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Shadowhunters | Recensione 1×11 – Blood Calls To Blood

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Shadowhunters | Recensione 1×11 – Blood Calls To Blood

Terzultimo episodio per questa prima stagione di “Shadowhunters”.
Nonostante le inevitabili pecche che, diciamolo, derivano tutte dal fatto che lo showrunner ha voluto fare di testa sua invece di chiedere aiuto a Cassandra Clare, “Blood Calls To Blood” è il miglior episodio visto sinora, nel quale per di più assistiamo alla tanto attesa rivelazione sulla Morgestern Family.

Come ho detto, anche questo episodio presenta delle pecche. Ormai sono inevitabili visto che, invece di seguire una strada più fedele ai romanzi o di chiedere aiuto all’autrice, Cassandra Clare, per i cambiamenti che volevano apportare, gli autori hanno voluto inventare facendo di testa loro. Quindi, iniziamo da queste.

In primo luogo, la trasfusione di sangue a Jace. Posto che sì, questo sembra essere il cambio rispetto a “Città di Ossa” (in cui a essere ferito gravemente da Abbadon, uno dei Demoni Superiori – Il Demone della Paura, per la precisione – è Alec, il quale rischia di morire), visto che qui vediamo Jace ferito tanto da rischiare la morte, vorrei che qualcuno spiegasse a chi è venuta la geniale (sarcasmo) idea della trasfusione di sangue, umano per di più. Per prima cosa, Jace è ovviamente in parte umano, come tutti gli Shadowhunter, ma avendo sangue di Angelo è un Nephilim e del sangue umano non se ne fa nulla in una situazione come questa (e dubito che, anche avendone bisogno, il normale sangue umano sia compatibile con quello dei Nephilim, in quanto quest’ultimo è modificato per via della presenza dell’essenza del sangue di Raziel); punto secondo, gli Shadowuhunter hanno le Rune di Trasfusione e il veleno di un Demone non è certo guarito da un po’ di sangue umano, che invece finirebbe per essere avvelenato a sua volta… quello che serve a chi è ferito in tale modo è o una delle pozioni curative “di base”, per così dire (nel romanzo preparate normalmente da Hodge), o l’intervento dei Fratelli Silenti, i quali possiedono cure (e metodi curativi) più avanzate ed efficaci di un iratze (la Runa della Guarigione), oppure l’intervento di uno stregone… ancora meglio se il Sommo Stregone, più potente e più esperto degli altri (ed è così, infatti, che va per Alec nel romanzo: Hodge chiede l’aiuto di Magnus); infine… ma nel ristorante fanno la trasfusione di sangue?! Nel ristorante?! E poi Jace che fa, muore per il tetano?! (Scherzo, ovviamente, i Nephilim sono immuni alle malattie mondane. Ne hanno altre, tipo la sifilide demoniaca… Will, I know you love me per questa citazione.)
Insomma, siamo seri. E’ vero che il branco ha un kit di pronto soccorso e che è in grado di curare anche gravi ferite, ma qui si parla di una trasfusione di sangue, nel retro, apparentemente non proprio lindo e igienico, di un ristorante. Siamo seri.

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In secondo luogo, il processo. Non è tanto il processo in se stesso, come concetto, che non va bene, in quanto i processi avvengono nella società Shadowhunter ed è proprio la figura dell’Inquisitore (di cui parlerò più avanti) a decidere le incriminazioni (e anche a condurre le indagini, nei casi più importanti); inoltre, per quanto sia strano vederli parlare di avvocati, tecnicamente noi non abbiamo assistito a un processo. Nei romanzi sappiamo solo che si svolgono a Idris e che è l’Inquisitore a ricoprire il ruolo dell’accusa, per cui come dicevo non è il processo di per sé a dover essere criticato (i cambi, con l’Inquisitrice come giudice e Lydia come accusa, sono dovuti al fatto che l’azione si svolge a New York e non a Idris, dove a giudicare è il Consiglio)… ma nella sala centrale dell’Istituto dovevate ambientarlo, autori?! Non avevate niente di meglio?! Via i pc tendenzialmente inutili, dentro le sedie di plexigas e i banchi accusa/difensore, con il seggio dell’Inquisitrice (dove li tenevano, nello sgabuzzino delle scope?)?! Con parte della folla dei tecnici della Telecom che applaude alla fine. E su!!! Va bene che non si poteva trasferire il tutto a Idris, per l’unitarietà dell’azione, ma non l’avete un’altra sala?! L’Istituto è enorme!!! Perché fate queste cose, perché?! Sforzatevi di più, per la miseria!!! Decter e compagni, una delle parole d’ordine della prossima stagione è credibilità e uno dei motti è attenzione ai particolari. Ne gioverebbe tutto lo show.

