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How To Get Away With Murder | Recensione 2×09 – What Did We Do?

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How To Get Away With Murder | Recensione 2×09 – What Did We Do?

Che puntata, gente!
Dopo aver espresso qualche dubbio e aver dato un voto tutto sommato scarso allo scorso episodio, ci troviamo davanti a qualcosa che si fa perdonare alla grande l’impantanarsi in situazioni al limite dell’assurdo di “Hi, I’m Philip”. In questo winter finale scritto da Erika Green Swafford (che quest’anno era già stata la penna dietro “She’s dying”) e Michael Foley (“Two Birds, One Millstone”) e diretto da Bill D’Elia (non per niente alla regia anche nella premiere, sicuramente uno degli episodi più riusciti di questa stagione, al pari di questo) molti nodi vengono finalmente al pettine. Innanzitutto, come promesso dal promo, scopriamo davvero tutta la verità riguardo la notte della sparatoria a casa Hapstall e, in buona tradizione murderiana, posso dichiararmi ufficialmente sorpresa dai risvolti pensati dagli autori per tenerci sulle spine gran parte del tempo e mantenere la tensione alta fino all’ultimissima inquadratura.

Riguardo Annalise, devo dire che ho iniziato a sospettare che sarebbe stata LETTERALMENTE lei la responsabile del proprio tentato omicidio (quindi quando Connor le urlava contro “it’s all your fault” non si trattava solo di una colpa generica, era proprio un più concreto “l’hai voluto tu”) molto prima che chiedesse eloquentemente a Bonnie di lasciarle la pistola incriminata: già la prima volta in cui l’inquadratura ha iniziato a rotearle intorno, dandoci un chiaro segnale di come anche la sua mente stesse vorticando e la donna stesse rapidamente perdendo il controllo della situazione, si può intuire che un’idea folle si sta formando nella sua testa, pur non sapendo ancora tutto ciò che sappiamo la seconda volta che vediamo questa stessa scena con tanto di “sottofondo sonoro” (e a proposito, diciamo che anche senza mandare il replay delle parole di Laurel e Nate per aiutarci a unire i puntini la situazione sarebbe stata abbastanza evidente lo stesso: anche riuscendo a proteggere Asher, Nate sarebbe rimasto il secondo sospettato più plausibile, e ovviamente Annalise si sente in debito con lui e sta cercando di recuperare un rapporto che finirebbe di nuovo alle ortiche con un secondo coinvolgimento non voluto dell’uomo in qualche losco affare in cui è coinvolta lei. Mi dispiace quando HTGAWM scade in questi piccoli dettagli da tipico show americano, quando si sente il bisogno di prenderci per mano per guidarci a una realizzazione, come se da soli non fossimo in grado: questa serie si è dimostrata molto più smart di così…).

Eppure bisogna dire che gli autori, in soli quaranta minuti, si sono impegnati a creare un vortice di situazioni così ambigue che, rimanendo anche solo un pelo meno fissi sulle proprie convinzioni, avremmo potuto cambiare opinione sui colpevoli dell’uno e dell’altro delitto con una facilità estrema. Prendiamo ad esempio l’omicidio della Sinclair (di cui abbiamo visto per l’ultima volta quell’odiosa espressione compiaciuta con la bocca a culo di gallina… no, seriamente, ma si può essere più odiosi?): da un flashforward passato avevamo dedotto quasi senza ombra di dubbio che la responsabile per la sua morte fosse Bonnie, e invece quando vediamo quest’ultima presentarsi alla Hapstall Mansion con la A.D.A. nel bagagliaio capiamo che qualcuno deve essere arrivato prima (e d’altronde avrei anche potuto capire che Annalise che cede a chiamare la Sinclair per aggiornala sulle nuove scoperte perché “è la cosa migliore da fare” era poco credibile). Ma quindi chi? Per qualche istante Nate sembra davvero un buon candidato, dopo averle urlato in faccia davanti a tutti la incontra segretamente in macchina, e poco dopo si allontana con un’espressione cupa che è tutta un programma… e invece ancora no, non ci siamo, a compiere materialmente il gesto che più di metà audience della serie avrebbe voluto fare da tipo il secondo minuto in cui ci è apparsa sugli schermi è stato proprio l’insospettabile Asher, che dopo un arco di diversi episodi in cui mi chiedevo dove gli autori volessero andare a parare con lui (si era capita l’intenzione di spogliarlo dal semplice ruolo di giullare che lo aveva caratterizzato la scorsa stagione, ma posso dire sinceramente che le sue vicende così a lungo troppo slegate dal resto del gruppo non avevano raggiunto il mio personale interesse a saperne di più su di lui e il suo passato) rivela un lato drammatico che lo rende pieno protagonista dei fatti della notte a cui tutti aspettavamo di assistere da settimane, addirittura partecipe del segreto di Pulcinella di cui era l’unico frequentatore abituale di casa Keating non al corrente: in un impeto di tensione, messa di fronte ai soliti quattro poveracci che stavolta si rifiutano di prendere parte all’occultamento di un cadavere/fabbricazione di una scena del crimine, Annalise rivela ad Asher quanto ancora non sapeva sulla morte di Sam. Ora sono tutti sulla stessa barca, e devono per forza cercare di collaborare e aiutarsi.

