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Gli Spin-Off Che Vorremmo | Doctor Who presents… Children Of Time

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Gli Spin-Off Che Vorremmo | Doctor Who presents… Children Of Time

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Lo ammetto, quando ho chiesto di fare questo Spin Off per la rubrica ero più che esaltata.

Da Whovian, ho sempre desiderato che gli autori ci dessero almeno un piccolo indizio sulla vita di Rose e TenTwo, qualcosa che ci dicesse quali avventure stavano vivendo, quanti nuovi personaggi avevano incontrato, se la loro vita procedeva tra salti temporali come sempre o se il TARDIS finalmente si fosse riempito delle risate di tanti piccoli Time Lord.

Rose e Ten, per me, sono la più bella storia d’amore mai scritta. Da sempre. E con la mia fantasia sfrenata a metterci lo zampino, capirete che è una pessima accoppiata.
Quindi: bando alle ciance e proseguiamo con la narrazione. Perché non sono qui per fare critica oggi, o per invogliarvi a vedere una serie.

Sono qui per raccontarvi una storia.

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“Avevo promesso di stare con Lui per sempre. Per tutta la vita che mi sarebbe stata concessa.
E sapevo, nel profondo del cuore, che continuando a viaggiare in quella strana scatola blu, la mia aspettativa di vita sarebbe stata spaventosamente breve.
Il mio presentimento, alla fine, si era rivelato giusto.
La battaglia di Canary Wharf aveva decretato la mia morte.
Oh, certo. Voi potrete dire che era tutta una finzione. Che non ero morta davvero, quel giorno orribile. Che Pete Tyler mi aveva salvata all’ultimo, portandomi nella sua dimensione e facendo di me sua figlia e di Jackie sua moglie, e che la lista delle vittime di Canary Wharf riportava i nostri nomi esclusivamente come pro forma, perché Lui aveva voluto proteggerci e donarci una vita serena, senza strani alieni che tentassero di spaccare il velo tra le realtà per venire a prendere me, una dei “Bambini del Tempo”.
No.
Quel giorno, separata da Lui, io ero morta dentro.
Quel giorno… e quelli a venire, mentre il mio corpo ed il mio cervello andavano avanti per inerzia, lavorando assieme a Pete per fare di Torchwood qualcosa di davvero utile all’umanità, rispettando i miei turni al centro commerciale, e uscendo con Mikey la sera. Jackie aveva persino insistito perché mi rivolgessi ad uno psicologo, un caro vecchietto che mi aveva ascoltata frignare e aveva capito nemmeno la metà di quel poco che gli avevo raccontato. Non riuscivo a parlare di Lui, nemmeno sapendo che in questo universo non ne esisteva una versione. Nemmeno dove era impossibile trovare un Signore del Tempo, riuscivo a tradire i suoi segreti.
Mi aveva resuscitata la sua voce, chiamandomi da impossibilmente lontano. E io, pazza io, avevo trascinato tutta quella strana famiglia che mi ritrovavo su su fino alle spiagge della Norvegia, alla “Bad Wolf Bay”, solo per dovergli dire addio un’altra volta.
E poi per mesi, dodici lunghi e terribilmente lenti mesi, mentre le stelle si spegnevano e lasciavano il cielo vuoto e nero come il mio cuore, avevo dato tutta me stessa per rivederlo. Tutto quello che avevo imparato da lui, tutto quello che sapevo della tecnologia dei viaggi nel tempo, tutto… anche il mio sangue, perché Torchwood lo studiasse e lo inserisse nella macchina che mi avrebbe permesso di fare a pezzi la barriera tra le realtà per andarlo a cercare.
L’ultima cosa che lui avrebbe voluto.
La prima che avrebbe desiderato.
Ma questo, il mio viaggio per salvare gli universi e per rivedere Lui, aveva portato a delle conseguenze.
Alcune le conoscevo: la nascita di un altro Lui, il ritorno alla realtà che ora chiamo casa, la battaglia…
Altre ancora le ignoravo.
E là, su quella vasta spiaggia dove mi aveva lasciato due volte, tenevo per mano un altro Lui, un bambino sperduto ed infuriato, nato dalla guerra e dalla vendetta proprio come Lui quando, per la prima volta, mi aveva afferrato la mano e aveva sussurrato “Corri!”.
Il mio nome è Rose Tyler.
E questa è la storia di come sono nata di nuovo.”