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Infine, la Coppa Mortale. In primo luogo, non serve a comandare i demoni. Se così fosse, basterebbe ordinare loro di autodistruggersi (come avrebbe dovuto fare Clary invece di mandarli via… ad ammazzare qualcun altro, in primo luogo Luke là fuori), o non tornare mai più in questa dimensione e restare nelle loro dimensioni infernali (che sono molte) per sempre, e in mille anni circa gli Shadowhunter lo avrebbero fatto e voilà, guerra finita, necessità di proteggere costantemente il mondo non più pressante, problematica degli Shadowhunter che stanno diminuendo di numero inesistente. Problemi che, invece, sono tutti all’ordine del giorno per la società Shadowhunter, quindi smettiamola con questa faccenda della Coppa che comanda i demoni. Ci vuole molto di più per farlo.
Il secondo aspetto è che la Coppa, dopo Renwick, non dovrebbe essere dove si trova, ovvero all’Istituto… ma questo è un problema solo potenziale, un problema non davvero problema, bensì escamotage per rendere la faccenda più drammatica, che penso verrà risolto presto… non posso dire come e perché, ma suggerirei in particolar modo ai lettori di riascoltare il dialogo Jace-Alec… lì c’è la risposta (autori, I see what you did there!).

E adesso passiamo agli aspetti positivi dell’episodio, che sono vari.

Partiamo da Simon, Luke e Raphael che, come sempre, sono in character. Stanno presentando tutte le problematiche della trasformazione di Simon, una a una: ora siamo al fatto che non può magiare (non riesce, visto che è un neo vampiro). E lo vediamo sempre chiedere aiuto a Luke, perché è l’unico di cui si fidi, a cui possa rivolgersi, è una figura paterna anche per lui che ha perso il padre quando era più piccolo. Le dinamiche tra i due sono rappresentative di ciò che abbiamo visto nei libri, così come quelle tra Simon e Raphael. Tutto ciò che vediamo tra questi due, infatti, anche l’inutile missione per ottenere il sangue, serve a mostrare il loro rapporto, nonché a mostrare Raphael, a far comprendere lui come personaggio, la sua complessità. Per questo non può dispiacere vederlo così coinvolto. Raphael Santiago è un personaggio importante e complicato, dunque merita il suo spazio, visto che con uno show televisivo esso c’è. Inoltre, tutto questo dà un quadro più completo per chi non ha letto i libri. In più, abbiamo visto nominare i Soggiogati di Camille. Easter eggs!

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E la reazione di Simon alla notizia è la speranza rinata in lui nella nuova realtà, nella sua vita stravolta e notevolmente difficile ora, nella tristezza della sua morte. E’ questo il significato della scena con Luke. Simon sta attraversando il suo inferno personale. Non può uscire di giorno, non può mangiare, sente questa costante brama di sangue che può fargli perdere il controllo, non sa come gestire la situazione con la sua famiglia, si trova invischiato con il clan ed è diventato un Nascosto… ciò che Luke fa, nonché la reazione di Simon stesso, simboleggiano solo una luce che si riaccende nell’oscurità della sua nuova esistenza. Penso che uno dei motivi per cui abbiano anticipato la sua trasformazione (oltre al fatto che non poteva passare tutta la stagione a girare come un folle con le allucinazioni) sia proprio arrivare a questo punto e rimarcare, così, come per Clary non abbia importanza cosa lui sia, perché ciò che conta è solo chi lui sia.

