disperata, quasi come un bambino che si dispera nel buio. La ragazza, pensando che sia uno stupido scherzo, prende velocemente l’iPhone dalla tasca, sceglie l’app Torcia e illumina il percorso davanti a sé.

Quell’ombra era quella di Tod. Ha le mani proprio lì, mani che sembrano pregne di sangue.
Wilma: ma che cazzo?!
Tod: mi ha staccato l’uccello, mi ha staccato l’uccello.
Wilma fa luce sul volto disperato di Tod, poi lentamente procede lungo il percorso di sangue, fino ad arrivare a pochi cm dai suoi piedi. Il fallo di Tod è proprio lì.
Wilma: porca puttana!
Wilma si gira, velocemente, impaurita. Ponendo la luce davanti a lei, illumina un qualcosa che anche il più attento non saprebbe descrivere. Occhi rossi, pelo ovunque, sembra una creatura umanoide ma aliena allo stesso tempo. La ragazza non fa in tempo a vedere di più. Un semplice urlo squillante interrompe la scena, quella è l’ultima cosa che vedrà. Per quanto riguarda Tod, beh, almeno prima di morire qualcuno gliel’ha preso in bocca.

 

Meredith
Meredith

Meredith: mi piace!
Meredith guarda la parete sinistra della camera di Rose, lo sguardo di approvazione sul suo volto sembra fin troppo vero per i suoi standard.
Rose: lo odi!
Rose è proprio lì, in mano ha un pennello con il quale ha appena finito di dipingere la parete di blu.
Meredith: no, no, semplicemente il blu non è esattamente il mio colore, è quello che avrei scelto per la camera di una ragazza.
Rose sospira, in fondo non ha tutti i torti, guarda al di fuori della finestra, la luna piena è così evidente.
Rose: potrei ancora cambiare idea.
Meredith sbuffa
Meredith: questo è il terzo colore che provi!
Rose: e allora?
Meredith guarda in basso, sul tappeto c’è una macchia abbastanza evidente.
Meredith: e quella cos’è?
Rose si pone velocemente vicino alla zia, cercando di inventare una scusa plausibile in quei pochi secondi.
Rose: ehm, niente, ho… ho provato a fare delle modifiche. Con un colore diverso.
Meredith la guarda, perplessa
Meredith: sul pavimento?
Rose non potrebbe di certo dire che ha provato a pasticciare, senza alcun successo, con qualche ingrediente suggerito dal libro.
Rose: comunque si può sistemare.
Meredith: ok. Come vuoi tu, piccola artista!
Rose sorride, tentando di nascondere il palese nervosismo. Non sono di certo stati giorni facili.
Meredith: hai sentito della chiesa vicino al centro, vero?
Rose la guarda, improvvisamente quella sensazione di inquietudine torna, sovrapponendosi ed elimando il senso di tranquillità di cui era protagonista la conversazione.
Rose: cosa è successo?
Meredith: a quanto pare c’è stato un incendio. Non ha distrutto tutto, ma la comunità ha deciso di raccogliere fondi per riparare i danni! E la cosa sconvolgente? Il prete si è ritirato.
Rose la guarda, incredula
Rose: come?!
Meredith: sì, ha lasciato una nota… Quel padre Larson. Non l’ho mai neanche visto.
Rose non riesce a capire, qualcuno deve averla coperta, o peggio, deve aver coperto Padre Larson.
Meredith: sarebbe una buona occasione per presentarsi alla comunità, cosa ne pensi?
Rose: fare cosa?
Meredith: organizzare una raccolta fondi o aiutare.
Rose: non lo so, non credo sia una buona idea.
Rose poggia il pennello sui fogli di giornale
Meredith: potrei parlarne con il sindaco.
Rose guarda la zia, sperando che non incappi in ciò in cui è inciampata lei. Non sa come potrebbe difenderla, e onestamente ancora non le è chiaro in cosa si sia immischiata e cosa nasconda quella cittadina.
Rose: io direi di mantenere un profilo basso, per ora.
Meredith: Rose, tra una settimana aprirà l’albergo, dobbiamo fare il contrario. Dobbiamo creare un profilo alto! Potresti invitare i tuoi amici all’inagurazione.
Rose non può far a meno di ridere. Quali amici?
Rose: sono qui da una settimana.
Meredith: non eri uscita con un gruppo di loro il primo giorno di scuola? E poi c’è quel ragazzo che viene a fare i bagni al lago.
Rose: Benjamin?
Rose sorride, di nuovo.
Rose: ci ho parlato una volta e ti assicuro che non è stata esattamente la conversazione più amichevole di sempre.
Meredith: beh, dovresti impegnarti a socializzare di più forse.
Rose: ricordi quell’episodio delle Gilmore Girls nel quale il preside della Chilton obbligava Rory a fare amicizia con delle ragazze e alla fine lei finiva nei guai?
Meredith: stai dicendo che sono una Lorelai?
Rose fa cenno di no con il capo
Rose: no, sto dicendo che queste cose avvengono in modo naturale, non puoi forzarle. Prima o poi succederà.
Meredith guarda la nipote, non convinta del tutto, vorrebbe che facesse qualche sforzo in più.
Meredith: forse hai ragione!
Le due si guardano, la pittura è ancora fresca, quindi restare lì non è esattamente l’ideale.
Meredith: vieni giù? Su MTV danno una maratona di Teen Wolf!

 

Rose
Rose

Più tardi, come ogni sera, Rose si ritrova in cucina, con una tazza di camomilla bollente, i vestiti pieni di colore blu, e il libro. C’è sempre un dettaglio, una figura, un disegno, una scritta da scoprire. È un manoscritto così grande, la ragazza non ha fatto altro che studiarlo, leggerlo, semplicemente guardarlo in tutti questi giorni, provando a mettere in atto qualche incantesimo, come quello del fuoco, senza successo tuttavia. Forse quelle fiamme sono state proprio un colpo di fortuna. O forse Rose non ha ben capito come far funzionare ciò che deve far funzionare, di certo non basta la filastrocca. Tutto questo è incredibilmente fastidioso; il non riuscire a capire, il non riuscire a decifrare la prossima mossa. C’è solo quel messaggio diretto all’inizio, e il resto sono parole, ingredienti, rime, che per Rose, per ora, non hanno un senso. È come se qualcuno le avesse dato in mano un arco, ma non le avesse insegnato come puntare e scoccare la freccia.

