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Pretty Little Liars | Recensione 5×20 – Pretty isn’t the point

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Pretty Little Liars | Recensione 5×20 – Pretty isn’t the point

Quando si arriva tardi ad un appuntamento si corre il rischio di trovare i posti migliori già occupati, i dolci più buoni già mangiati e i pensieri più intelligenti già espressi. Io purtroppo arrivo tardi a recensire l’ultimo episodio di Pretty Little Liars e le battute più scontate sono già state fatte, i meme privi di ogni originalità sono già stati pubblicati e le critiche a Marlene e ai vestiti di Aria sono state già scagliate come maledizioni senza perdono. Mi toccherà quindi trattare questa puntata con ciò che resta: oggettiva presentazione delle storyline con sfumature sarcastiche, piccole invettive personali, momenti di leggero “fangirlaggio” e sguardi teorici sul futuro.

Partiamo da quella sensazione che provo almeno nove volte su dieci quando finisco di guardare un episodio di Pretty Little Liars ossia “Bene, non ci ho capito niente”. In realtà però questa puntata ha cercato a modo suo di dare qualche risposta e un paio di informazioni in più, chiudendo probabilmente quella che era la storyline di Mike e aprendo un nuovo capitolo che mette le liars di fronte a nuove consapevolezze e le costringe a intraprendere ulteriori percorsi al di là di quelle convinzioni alle quali si erano tanto aggrappate ultimamente. Ancora una volta infatti, le ragazze credevano di aver finalmente scoperto l’America e di essere a un passo dallo smascherare tutti i piani di A, carine le mie piccole illuse! In un ruolo indossato secondo le loro teorie, nell’ordine, da Toby, Ian, Melissa, Jenna, Garrett, Jason, Wilden, CeCe, Alison, Holbrook e mai una volta che avessero del tutto ragione, adesso è il turno di Mike di diventare il nemico pubblico #1, i cui comportamenti però, a difesa delle giovani detective, erano effettivamente più sospetti di quanto non fossero mai stati. Gonfiato come una mongolfiera, Mike sembra davvero disposto a indossare la lettera scarlatta e il sopralluogo nella sua stanza non fa che confermare tutte le teorie più inquietanti rendendole inoltre ancora più strane e assurde di quanto non lo fossero già nell’episodio precedente. Dalle caramelle nel bosco, alle fialette di sangue in possesso di A, arriviamo adesso alla collana che forma un messaggio in codice morse e io a questo punto mi chiedo quanti rewatch di Alias abbiano fatto nella writer’s room di Pretty Little Liars. Di fronte quindi all’ennesima prova che sembrerebbe posizionare Mike nell’orbita di A, Aria decide di sguinzagliare i suoi cani, chiedendo aiuto in una missione di spionaggio al suo nuovo BFF Andrew che da spasimante zerbino-pusher di Spencer si è evoluto in spasimante zerbino-tutor di Aria, nella speranza però di raggiungere lo stesso obiettivo.

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L’inseguimento conduce Andrew nel bosco alle spalle di casa Vanderwaal dove osserva Mike conservare una busta sospetta all’interno di un albero. A questo punto però i dilettanti devono farsi da parte e lasciare il campo libero agli esperti. Sola e ormai a sera tarda, ossia nel momento ideale per farsi uccidere da un serial killer, Aria decide di affrontare di petto questa situazione personale, addentrandosi nel bosco buio e pericoloso come solo Biancaneve aveva fatto prima di lei. Silenziosa e delicata come Hanna in una pasticceria, Aria riesce a scoprire il contenuto della busta misteriosa ma allo stesso tempo fa avvertire la sua presenza anche alla Cristoforetti nello spazio, figuriamoci a suo fratello Mike che le era praticamente accanto.