Questo sarebbe l’ipotetico intro del pilot di Children Of Time.

Perché questo titolo? Perché è un appellativo usato da Davros, creatore dei Dalek, per quel gruppo che è stato bene o male compagno dell’intero arco delle avventure di Ten, e che lui ha imparato ad amare.

CHILDREND OF TIME – Episodio 1: “All The Time in the World”.

Children of Time inizia come un capitolo totalmente nuovo della vita di Rose.
Siamo nella Terra Parallela, l’universo in cui Rose e la Metacrisi di Ten sono rimasti alla fine di “Journey’s End”, tredicesima puntata della quarta stagione.
Da allora, dall’addio definitivo a Ten e Donna e al TARDIS, sono passati sei mesi e diverse peripezie.
Rose ha lasciato il suo posto da commessa e lavora, assieme al padre e al Dottore, nella Torchwood di questa realtà, che ha anche fornito alla Metacrisi di Ten documenti validi per vivere nella moderna Gran Bretagna sotto il nome, come sempre, di John Smith.
Ma perché dei documenti? Il Dottore non ne ha mai avuto bisogno, giusto?
Perché John e Rose stentano a ritrovare il rapporto che lei aveva col “suo” Dottore. Nonostante TUTTI lo chiamino ancora con quell’appellativo, Rose si rivolge a lui solo come John, non riuscendo a riconoscere in lui i tratti che aveva imparato ad amare.
Per questo motivo, lui non ha nemmeno tentato di far crescere una nuova TARDIS (affidata loro da Ten in un frammento di Journey’s End mai andato in onda ma di cui potete vedere il video QUI ), il cui pezzo è gelosamente custodito da John da qualche parte nella dependance di Villa Tyler dove si è insediato in pianta stabile.

[Piccola nozione di storia:
Dopo la sconfitta di Lumic e dei Cyberman da lui creati, l’Inghilterra ha votato per tornare alla monarchia, e l’erede al trono sta per essere incoronata in pompa magna, con grandi festeggiamenti per tutta la città, proprio nei giorni in cui si apre la nostra serie.]

John, intenzionato a riconquistare Rose, le propone così un appuntamento per il giorno dell’incoronazione: loro due, una vespa azzurra recuperata acquistando pezzi online, un vestito rosa un po’ retrò e le bancarelle di dolciumi attorno all’abazia dove Elisabetta IV tornerà ad essere Regina d’Inghilterra e Scozia.
Stavolta senza mostri televisivi mangia-faccia ad interrompere l’idillio!
Ed è davvero tutto idilliaco.
Rose e John passeggiano tra le luci soffuse della piccola fiera, nel profumo di dolciumi e nello sventolio delle bandiere. Come una normale coppia, si tengono per mano e scherzano, ridono, si godono la festa.

Non fosse che, nell’istante esatto in cui il pubblico osserva tramite maxischermi la corona posarsi sul capo di Elisabetta, negli uffici di Torchwood gli strumenti impazziscono, rilevando una quantità di energia temporale fuori dal comune nei cieli sopra Londra.
Un’esplosione colora il cielo di luce dorata, e qualcosa, forse un meteorite, precipita in una scia di fuoco nel bel mezzo dei Kensington Gardens, lasciando un consistente cratere e scatenando il panico nella folla festante.

Tra famiglie che scappano a gambe levate, atterrite dalla possibilità di un attacco terroristico, e persone che già gridano al miracolo avvenuto proprio nel minuto stesso dell’incoronazione, Rose e John non possono fare a meno di guardarsi negli occhi, prendersi per mano e correre verso il luogo dell’impatto, sfoderando i tesserini di Torchwood davanti alle autorità per avvicinarsi al cratere e a ciò che contiene.
E quello che trovano non può che lasciarli a bocca aperta.