Mi concedo una breve digressione a questo punto perché, al di là di uno sviluppo molto serrato degli eventi per sbrogliare l’intricata matassa, l’episodio riesce anche a concedersi più di un momento introspettivo, in cui abbiamo la sensazione che sì, stiamo finalmente scoprendo tutti i misteri che ci siamo trascinati dietro nei mesi passati, ma non mancano i sentimenti e il calore (o meno) dei rapporti interpersonali. Mi soffermo in particolare proprio sui Keating 5, che stanno gradualmente crescendo da quelle macchiette che erano all’inizio, meri satelliti orbitanti intorno all’immensa figura di Annalise, e si stanno man mano delineando come personaggi a tutto tondo. E così anche il rapporto tra di loro: come avevo avuto modo di dire una volta, i K5 non sono davvero amici nel vero senso della parola, semplicemente si sopportano come può succedere tra colleghi d’ufficio che devono condividere lo stesso ambiente di lavoro per tot. ore al giorno ma hanno ognuno i propri cavoli da gestire una volta usciti di lì. Eppure, nonostante questo iniziale collidere delle loro singolari personalità e background, ci sono legami che sembrano essere andati al di là del semplice “ti parlo solo perché devo”. Penso ad esempio a Laurel e Wes, su cui mi ero già concentrata qualche settimana fa, o Connor e Michaela. Non per niente queste due “fazioni” sono le stesse che troviamo a inizio episodio: Wes e Michaela sono giunti, per vie diverse, alla stessa conclusione sulla probabile colpevolezza di Catherine, una grazie a Caleb e l’altro con un’intuizione derivata dall’osservazione di una foto, e mentre Wes corre da Annalise a cui poi si aggiungono Nate e Laurel, il primo che Michaela pensa di chiamare è Connor. Le stesse due “fazioni” che avevamo visto contrapposte in diversi flashforward, nonché l’anno scorso dopo la morte di Sam. Connor e Michaela sono tra i 4 quelli che per me hanno fatto più fatica a farsi apprezzare, uno perché inizialmente presentato come estremamente superficiale e l’altra perché troppo bastone-in-culo, ma col tempo è come se i ruoli si fossero invertiti e quest’anno devo dire che, tra una Laurel che mi passa da una tutta d’un pezzo a finta moralista/snob e un Wes che da centro nevralgico delle vicende si trasforma pian piano in un pezzo di tappezzeria, Connor e Michaela sono lentamente saliti nella mia personale classifica di gradimento e quindi non mi fa che piacere vedere come il loro rapporto di punzecchiamento reciproco si trasforma, in caso di necessità, in qualcosa di molto più vicino a una vera amicizia. Fidarsi ciecamente dell’altro, confidarsi nei momenti di difficoltà, anche la complicità di Michaela con Oliver ad esempio, o in questa puntata il suo gettarsi davanti alla pistola impugnata da Connor con la certezza che questo lo fermerà, per me sono tutti segnali di qualcosa di certamente più profondo di un superficiale legame tra colleghi e lo apprezzo moltissimo come sviluppo caratteriale dei personaggi. D’altronde questi quattro hanno vissuto insieme un’esperienza più che traumatizzante, che se da una parte li ha legati contro la loro volontà dall’altra ha anche fatto uscire i lati più intimi della loro personalità: Laurel, evidentemente, è quella che emerge come la più lucida e determinata (ripenso alla questione dell’anello di Michaela lo scorso anno, o come si è fatta avanti senza pensarci quando si trattava di aprire la misteriosa valigia che poteva o meno contenere un cadavere); Wes è stato segnato nella misura in cui, come lui stesso ha affermato nello scorso episodio, si sente responsabile del malessere generale, pensa seriamente che semplicemente consegnandosi avrebbe risparmiato molti grattacapi a tutti e spiega quindi che il suo atteggiamento scostante delle ultime settimane non è che la manifestazione di un pesante senso di colpa. Connor e Michaela rimangono i due che rispondono in maniera più instabile a tutto ciò che li ha riguardati. Sì, Michaela è tecnicamente quella che ha accidentalmente spinto Sam giù dalle scale, ma non l’ha ucciso lei, e così Connor, ed è anche per questo e per la loro personale impreparazione a ciò che li circonda che sono quasi sempre i primi a sbottare quando vengono tirati a forza in ballo, a sporcarsi le mani in queste situazioni: relativamente a come i loro personaggi sono stati costruiti, trovo che le loro proteste e reazioni siano sempre le più realistiche e in character. Proprio per il fatto che dei 5 Asher sia l’unico a non aver preso parte fin dall’inizio al segreto sulla morte di Sam, lo vediamo sempre al di fuori delle dinamiche degli altri 4. Un momento significativo in questo senso è quello in cui i ragazzi vengono a sapere del suicidio di suo padre e, alle esortazioni di Michaela per fare la cosa socialmente più accettabile, ovvero chiamarlo per delle condoglianze, si accorgono che nessuno ha il suo numero di telefono, un momento che mi ha personalmente colpito nella sua apparente semplicità perché in realtà ci dice un sacco sulle dinamiche che intercorrono tra loro.
Asher, d’altronde, è stato per tutta la prima parte di questa stagione destinato a un percorso in solitaria ma ugualmente in discesa, fino a questo epilogo in cui è praticamente nelle stesse condizioni degli altri 4 ma per un omicidio diverso, e adesso si trovano finalmente a condividere il peso di ben due delitti tutti insieme. Di Asher devo dire che, seppure finora non avessi trovato il suo sviluppo personale troppo coinvolgente, la scena del suo crollo in auto, con ancora nelle orecchie le pesanti accuse di sua madre, è stata la più toccante dell’episodio, mi ha davvero colpito non solo l’insospettabile bravura di Matt McGorry nel rendere la drammaticità del momento, ma anche in generale la costruzione di questo climax con prima una madre che sputa veleno sul figlio che sì, forse è in parte responsabile dell’accaduto, ma di certo tutto questo caldo affetto da parte di un padre a detta di lei amorevole non credo l’abbia mai sentito, quindi doppio smacco per questo personaggio ormai spinto al limite della sopportazione.