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La sala pranzo di casa Whittermore somiglia a quella di una reggia, in effetti l’intera residenza ha un nonsoché di principesco, di antico, come nella miglior tradizione di Twinswood. I vetri perfettamente curati che compongono le finestre lasciano oltrepassare la luce in quella stanza dai colori caldi e accesi.
Alec è a capo tavola, mentre Benjamin e Tatia sono seduti tre posti più in là di lui, uno davanti all’altra.
Il capofamiglia taglia la carne al sangue in maniera così elegante, senza mai poggiare i gomiti sulla tavola.
Benjamin mangia un toast, mentre Tatia si limita a sorseggiare un succo di pompelmo.
Alec: dovreste mangiare di più la mattina, la colazione è il pasto più importante della giornata.
La voce dell’uomo è sicura, distinta, ferma, patriarcale.
Tatia: una bistecca al sangue di prima mattina. Vuoi farci morire a 30 anni?
Alec sorride, continuando a sminuzzare
Alec: Tatia, piccola mia, voi non morirete.
Tatia guarda il fratello, continuando a sorgeggiare il succo.
Alec: allora, Benjamin, raccontami. Com’è andata la prima settimana di scuola?
Benjamin continua a fissare il piatto
Benjamin: tutto nella norma.
Alec: tralasciando la tua improvvisa e mistica apparazione in chiesa.
Il ragazzo finalmente alza lo sguardo, guardando la sorella e poi il padre
Benjamin: e tralasciando la scomparsa dell’ennesima giovane ragazza.
Alec guarda il figlio, continuando comunque a tagliare la carne con incredibile precisione, come se avesse un terzo occhio.
Alec: purtroppo anche in una comunità tranquilla come Twinswood si viene spesso scossi da queste brutte notizie. È già iniziata la ricerca.
Benjamin: non la troveranno mai.
Tatia guarda Benjamin in modo diverso questa volta, quasi come per dirgli di fare silenzio con lo sguardo.
Alec: oh Benjamin, sottovaluti una cosa.
Benjamin lo guarda, perplesso
Benjamin: e cosa, esattamente?
Alec: il potere della speranza. Ti dà una carica incredibile, ha smosso intere guerre, ha cambiato intere nazioni. La speranza in fondo è davvero il motore che smuove l’animo di una persona. Hai quella, hai tutto.
Tatia: io sono d’accordo con papà.
Alec guarda la figlia, compiaciuto.
Alec: e il calcio, come va?
Benjamin: perché non arriviamo direttamente alla domanda che vuoi pormi?
Alec guarda il figlio, questa volta smette di tagliare la carne. Benjamin riesce a guardarlo negli occhi, nessun altro ci riesce in quella cittadina.
Tatia: l’ho vista.
Tatia decide di interrompere l’ostile silenzio
Alec: e gli altri? Come hanno reagito le altre creature?
Alec sembra curioso, un qualcosa di distinto rispetto alla sua solita espressione sicura.
Tatia: la fissavano come la famiglia Smith guardava Miley Cyrus agli MTV VMA.
Alec sorride, pur non capendo il riferimento della figlia
Tatia: a proposito, i tuoi amici hanno qualcosa a che fare con quella performance?
Benjamin: devo andare.
Benjamin si alza, stanco delle solite chiacchiere.
Alec: dove vai?
Benjamin: a scuola.
Tatia: già, devo andare anche io. Oggi ho un importante incontro.
Il ragazzo guarda la sorella, cercando di capire cos’abbia in mente. Alec resta lì, fermo, una volta che i figli hanno preso le loro borse e si sono incamminati verso l’uscita, riprende a mangiare il suo pasto, particolarmente divertito, e con più foga, più brutalità nel taglio della carne.

 

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Evan guarda attentamente nella sua tazza. Latte e cereali, prova ad immaginare grumuli di sangue, cercando di rendere il tutto più appetitoso ai suoi occhi, il sapore del cibo lo disgusta.

“Hey. Sei vivo?”

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Evan

Evan alza lo sguardo, uscendo per un secondo dal baratro. Suo fratello Dan Morrison, lo sceriffo della città, è proprio seduto accanto a lui, nella loro modesta cucina, nella loro modesta casa.
Evan: sì.
Dan guarda il fratello, curioso.

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Dan: non hai toccato i tuoi cereali.
Evan: non ho fame.
Dan: ti sei fatto?
Evan lo guarda, confuso
Evan: come?
Dan: sembri completamente fatto. Sembri stordito, fuori dal mondo, continuamente assente.
Evan guarda di nuovo la tazza, i conati di vomito si fanno sentire.
Dan: non capisco cosa ti stia succedendo, Evan.
Evan: wow, stai facendo un buon lavoro, sembri quasi la mamma.
Dan: hey, non farmi sembrare il poliziotto cattivo qui. Sto cercando di fare le cose nel modo giusto. Mi assicuri che se io andassi nella tua camera, non troverei dell’erba?
Evan, per i pochi momenti in cui riesce a pensare lucidamente, crede che questa sia una situazione assurda. Ciò che gli è successo, ciò che è ora, non dipende da lui, e assurdamente vorrebbe tanto dirlo a Dan, ma non può.
Evan: tu non sai cosa sta succedendo nella mia vita.
Dan: prova a rendermi partecipe. Prova a raccontarmelo. Voglio dire, sei sempre stato uno stronzo, ma non pensavo che ti facessi anche.
Evan: io non mi faccio.
Evan lo guarda, finalmente, tiene a precisare tutto questo, marcando con il tono di voce le parole.
Dan: faccio fatica a crederlo, Evan.
Evan: già… immaginavo.
Il ragazzo pensa che forse sua madre avrebbe capito, ma di nuovo, come avrebbe potuto dire una cosa del genere? Chi gli crederebbe?
Dan: io non so più che…
Dan non riesce a terminare la frase, arriva una chiamata, una chiamata dal suo cellulare, Evan ringrazia silenziosamente chiunque sia stato a fare quella chiamata, non sopporterebbe un’altra ramanzina, soprattutto con la fame che prova, soprattutto a causa del fatto che non riesce a smettere, anche se tenta, di guardare la giugulare di suo fratello come se fosse un Big Mac.
Dan sembra sconvolto, deve essere successo qualcosa di brutto, raramente ha quell’espressione in volto.
Dan: arrivo subito.
L’uomo attacca il telefono.
Dan: c’è un’emergenza. Io devo andare. Ma riprendiamo il discorso più tardi!
Evan annuisce, cercando di trovare la forza di alzarsi ed andare a scuola.

 

 

Rose apre prepotentemente la porta del Magic Shop “Magic Emporium,” impedendo al campanellino di fare un rumore che si avvicini a qualcosa di piacevole, per quanto possibile.