Nel centro della cavità, il relitto di un guscio fatto con quelli che sembrano pezzi di varie navicelle spazio-temporali si sta aprendo, sbuffando vapore da pistoni a pressione ed ancora avvolto dai fumi provocati dalla frizione con l’atmosfera. E’ talmente piccolo da non poter essere nemmeno considerato una navetta, avendo appena le dimensioni di una capsula di salvataggio.
L’eccesso di vapore e fumo si dissipa abbastanza da rivelare cosa questo modulo nasconda al suo interno.
Abbracciati e svenuti, due ragazzi sui diciotto anni giacciono incoscienti: capelli rosso fiamma, varie ed evidenti contusioni, tute da astronauta a protezione dei loro corpi e, tra le mani unite, una piccola capsula di metallo che emette un rassicurante bagliore verde.
Le targhette sulle tute spaziali li identificano come Lee ed Ella Temple.

E, ricordando dove ha già sentito quei nomi, e osservando il volto della ragazza, il Dottore capisce che nell’altra Terra, la “loro” Terra, qualcosa deve essere andato incredibilmente storto.

Questo sarebbe, a grandi linee, lo svolgimento del primo episodio, che si chiude su un momento di disperazione ed incertezza che solo chi ricorda bene bene “Forest of The Dead” può capire.

Ma, prima di proseguire, vediamo il cast!

The Doctor

David Tennant as The Doctor
Eroe della nostra storia, la Metacrisi di Ten avrà anche una sola vita umana ed un solo cuore, ma lo stesso animo del Dottore originale.
E come potrebbe esimersi, il Dottore, dall’intervenire e prestare il suo aiuto a chi è in difficoltà?
Profondamente innamorato di Rose e oramai deciso a mostrarlo al mondo, inizia la nostra storia con il sano proposito di tenersi fuori dal flusso del tempo e di vivere una vita quanto più normale possibile con lei, se non altro per tenerla al sicuro dai pericoli.
Forse ha dimenticato che i pericoli, quando non è lui a buttarcisi in braccio, lo vanno direttamente a cercare.

Rose Tyler

Billie Piper as Rose Tyler
Rose è cresciuta, è più matura di come la ricordiamo. Dall’ultimo addio al “suo” Dottore stenta a riprendersi, eppure non può fare a meno di provare affetto per “John”, quasi condividesse anche con lui un legame particolare.
All’inizio della nostra storia, Rose quasi si costringe, giorno dopo giorno, ad ignorare quello che le sembra un impostore, un surrogato. Tenta con tutta se stessa di mantenere con lui un rapporto platonico di pura amicizia, ma non sempre vi riesce.
Inutile dire che presto il suo cuore cederà, vero?

Donna Temple Noble

Katherine Tate as Donna Temple Noble
Dopo End of Time, i pericoli per Donna in quanto bersaglio dei cattivi sembravano sfumati. Legata alla decima incarnazione del Dottore, nessuno avrebbe mai pensato ad andare a cercarla dopo la sua rigenerazione… In teoria.
Donna, in realtà, porta comunque in se DNA dei Signori del Tempo, tracciabile e pericoloso. Per questo dei loschi figuri non ben identificati viaggiano sino alla Terra per cercare lei ed i gemelli che ha avuto dal marito.
Purtroppo, dandole la caccia, innescano il ritorno dei ricordi che Ten aveva così accuratamente sigillato.
In Childrenof Time, Donna Temple Noble comparirebbe solo in alcuni flashback e come proiezione olografica, non come vero e proprio personaggio protagonista, passando il testimone ai gemelli.
Ella Temple
Lee Temple

Rose Leslie e Sam Heughan as Ella and Lee Temple
Sì. Lo so che Sean Temple che ci hanno fatto vedere in End Of Time era di colore… ma come potevo resistere all’idea di due gemelli uguali a Donna? Tanto uguali da essere persino uguali a quelli che Donna ha visto nella banca dati della Biblioteca?
Ella e Lee hanno preso tutto da mamma, compreso il dannato caratteraccio.
Non hanno mai saputo, fino all’ultimo, di essere nati “speciali”. Umani con DNA di Time Lord e la capacità di interagire con la loro tecnologia senza rischiare nulla, il tutto grazie alla Metacrisi che Donna ha compiuto con Ten.
Per questo “qualcuno” li cerca. Per usarli per porre fine all’esistenza del Dottore. E per questo Donna li fa scappare dall’unica persona che SA come proteggerli, e che li proteggerà a qualsiasi costo: quel loro atipico “fratello” nato come per magia da una mano che lei ha toccato, e che possiede tutta la conoscenza ed il grande cuore del suo amato migliore amico, il Dottore.