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Per ciò che concerne il fatto che lui salga sul furgone di giorno (nel retro, quindi riparato dal sole, e sotto una coperta) e non senta il sonno, alla fine questi sono aspetti secondari. Ciò che conta è che mostrino le sue difficoltà con la nuova situazione, il non poter uscire di giorno e dunque il suo ripararsi dal sole (al quale non può esporsi, come anche chi non ha letto i libri avrà capito, pena il bruciare, per conseguenza del fatto che il vampirismo è una malattia demoniaca e i demoni non possono esporsi alla luce del sole… certo, per i licantropi non è così, ma sono due malattie diverse), il suo non poter mangiare e via dicendo. Quanto debbano essere spessi i muri che possono ripararlo dal sole è un dettaglio che può essere tralasciato (così come il colore degli occhi di Alec – basta che siano chiari – o la gradazione di rosso dei capelli di Clary).

Parliamo dunque di ciò che succede all’Istituto.
Per prima cosa, anche chi non ha letto i libri fa la conoscenza dell’Inquisitrice, Imogen Herondale. Scommetto che non vedevate l’ora. Imogen Herondale, altrimenti detta l’unica persona al mondo, a parte Valentine, in grado di far schierare le persone con Maryse Lightwood. (Non so se mi spiego.)
Breve chiarimento per chi non ha letto i romanzi: come ho accennato le scorse volte, il Consiglio è il governo degli Shadowhunter ed è guidato da due figure, ovvero il Console e l’Inquisitore. Il Console è il capo politico della società Shadowhunter. L’Inquisitore, va da sé, è colui che fa applicare la Legge, che presiede le indagini nei casi più importanti e che, come dice la stessa Imogen Herondale, ha come scopo il perseguire le persone. Il nome stesso della carica, Inquisitore, rimanda la comune immaginazione al passato della nostra civiltà occidentale, ovvero all’Inquisizione che, nei secoli bui, costò la vita a migliaia di persone. Non è un caso, poiché il concetto di fondo, ovvero indagare, incriminare e perseguire secondo una Legge che in realtà è oltremodo fallace, ma che è seguita ciecamente e acriticamente, è il medesimo.
E, come anche chi non ha letto la saga avrà capito, Imogen Herondale è un perfetto esempio di tutto ciò. Il personaggio, seppur apparso solo per parte dell’episodio, sembra decisamente in character. L’unica cosa che posso dire è che l’Inquisitrice è un personaggio più complesso di quanto si possa immaginare e, per quanto sbagliate, ha delle motivazioni.

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Le guardie che l’accompagnano sono un tantino eccessive, soprattutto per via di quelle divise, ma immagino che siano state concepite per trasmettere tutta l’inquietudine che deriva dal pericolo rappresentato dal Clave (soprattutto ora, con questa Inquisitrice e il Console che noi lettori ben conosciamo).

Parliamo dei giovani Lightwood. I momenti tra Alec e Isabelle sono a dir poco bellissimi, gli abbracci fratello-sorella meravigliosi.

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Alec, in un certo senso, è l’Alec dei romanzi. Per lui non c’è niente di più importante che proteggere le persone che ama e farebbe qualunque cosa per questo. Qualunque cosa, come si vede anche dal fatto che pensa a far scappare di nascosto Isabelle, rendendosi in questo modo complice. Il solo pensiero di poter non essere in grado di proteggerla lo manda in panico, un panico perfettamente visibile nella prima scena tra lui e Isabelle, nel suo modo di muoversi, nel non stare fermo, nel tormentarsi le mani. Apparentemente è calmo, perché lui è un guerriero addestrato ad affrontare le cose peggiori che si possano immaginare, ma in realtà dentro di sé è nel panico più completo. Tutto ciò che riesce a vedere è che sua sorella minore è in pericolo, un pericolo enorme, e lui non sa cosa fare per proteggerla, forse non è in grado di farlo.
(Devo dire che Jace e Alec mi hanno sempre fatto pensare ad Anakin, per motivi diversi. Anakin quando era Anakin Skywalker, non quando è divenuto Darth Vader, intendo. Come Anakin, entrambi sentono il bisogno di proteggere e salvare, Jace il mondo in genere, Alec prima di tutto le persone che ama. Come Anakin – del quale Padmé disse, “Lui è nato per salvare gli altri. Privarlo di questo significherebbe estirpare tutto il buono che c’è in lui” -, privato dell’opportunità di salvare chi ama Alec sente di non avere un senso, come se lui non avesse alcun valore venuta meno la possibilità di amare e proteggere. Jace, in più, ha tutto il tormento dell’Anakin che si giudica per le sue emozioni contrastanti, in sostanza per il fatto di essere umano, l’Anakin che, a sua insaputa, è stato influenzato da un mostro, altra cosa che accomuna i due.)
Tutti i momenti tra Alec e Isabelle sono belli e intensi: Isabelle è proprio la nostra Izzy dei romanzi, così fiera, così indipendente, così forte, sempre a ribadire che non ha bisogno di essere protetta… e Alec che la supplica di lasciarglielo fare (“Città delle Anime Perdute”). Per non parlare dello sguardo dei due durante il discorso di Lydia. Parole talmente vere e amore così profondo tra i due, fratello e sorella così diversi tra loro, da essere commoventi.

