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Lucifer | Recensione 2×06 – Monster

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Lucifer | Recensione 2×06 – Monster

Innanzitutto, brindiamo all’ordine di altri nove episodi che porteranno la seconda stagione di Lucifer a contarne 22 invece dei 13 inizialmente previsti. Ho notato che la Fox ci sta andando molto cauta con questa serie, magari per via di Sleepy Hollow – altro show in un certo senso ‘infernale’ – su cui puntavano tantissimo e che non ha avuto nemmeno la metà del successo che il network sperava. Così ci hanno fatto penare un bel po’ prima di decidere di rinnovare ufficialmente Lucifer per una seconda stagione, poi hanno deciso che sarebbe stata di 13 episodi come la prima, e ora – a sette episodi da quello che avrebbe dovuto essere il season finale – si sono decisi a prendere anche la decisione di allungarla. Onestamente non capisco questo andarci coi piedi di piombo, perché fin dal pilot Lucifer si è dimostrata una serie con solide basi narrative, ottime caratterizzazioni dei personaggi e una scelta azzeccatissima per quel che riguarda ogni singolo attore. Quindi in sostanza spero che non ci facciano penare mesi per ufficializzarcene di nuovo il rinnovo, perché insomma, ce lo meritiamo tutti quanti!

Secondariamente. Non vorrei dire ve l’avevo detto, ma santissimo cielo… ve l’avevo detto! Ve l’avevo detto non so quante settimane fa che secondo me sarebbe stata Linda la prima a scoprire l’identità di Lucifer e ora è finalmente successo, proprio quando sembrava che avessero quasi deciso di renderla un personaggio secondario e marginale TAC, l’hanno rimessa in gioco mettendole sulle spalle la più grossa delle rivelazioni e lasciandola lì da sola, seduta nel proprio studio, a tentare di metabolizzare il significato di ciò che ha appena visto. No more lies, no more metaphors – e lei che l’ha chiesto a gran voce, mai immaginando che Lucifer l’avrebbe accontentata levando definitivamente una maschera che in fondo non ha mai davvero indossato, e travolgendola con la propria verità. Lui è Lucifer Morningstar, è stato chiamato con molti nomi nel corso delle varie epoche della storia umana, gli sono stati attribuiti centinaia di volti diversi e gli sono stati attribuiti tutti i mali del mondo – letteralmente. È lui, quello vero. E il peso di questa rivelazione è devastante per Linda, perché nella mitologia classica di qualunque popolo e di ogni singola religione – a prescindere dai nomi e dai volti che gli vengono appioppati – Lucifer è il cattivo. È la causa di tutti i mali e di tutte le sofferenze che l’umanità deve sopportare. È colui che gode del terrore e del dolore altrui, colui che prova piacere a infliggerlo. E non importa che lui, Lucifer, quello vero, non sia nemmeno lontanamente così… lo è agli occhi di ogni essere umano, perché è quello che ci insegnano a credere fin dalla più tenera età. E quindi lo shock di Linda non solo è comprensibile, ma è anche duplice: nel corso di una semplice, normale e innocua seduta di psicoterapia, le viene sbattutto in faccia non solo il fatto che Dio, il Diavolo, gli angeli, i demoni esistono, e che camminano fra noi – ma anche il fatto che quello che viene classicamente considerato come il peggiore di tutti quanti, altri non è che l’uomo per il quale ormai prova un affetto e un attaccamento che vanno ben oltre, molto oltre, il semplice interesse professionale e il semplice rapporto medico-paziente. Il loro non è il rapporto profondo e complesso che c’è fra Lucifer e Chloe, ma è comunque un rapporto vero, e ora tutto viene rimesso in gioco. Così come verrà rimessa in gioco l’amicizia con Maze e qualunque cosa ci sia fra lei e Amendiel, perché Linda è tutto fuorché una sprovveduta e non avrà bisogno di uno schemino per bambini per capire chi siano realmente.

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E Lucifer decide di mostrarsi a Linda non solo perché è lei a chiederlo a gran voce, a imporgli di mettere fine alla recita oppure di andarsene, ma anche e soprattutto perché è stufo marcio di sentirsi ripetere che parla per metafore, che ha manie di grandezza, che usa figure mitologiche per descrivere la propria vita per evitare di doverla affrontare realmente. È arrivato al capolinea, non ne può più della gente che lo reputa una sorta di pazzo mitomane che non vuole mostrare il proprio vero volto, quando fin dal primissimo episodio non ha fatto altro che questo, presentarsi e mostrarsi per ciò che è realmente. Poi però, nel momento in cui lo fa, nel momento in cui sbatte in faccia a Linda la realtà, si rende immediatamente conto che forse era lei la prima a voler credere alla storia della metafora per non dover affrontare la realtà.