Dolanaar

Tom Hiddleston as Dolanaar
In tutte le storie serve un cattivo credibile. Ebbene: Dolanaar è il nostro.
Dolanaar era un Time Agent, in possesso di un Manipolatore del Vortice Temporale che gli permetteva di svolgere le sue mansioni al servizio dell’Agenzia. Dopo aver perso la famiglia nell’ultima Guerra del Tempo, Dolanaar persegue l’intento di ricostituire l’Agenzia più efficiente e forte che mai. Rintraccia così Ella e Lee, intenzionato a studiarli per estrapolarne il potere latente di controllo della tecnologia dei Time Lords e dare vita ad un esercito di agenti in possesso di macchine più efficienti, che permettano loro di viaggiare ovunque nel tempo e nello spazio, per riscrivere la storia e cancellare gli eventi che lo hanno portato ad impazzire.
Dolanaar non è, in realtà, propriamente ostile al Dottore. Odia tutti i Time Lords per ciò che hanno causato nella Guerra del Tempo, e vorrebbe vederli cancellati dall’universo, e per questo sceglie Ella e Lee come bersagli teoricamente facili per le sue mire.

La Prima Stagione

Possiamo solo tentare di ipotizzare cosa succederebbe dopo l’atterraggio di fortuna di Ella e Lee.

Il cilindro di metallo che entrambi reggevano in mano nella capsula di salvataggio sarebbe stato, in teoria, un messaggio olografico di Donna e Jack Harkness, l’unica persona che Donna conoscesse con sufficienti 85mezzi tecnologici per sfondare la barriera tra le dimensioni e spedire i gemelli da Rose e John.
Donna, oramai agli ultimi giorni di vita dopo che i ricordi bloccati da Ten sono stati in qualche modo risvegliati, implora tramite il messaggio i due di proteggere Ella e Lee. Spiega loro che Dolanaar, un ex-Time Agent come Jack, li vuole per poterli usare per strani esperimenti, che sulla Terra nessuno può proteggerli a dovere, che non era possibile tenerli asl sicuro finché fossero rimasti nella stessa dimensione di un tale psicopatico e che l’unica soluzione, non trovando nessuna delle incarnazioni del Dottore, era mandarli dalle due persone di cui si fidava di più al mondo.
Indietro nel tempo E in una nuova dimensione, dove Jack SA che non si nascondono solo una versione del Dottore e un nuovo TARDIS, ma anche un pianeta che tutti credevano perduto, esploso, distrutto nella Guerra del Tempo ma che in realtà è stato salvato… spedendolo in una dimensione parallela in cui è bloccato da quando tredici Dottori assieme hanno deciso di salvarlo anziché distruggerlo.

E solo la gente di Gallifrey può fermare Dolanaar e la nuova Time Agency. Solo il Dottore, con l’aiuto della sua gente.
E John/Ten sarebbe costretto, a questo punto, a far crescere una nuova TARDIS. E a partire alla ricerca di Gallifrey assieme a Rose e ai gemelli Ella e Lee, figli della donna che è stata l’amica migliore che il Dottore abbia mai avuto.

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Ovviamente Dolanaar sarebbe riuscito a seguire i gemelli in questa dimensione, magari in un modulo simile al loro, magari nella stessa esplosione che li ha portati in questo mondo. E le avventure di Rose e del Dottore, nel TARDIS, come dovrebbe essere, permetterebbero loro di esplorare mondi nuovi e mai visti, ala ricerca di quell’unico piantea in cui i Time Lords attendono di poter tornare a casa e nel quale potrebbero avere risposta all’esistenza di una Metacrisi umana e di due nuovi e mai visti Signori del Tempo che non sanno ancora controllare i propri poteri.

Non darei MAI un finale ad una storia simile. Non ci ho davvero mai pensato, a come potrebbe finire.
Di certo, per una volta, mi piacerebbe un vero lieto fine, e una vita di avventure infinita per TenTwo e Rose Tyler, nel TARDIS, come dovrebbe essere.