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Lasciando cadere la fialetta di sangue che aveva trovato come sorpresa dell’uovo di Pasqua nell’albero, Aria fugge da suo fratello rifugiandosi in casa sua (anche questa non un’idea del tutto geniale), sperando qui nella protezione di un padre evanescente e che a suo tempo si stava rivelando pericoloso tanto quanto Mike, BEST FAMILY EVER! Obbligata a un confronto ormai inevitabile, Aria si ritrova faccia a faccia con un ragazzo che da tempo stentava a riconoscere ma che, nel momento in cui inizia a parlare, ritorna ad assumere lentamente le sembianze di suo fratello. Consapevole della posizione in cui si trovava e del limite a cui si era spinto il rapporto con sua sorella, Mike comincia a raccontare la sua verità in una confessione che apre nuovi orizzonti. A quanto sembra Leslie non aveva inventato la discussione tra Mike e Mona poco prima della morte di quest’ultima ma quello che non potevamo immaginare era il piano assurdo e geniale con il quale Mona aveva intenzione di uscire (momentaneamente) di scena.

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Mike aveva infatti scoperto la sua fidanzata mentre si prelevava un paio di fialette di sangue chiacchierando amabilmente con un’amica al telefono, un momento quindi di pura quotidianità adolescenziale, chi non l’ha fatto almeno una volta ai tempi del liceo? Ciò che Mona però gli rivela è ancora più machiavellico e trova un’interessante corrispondenza con alcuni dettagli delle stagioni precedenti: in uno dei flashback più importanti di questi episodi, Mona afferma infatti di non conoscere A personalmente ma di essere ancora in contatto con questa persona tramite intermediari. E proprio per conto di A, Mona aveva pianificato una sua finta morte per far sì che la colpa ricadesse su Alison, come effettivamente poi è capitato. La parte del piano che non è andata come previsto è quella in cui Mona, finalmente degna della fiducia di A, riesce a conoscerne l’identità, rivelando poi tutta la verità ad Aria e alle altre ragazze e scagionando Alison per una presunta morte mai avvenuta. E in quel preciso momento Mona sarebbe stata ciò che ha sempre voluto essere: un’eroina, una ragazza degna del rispetto, dell’affetto e dell’amicizia non tanto di Alison, quanto di Hanna, Aria, Spencer e Emily, di cui aveva sempre invidiato il legame puro e indissolubile che le teneva unite. La particolarità di questo flashback che viviamo tramite le parole di Mike è doppia: se da una parte trovano posto molti momenti indefiniti della storyline di Mona come Original A prima e al servizio di Big A dopo (come gli incontri misteriosi con intermediari o la sua volontà di spingersi oltre qualsiasi limite per essere accettata nel circolo più esclusivo), dall’altra parte secondo me abbiamo diverse conferme di quella che era da sempre la sua personalità e il suo desiderio più grande: non essere più sola ma sentirsi parte di qualcosa di più grande come una famiglia.

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Nel suo racconto Mike inoltre scagiona Alison come presunta A e probabile assassina di Mona mentre l’unica conclusione ovvia del piano geniale della giovane Vanderwaal è quella che vede A ancora una volta un passo avanti a tutti e che elimina Mona anticipando il suo doppiogioco e mettendo a tacere un collaboratore che ormai sapeva troppo. Alla fine di tutto quindi, Mike torna ad essere soltanto una pedina di un gioco che neanche conosceva ma in cui si era inserito come ultima speranza di poter rivedere ancora una volta la ragazza che amava.

Le storyline indipendenti di Spencer, Hanna e Emily non sono particolarmente interessanti se non per alcuni momenti indubbiamente degni di nota, che passano da un carattere esilarante e dolce a uno più intrigante e cupo.
Chi ama crede”. Johnny pronuncia queste parole in italiano di fronte a un ritrovato Toby con cui sembra sul punto di duellare. Johnny non è un personaggio che mi fa perdere la testa e sinceramente non ne capisco a pieno l’utilità se non quella di affiancare a Spencer un ragazzo misterioso che faccia uscire il suo lato più ribelle e selvaggio. Sta di fatto però che quelle parole che rivolge a Toby sembrano riassumere tutto quello che più non funziona nella sua storia con Spencer. Toby ha smesso di crederle, ha smesso improvvisamente di sostenerla, di essere quel porto sicuro in cui rifugiarsi che le aveva promesso che sarebbe sempre stato, ed è diventato il cadetto perfetto, ligio al dovere e a quelle regole che all’inizio della serie non gli sembravano poi così corrette quando lo punivano per crimini che non aveva commesso. Sempre più distante quindi, Toby si erge a paladino della giustizia da un piedistallo che sinceramente non gli si confà, lasciando Spencer a un paio di livelli inferiori mentre si domanda che cosa ha sbagliato in questo rapporto. Per quanto mi riguarda a questo punto, tre sono le soluzioni possibili: o Toby torna ad essere il ragazzo meraviglioso che abbiamo sempre amato, o viene tagliato fuori dal quadro generale o assume l’unica identità che giustificherebbe questi sbalzi di personalità da donna in menopausa, ossia il volto e la mente di A. Per quanto riguarda Spencer invece, diventa chiaro comunque il motivo che la spinge ad avvicinarsi sempre di più a Johnny, un ragazzo che se fate attenzione sembra possedere molte delle caratteristiche del primo Toby, dolce ma tenebroso, la metà perfetta della giovane Hastings.