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In più, nonostante si scontri nuovamente con Jace (ne parlerò dopo), Alec comincia a mettersi in discussione, come mostra anche la sua presenza dinanzi a Clary (una volta che lei e Jace sono tornati all’Istituto con Jocelyn): Alec è immobile, eppure nel suo sguardo c’è anche una scintilla di pietà e partecipazione del dolore di Clary, della sua preoccupazione per la madre, che rimane incosciente e che né Clary, né gli altri, sanno come salvare.

Voglio soffermarmi sulle due giovani donne all’Istituto, Izzy e Lydia. Sin dal momento con Alec, Isabelle mostra tutto quello che pensa. Per quanto nei romanzi ci voglia tempo affinché questo fattore emerga del tutto, è in realtà implicito nelle sue azioni: ha una liason con Meliorn, spinge il fratello maggiore a uscire con Magnus, che è uno Stregone… Nonostante il fatto che Meliorn per lei non sia l’amore, anche questo serve a mostrare che per Isabelle non fa alcuna differenza la natura fisica delle persone, lei le valuta per come sono (nonostante le difficoltà suscitate dal suo caratterino) e sono più le volte che la Legge la fa infuriare e nelle quali non vede l’ora di sfidare l’autorità per l’ingiustizia imperante, di quelle in cui decide di seguire le regole. Le sue parole, ad Alec prima e il bellissimo, bellissimo discorso durante l’udienza poi, non sono che un’esplicitazione di tutto ciò. Senza dubbio si può obiettare che in un certo senso è troppo presto ed è vero, ma non si può negare che così stiano le cose. Senza contare che attraverso Isabelle IL problema di questa storia, nel senso di questione che i personaggi devono affrontare, ciò che sta alla base di tutti i problemi della loro società, è dichiarato a lettere cubitali. Le parole di Isabelle, come quelle di Lydia, rappresentano LA QUESTIONE delle “Conache degli Shadowhunters”, un fil rouge che si dipana dalla Londra vittoriana di “The Infernal Devices”, alla New York del 2007 (nei libri) di “The Mortal Instruments” e alla Los Angeles contemporanea di “The Dark Artifices” (trilogia della quale è appena uscito anche qui in Italia il primo romanzo, “Signora della Mezzanotte”), attraverso “Il Codice degli Shadowhunters”, “Le Cronache di Magnus Bane” e le “Cronache dall’Accademia degli Shadowhunters”, volumi “integrativi” che rivelano alcuni terribili avvenimenti, in tal senso, dai quali il Clave e la società Shadowhunter escono in modo agghiacciante.

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“Anche noi siamo umani. Anche noi possiamo provare paura.”

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Come per Isabelle, le parole di Lydia sono bellissime, poetiche persino. Lei si rivela appieno la giovane donna che avevo dipinto inizialmente, ovvero divisa tra la sua natura forte ma gentile e il senso del dovere… finché, posta dinanzi a una tale situazione, esso soccombe davanti al bisogno di giustizia. Vera giustizia. E, come Isabelle, anche Lydia pone LA QUESTIONE, perché se c’è una cosa che noi lettori abbiamo imparato è che gli Shadowhunter agiranno pure su mandato celeste, ma non sanno nulla di misericordia, compassione, tolleranza, non solo verso i Nascosti, ma nemmeno verso i membri della loro stessa società. Principi che, invece, dovrebbero essere i primi a cui ispirarsi per loro, proprio in virtù del loro mandato. Non sono tutti così, ovviamente, ma fin troppi sì, e quel che è peggio, chi guida (il Clave) è così.
Si potrebbe dire che all’Istituto avviene un risveglio delle coscienze, che parte da Isabelle e giunge a Lydia, passando persino per la domanda dell’Inquisitrice, “Pensi che sia questo che stiamo facendo a te?” Un risveglio delle coscienze che è merito di Clary.
Senza contare il fatto che Lydia descrive Magnus per come lui è davvero.