Lane
Lane

Lane: buongiorno anche a te!
La ragazza si fa avanti, poggiando la cartella all’entrata, andando verso la cassa.
Rose: è ancora da stabilire se questo sia un buongiorno.
Lane sorride, contenta di rivederla.
Lane: ti aspettavo prima, sinceramente.
Rose: ero troppo sconvolta la scorsa volta, non mi sono accorta che tu sapevi il mio nome.
Lane accende una candela con un fiammifero, sventolando la mano accanto per far si che il buon odore si sparga.
Rose: tu chi diavolo sei?
Lane la guarda, attentamente, ponendo entrambe le mani sul bancone
Lane: la vera domanda Rose, è chi sei tu.
Rose: sei un demone?
Lane sorride, pensando che la ragazza abbia detto un qualcosa di assurdo.
Lane: ti sembro un demone?
Rose: non lo so. Anche l’altro sembrava umano.
L’espressione sul volto di Lane cambia improvvisamente.
Lane: l’altro?
Rose: il prete. Padre Larson.
Lane scuote il capo
Lane: lo sapevo. Ho sempre avvertito strane vibrazioni. Aspetta, quindi ci sei tu dietro l’incendio alla chiesa. Pensavo fossero stati loro.
Rose la guarda, perplessa, e ancora abbastanza vicina alla porta da poter scappare
Rose: loro?!
Lane: gli altri demoni. Ce ne sono un po’ in questa città, Rose.
La ragazza guarda in basso, cercando di trattenere l’espressione di stupore sul suo volto, se Lane è un nemico, non può permetterle di vederla.
Lane: loro cercheranno di rendertelo difficile. Non devi fidarti di nessuno, Rose.
Rose finalmente rialza lo sguardo, guardando la donna dritta negli occhi
Rose: non mi fido di nessuno.
Lane: bene. Fai bene, soprattutto in questa città.
Rose: tu chi sei?
Lane sospira, non ci sono parole giuste per spiegare la sua figura, tantomeno rasserenanti.
Lane: sono una guida.
Rose sorride, amareggiata dall’intera situazione
Rose: sei il Giles della mia Buffy?
Lane: no. Io non posso darti tutte le risposte. Sono una strega.
Rose ha quasi paura a porre la domanda che sta per uscirle dalla bocca.
Rose: come me?
Lane ridacchia, come se avesse sentito la miglior battuta del mondo.
Lane: nessuno è come te. Tu sei una strega completa. È nel tuo sangue.
La ragazza non riesce a capire.
Rose: questo vuol dire che mia madre o…
Lane: no, non funziona così. Non succede in tutte le generazioni. Tua madre potrebbe benissimo essere stata umana. E per quanto ne so, lo era.
Rose: tu conoscevi mia madre?
Lane fa cenno di no con il capo
Lane: non personalmente. Ma Rose, ti assicuro che sono dalla tua parte.
Rose: allora dimmi tutto quello che sai…
Lane la guarda, tentennando
Rose: già.
Lane: una cosa per volta. Hai trovato il libro, giusto?
Rose: non dirò un’altra parola. Non mi fido di te.
Lane si incupisce, ma non può di certo biasimarla.
Rose: devo andare a scuola ora.
Lane: Rose…
La ragazza prende in fretta la cartella, lascia il negozio amareggiata, spaventata e con ancora più domande di quante ne avesse prima.

 

Leda
Leda

“I knew you were trouble when you walked in, so shame on me now…”

Leda intona queste parole, mentre cerca di andare a tempo con la canzone. Sta per terminare la frase, ma Luke abbassa il volume, tanto per cambiare. Il vampiro si trova alla guida della loro vistosissima, ma sempre elegante, autovettura.

Luke
Luke

Leda: grazie mille.
Luke: vorrei che questa ragazza fosse una vampira, forse la smetterebbe di parlare dei suoi ex fidanzati nelle canzoni. O peggio, potrebbe avere più ex fidanzati nel corso dei secoli. Ritiro tutto ciò che ho detto!
Leda sbuffa, agitando nervosamente la gamba.
Leda: sai, Luke, non è detto che tutti coloro che si trasformano diventino dei robot senza cuore.
Luke: potrei notare una velata frecciatina.
Leda: non è velata.
Luke: mi dispiace per aver abbassato la musica, Leda.
Luke guarda la sorella, non nascondendo il sarcasmo della sua affermazione.
Leda: non riesco a capire come fai.
Luke la guarda, curioso
Luke: come faccio a fare cosa?
Leda: a trattenere tutto. A sembrare impassibile e passivo a qualsiasi avvenimento ti circondi.
Luke sorride
Luke: oh, sai benissimo che non sono passivo.
Leda: non ti capisco.
Luke: quando durerà questa teen angst? Insomma, hai una certà età per continuare ad interpretare l’adolescente ribelle, non credi?
Leda lo guarda, sempre più disgustata dal suo atteggiamento. È arrabbiata, è furiosa, e lui sembra non comprenderne il motivo.

Luke guarda avanti, proprio quando la macchina si ferma davanti alla Twinswood High School.
Luke: alza il volume!
La ragazza alza il volume della radio.

“Due corpi sono stati ritrovati nei pressi della foresta Homeng a Twinswood, Virginia. I corpi erano brutalmente mutilati da ciò che sembra essere stato l’attacco di qualche animale…”

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Leda, dopo aver sentito queste parole, apre velocemente la portiera, incamminandosi verso l’entrata dell’edificio.
Luke: Leda!
Luke toglie la cinta, aprendo la portiera e iniziando ad inseguire la ragazza. Lo fa, fino a quando non incappa in qualcuno, a causa della fretta si è scontrato con una persona. Di solito non ha mai questo passo veloce e ingombrante.
Il vampiro guarda davanti a sé, si tratta di Benjamin. I due si guardano per qualche istante, e probabilmente è la prima volta che si trovano così vicini, l’uno di fronte all’altro. Dai loro sguardi non si evince cosa pensano, si guardano e basta, attentamente. Continuano a farlo fino a quando un odore importante non li distrae, i due si girano verso la loro sinistra, in lontananza c’è Rose, che è appena scesa dal bus.
La ragazza li guarda da lontano, fingendosi distratta. Finalmente, dopo aver dato un’attenta occhiata al cortile scolastico, temporeggiando e cercando di capire perché la stiano fissando, decide di avanzare verso l’entrata, i due si guardano di nuovo, e poi si allontanano in direzioni diverse.

 

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Seguendo la scia dell’inconfondibile odore di Robin, Leda finalmente arriva alla meta. Una classe vuota, Robin è seduto sulla cattedra.

Robin
Robin

Leda: sei qui…
Robin sposta finalmente lo sguardo, era fisso nel vuoto della classe.
Leda avanza nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Robin: ti prego, vattene!
La vampira si avvicina a lui, ponendosi davanti ai suoi occhi. Robin ha sempre lo sguardo da cane bastonato, ma questa volta il tutto sembra amplificato, è successo qualcosa, e lei può avvertirlo.
Leda: ho sentito…
Leda tentenna
Leda: ho sentito alla radio.
Robin: sono stato io.
Leda sgrana gli occhi, temeva quella risposta.
Leda: cosa?
Robin: mi sono svegliato fuori dalla mia gabbia. Ero nudo, ero pieno di sangue. Non c’è dubbio, Leda.
Leda è incredula e vuole negare il tutto, sia a se stessa che a Robin. Sa quanto ci starebbe male. Le voci nel corridoio fanno da sottofondo musicale ai silenzi dei due, che durano qualche secondo.
Leda: deve esserci una spiegazione.
Robin scuote il capo, arreso all’idea.
Robin: sono stato io. Li ho uccisi io.
Robin ha finalmente il coraggio di rialzare lo sguardo, e ciò che era rassegnazione, ora è diventata disperazione.
Robin: li ho uccisi. Leda, ho ucciso.
Il ragazzo inizia a singhiozzare, è un qualcosa che vorrebbe controllare, ma non ci riesce. È così che ci si sente quando il nostro peggior incubo diviene realtà. Leda si avvicina lentamente, è molto empatica generalmente, e lo è tanto di più nei suoi confronti. Lo abbraccia, mentre il ragazzo si lascia andare in un pianto liberatorio quanto colpevole.

La porta della stanza si apre improvvisamente, lasciando spazio a Gabriel e al suo amico Kyle.