Vi lascio però con questo pezzetto di racconto, che pubblicai (Così come il pezzo in corsivo all’inizio) in forma di fan fiction un po’ di tempo fa. La fan fiction da cui nacque questa mia idea malata di uno spin off sui “Bambini del Tempo”.
Sperando che lo gradiate e che possa portarvi a sognare un altro po’ con Rose, Ten e quella che è “La Più Bella Storia d’Amore mai Scritta”.

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Another Home

Bussare alla sua porta era sempre un terno al lotto.
Solo il venerdì prima lo aveva trovato a testa in giù, appeso ad uno strano tubo che aveva montato al soffitto durante la notte, a tentare di ottimizzare l’intera rete elettrica di villa Tyler.
Certo… aveva fatto saltare la corrente in tutto il dannato isolato. Ma una volta sistemato, l’apparecchietto inserito all’interno del lampadario aveva davvero generato elettricità. E avrebbe continuato a generarla per 10.000 anni, a detta sua.
A volte, nei due mesi vissuti dall’ennesimo addio del Dottore alla Black Wolf Bay, Rose si era sorpresa a pensare a quanto poco fosse cambiato durante i due anni trascorsi dal loro ultimo incontro.
Sorpresa, e poi indispettita.
Tutti lo consideravano il Dottore. Jackie, Pete, persino il piccolo Tony… tutti lo chiamavano Doctor.
Tranne lei.
Per lei era John, il nome che si era scelto quando Torchwood gli aveva procurato i documenti di identità necessari a vivere a Londra, ed essere cittadino inglese.
Poco importava che, in quelle prime ore assieme, seduti abbracciati sulla sabbia umida ad aspettare l’elicottero che Pete aveva mandato a recuperarli, le avesse detto tutto quello che non aveva avuto il coraggio di dirle nel tempo trascorso a bordo del TARDIS.
Poco importava che lei adesso conoscesse il suo nome, le sue labbra, tutto quello che era successo da quando il teletrasporto l’aveva salvata dall’eternità nel Vuoto, e come la sua voce risuonava ed i suoi occhi nocciola brillavano quando le diceva “Ti Amo”.
Poco importava che preferisse gli stessi abiti, la stessa non-acconciatura, e che avesse sempre la solita fissa per le banane.
Non era il Dottore. Non era il SUO Dottore. Era una copia, lei lo aveva visto. Non riusciva a smettere di amarlo, ma non per questo riusciva a sorvolare sul fatto che John fosse in parte generato da qualcosa che originariamente non era il Dottore.
Si risolse a bussare, ammesso e non concesso che lui riuscisse a sentirla al di sopra dell’assordante rumore di ferraglia che proveniva dall’interno della piccola dependance in cui Pete l’aveva sistemato al loro ritorno a casa.
«Jackie… non adesso!!!»
«John… sono Rose.»
Qualcosa di metallico cadde sul pavimento con un gran fracasso.
«Aspetta un momento! Solo un momento!»
Anche con la porta chiusa riuscì a distinguere chiaramente il ronzio del cacciavite sonico che si era costruito al loro arrivo a Londra.
Qualche minuto dopo, la serratura scattò con un “click!” leggero, permettendole di entrare e guardarsi attorno allibita.
Il salottino sembrava un garage.
Diversi attrezzi erano sparsi qui e là sui mobili, il divano era stato spostato in un angolo, il televisore coperto con un telo.
Nel bel mezzo del tappeto persiano di Jackie svettava, scintillante ed apparentemente nuova di zecca, una Vespa 50, azzurra come il cielo in estate, a cui John era appoggiato quasi con noncuranza a braccia e gambe incrociate, jeans e maglietta sporchi di grasso per motori e le sempre presenti scarpe da ginnastica, legate assieme per i lacci, buttate a cavallo di una spalla.
Sorrideva divertito come la prima volta che le aveva mostrato il garage del TARDIS, dove tutti i mezzi che aveva accumulato nei suoi viaggi stavano ammassati alla rinfusa (carrozze del ‘500 accanto all’ultimo modello di Cadillac a levitazione uscito nel 5850) e le aveva detto di sceglierne uno, uno qualsiasi, per poterle dimostrare che non sapeva guidare solo quella sua assurda astronave.
«Ti piace?» ammiccò nella sua direzione, passando le belle dita affusolate sul manubrio. L’unica cosa che Rose riuscì a replicare fu un attonito:
«OH… MIO… DIO… e quella dove l’hai trovata?»
«Oh! Sulla vostra versione di Internet, ovviamente! Si può richiedere di tutto: un frigorifero, un droide da carico, un e-reader, un tappeto nuovo per tua madre, i pezzi per assemblare personalmente il proprio dirigibile e… questa! Ci ho dovuto lavorare un po’… beh, più di un po’… beh, diciamo tutta la notte. E il colore non è esattamente quello giusto, ma non ho potuto fare di meglio. E ovviamente le ho fatto qualche modifica. Ma mi sembra perfetta, che ne dici?» alla solita velocità impossibile scattò dietro il mezzo, afferrò qualcosa e corse da lei fermandosi a pochi centimetri: tra le mani teneva due caschi, uno rosa confetto ed uno bianco, simili a piccoli elmetti lucidi con tanto di visiera, come futuristici berretti da baseball.
«E poi ho questi.» riuscì ad essere invitante, accattivante ed entusiasta con un solo sguardo. «Dimmi che verrai con me…» la implorò, lasciando la frase in sospeso, quasi intimidito dalla propria audacia.