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Su Lydia ho due ipotesi, per ora: o diventa nemica, cosa che spero non sarà visto che, per quanto personaggio di cui si poteva fare a meno, come persona mi piace (almeno questo, visto che l’hanno creata); oppure, rimanendo loro amica e alleata, morirà. Sarebbe la scelta più auspicabile, per vari motivi.

Parliamo di Magnus. Come ho detto l’esecuzione del processo lascia a desiderare, quindi è anche strano vedere Magnus nei panni dell’avvocato difensore, ma in tutta la parte in cui è presente è il Magnus Bane che amiamo. All’inizio, quando Alec arriva da lui, è freddo, distante, sarcastico… atteggiamento che il Sommo Stregone di Brooklyn assume senza alcuna difficoltà. Soprattutto, a essere apprezzabile è la parte in cui parla della Legge perché Magnus, anche grazie al fatto di essere piuttosto antico, conosce benissimo gli Shadowhunter e la Legge, ne conosce le scappatoie… Come noi lettori ben sappiamo, Magnus si è trovato varie volte a lavorare per gli Shadowhunter, facendo firmare loro dei contratti nei quali lui infila degli escamotage di cui nessuno si accorge. Senza contare che è vero che ci sono scappatoie nella Legge… tecnicismi, come direbbe lui. Per questo motivo la sua spiegazione funziona. E davvero divertente la sua interpretazione del motto degli Shadowhunter, “The Law is hard, but it is the Law”, che non rappresenta solo il disprezzo dei Nascosti per una tirannia e una persecuzione secolare che hanno subito (e in parte ancora subiscono), ma simboleggia anche noi lettori e il nostro pensiero (traducibile in “Prendete la vostra preziosa Legge e ficcatevela dove non batte il sole”) . Ho riso fino alle lacrime.

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La simbologia di questa interpretazione del motto “Dura Lex, sed Lex” diviene esplicita proprio durante il processo, con le parole del Sommo Stregone, che rappresentano il profondo pensiero di Magnus. Ciò che lui e altri Nascosti, altri leader dei Nascosti, mettono in discussione non sono gli Shadowhunter come istituzione, poiché sanno benissimo che sono necessari anche per la loro protezione (visto che i demoni uccidono i Downworlders così come gli umani), ma il modo in cui la società Shadowhunter li ha trattati, li considera, il modo in cui applicano la Legge e, soprattutto, la non messa in discussione della stessa, l’applicazione cieca di essa, la mancanza di misericordia.
Il suo essere il difensore di Isabelle, peraltro, pone l’attenzione su un particolare: la Spada Mortale, detta anche Spada dell’Anima. Come ho spiegato in precedenza, è uno dei tre Strumenti Mortali, forniti dall’Angelo Raziel al primo Cacciatore, Jonathan Shadowhunter. La Spada Mortale estrae “a forza” (il che significa anche dolorosamente) la verità dalla persona che la tocca, ecco perché Magnus giura su essa (ed ecco il perché della sua faccia quando l’Inquisitrice dice che non gli succederà niente se dirà la verità… Magnus è custode di molti segreti).