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Affezionata probabilmente ai ruoli borderline e adrenalinici di Bonnie & Clyde, Spencer aiuta Johnny a fare irruzione e a sottrarre a una galleria d’arte il dipinto che insieme avevano creato alla Hollis, inseguendo una sorta di giustizia privata che però collima con la visione di Toby che, intercettata la refurtiva, arresta Johnny non coinvolgendo Spencer (mi sembra il minimo).

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Veronica Hastings fa la sua magia e Johnny non resta in cella neanche per il tempo necessario di prendere le impronte ma il prezzo da pagare è quello di allontanarsi dalla dependence e soprattutto dalla vita di Spencer, la cui amicizia sembra pronta a diventare qualcosa di più.
Hanna invece è alle prese con quel concorso di bellezza (in pieno stile Helen di “So Cosa Hai Fatto”) che dovrebbe rappresentare il biglietto d’ingresso per il college e per il suo brillante futuro accademico. Sta di fatto che di fronte alla sua coach Hanna sembra essere tornata la ragazza impacciata e svampita che era all’inizio (ringraziamo il papà per questo), non riuscendo a ricordare quali possano essere i suoi punti di forza per vincere questo concorso. La prima idea vagamente decente che le viene in mente richiede però il supporto e l’aiuto 24 ore su 24 di Emily e delle sue capacità di ballo.

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Quella che sembrava fin dall’inizio una missione destinata a fallire si trasforma però in un vero disastro nel momento in cui A fa credere ad Hanna di avere una rivale importante nella sua corsa al montepremi: la sua nemesi Kate Randall. Nonostante la vicinanza di Caleb e di sua madre Ashley, Hanna trasforma la determinazione in rabbia e per quanto la scena sia stata montata splendidamente, nel momento dell’esibizione di fronte al suo coach, Hanna finisce per dare il colpo di grazia ai suoi sogni di gloria lasciando libere le sue emozioni più forti.

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Ma come succede da sempre in questa serie, quando una di loro sembra sul punto di cadere, un’altra è lì pronta ad afferrarla e ad aiutarla a rialzarsi perché quando si combatte insieme nessuna battaglia sembra invincibile. Emily quindi “afferra” Hanna e sceglie di lottare al suo fianco, per lei, partecipando e vincendo il concorso per mettere al sicuro il futuro della sua migliore amica. Se suo padre continua ad abbandonarla, Hanna potrà sempre contare sulla presenza delle sue amiche.

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Di Emily non c’è molto altro da dire se non il naufragio della sua storia lampo con Talia, forse troppo confusa per sapere con certezza cosa vuole dalla sua vita.
Nel finale le ragazze sono ancora insieme (mentre qualcuno le osserva non visto) e si ritrovano a dover far fronte a quegli errori che hanno commesso e che hanno portato Alison dietro le sbarre. Costrette a ricominciare per l’ennesima volta tutto da capo, il loro obiettivo principale sembra essere quello di rimediare al torto di cui sono responsabili nei confronti di Ali. Nell’estrema speranza che questo non significhi santificare una ragazza che di colpe ne ha una moltitudine, permettendole anche di rientrare nel loro gruppo, io vi dò appuntamento alla prossima settimana mentre mancano soltanto cinque episodi alle prime grandi rivelazioni.

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Kisses, Walkerit-A

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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