Torniamo ora a casa Hapstall, dove un sapiente uso di salti temporali, anticipazioni e digressioni ci accompagna gradualmente a posizionare tutti i pezzi sulla scacchiera: intorno alle dieci di sera, Nate si sta dirigendo verso la villa perché avvertito da Wes che Annalise è fuori controllo, mentre quest’ultima ha segretamente deciso di far arrivare il corpo della Sinclair a casa Hapstall per inscenare un finto incidente (ecco il motivo per cui anche Bonnie e Asher si trovano lì, e per cui Asher ci sembrava così turbato… ora però c’è da capire come collocare il momento in cui lui sembra andare dalla polizia per una confessione, se qui vediamo che in realtà mentre Bonnie si ripuliva dal sangue della Sinclair lui era uscito momentaneamente dalla macchina solo per cercare un autolavaggio); in base alle scoperte di quella mattina, Caleb non può più usufruire dello stesso avvocato di sua sorella a causa di un conflitto di interessi, e su ordine di Annalise si ritira a casa di Michaela (che gli promette però che resterà al suo posto per assicurarsi che al suo ritorno Catherine stia bene, ecco quindi a quale “she” si riferiva lui nel finale della 2×04); Philip si dirige al motel in cui Catherine si sta nascondendo ma non la trova perché è stata rapita da Frank, quindi si presenta davanti alla Hapstall Mansion (possibile che da quella posizione possa vedere qualcosa, ad esempio i K4 scappare e Nate prenderli in macchina?); Frank, sempre su ordine di Annalise, fa uso delle famose pillole procuratele per Nia ma mai usate per drogare la ragazza e trasportarla nel bosco dove dovrebbe essere trovata il giorno dopo con la camicetta sporca di sangue (già, quale sangue a questo punto?) e vicino a una pistola (che però Annalise tiene per sé perché decide che il modo migliore per rendere veritiero il tutto è aggiungere un pizzico di drama in più, rendendosi lei stessa vittima della presunta furia di Catherine). Ho dimenticato qualcuno?