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Per quanto concerne la sua situazione con Alec (chissà se ha posto un incantesimo sull’arco) in giro ho letto che alcuni storcono il naso perché è come se Magnus corresse dietro ad Alec e lui nei romanzi non lo fa. Questo è vero a metà. E’ vero che è Alec quello che per primo chiede a Magnus di uscire, quello insicuro, ma primo: non vediamo Magnus insicuro, anzi. Secondo: è altresì vero che per tutto “Città di Cenere” (e parte di “Città di Vetro”) Magnus accetta una situazione, con Alec, che gli provoca sofferenza, e il motivo per cui lo fa sono i sentimenti che prova per lui. Quello che noi vediamo non è altro che un’interpretazione di ciò che Magnus vive in “Città di Cenere”. Questo non significa ovviamente che ciò che vediamo debba piacere per forza, capisco che possa non piacere, anzi (anche io avrei preferito una versione più attinente a quella originale), ma la spiegazione è questa. Questa versione è un’interpretazione di quella situazione.
Molto belle le parole su Alec e Lydia, sul fatto che nemmeno lei meriti un futuro di solitudine, perché è profondamente vero.
Posto che Alec è bellissimo e nessuna donna dotata di un minimo di cervello lo butterebbe mai via, Lydia non lo ama. Lui le piace, come persona, ma non lo ama e anche lei si rinchiuderebbe in una prigione che la renderebbe infelice.

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Parliamo di Jace. Finalmente, finalmente Jace. Sin dall’inizio dell’episodio. Al principio è ferito, certo, ma quella vulnerabilità che emerge, quella sofferenza, sono tipiche di lui, che sotto la spavalderia nasconde un’anima tormentata e ferita. Un tormento acutizzatosi e venuto in superficie alla fine, dopo Renwick, nel suo discorso con Clary, così come nello scontro con Alec (aspettando che smettano di far fare a quest’ultimo la Drama Queen… va bene, è ancora fuori di testa per la paura per Isabelle e straparla, ma a breve gli passa… deve passargli; almeno ho apprezzato le parole di Jace)… quando Alec gli dice “Vado da mia sorella” lo sguardo di Jace è quanto di più tipico di lui possa esistere: subisce il colpo di sentirsi rifiutato dal suo parabatai non solo in quanto parabatai, ma in quanto fratello, come se sentisse insinuare da Alec (che non sappiamo ancora se sia già a conoscenza dei nuovi sviluppi o meno) che Isabelle è solo sua sorella, non di Jace… rifiutato dall’unica famiglia che ha e che ama.

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Jace e Clary quando si baciano, una volta che lui si è ripreso… e in quel breve discorso, in quel bacio, finalmente proprio bello, c’è una sorta di disperazione, come un aggrapparsi l’uno all’altro, sentendo che qualcosa sta per abbattersi su di loro; all’Istituto, dopo la rivelazione, sono persi, non sanno più come approcciarsi l’uno all’altro… Clary sollevata dal fatto di riavere sua madre, ma preoccupata perché non ha idea di come curarla, e che si concentra su questo per non annegare nel dolore infertole dal padre.
Quindi autori, per favore, per favore: questo è il momento di Jace. Sfruttatelo appieno, anche nella prossima stagione, perché lui sopravvive a stento per il dolore e il tormento. Rendetegli giustizia.

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E veniamo, infine, alle grandi rivelazioni dell’episodio.
Posso dire che lo avevo detto? No, perché ho passato metà episodio urlando che Michael era Valentine… ogni istante, ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo – sort of – me lo confermava sempre di più… Alcuni esempi: innanzi tutto, posto che per Valentine ammazzare i suoi uomini è la norma, è interessante notare che Jace, per quanto ferito, dice che Michael Wayland è Valentine come se, nonostante le conseguenze del veleno che è in circolo nel suo corpo, il suo non fosse davvero un delirio, quanto un sesto senso in azione; la spiegazione di “Michael” su Valentine, che se ne sarebbe andato, non regge proprio perché dice che ha preso Jocelyn ma non lui, “Michael”… avendolo tenuto prigioniero per quasi dieci anni non aveva senso abbandonarlo proprio in quella circostanza; il momento clou è quello in cui lui dice a Luke che Valentine non ha mai smesso di amare Jocelyn, anche volendolo fare, e quello in cui lui e Clary parlano di Jace e poi di Jocelyn e Clary stessa, poiché “Michael” dice che Valentine ha sempre amato Jocelyn e avrebbe amato anche Clary, che Valentine quando ama lo fa con tutto se stesso e irrimediabilmente (il che, dal suo punto di vista, è vero, ma non potrebbe esistere un modo più sbagliato di amare). Alla risposta di Clary, che lo definisce un folle, “Michael” sussulta leggermente e il suo sguardo trasmette il colpo subito. Ovviamente, anche le parole a Jace, quando lo allena, sono emblematiche, ma la frase che più di ogni altra rappresenta la prova è quella a Clary: “To bring your family and mine together.”
E quindi sono contenta che, quantomeno, il passaggio nella dimensione “oltre lo specchio” fosse un tassello di un puzzle. Doveva essere reso più profondo e malinconico, ma almeno non era fine a se stesso e, oltre a essere il “Paese delle Meraviglie” di questa Alice (Clary), era altresì il simbolo di un inganno, in accordo all’espressione “gioco di specchi”, che per l’appunto significa questo (gioco di specchi perché i Portali, simboleggiati per l’appunto come specchi, erano due).
In questo senso, è interessante che sia Clary quella che capisce l’inganno a Renwick, ragionando sui conti che non tornano in merito alla morte di Michael Wayland, perché questo è un punto della storia che serve a costruire il puzzle: Michael Wayland morì effettivamente nel periodo riferito da Luke e Valentine si nascose a Idris sotto questa falsa identità, crescendo Jace, il quale non ha mai saputo che suo padre non era Michael Wayland. Fino a Renwick.