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Il che ci porta al secondo grande momento dell’episodio – che cronologicamente è venuto in realtà prima – ovvero al punto di rottura fra Lucifer e Chloe. Doveva succedere, perché esiste una sottilissima linea invisibile oltre la quale i segreti non possono più esistere, e stavolta per Lucifer confidarsi con Chloe significava fare ciò che ha fatto con Linda, ovvero metterla di fronte alla realtà in maniera definitiva. E sarebbe così facile, sarebbe così tremendamente facile per Lucifer cedere alle suppliche di Chloe di renderla partecipe della propria vita, dirle ho ucciso mio fratello per proteggere te e Mamma e ora non so dove andare a sbattere la testa perché hey, mio fratello era un angelo esattamente come me e questa cosa presto o tardi avrà ripercussioni che potrebbero comprendere l’intero universo, senza contare il fatto che mi sono trasformato in ciò che mi sono sempre rifiutato di diventare, ovvero un assassino, un mostro. Ma Lucifer lo sa, sa benissimo che la prima reazione di Chloe sarebbe esattamente come quella di Linda, shock allo stato puro, e sa di non poterla reggere. Perché lui ha bisogno di Chloe, ne ha un bisogno disperato, ma l’unica maniera per mettere a tacere questo bisogno sarebbe mettere da parte anche con lei la maschera, ma farlo è un azzardo perché dai, insomma, lui è il Diavolo, quello con la D maiuscola, ed è facile credere che lo sbandieri ai quattro venti come parte di un’identità personale eccentrica, ma molto più difficile mandar giù che lo sia letteralmente. Senza contare che Chloe a quel punto dovrebbe anche fronteggiare la consapevolezza di essere parte del motivo per cui Lucifer ha spinto quella lama nel corpo di Uriel, significherebbe caricarla di un senso di colpa che non merita e che non vuole farle vivere. Così decide di prendere la strada più facile che è però anche quella più dolorosa. You can’t understand detective, you never willsono parole dure e aspre, che feriscono Chloe nel profondo perché la portano a credere che magari Lucifer non abbia mai avuto intenzione di essere sincero con lei, che non l’abbia mai reputata un’amica e infine, che non si fidi abbastanza di lei – quando in realtà Lucifer si chiude in se stesso proprio perché lei è la persona a cui tiene di più nell’intero universo. E spezza il cuore vederlo più che mai smanioso di farsi vedere per ciò che è, vederlo urlare I’m the Devil, detective, I’m evil per poi vedergli fare mille passi indietro al momento della resa dei conti, ferendo malamente Chloe per non correre il rischio di devastarla del tutto.

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È un Lucifer completamente distrutto quello che vediamo in questo episodio, che tenta di annegare il proprio dolore e i propri sensi di colpa nell’alcol e nelle feste sfrenate, per poi arrivare al punto da non farcela più, mettendosi sulla linea del fuoco nemico ben consapevole del fatto che con Chloe nei paraggi quei proiettili lo avrebbero ucciso. Cerca di alleviare il proprio dolore e di mettere fine ad esso in maniera così umana da trafiggerci l’anima. Lui, che ha passato l’intera eternità a rifiutarsi di diventare un mostro nonostante il ruolo appioppatogli dal padre, improvvisamente é il mostro. Lui, che si faceva forte del fatto di non aver mai ucciso nessuno con le proprie mani, ora è un assassino, l’assassino di suo fratello. Lui che ha sempre avuto fra le mani il potere e il dovere di punire il male, si ritrova nella posizione di essere colui che merita la punizione più di tutti. Nella sua testa quantomeno, perché noi lo sappiamo, lo sappiamo benissimo che non ha ucciso Uriel per puro sfizio o capriccio, che era una situazione nella quale c’erano troppe vite in ballo, prima fra tutte quella della sua preziosissima Chloe.

