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Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×19 – Le opzioni sbagliate

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Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D. 5×19 – Le opzioni sbagliate

Mentre ci avviamo verso un finale di stagione che mi appare ora sempre più in bilico e pericolosamente indefinito, la storia si ricongiunge lentamente col suo inizio e la teoria del loop temporale si riconferma prepotentemente ad ogni passo proprio nel momento in cui il “Faro” torna a colorarsi di tutte quelle sfumature angoscianti e apocalittiche che caratterizzavano la prima storyline della stagione e che in un certo senso sono sopravvissute in maniera quasi dormiente per tutto il percorso. Nonostante la trama infatti compia un decisivo e sconvolgente passo in avanti, non si scorge all’orizzonte né una soluzione in grado di far riemergere lo S.H.I.E.L.D. in superficie, oltre l’asfissiante trappola temporale in cui sono immersi, né un segnale di equilibrio proveniente da personaggi che, ognuno a modo proprio, sono ancora preda di rancori, sbagli, paure e profezie, e si ritrovano ora a fare un punto della situazione piuttosto tardivo e ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni e decisioni, riscoprendosi più distanti che mai in un momento assolutamente precario che rischia di condurli a diventare la causa principale della loro stessa disfatta.

 

OPZIONE SBAGLIATA #1: CHIUDERSI AL MONDO ESTERNO.

Se Coulson diventa la chiave di lettura letterale di questa opzione, May porta il suo significato a un livello metaforico e psicologico.

In un episodio in cui sembra che tutti o quasi siano improvvisamente preda della confusione, mentre Coulson cerca di riprendere le redini della sua leadership per proteggere la sua squadra dall’imminente invasione aliena, May, libera in un certo senso del ruolo di stabilizzatrice delle dinamiche di gruppo, recupera la sua missione individuale, la stessa per cui in fondo aveva scelto di unirsi a questa nuova task force operativa dello S.H.I.E.L.D., vale a dire proteggere Phil Coulson. Se recentemente infatti la stabilità emotiva e strategica di Melinda May ha rappresentato una delle poche costanti nella caratterizzazione dei personaggi e soprattutto si è rivelata un sostegno indispensabile anche per tutti coloro che nel frattempo si erano persi, il timore più grande di May spinge anche lei ad agire irrazionalmente e a compiere un passo falso che, ai fini della storia, non è stato particolarmente disastroso ma ha comunque evidenziato quanto l’intera squadra stia affrontando, ormai da troppo tempo, una perdita d’identità in cui gli obiettivi e le missioni individuali si sovrappongono all’ideale di squadra. Fin dal momento in cui ha scoperto la verità sul suo destino, May non ha mai preso neanche in considerazione la possibilità di perdere Coulson e ogni altra minaccia sembra passare in secondo piano rispetto all’unico pericolo che probabilmente la terrorizza così tanto perché sa, inconsciamente, di non poterlo affrontare con un combattimento corpo a corpo o con un conflitto armato. La confessione di Elena su quella che, secondo la sua versione futura, sarà la causa scatenante dell’apocalisse e del loop, se da una parte immobilizza Coulson in quella concreta realizzazione che, per quanto possa aver accettato, certamente non lo aiuta a dormire meglio la notte, dall’altra parte spinge May ancora di più al limite della negazione; una negazione che, sebbene una donna razionale come lei riconosca come deleteria, non intende abbandonare, appoggiandosi così all’unica altra persona che ne capisce e ne condivide gli intenti: Daisy Johnson.

 

OPZIONE SBAGLIATA #2: SEPARARSI.

Le dinamiche relazionali tra Daisy e i FitzSimmons in particolar modo rappresentano a mio parere la maggiore debolezza strategica e umana della squadra al momento.