«Dove?» Mordendosi il labbro, Rose ricacciò giù il groppo che le era salito in gola, assieme all’assurdo istinto di rispondere “sì” senza mai domandare, come aveva sempre fatto con Lui.
«Beh…» mollandole i caschi tra le mani, John frugò nelle tasche del jeans per estrarre un mini-pad, sul cui schermo campeggiava una serie si scritte colorate.
«Due anni fa, quando il vostro Presidente non è riuscito ad impedire a Lumic di scatenare i Cyberman, questa nazione ha votato… giusto?»
«Giusto.»
«E ha votato per il ritorno alla monarchia, giusto?»
«Giusto.»
«Guarda l’annuncio.»
Tutti conoscevano quell’annuncio. Da settimane oramai veniva trasmesso in tutta Europa, con la promessa di uno spettacolo di decoro, patriottismo e antica tradizione inglese da togliere il fiato.
«E’ l’annuncio dell’incoronazione di Elisabetta IV, domani…» replicò Rose con un filo di voce, capendo dove John voleva andare a parare.
«Domani.» sorrise lui, esaltato come un bambino la mattina di Natale. «Un’incoronazione. Di una Elisabetta. Io, tu, la Vespa… ecco… mi sembrava una buona idea. Visto e considerato che stavolta non ci sono in giro assurdi mostri televisivi mangia faccia e…»
Rose esitò, lasciandolo a blaterare eccitato.
Poteva affrontarlo? Poteva fingere che tutto andasse bene per un solo giorno? Perché, pur consapevole che John non sarebbe mai stato il suo Dottore, era così terribilmente innamorata di quell’uomo da desiderare ardentemente un’avventura come quella.
Lasciò cadere i caschi sul tappeto, posandogli un dito sulle labbra per interrompere l’incessante fiume di parole che continuava ad uscire dalla sua bocca.
«Stavolta niente gonne a palloncino.»
«E perché mai?» replicò lui, scostandosi e ridendo.
«Non siamo nel 1953…»
«Ma adoravo quella gonna a palloncino.»
«Ma sarebbe anacronistica!»
La prese per la vita, facendola girare per il salotto e strappandole una risata allegra, una di quelle che le illuminavano il viso e gli occhi e la facevano sembrare una bambina.
«Al diavolo l’anacronismo! Magari lanceremo una nuova moda!»
Rose si concesse un momento per intrecciare le dita a quei capelli fantastici.
«Non dovremmo provare a riscrivere la storia…» iniziò, cercando dentro di se la saggezza che l’attesa di Lui le aveva insegnato.
«Non ci sono viaggi nel tempo qui, Rose.» la interruppe John con enorme sorriso. «Non possiamo conoscere il futuro, a meno che non siamo noi a crearlo. Capisci?» Ammiccò, più felice di quanto lei non l’avesse mai visto «Possiamo scrivere il nostro futuro. E’ una cosa che non ho mai fatto! Che non ho mai potuto fare! Beh…a parte una volta in cui…»
«Oh, sta zitto!»
L’aveva colta una stretta al cuore improvvisa, tanto forte da farle involontariamente salire le lacrime agli occhi. Senza riuscire a fermarsi, si alzò in punta di piedi per baciarlo come aveva sempre desiderato fare, per lasciarsi stringere in quell’abbraccio che le era mancato così maledettamente tanto… lo stesso abbraccio di sempre, ma con qualcosa in più.
Si staccò forse un po’ troppo in fretta, lisciandogli la maglietta che gli aveva stropicciato.
«Niente alieni televisivi, stavolta?» gli domandò con una risatina, per smorzare la tensione creatasi.
«Niente di niente.» Nonostante tutto, come sempre, aveva capito il suo stato d’animo. Fece un passo indietro, raccogliendo da terra i caschi e andando a posarli sulla sella della Vespa mentre lei si sistemava nervosamente i capelli.
«Allora domani…»
«Già… Ti aspetto fuori dal cancello.»
«Alle sei?»
«Alle sei. Buonanotte, Rose.»
«Buonanotte, John.»
Posò le dita sulla maniglia della porta, e lo sentì sospirare.
«Mi chiamerai mai col mio nome?»
Senza voltarsi, Rose tentò disperatamente di sembrare inconsapevole.
«Hai detto che quel nome non deve essere pronunciato ad alta voce, perché potrebbe echeggiare tra le dimensioni ed attirare attenzioni indesiderate…»
«Non QUEL nome. Il mio nome. Quello che mi sono scelto.»
Non riuscì a replicare.
Aprì la porta, uscì sotto il piccolo pergolato e la richiuse sbattendola forte.
Solo quando il freddo decembrino le pizzicò le guance ed il naso realizzò che forse, solo forse, quel qualcosa in più che avvertiva ogni volta negli abbracci di John non era quella parte di lui nata da Donna Noble, ma quell’amore per lei che per anni il Dottore aveva nascosto e non si era permesso di provare o di ammettere, per non ferire lei e se stesso.
Lo aveva sempre tormentato il pensiero di vedere le persone amate invecchiare e morire attorno a lui, ed ora che poteva avere qualcuno con cui vivere una vita normale (per quanto normale potesse essere la vita trascorsa accanto ad un eterno bambino genialoide ed iperattivo), lei stava mandando tutto al diavolo.
Asciugandosi con rabbia lacrime che non avrebbe voluto versare, Rose Tyler si avviò a passo spedito verso l’ombra della grande villa, mentre il Dottore la guardava malinconico dal salotto illuminato, la fronte poggiata contro il vetro freddo, le scarpe di tela ora poggiate sul davanzale, dimenticate.