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Credo sia necessario un chiarimento su questo scambio di identità: mi rendo conto che ad alcuni l’escamotage utilizzato per Valentine, ovvero la Runa, possa non piacere per via di Tessa ma, posto che Tessa non è solo questo, è molto di più, serviva una spiegazione per il pubblico non lettore per spiegare come abbia fatto Valentine a vivere dieci anni a Idris, sotto il naso del Consiglio, senza mai essere visto. Nei romanzi la cosa è piuttosto sfumata, anche perché ci sono molti fattori che devono essere presi in considerazione, tra i quali il fatto che Valentine vivesse con Jace alla tenuta in campagna, che la partecipazione alle sedute del Consiglio non è obbligatoria e che il Clave tende a mettere lo sporco sotto il tappeto, facendo finta che non sia mai esistito, quindi di certo non aveva interesse ad andare a cercare un ex membro del Circolo (Michael Wayland), ma resta il fatto che nello show bisognava dare una spiegazione più concreta, perché Idris è uno Stato più piccolo del Belgio con la densità di popolazione della Repubblica di San Marino, alla tenuta Wayland c’era anche della servitù e Valentine in dieci anni non è mai stato visto da nessuno, nemmeno per sbaglio (chi non ha letto i libri avrà capito che in essi Valentine non si nasconde sotto l’aspetto di Michael Wayland, ne assume solo l’identità). Ovviamente si poteva chiedere aiuto a Cassandra Clare, ma visto che gli autori hanno voluto fare di testa loro, la spiegazione fornita non è insensata. Se chi non ha letto i libri si chiede come possa Jace essere sicuro della rivelazione di Valentine, visto che qui nello show non conosceva il suo vero aspetto, la risposta sta nel fatto che sotto le mentite spoglie di Michael Wayland l’uomo dice cose che solo il padre di Jace potrebbe sapere, ecco perché Jace gli crede.
Per quanto riguarda Jace, i non lettori devono sapere che il suo vero nome è Jonathan Christopher (Wayland Lightwood… e ora anche Morgenstern) ed è da questo che deriva il suo soprannome: le sue iniziali, J.C., che in inglese si leggono “Jay-Cee”, dunque Jace. Peccato per la mancanza dell’anello di famiglia, che avevo menzionato tempo fa, visto che quella è un’ulteriore prova: Jace porta l’anello di suo padre pensando che sia quello della famiglia Wayland… ma in realtà è dei Morgestern. Valentine lo portava con l’iniziale al contrario e così lo ha sempre portato Jace ignaro, del quale dopo questa rivelazione scopre le vere origini: “M” → “W” → “M”.