Gabriel
Gabriel
Kyle
Kyle

Robin e Leda si dividono, è quasi come un riflesso incondizionato, le loro mani si allontanano.
Leda: no…
Gabriel: devi venire con noi, Robin!
Gabriel parla con tono autoritario, Robin di conseguenza scende dalla scrivania, andando verso di lui.
Leda: no… no…
Kyle prende Robin per un braccio, accompagnandolo fuori dalla stanza. Il ragazzo dà un ultimo saluto con lo sguardo a Leda, che disperata corre verso la porta. Gabriel la ferma, ponendosi come muro.
Gabriel: dove stai andando?
Leda lo guarda, incattivita.
Leda: lasciami passare.
Gabriel: lui viene con noi. È nostro.
Leda: non lo toccate…
D’istinto, i canini di Leda vengono fuori. È qualcosa che di solito riesce a controllare, ma è anche un qualcosa che succede quando è incredibilmente arrabbiata, e difficilmente si controlla la rabbia. Gabriel, di riflesso, inizia a ruggire.
Gabriel: metti giù le zanne.
La ragazza lo guarda per qualche secondo, pensando a ciò che direbbe o farebbe Luke. Deve risolvere questa situazione in un altro modo. Ritira le zanne, cercando di calmarsi e di dirsi che andrà tutto bene.
Gabriel: brava bambina!
Gabriel sorride, sempre con quell’aria da sbruffone che lo contraddistingue. Si allontana, raggiungendo Robin e Kyle.

 

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Rose è accanto al suo armadietto, ha appena posto i libri maniacalmente in ordine, ma non lascierebbe mai “il libro” lì, preferisce portarlo nella cartella, anche se è pesante e ingombrante. Non passa minuto a Twinswood in cui non accada qualcosa di curioso o fuori dall’ordinario, di certo non ci si annoia, anche se la ragazza alcune volte preferirebbe tanto annoiarsi. È ad un punto nel quale non sa cosa deve fare, o come debba procedere, e questo è un qualcosa che Rose odia.

“Rose”

Una voce limpida e pulita la distrae, riportandola dal mondo dei pensieri a quello della realtà. Si tratta di Lauren, accanto a lei c’è Benjamin.

Lauren
Lauren

Rose: ciao…
Lauren: mi dispiace così tanto che tu non sia potuta venire al Mouintain l’altro giorno. Ci sei mancata. Vero, Benjamin?

Benjamin
Benjamin

Lauren guarda il fidanzato, che annuisce, anche se non troppo convinto. Come al solito, Rose non riesce a comprenderlo.
Rose: già, ho avuto da fare. Un contrattempo.
La ragazza pensa a tutto ciò che è successo quella notte, un qualcosa che non ha senso, e che forse non potrà mai averlo.
Lauren: ecco… stasera ci riuniamo tutti lì. Come saprai è scomparsa una ragazza, Kristin Mologan. È un gruppo di… amici.
Rose la guarda, perplessa
Rose: io non la conoscevo neanche.
Lauren: beh ma è una buona occasione per conoscere gli altri, farti conoscere. Tutti vogliono sapere tutto su di te.
Benjamin guarda Rose in modo curioso, tra lo scocciato e l’ansioso, o almeno così sembra. Rose odia non riuscire a capire cosa pensa.
Rose: ma davvero?
Lauren: certo. Non arriva mai nessuno di nuovo qui a Twinswood! E dopo l’attacco di quella terribile bestia, qualunque cosa sia, è un bene riunirsi.
Rose: lo dicevano anche Billy e Stu nel primo Scream e guarda come è andata a finire.
Lauren la guarda confusa, non riuscendo chiaramente a capire la citazione. Mentre Benjamin, contrariamente, ridacchia sotto i baffi.
Lauren: uh, c’è il Preside. Devo andare a parlargli della manifestazione. Ci vediamo dopo, Rose.
Benjamin: io vado dai ragazzi.
Lauren dà un bacio sulla guancia a Benjamin, avanzando con passo veloce verso il preside in fondo al corridoio.
Rose: è una ragazza piena di energie.
Benjamin guarda Rose, finalmente non sembra più così agitato. O almeno Rose crede che non sia così.
Benjamin: lo è.
Rose: quindi, hai fatto finta di non conoscermi perché non vuoi che la tua ragazza sappia che hai conversazioni con l’altro sesso, o perché avevi paura che scoprisse che fai dei bagni al lago di notte, il che è decisamente inquietante, diciamocelo?
Benjamin sorride, non è affatto sorpreso dal nervosismo della ragazza.

“Oh, Benjie”

 

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Tatia

Tatia si avvicina ai due. Un vestitino nero stile anni ’30, un rossetto dello stesso colore che va in contrasto con i lineamenti candidi e dolci della ragazza. Dei pacchiani guanti neri. Rose tenta di nascondere la reazione che le provoca quel tipo di abbigliamento, anche se sembra particolarmente difficile. Tatia sembra quasi fuori dal mondo moderno.
Tatia: ciao, io sono la sorella di Benjamin. Piacere di conoscerti.
La ragazza porta la mano avanti, Rose fa lo stesso, stringendola. Benjamin nota questo particolare con fastidio. Ma d’altro canto, lui non può indossare guanti.
Tatia: dovremmo uscire un po’ insieme. Ti potrei mostrare la citta, potremmo metterci lo smalto nero, parlare di Benjamin…
Il ragazzo alza gli occhi, palesemente infastidito.
Rose: e ascoltare Taylor Swift?
Tatia sogghigna, divertita
Tatia: pensavo di più ai Clash o ai Pretty Reckles, ma so adattarmi a qualsiasi stile. La ragazza di Benjamin ha i gusti di una dodicenne fan di Disney Channel.
Rose è particolarmente sorpresa, raramente si trova un qualcuno di così schietto, di così diretto. Tatia sembra non avere peli sulla lingua.
Rose: io, io devo andare.
Tatia: ci rivedremo presto, spero.
Rose la guarda, annuendo, ancora particolarmente stranita dalla conversazione.
Rose fa un cenno imbarazzato e si allontana dai due.

Tatia: oddio, è come una torta di mele. Me la mangerei.
Benjamin: cos’hai in mente?
Tatia guarda il fratello, sorridendo
Tatia: e tu Ben? Tu cos’hai in mente?

 

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“Ora basta!”

Il tono di Luke è deciso e autoritario, ma sembra non avere alcun effetto su Evan, che continua a tenere stretta a sé quella ragazza che gli ha offerto una vena. La stringe con tutta la forza che ha, si nutre con tutta la foga che ha, dando sfogo ad ogni istinto.
Luke: ho detto basta!
Luke rimarca, sapendo benissimo che intervenire ora sarebbe come togliere l’osso ad un cane. Tuttavia il sangue inizia a colare dal collo della ragazza, gocciola a terra, spingendo Luke ad intervenire finalmente. Strappa la vittima dalle grinfie di Evan con assoluta facilità.
Luke: perdonami cara, è nuovo!
La ragazza, sulla ventina, non sembra essere dispiaciuta più di tanto. Si allontana, con un sorriso smagliante, tenendo premuto un fazzoletto sul collo che le ha dato Luke.
Luke guarda Evan, la bocca sporca si sangue. Sembra un bambino con la pappa sparpagliata su tutta la faccia.
Luke: non sai contenerti.
Evan cerca di riprendersi, ancora estasiato dal sapore del sangue. Ogni volta è come bere acqua fresca, dopo giorni in un deserto arido.
Luke: non riesci a contenerti.
Evan: posso farcela.
Luke: lo dici ora, perché sei pieno. Ma tra qualche ora ti verrà di nuovo appetito. Noi riusciamo a sopravvivere con un pasto al giorno. Tu sei un ingordo.
Evan: non… non è presto?
Luke: come, scusa?
Evan: tu dopo quanto ti sei abituato alla sete?
Evan cerca di far leva sull’empatia, anche se in questo caso sembra davvero difficile.
Luke: sono uno che sa contenersi.
Evan lo guarda, accennando un sorriso. Dopo le bevute è più lucido, assurdamente.
Evan: lo vedo.
Luke: cosa vuoi dire?
Evan: non lo so, sembri così impostato, sempre serio. Non ti diverti mai?
Luke odia dover sentire queste parole, di nuovo, soprattutto da lui. Ma non lo darà a vedere.
Luke: non so quanto ti darò ancora.
Evan: hey, amico, andiamo… Lascia che…
Luke si muove velocemente, per la seconda volta in quella giornata, portando Evan contro un armadietto dello spogliatoio.
Luke: controlla la sete, o ti aspetta un bel paletto di legno nel cuore.
Il vampiro si allontana, sistemandosi la giacca e cercando di stirare con la mano la camicia sgualcita. Evan resta lì, cercando di pensare a come fare per controllarsi.