L’intensità dei sentimenti di Lucifer colpisce ancor più che in tutti gli altri episodi messi insieme, così come colpiscono queste sue reazioni così dannatamente umane. Lui è il Diavolo, è questa figura dalla quale ci saremmo aspettati una scrollatina di spalle di fronte al cadavere di Uriel con una battuta pessima del tipo mors tua, vita mea, pronunciata con un sorrisetto sghembo dipinto in volto. Ma non questo Lucifer. Questo Lucifer ha una capacità di sentire che supera qualunque altra cosa. Sarà perché fin dagli albori della sua esistenza eterna ha conosciuto il significato dell’abbandono, sarà perché per via delle sue mansioni infernali ha visto troppe torture, troppe sofferenze. Eppure questo tipo di vissuto è esattamente quello che ti porta a costruirti una corazza, a diventare una fortezza emotiva inespugnabile. Ma lui no, lui non ha mai smesso di sentire, di provare. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, è forse proprio per questo che è venuto sulla Terra, al di là dei dispetti a papino, al di là di tutto quanto: per essere libero di provare sentimenti, di sentire le emozioni. E ora tutto questo gli si sta ritorcendo contro ed è orribile. La scena al pianoforte, quella nella quale lo vediamo suonare tutta la propria frustrazione, è un’opera di sublimazione delle emozioni, è perfetta.

Lucifer si trova ora in una parabola discendente, ha compiuto un gesto che lo tormenterà per l’eternità a venire, ha allontanato brutalmente Chloe e potenzialmente anche Linda – ovvero le uniche due umane che l’abbiano accettato, che abbiano cercato di capirlo, che gli abbiano voluto bene. Ed è il contatto con gli umani a cui lui anela, perché non va da Amenadiel, non va da Mamma, non si rivolge più a un padre assente, non cerca Maze – e ora ha potenzialmente perso davvero tutto quanto.

Altrove Amenadiel si tormenta di sensi di colpa per la morte di Uriel e accetta il conforto delle parole di Mamma. Ed è qui che accade l’impensabile, è qui che per la prima volta da quando lo conosciamo, Amenadiel mette in dubbio daddy dearest. Mette in dubbio le sue scelte, mette in dubbio il fatto che gliene importi qualcosa. Ed è molto importante questa sua evoluzione, perché la spinta in questo senso gliela dà Mamma, Mamma a cui non sembra importare più di tanto della perdita di Uriel, Mamma che non riuscendo ad avere il controllo che vorrebbe su Lucifer, ci prova ora con Amenadiel – e ci riesce. Sta finalmente scoprendo le carte, dimostrandoci che in fondo Uriel su di lei poteva anche avere ragione. Fa di tutto per spingere Amenadiel alla ribellione, anche perché in fondo non è che debba poi fare molta fatica con Lucifer in questo senso. Ma Lucifer non è possibile metterlo al guinzaglio, perché non è questo angelo ligio al dovere e con un estremo bisogno di una figura genitoriale che gli indichi cosa fare e come farlo. Amenadiel invece lo è, Amenadiel è un soldato – e potrebbe aver trovato un nuovo generale. Mi viene quindi automatico chiedermi: che sia davvero Mamma la causa della perdita dei suoi poteri? Che glieli abbia tolti proprio per portarlo a questo momento, per portarlo a mettere in dubbio daddy dearest? Che lei sia davvero in grado di restituirglieli, rendendolo così un bravo soldatino al proprio comando? Sono domande non solo lecite, ma che immagino avranno anche risposta positiva.

Ci sono stati altri due momenti che ho apprezzato tantissimo nell’episodio, uno del tutto frivolo che è quello in cui Lucifer afferra al volo l’opportunità di dare finalmente un pugno in faccia a Sir Douche, l’altro invece riguarda Maze.

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Il demone passa il suo episodio a fare da babysitter a Trixie nel suo giro di Halloween, e la scena in cui la bambina le chiede di travestirsi e Maze le mostra il suo vero volto è di una tenerezza infinita. È vero che si tratta di una bambina nel giorno di Halloween, ma il fatto che trovi addirittura figo il volto della demone, per Maze è estremamente importante. Per la prima volta si sente completamente accetttata in un mondo che non è il proprio, che non le appartiene e che probabilmente non le apparterrà mai, e non importa che a farla sentire così sia stata la piccola Trixie, anni otto. L’importante è che finalmente Maze riesca a sentirsi un po’ meno estranea ed estraniata, che riesca a trovare per un attimo un minimo di pace interiore.

Dopo questo concentrato di emozioni non so nemmeno cosa aspettarmi/cosa sperare per i prossimi episodi, quindi vi lascio con il promo di ‘My Little Monkey’ e vi do appuntamento a settimana prossima!

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Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

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