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Nonostante sia più breve della versione originale nel romanzo, e pertanto più rapida, la rivelazione è in sostanza quella che noi lettori conosciamo: Valentine sgancia la bomba sapendo dello shock che questo provocherà in Jace e Clary, i quali sono sconvolti. Clary cerca di rifiutare ciò che lui ha appena detto, Jace ha il volto attraversato da orrore, disgusto, dolore. E la faccia di Dominic Sherwood trasmette queste sensazioni. Certo, sarebbe stato splendido vederla più estesa, con la presenza di Luke e il suo duello con Valentine e soprattutto la tentazione di Jace, che è a un passo dal cadere, schierandosi dalla padre di suo padre (perché ingannato da lui, che ha raccontato al ragazzo una versione alterata della verità) e seguendolo per via del suo amore di figlio, ed è salvato solo dalle parole di Clary (spero che usino questa tentazione più avanti). Si sente la mancanza di questi due fattori (e di sicuro, invece di creare la dimensione alternativa potevano dedicarsi più a questa parte), ma di per sé la scena raggiunge il suo scopo in ogni caso, ed è a questo che Jace poi si riferisce, parlando all’Istituto con Clary (“Sono debole”), così come la frase di Valentine “Vieni con me, figlio mio. Sai di volerlo”.
E quella frase…
“Blood calls to blood.” Ottima idea, poiché sostanzialmente vera.
Vi chiedete quindi chi abbia avvisato Valentine dell’arrivo di Jace e Clary? Ottima, ottima domanda. Continuate a chiedervelo.

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E così, anche voi, non lettori, ora sapete. Ora anche voi siete sprofondati in questa rivelazione-shock che sconvolse noi lettori. Io ho letto i libri anni fa, ma il mio “NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” fa ancora l’eco. Se tendete l’orecchio sentite “…..oooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!”
So it begins. E se credete che questo sia il peggio, da parte di Valentine… tenetevi forte. Ha altri assi nella manica. La soddisfazione è che Clary è degna figlia di papà… e gli dà del filo da torcere.
Che dire. Noi lettori vi stavamo aspettando. D’altronde, Nephilim: Facilis Descensus Averni.
So! Welcome to Hell! Enjoy your stay.

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Attenzione a quello che sto per dire, voi che non avete letto i libri. Potete saltare e passare ai promo, se credete.

Bene, ora che questa rivelazione è finalmente pubblica, dobbiamo solo archiviare questa faccenda del matrimonio e poi saremo liberi e felici con una coppia, e tristissimi per l’altra (Jace e Clary). Ripetiamo tutti insieme: “Questo matrimonio non s’ha da fare!”

Questa settimana mi sono dilungata più del solito, ma c’erano tante cose da dire (e altre ce ne sarebbero da dire, ma devo pur pormi un limite), sorry.
Bene, qui mi fermo e vi lascio, con non uno, ma ben due promo del prossimo episodio, “Malec”.

Il primo è “Breath”.

 Il secondo è “Kiss”.

https://www.youtube.com/watch?v=OatE-0boV0E

 

Alla prossima!

Ricordatevi di passare in queste meravigliose pagine per news, aggiornamenti e spoiler settimanali sugli episodi, news sui nostri personaggi preferiti e tanto altro!

Shadowhunters Italia (pagina del sito ufficiale italiano)

Malec Italia

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Sam
Simona, che da bambina voleva diventare una principessa, una ballerina, una cantante, una scrittrice e un Cavaliere Jedi e della quale il padre diceva sempre: “E dove volete che sia? In mezzo ai libri, ovviamente. O al massimo ai cd.” Questo amore incondizionato per la lettura e la musica l'ha portata all'amore per le più diverse culture (forse aiutato dalle origini miste), le lingue (in particolare francese e inglese) e a quello per i viaggi. Vorrebbe tornare a vivere definitivamente a Parigi (per poter anche raggiungere Londra in poco più di due ore di treno). Ora è una giovane legale con, tralasciando la politica, una passione sfrenata per tutto ciò che all'ambito legale non appartiene, in particolare cucina, libri e, ovviamente, telefilm. Quando, di recente, si è chiesta in che momento, di preciso, sia divenuta addicted, si è resa conto, cominciando a elencare i telefilm seguiti durante l'infanzia (i preferiti: Fame e La Famiglia Addams... sì, nel fantasy ci sguazza più che felicemente), di esserci quasi nata. I gusti telefilmici sono i più vari, dal “classico”, allo spionaggio, all'ambito legale, al “glamour”, al comedy, al fantastico in senso lato, al fantascientifico, al “giallo” e via dicendo. Uno dei tanti sogni? Una libreria. Un problema: riuscirebbe a vendere i libri o vorrebbe tenerli per sé?

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