La prima parte della stagione ha infatti dimostrato quanto straordinariamente funzionali e armoniose possano essere le capacità dei tre agenti più giovani del team e quanto proprio il loro legame possa rappresentare la carta vincente in grado di capovolgere le sorti del conflitto, ma allo stesso modo le loro distanze svuotano ora la squadra di una componente umana che negli anni era diventata la colonna portante e che aveva permesso all’idea di Coulson di prendere forma e spessore e di plasmarsi proprio sulle loro identità. I rancori per le azioni subite e per le conseguenze che inevitabilmente sono derivate spingono Daisy & i FitzSimmons ad arroccarsi sulle loro posizioni, con ragioni e torti (seppure in percentuali differenti per quanto mi riguarda) riscontrabili in entrambe le parti, ma soprattutto con una pericolosa mancanza di confronti che rende questi straordinari talenti strategici e tattici fini a se stessi, incapaci dunque di riconoscere una complementarità che si rivelerebbe provvidenziale.

Se da una parte, infatti, i FitzSimmons si ostinano a percorrere una strada estremamente individuale, basandosi esclusivamente sulla garanzia d’invincibilità rappresentata dalla presenza di Deke nelle loro vite e nel loro tempo (un personaggio che sembra quindi destinato a scomparire nel caso il loop venisse finalmente spezzato), dall’altra parte Daisy ricalca un po’ le orme di May, sia per una comunione d’intenti che per quel rapporto personale che recentemente si è anche rafforzato tra le due, diventando per Daisy un supporto imprescindibile forse a livello umano prima ancora della partnership operativa. Sembra quasi paradossale però notare quanto la ricerca di una soluzione che arresti ciò che appare come il destino ineluttabile di Coulson porti Daisy a riscoprire, tappa dopo tappa, momenti e ricordi del suo passato, ritrovando infatti la chiave per la salvezza dell’unica figura paterna che abbia mai conosciuto nei poteri di sua madre Jiaying.

 

OPZIONE SBAGLIATA #3: CORRERE OLTRE IL LIMITE.

La figura di Elena Rodriguez ha rappresentato in questo episodio l’emblema di una confusione del tutto umana e soprattutto di un rimorso che, anche quando sembra difficile da scorgere in superficie, persiste nella moralità di tutti loro e in qualche modo forse li definisce e li salva dal diventare ciò che stanno combattendo. Come in fondo è evidente da tempo ormai, Elena è il personaggio che più ha subito il trauma del viaggio nel futuro e dello spettacolo distopico di cui è stata diretta testimone e cavia, e questo ha alimentato irrazionalmente la sua impulsività di base spingendola a “correre” oltre un limite da cui tornerà sempre indietro, ma che potrebbe renderla una persona completamente diversa da quella di partenza. La distanza con Mack, che rappresenta al momento l’unica voce della ragione e l’unico bagliore di luce nell’identità di questa squadra, la consapevolezza di essere custode di una verità impossibile anche da ammettere ad alta voce perché appare ai suoi stessi occhi quasi come un tradimento verso quella persona che è diventata parte della sua famiglia, sono tutti segnali che definiscono una donna profondamente lacerata da paure e da rimorsi; una donna che, per quanto in parte forse ancora creda di aver agito per un bene superiore non rendendosi conto della gravità di alcune azioni (aspetto che condivide a mio parere con Fitz), è in realtà in balia di un disordine emotivo che le impedisce di riprendere le redini del suo potere e, soprattutto, di distaccarsi dal terrore di cosa potrebbe o dovrebbe accadere nel futuro per affrontare invece il presente per quello che si sta rivelando al momento.

 

NON SI PUÒ DISTRUGGERE UN UOMO DISTRUTTO.

In una squadra, dunque, che anche alla vigilia di una possibile invasione appare irrimediabilmente frammentaria e sconclusionata, credo sia sorprendentemente geniale affidare le chiavi della svolta a un personaggio riscoperto come mai prima d’ora e che quindi rivela adesso le ragioni che hanno supportato questo suo inaspettato ritorno. Se purtroppo però temo che umanamente Glenn Talbot sia ormai irrecuperabile, è illuminante rendersi conto di quanto proprio questo suo drammatico percorso lo abbia condotto a questo momento, lo abbia portato a diventare l’unica soluzione possibile in un contesto che appariva ormai senza vie di fuga. E questo perché, seppure sia triste ammetterlo, solo un uomo senza più nulla da perdere e con una psicologia intimamente deviata poteva paradossalmente sopportare l’esorbitante potere del Gravitonium e assorbirlo tramite la “Destroyer of Worlds”. Ciò che Talbot diventerà in seguito a questa “trasformazione” resta al momento un’incognita, ma soprattutto viene da domandarsi se questo sviluppo semplifichi in un certo senso la posizione di Daisy e della profezia che gravava su di lei.