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Annalisa Mantovani nasce a Ferrara, in un freddissimo e nevossissimo Febbraio del 1980. Forse è per questo che odia l’estate, il sole e il caldo e preferisce climi rigidi e temperature polari, grazie alle quali può godersi le fusa dei suoi gatti, una bella coperta calda, il divano e i suoi amatissimi libri. Sin da piccola legge tutto il leggibile, dal romanzo d’avventura al fantasy, dalla storia d’amore alle etichette dello shampoo, ma le sue letture preferite rimarranno sempre i romanzi di Emilio Salgari sul pirata Sandokan, Il Silmarillion di quello che definisce il suo “papà” letterario J.R.R.Tolkien, la saga di Harry Potter e qualsiasi cosa sia stata scritta sui vampiri, anche la spazzatura. Da qui, e dalle sessioni di Dungeons&Dragons a cui gioca col marito ormai da più di 15 anni, la passione per la scrittura di romanzi fantasy e urban fantasy che, se dio vuole, un giorno riuscirà anche a pubblicare. Telefilm Addicted da quando guardava Hazard e l’A-Team con il nonno dopo i compiti, predilige serie dove la componente sovrannaturale giochi un ruolo importante, anche se non disdegna Downton Abby, Criminal Minds e Broadchurch. Whovian per la vita, le sue serie del cuore saranno sempre Doctor Who, Buffy e, da poco aggiuntasi, Once Upon a Time, che ha il potere di farla tornare bambina.

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