//
// Colonna Sonora: Shadow

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Le prime luci del pomeriggio arrivano sulla Twinswood High, Rose è seduta sugli spalti vuoti del campo da calcio della scuola, un libro tra le mani, come sempre, il cielo di un azzurro limpido e qualche nuvola che sembra messa lì appositamente per completare il quadro. Quel venticello piacevole dei primi giorni di settembre, la luce del sole che illumina le pagine, quell’atmosfera che rende la lettura ancora più piacevole di quello che è.

“Cosa leggi?”

Rose alza lo sguardo, di nuovo, viene riportata alla realtà. Bright è proprio accanto a lei.
Rose: ciao!

Bright
Bright

Il ragazzo posa lo zaino a terra, sedendosi accanto a lei. La luce del sole mette ancora di più in risalto i suoi capelli biondo oro.
Rose: è il Piccolo Principe.
Bright: lettura impegnata. “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile…
Rose: agli occhi.”
Rose termina la frase. I due si sorridono. Ci sono persone che ti piacciono e basta, a prima vista, a pelle, ed è un qualcosa di inspiegabile. Per quanto riguarda Bright e Rose, è proprio così.
Bright: disturbo?
Rose fa cenno di no con il capo
Rose: no, figurati.
Bright: la scorsa volta sei scappata, mentre parlavamo.
Rose ripensa all’accaduto e a quel particolare giorno
Rose: già, mi dispiace, andavo di fretta.
Bright: non ti preoccupare.
Bright sorride, e quando lo fa, anche i suoi occhi sorridono insieme a lui.
Bright: allora, ti sei ambientata?
Rose: direi di… no. Assolutamente no.
Il ragazzo ridacchia, divertito
Bright: beh, posso capirti. Neanche io sono esattamente di qui. Anche se mi sono trasferito quando ero piccolo.
Rose: oh, e di dove sei?
Bright: diciamo solo che è un posto parecchio lontano.
Rose non sa perché, ma stranamente, la sua solita diffidenza nei confronti delle persone viene a mancare quando si tratta di Bright.
Rose: recepito il messaggio.
Bright vorrebbe dire di più, ma ora come ora non può.
Bright: sei qui per Benjamin?
Rose lo guarda, fingendosi confusa
Rose: come scusa?
Bright: gli allenamenti.
Bright guarda in avanti, così come Rose, gli allenamenti della squadra di calcio sono iniziati, Benjamin è in divisa, e corre con la palla verso la porta.
Rose: perché dovrei essere qui per Benjamin?
Bright: pensavo foste amici. Vi ho visti parlare in corridoio.
Rose: abbiamo parlato due volte. Non siamo amici.
Bright sorride, notando l’evidente imbarazzo della ragazza.
Rose: e tu perché sei qui?
Bright guarda in una direzione precisa, portandovi con lo sguardo anche Rose. La direzione è quella di Evan, che è bordo campo.
Rose: oh Dio, non dirmi che ti piace quell’idiota.
Bright: “idiota” è una parola forte.
Rose: lui ti prende in giro, ti maltratta continuamente. Non può piacerti una persona del genere.
Bright abbassa lo sguardo, Rose non potrebbe capire, non ancora.
Bright: vedi… c’è sempre un motivo per il quale una persona si comporta in un determinato modo.
Rose: Oddio, ti prego, non iniziare con la storia del bad boy dal cuore d’oro. Alcune persone sono semplicemente cattive e basta, non c’è una superficie da grattare o un cuore da salvare. È così, è semplice.
Bright guarda di nuovo la ragazza
Bright: non sei troppo cinica per una che legge parecchi libri?
Rose: no. Semplicemente mi dispiace per te.
Bright è confuso
Bright: e perché mai?
Rose: perché si vede che sei una persona buona, e quel ragazzo non merita la tua considerazione.
Bright: vedi Rose, io penso che ci sia del buono in Evan. E non è perché penso che sia un bad boy dal cuore d’oro, come dici tu, ma è perché io lo vedo, lo sento. Lo percepisco, è reale.
Rose sorride istintivamente, piacevolmente colpita dalle parole del ragazzo, e piacevolmente intenerita dalla sua bontà d’animo e la sua genuinità. È raro al giorno d’oggi trovare un qualcosa del genere.

 

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Robin si guarda attorno, quel posto in cui ha passato innumerevoli giornate, quel divano su cui ha dormito, quel cammino di fronte al quale si è riscaldato, quella stanza è piena di ricordi per lui, e doverci passare un momento difficile o negativo è degradante, lo rattrista. La cabina est della riserva di Twinswood è piena di riferimenti alla cultura e alla fede dei nativi del posto. Pelle d’animale, archi, frecce, disegni rudimentali e rimandi alle vecchie tribù e agli antichi branchi. Robin scopre cose che non aveva mai notato, ritagli nel muro, polvere, piccoli dettagli che si notano sempre quando si è nervosi, e si cerca di concentrarsi su altro.

La cabina si apre, finalmente. Un uomo robusto, sulla quarantina, rude ma in modo fiero, si fa avanti, ponendosi al centro della stanza e osservando attentamente Robin.
Robin: packmaster.

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“Mike. Sono Mike per te.”
Robin: pensavo che nelle situazioni ufficiali…
Mike: Robin…
La tensione viene smorzata, almeno per un po’.
Robin: signore. Io…
Mike: ho deciso di prenderti con noi anni fa. Di trattarti come un figlio, di crescerti, di accudirti. Di farti diventare un uomo. Nel bene e nel male.
Robin tiene la testa bassa, mostrando rispetto.
Robin: lo so, signore. Lo so.
Mike: e così ho fatto. Non è così?
Mike cerca il suo sguardo, sperando che il ragazzo lo alzi.
Robin: sì, è così, signore.
Mike: sei stato o non sei stato come un figlio per me?
La voce di Robin si spezza, mostrando chiaramente profondo dispiacere.
Robin: sì, signore. Ne sono onorato.
Mike: e quindi, Robin, come manderei mio figlio davanti al giudizio, devo mandare anche te.
L’uomo mostra chiaro rammarico nelle sue parole, e chiaro dispiacere per ciò che sta per fare.
Mike: sarai portato nelle celle della Riserva, e verrai giudicato domani all’alba dal consiglio del branco. Stanotte indosserai doppie catene d’argento.
Robin annuisce, convinto di meritare la pena, e convinto che il packmaster abbia ogni diritto di scelta.
Robin: la ringrazio, Signore.
Mike si avvicina al ragazzo, ponendogli una mano sulla spalla.
Mike: buona fortuna, figliuolo!