Ciò che in definitiva mi turba in questa fase è avvertire l’incombenza del finale nonostante troppe problematiche, in particolar modo personali, debbano ancora trovare soluzione. Nella speranza che il mio S.H.I.E.L.D. ritrovi la sua unità prima del traguardo, vi lascio alla consueta Top 3 dei momenti migliori dell’episodio e vi do appuntamento alla prossima settimana!

  • Daisy & May portano avanti la loro missione indipendente – Per quanto sia una mossa azzardata, è rassicurante vedere almeno loro due lottare per quei legami che rappresentano l’essenza della squadra;

  • La squadra è pronta per combattere insieme l’invasione aliena (e Coulson si illude di poter finalmente rispondere a May …);
  • Daisy scopre la chiave per alimentare il “centipede” di Garrett e tenere in vita Coulson.

 

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

3 COMMENTS

  1. Tu chiamala se vuoi, empatia !

    Sono tutte persone che sono chiamate ad essere tutto tranne che delle normali persone. E, come se non bastasse, piu’ di qualcuno si rende conto che non dovrebbe essere vivo o non e’ del tutto umano. Quello che rende migliore questo tentativo di trattare i ” diversi ” rispetto agli altri film / telefilm e’ che ci si sofferma molto sulle debolezze e sulle difficoltà che derivano da tale diversità. L’immersione nella mente del personaggio e’ reale. Quello che succede nel team dello shield e’ quello che spesso (in modo meno vistoso e artificioso) succede nelle nostre vite. Quante volte sbagliamo come loro, quante scegliamo come loro…
    Per quanto Elena possa aver agito erroneamente(?) non si riesce ad odiarla perche’ il suo modo di spiegare cio’ che ha fatto e’ sincero.

    In fondo, NON E’ MICA LA FINE DEL MONDO !!! (o forse SI ?!?)

    • Sono assolutamente d’accordo con te e come ho sempre sottolineato una delle doti più straordinarie di questa serie è proprio l’eccezionale caratterizzazione psicologica dei personaggi, un approfondimento mai banale, mai superficiale ma sfumato tanto da far nascere dibattiti e opinioni. Io ADORO Elena, credo sia uno dei personaggi più “particolari” della serie, penso di averla amata dal primo episodio e questa crisi che lei per prima sta vivendo non cambia nulla per me e nella mia opinione su di lei, così come non potrei mai odiare Fitz nonostante ciò che ha fatto a Daisy [gli ho dedicato l’intera recensione in quel frangente]. Il “problema” è proprio l’empatia che provo per tutti loro che rende questa situazione insopportabile perché si stanno effettivamente perdendo e per quanto le sfumature psicologiche siano l’abc di questa serie, loro rappresentano comunque un ideale, come ha detto Mack, loro SONO LO SHIELD e devono comunque stare attenti a non oltrepassare la linea di confine che li separa da ciò che hanno sempre combattuto. Personalmente poi, fa sinceramente male vedere i FitzSkimmons così distanti!

      • Fitz e Simmons sono i classici due ragazzi che inizialmente non sono amici ma non sono nemmeno amanti. Si vogliono bene da subito, ma il destino gli mette continuamente i bastoni tra le ruote. Il dramma esistenziale di Fitz che si rende conto che non solo non e’ piu’ un genio, ma e’ un pazzo visionario (nel senso peggiore possibile) lo si vive col magone. Contemporaneamente Simmons evolve e sembra quasi allontanarsi completamente da lui. E’ un continuo tira e molla, dove ogni tanto il tira regala dei momenti stupendi e il molla ti fa perdere 10 anni di vita.
        Nell’ultima stagione tutto questo viene portato ai massimi livelli e, come giustamente hai fatto notare anche tu, fa davvero male. Non e’ che mi aspettassi scene di romanticismo da Romeo e Giulietta o di sesso estremo ma confido che nelle prossime tre puntate lo sviluppo sia positivo, non dimenticando che con Fitz c’e’ un bel discorso in sospeso perche’ questo, fino a prova contraria e’ il BadFitz !

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