Il momento finale, dopo la rivelazione delle vere intenzioni di Annalise, è decisamente quello che ci regala il maggiore picco di tensione ed emozione dell’episodio, seppure nell’apparente caos totale le invocazioni di Annalise a farsi colpire ricordando a ognuno come ha rovinato la loro vita, come tutti sembrano combattere con il loro stesso odio nei suoi confronti (Connor in particolare), è un crescendo creato magistralmente per arrivare al punto focale: Annalise svela a Wes la verità su Rebecca, convinta che ciò lo porterà a premere il grilletto, non aspettandosi però che la reazione sarà di colpirla non più con l’intento di inscenare un assalto ma di uccidere realmente. Ecco quindi come arriviamo ad Annalise stesa a terra agonizzante, con un abile gioco di specchi il primo sospetto che abbiamo nella premiere, quando vediamo Wes correre via con una pistola in mano, si rivela giusto, ma ci sorprende comunque perché era un’idea che avevamo messo da parte, e comunque anche avendola conservata ci sorprende scoprire come Annalise stessa sia stata la macchinatrice dietro ciò. E l’unica cosa che le permette di scampare un secondo colpo, questa volta forse fatale, è quella parola sussurrata tra le labbra a inizio episodio, che solo sul finale riusciamo a percepire chiaramente: “Christophe”. Questo ferma Wes, dà il via a una nuova serie di eventi passati che andremo sicuramente a scoprire nel proseguo di questa stagione e ci porta alla tanto sospirata verità sull’identità del rapporto tra Annalise e Wes. Come avevo già detto in più di un recap, tra le due principali teorie che affollano il web (tensione sessuale tra i due e rapporto madre-figlio) io sono sempre stata una sostenitrice della seconda, sempre però aperta a nuove ipotesi purché sensate e non tirate in ballo su due piedi col chiaro intento di stupire lo spettatore a tutti i costi. Avevo anche più volte detto che, soprattutto a causa dell’insistere in maniera criptica sull’argomento nelle ultime settimane, l’hype stava scemando e temevo che se alla fine la rivelazione sarebbe stata proprio quella che sospettavo, una parte di me ne sarebbe stata delusa. Quindi non posso che dirmi ampiamente soddisfatta dalla piega presa a questo riguardo sul termine di questo episodio, in cui ci viene in qualche modo fatto intendere che Annalise non è la madre di Wes, ma potrebbe (insieme a Eve, ecco quindi perché la donna aveva colto al volo l’allusione nel semplice “It’s him” due episodi fa) essere in qualche modo coinvolta con la morte di quest’ultima. Mi lancio anche in un ulteriore volo pindarico: forse Annalise ed Eve sono state in qualche modo le responsabili del suicidio della donna, proprio come è successo con il padre di Asher. Questo spiegherebbe il riprendere la storyline del giudice Millstone proprio in questo frangente e l’insistere così tanto su di essa in un episodio che sarebbe già stato più che pieno anche senza, indugiando inoltre sull’espressione devastata di Annalise davanti all’articolo riportante la notizia: se per lei sentirsi in parte colpevole del suicidio di qualcuno fosse un triste déjà-vu, questo avrebbe molto più senso.
La domanda “what did we do?” che appare nel titolo di questa puntata quindi, che io credevo ingenuamente potesse essere pronunciata da uno dei Keating 5 o comunque dei coinvolti nei fatti presenti, è invece la battuta di chiusura dell’episodio, pronunciata da Eve dieci anni prima proprio di fronte all’interrogatorio di un piccolo Wes/Christophe ancora scosso dalla morte della madre. E ricordo che alcuni di voi nei commenti avevano avanzato l’ipotesi in questione, ovvero di una Annalise in parte responsabile del fatto che Wes sia ora orfano di madre e per questo determinata a “mettere le cose a posto”, come se il suo difenderlo a tutti i costi volesse essere un modo per fare ammenda per il suo tragico errore del passato, e ricordo anche che questa ipotesi mi aveva stuzzicato la curiosità, pensando che se questo sarebbe stato il vero risvolto gli autori mi avrebbero conquistata ancora una volta scegliendo la via meno ovvia ma comunque perfettamente plausibile. Kudos quindi a chi di voi c’era già arrivato, e ora concentriamoci sulle restanti domande ancora in sospeso e prepariamoci ad arrovellarci il cervello per le settimane… ma che dico? MESI di magra che ci attendono da qui all’11 febbraio.
Voto più che positivo, in definitiva, a un mid-season finale che ha però tutti i tratti di un vero e proprio season finale, andando a chiudere più di un arco narrativo ma lasciandoci diversi spiragli per aprire nuove storyline altrettanto coinvolgenti.