 

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Rose e Meredith sono sul divano del salotto, stanno guardando delle televendite, mentre ingurgitano gelato. Entrambe ne avevano bisogno, ed entrambe sono devote a questo rito da anni.
Meredith: come è andata a scuola?
Rose: il solito.
Meredith: novità nel campo amici?
Rose scava con il cucchiaio nella coppa. Non vuole deludere sua zia, quindi ha deciso un qualcosa che va un po’ contro la sua volontà.
Rose: stasera ho un impegno.
Meredith la guarda, sorpresa
Meredith: davvero?
Rose annuisce
Rose: sono stata invitata ad un locale. Certo, si tratta di una specie di riunione per una ragazza scomparsa e per un massacro causato da un animale ma…
Meredith: sì, ho sentito. Ti accompegnerò io.
Rose: improvvisamente Twinswood non sembra così monotona, eh?
Meredith: dovrei darti un coprifuoco?

Qualcuno suona alla porta. Meredith si alza, velocemente, recandosi verso l’entrata principale. È Leda.
Meredith: posso aiutarti, cara?
Leda: sì. Rose Wilson abita qui?
Meredith: wow, ha davvero preso a cuore il mio consiglio. Rose, è per te!
La donna urla, distraendo la nipote dalle televendite e dal gelato.

 

 

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Qualche minuto dopo, Rose e Leda si ritrovano a passeggiare accanto alla riva del lago, un imbarazzante silenzio, coperto dal fruscio dell’acqua sui sassi. Leda sembra ansiosa, sta semplicemente cercando di trovare le parole giuste, Rose l’ha capito, e quindi cerca di darle il suo tempo.
Leda: ti sembrerà strano che io sia venuta qui.
Rose: no, no affatto.
Rose mente chiaramente, ma non può permettersi di rinunciare ad una possibile amicizia, specialmente con una persona che, come Bright, le trasmette positività.
Leda si ferma, costringendo anche Rose a fermarsi insieme a lei.
Leda: ho bisogno del tuo aiuto.
Rose la guarda, sorpresa
Rose: oh, ti serve una mano con la scuola?
Leda: no. Di un altro tipo d’aiuto.
Rose è confusa
Rose: non riesco ad afferrare.
Leda: io lo so. So che sei una strega.
Rose indietreggia, quella sensazione allo stomaco sembra non abbandonarla più ormai.
Rose: che cosa vuoi da me?
Leda sapeva di rischiare, ma doveva farlo.
Leda: ti prego, non ti chiederei mai niente se non fosse una questione importante. Solo tu puoi aiutarmi.
Rose: come sai che…
Rose cerca di capire, cerca di comprendere come tutti sappiano di lei, quando lei stessa non sa niente. Tutto questo è incredibilmente frustrante.
Leda: io sono diversa.
Rose: sei una strega anche tu?
Leda fa cenno di no con il capo
Leda: mio fratello mi ucciderebbe se ti dicessi di più di quello che ti sto già dicendo. È già con queste informazioni credo di esseremi procurata una bara definitiva.
Rose la guarda, perplessa, ma anche furiosa, stanca di essere all’oscuro di tutto.
Rose: sono stanca. Sono stanca di persone che vogliono sapere, che vogliono qualcosa da me, ma che non vogliono dirmi la verità.
Leda: Rose, ti prego, lo amo.
Negli occhi di Leda la disperazione, la voglia di combattere, la fiamma dell’amore, della passione. Qualcosa che Rose non vedeva da tempo.
Leda: loro lo uccideranno.
Rose: parli di Robin?
Leda annuisce
Rose non riesce a capire, questa situazione sembra espandersi a macchia d’olio, e sembra non avere fine.
Rose: loro chi?
Leda: il branco. Il branco di lupi.
Rose sgrana gli occhi, si tocca la fronte, il solito gesto per capire se sta sognando o se realmente sta avendo quella conversazione.
Leda: loro lo giudicheranno, hanno una specie di rito. Ma lui non è uno di loro, non è un lupo.
Rose: esistono i lupi mannari?
Rose è ancora incredula, non riesce a mettere a fuoco.
Leda: lui è un wendigo.
Rose: un cosa?
Leda: un wendigo. È una creatura particolare. Lo avranno rinchiuso da qualche parte nella loro riserva, e l’unica che può aiutarmi a trovarlo sei tu.
Rose: quindi fammi capire bene. Tu sei venuta qui, dicendomi che sai che sono una strega, dicendomi che tu stessa sei un essere sovrannaturale, dicendomi che non puoi dirmi cosa sei, dicendomi che il tuo ragazzo, Wendigo, è rinchiuso in una riserva, in una specie di prigione, in un luogo abitato da lupi mannari, e che tu vuoi addentrarti lì dentro, fare le Charlie’s Angels e liberarlo?
Leda annuisce, per quanto assurdo.
Rose: quindi sei seria?
Di nuovo, Leda annuisce.
Rose: tutto questo è assurdo. È assurdo.
Rose inizia a camminare avanti e indietro lungo un piccolo perimetro, cerca di fare mente locale, anche se al momento sembra la cosa più difficile del mondo
Leda: ti prego, dimmi che mi aiuterai!
Rose si ferma, guardandola. Vuole dirle di no, deve dirle di no. Ma ovviamente non lo farà.

 

Colonna Sonora: Piper Score

Qualche ora dopo, Rose è nella sua stanza, la pittura è ancora abbastanza fresca, la ragazza è poggiata sul letto, un MacBook davanti ai suoi occhi.
Varie pagine aperte: ricerche google sul wendigo, sul sovrannaturale, sulle streghe in generale.

Le caratteristiche di questo essere non possono essere descritte con precisione, poiché variano a seconda della tribù, ma si tratta comunque di una creatura maligna divoratrice di uomini. Si dice sia figlio dell’Inverno e della Fame. Ha grandi artigli, corpo scheletrico ed emaciato e labbra assenti o almeno non sufficientemente grandi da coprire gli enormi denti. È di grandi dimensioni ed è ricoperto da peli. Il Windigo si muove molto velocemente, tanto da consumare i propri piedi per l’attrito con il terreno.

La ragazza ha un’idea. Guardare sul libro in fondo non è un male, anche se l’ha sfogliato parecchie volte, potrebbe esserle sfuggita una pagina sui Wendigo. Scoprirà che effettivamente è così, c’è un qualcosa sul “Windigo” che poi è un altro modo per chiamare la creatura.

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“Doppia natura. Buona e malvagia. Il Windigo è una creatura di plenilunio, spaventata dal fuoco, imitatrice di voce, la purezza giace negli occhi. La malvagità arde negli stessi.”

Rose: molto utile, Lisandra! Un po’ meno criptica? “La purezza giace negli occhi. La malvagità arde negli stessi.” Questo su Google non c’è scritto però!

Rose guarda in avanti, l’orologio segna le 19:00, ed è decisamente in ritardo.
Rose: vita sociale. Vita sociale, Rose.
Rose trova stupido parlare a se stessa, ma in fondo, visti i recenti avvenimenti, non è poi così assurdo.

La riserva di Twinswood non è diversa da qualsiasi altra riserva naturale. È aperta al pubblico fino alle ore 18:00. Il branco si dà molto da fare per tenerla pulita. Il paesaggio ricorda un quadro, è un qualcosa che nessuno riuscirebbe a non apprezzare.

L’ombra della notte è ormai calata sulla cittadina, Leda si fa spazio nel percorso che porta all’entrata della riserva. Ha paura, è sola, e non sa che cosa dirà. Controlla il cellulare per avere un segno da Rose.

“Hey, tu non puoi stare qui.”

Kyle si pone davanti all’entrata.
Leda: ho bisogno di vedere Gabriel.
Kyle: spiacente. La riserva è chiusa per il pubblico.
Leda: ho bisogno di vedere Gabriel, ora.
Per la seconda volta, Leda tira fuori le zanne, e questa volta non le ritirerà fino a quando il ragazzo non l’avrà ascoltata.

 

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Il Mouintain è un tipico locale rustico non lontano dal centro di Twinswood, quando si entra ci si sente stranamente a casa, è questa la sensazione che danno i colori caldi, il legno, e i tavolini raggruppati a sinistra. A Rose piace il posto, lo trova incredibilmente intimo, è un ottimo spazio per sedersi a leggere un libro.

“Non puoi prenderla. Se non la paghi, non la prendi. Ma da dove vieni?!”

Un uomo sulla sessantina sta urlando in faccia ad una giovane ragazza bionda, che sembra spaesata e impaurita. I due sono accanto alla cassa.

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Rose: hey… hey.
Rose si pone avanti, come al solito il suo spirito coraggioso tende a farla intromettere.
Rose: cosa sta succedendo?
Uomo: non vuole pagare la bottiglia d’acqua.
La ragazza guarda i due, facendo cenno di no con il capo
Ragazza: mi dispiace, mi dispiace io non sapevo che l’acqua fosse a pagamento.
Rose tira fuori il portafoglio, 2 dollari. Li dà all’uomo.
Rose: ecco qui.
Uomo: che tipa!
L’uomo si allontana, brontolando.

Ragazza: sono Ania. Ti ringrazio, mi hai salvato la vita.
Rose la guarda, incredula.

“Rose. Rose Wilson.”

Rose si gira, Lauren le fa cenno di raggiungerla ad un tavolino. C’è anche Benjamin, c’è un bel po’ di gente effettivamente.
Quando la ragazza si gira di nuovo verso Ania, l’aspetta il vuoto. Ania non c’è più.

 

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Quando Leda apre la porta della cabina di Gabriel, l’aspetta uno spettacolo che non desiderava di certo vedere. Gabriel tiene stretta una ragazza contro il muro, mentre la possiede con vigore, la vampira nota il sedere perfettamente rotondo, che si contrae ogni volta che penetra la fortunata fanciulla. Perché sì, viste le urla di piacere, deve essere davvero fortunata.

Leda: Gabriel!
Leda non ha tempo da perdere. Il ragazzo si distrae, notandola.
Gabriel: oh, hai pagato per lo show?
Leda: ti aspetto fuori!

Dopo aver aspettato impazientemente fuori per qualche minuto, Gabriel finalmente esce. Le sue parti intime sono coperte da un semplice asciugamano, ma comunque Leda ha già visto quasi tutto ciò che si poteva vedere.
Gabriel: cosa ci fai qui?
Leda: devo vedere Robin.
Gabriel sorride. Quel solito sorrisetto malizioso e da sbruffone.
Gabriel: sei seria?
Leda: so che non andate molto d’accordo. Ma so anche che siete cresciuti insieme. Deve importarti di lui. Non puoi volere che venga sottoposto a giudizio.
Gabriel: hey, queste sono le nostre regole. Non le ho scelte io. Non le ho fatte io.
Leda: lo so…
Leda cerca di appellarsi a qualche minimo segno di umanità.
Leda: lo so, ma lui è tuo amico. Non puoi volere che gli accada qualcosa.
Gabriel: oh mio Dio…
Leda lo guarda, perplessa
Leda: cosa?
Gabriel: la cancellata, la cancellata è sfondata. È scappato di nuovo.
Leda guarda nella direzione dove puntano gli occhi del ragazzo, il cancello ovest della riserva è in pezzi.
Leda: oh mio Dio.
Gabriel: come è possibile? Aveva doppie catene d’argento.
Improvvisamente Gabriel guarda Leda, gli occhi sono color giallo ocra.
Gabriel: devi andartene.
Leda: cosa?
Gabriel: mi sto trasformando. Devi scappare. Ora.
Gabriel urla, furioso.

Al Mouintain, Rose ha dovuto fare una pausa da Lauren. Sì, la ragazza non può essere presa a grandi dosi, è come la matematica. Decide di prendersi un caffé al bancone, attendendo novità da Leda.

Benjamin: quindi, ti stai divertendo?
Rose guarda Benjamin, che l’ha raggiunta al bancone.
Rose: oh, certo. Parlare di gente scomparsa che non ho mai conosciuto…
Benjamin: sei venuta al campo oggi.
Rose tenta di nascondere il nervosismo causato da quell’affermazione.
Rose: al campo?
Benjamin: al campo di calcio. Agli allenamenti, ti ho vista.
Rose: ero lì per leggere.
Benjamin poggia le mani sul bancone, sorridendo. Il ragazzo ha un qualcosa di magnetico, è così evidente. Sorride e riesce a farti sorridere di riflesso.
Benjamin: già.
Rose: è così.
Rose allunga il braccio, cercando di raggiungere la zuccheriera, che è proprio accanto a Benjamin. Il ragazzo, d’istinto, si ritrae, spaventato. Rose nota il gesto, incredula. I due si guardano, cercando di capire cosa sia appena successo, ma la suoneria di Rose li distrae, e interrompe quell’assurdo momento.

Si tratta di un messaggio di Leda.
Rose: io, io devo andare. Puoi salutare Lauren per me?
Benjamin: dove stai andando?
Rose pensa che la domanda sia sconveniente, soprattutto per quello che è appena successo.
Rose: a casa.
Benjamin non le crede, ma si limita ad annuire.

 

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Colonna Sonora: Atlas

Il paesaggio a tinte horror non aiuta il battito del cuore di Rose, e non aiuta neanche il fatto che ciò che la faceva sentire al sicuro, il libro, sembra averla abbandonata. La ragazza avanza per il bosco adiacente alla riserva, che sembra completamente desolato, l’unica luce è quella della luna piena.
Rose: ma certo Rose, sei un genio. Ti avventuri per un bosco desolato, in una cittadina piena di demoni, su consiglio di una tizia che probabilmente è un demone, per aiutare un tizio che quasi sicuramente si trasforma in una creatura malvagia cannibale.
Questa volta parlare da sola sembra ancora più assurdo, visto il sunto della situazione.

Rose viene interrotta da un qualcosa che sembra un rumore di passi, più passi. La ragazza si gira di scatto. Davanti a lei c’è il branco, Rose non riesce a contarli, sono troppi. Sono uno accanto all’altro, dei lupi di diverso colore, si chiede cosa debba fare: scappare o restare ferma, immobile, senza muovere un muscolo. Forse questo funziona con gli squali, oppure no. Una serie di pensieri, di nozioni, iniziano ad attorcigliarsi nella sua mente. Una cosa è certa, al momento non potrebbe scappare, la paura la immobilizza.

I lupi iniziano ad avvicinarsi, lentamente, la ragazza resta lì, non potrebbe prendere nessuna direzione, ormai è accerchiata.

Rose: wow, morire sbranata. Non me l’aspettavo.