E se aspettare il ritorno di HTGAWM da soli vi sembra assolutamente impraticabile, vi ricordo come al solito che ci sono queste fantastiche pagine in cui potrete trovare centinaia di altri fan altrettanto desiderosi di continuare a parlare e speculare su questo show, in attesa che la ABC ci fornisca un nuovo promo su cui basare le nostre future aspettative per il proseguo della stagione.

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Grazie per aver sofferto con me durante questa prima metà di stagione, spero di ritrovarvi tutti qui alla ripresa. Intanto se vi va lasciatemi i vostri pareri su questo winter finale qui sotto nei commenti e, già che siamo a quasi un mese di distanza (ma grazie alle decorazioni l’atmosfera in molte delle nostre città è già abbastanza natalizia), approfitto anche per farvi in anticipo tanti auguri di buone feste!

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Ale
Tour leader/traduttrice di giorno e telefila di notte, il suo percorso seriale parte in gioventù dai teen drama "storici" e si evolve nel tempo verso il sci-fi/fantasy/mistery, ora i suoi generi preferiti...ma la verità è che se la serie merita non si butta via niente! Sceglie in terza media la via inizialmente forse poco remunerativa, ma per lei infinitamente appagante, dello studio delle lingue e culture straniere, con una passione per quelle anglosassoni e una curiosità infinita più in generale per tutto quello che non è "casa". Adora viaggiare, se vincesse un milione di euro sarebbe già sulla porta con lo zaino in spalla (ma intanto, anche per aggirare l'ostacolo denaro, aspetta fiduciosa che passi il Dottore a offrirle un giretto sul Tardis). Il sogno nel cassetto è il coast-to-coast degli Stati Uniti [check, in versione ridotta] e mangiare tacchino il giorno del Ringraziamento [working on it...]. Tendente al logorroico, va forte con le opinioni non richieste, per questo si butta nell'allegro mondo delle recensioni. Fa parte dello schieramento dei fan di Lost che non hanno completamente smadonnato dopo il finale, si dispera ancora all'idea che serie come Pushing Daisies e Veronica Mars siano state cancellate ma si consola pensando che nell'universo rosso di Fringe sono arrivate entrambe alla decima stagione.

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