Quando pensa di essere ormai spacciata, succede un qualcosa di curioso. I lupi iniziano a chinare il capo davanti a lei, quasi come in segno di rispetto. Quasi come se fossero sudditi al cospetto di una Regina. Rose non riesce a capire, ma è una bella sensazione, improvvisamente quell’ansia, quella paura di essere sbranata, si trasforma in ammirazione, in emozione, è un qualcosa di bellissimo.

Distratti da un forte rumore negli alberi, tuttavia, i lupi iniziano a correre in branco, allontanandosi velocemente dalla ragazza.

Da quelle foglie, da quegli alberi, un qualcosa si fa avanti, “un qualcosa,” perché sarebbe difficile descriverlo a parole, è piuttosto uguale, tuttavia, alla figura che è rappresentata sul libro. È un Wendigo. La ragazza non se lo aspettava così alto e così peloso in realtà, i due si guardano, per qualche secondo. È chiaramente umanoide, gli occhi sono quelli di una persona.

“Rose.”

Leda arriva accanto alla ragazza, l’ha raggiunta dalla parte opposta.
Rose continua a guardare la creatura.
Leda: oh mio Dio.
Rose: non l’avevi mai visto?
Leda si stringe a Rose, impaurita.
Leda: no.
Rose: qual è il tuo piano adesso?
Leda: non dovresti essere tu la strega.

Mentre le due continuano a battibeccare, succede qualcosa di inaspettato. Di nuovo, un qualcosa si muove tra gli alberi. È un’altra creatura, un altro wendigo si pone accanto a quello che si è già palesato.
Rose: sono due…
Rose continua a guardarli.
Leda: due? È impossibile.
Rose: uno deve essere Robin.
Uno dei due wendigo, quello uscito per ultimo, inizia a ruggire in modo strano verso le due, gli occhi rosso fuoco, lo sguardo di chi vuole mangiare, di chi è affamato, e di chi è pronto a sbranare.

Rose: aspetta. Cosa diceva il libro?
Leda continua a stringersi a Rose, la ragazza è molto forte. Ma non è il momento di farsi troppe domande.
Rose: la purezza giace negli occhi. La malvagità arde negli stessi. I suoi occhi, chi dei due è Robin?
Leda la guarda, incredula
Leda: come faccio a saperlo?
Rose: guarda i suoi occhi. Guarda i suoi occhi.

Leda lascia finalmente il braccio di Rose, tentando di guardare gli occhi delle due creature nel buio della notte. La vampira li guarda attentamente, una delle due creature ha gli occhi rossi, sembrano ardere quasi, c’è oscurità. Gli occhi dell’altra creatura sono semplicemente coloro nocciola, proprio come quelli di Robin.
Leda: è lui!
Leda indica il wendigo uscito per primo.
Rose: ne sei sicura?
Leda annuisce, ne è sicura.
Rose: bene.

Rose si pone avanti alla creatura dagli occhi rossi, sperando che la paura, l’ansia, e l’adrenalina del momento aiutino a ritrovare la forza necessaria.
Rose: hai paura del fuoco, eh?

La creatura emette uno strano suono, di nuovo. Sembra pronta ad attaccare.

“Il sangue pulsa a poco a poco, scorrendo accende questo fuoco.”

Rose non osa lanciare le fiamme, che questa volta si presentano, contro la creatura, c’è sicuramente una persona dietro il mostro. Ma una volta che il fuoco cade a terra, com’era intenzione della ragazza, il Wendigo dagli occhi rossi si allontana velocemente, come se avesse visto se stesso in uno specchio.

Rose guarda Leda, l’altra creatura è proprio dietro di lei.
Rose: stai bene?
Leda annuisce, contenta del risultato ottenuto, e particolarmente colpita dalle doti di Rose.

Rose non fa in tempo a raggiungere Leda, uno sparo distrae le due. Il Wendigo dagli occhi nocciola cade a terra, sollevando non poca polvere.
Leda: oddio!

“Ferma.”

Mike si fa avanti, con un fucile carico.
Mike: non morirà. Ma serve a calmarlo e riportarlo in cella.
Leda lo guarda, confusa
Leda: un proiettile?
Mike annuisce, sicuro di sé.
Rose: gli farete del male?
Mike fa cenno di no con il capo, avvicinandosi lentamente alle due.
Mike: il fatto che ci sia un’altra creatura simile nei paraggi fermerà il processo. O meglio, lo prolungherà.
Leda: potrebbe essere stata l’altra creatura a sbranare quelle persone.
Mike: potrebbe. Come non potrebbe…
Rose guarda la scena, curiosa, è evidente che in città ci siano delle regole, dei dogmi, dei piccoli gruppi con le proprie leggi. È affascinata ma anche spaventata da tutto questo.
Mike: ora andatevene da qui. Questo non è il vostro territorio!
Mike guarda attentamente Rose, che non abbassa lo sguardo, sa che tipo di uomo è, Rose è molto brava nel decifrare le persone, e sa che un uomo del genere va guardato negli occhi.

Colonna Sonora: I Wish I Was the Moon

La luna piena si riflette in modo ancora più bello sul lago accanto a casa Wilson, è come se fosse lì in alto esclusivamente per quel riquadro, quel posto è pregno di una magia particolare; è nell’aria, è nel paesaggio, è ovunque.
Rose e Leda sono sedute a pochi metri dalla riva, ammirano il tutto.
Leda: grazie, grazie per quello che hai fatto stasera.
Rose non sa se mostrarsi empatica nei suoi confronti o rabbiosa, in fondo vuole delle risposte.
Rose: quando capirò bene cosa sia successo, forse ti dirò “prego.”
Leda: abbiamo ottenuto un po’ di tempo.
Rose: ed è un bene, giusto?
Leda annuisce, rimirando il lago.
Leda: io ora dovrei andare. Mio fratello sarà furioso.
Rose: e come mai?
Leda: diciamo che è… molto protettivo. E non ama particolarmente Robin.
Rose non vuole fare ulteriori domande, anche se ne avrebbe tutto il diritto. Sembra un argomento scottante.
Rose: perché continui a combattere?
Leda: cosa?
Rose: voglio dire, tutta questa situazione, la tua relazione con Robin. È un qualcosa di pericoloso, di imprevedibile…
Leda: appunto. Combatto per questo. Perché è pericoloso, perché è imprevedibile. Perché mi fa sentire viva.
Rose non sa se le persone a Twinswood siano matte a causa delle particolarità del posto, o se sia semplicemente l’amore la magia che ci rende tutti un po’ pazzi.

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Le luci degli spogliatogli maschili sono ancora spente, Bright è arrivato decisamente presto, come al suo solito. Lo fa per evitare possibili scontri con gli omofobi della scuola. E sa che coloro che non gli parlano, in fondo pensano che sia sconveniente per lui stare lì. Tutto questo gli fa male, ma come al solito si mostra superiore.

Un rumore che non riesce ad essere soffocato dall’apertura dell’armadietto lo distrae. Il ragazzo si guarda attorno, analizzando la stanza per qualche secondo per poi riportare lo sguardo in avanti, verso il suo armadietto. Non appena si gira, tuttavia, qualcuno lo afferra da dietro, si tratta di Evan, che prepotentemente affonda le sue zanne nel collo di Bright.

Fine Episodio.

Spellbook vi aspetta TUTTI I GIOVEDI ALLE ORE 16:00 SU TELEFILM ADDICTED CON UN NUOVO EPISODIO

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