Home Off Topic Gioie e dolori dell’essere una fan dei Panic! At The Disco

Gioie e dolori dell’essere una fan dei Panic! At The Disco

0
Gioie e dolori dell’essere una fan dei Panic! At The Disco

Ero seduta al pub con delle colleghe, in un orario imprecisato fra le undici e mezzanotte, quando la TV sintonizzata su MTV ha fatto partire il videoclip di High Hopes. Una di loro, notando che fissavo lo schermo come ipnotizzata, mi dice l’ho sentita stamattina alla radio con mia sorella questa canzone, è dei… Panic… at the disco? Qualcosa del genere?

Ebbene sì, amici miei, High Hopes, di cui ho allegato video esplicativo, è una delle tracce tratte dall’ultimo album dei Panic! At The Disco ed è anche la loro canzone che ha ricevuto più riconoscimenti nel minor lasso di tempo possibile. Con l’ultimo album infatti, la loro fanbase è aumentata in maniera esponenziale e quindi – invece di scrivere un articolo in cui vi spiegavo i settordici miliardi di motivi per cui A Brief Inquiry Into Online Relationships dei The 1975 è il miglior album del 2018 – ho deciso piuttosto di fornirvi un breve prontuario di ciò che vi aspetta se deciderete di piantare le tende in questo fandom. Spoiler alert: una sola gioia e tanti, tantissimi, dolori.

Non starò qui a farvi una storia della loro carriera, per quello c’è Wikipedia, mi limiterò a rendervi noto che al momento i P!ATD in realtà sono una persona sola, Brendon Urie, capo supremo e incontrastato di questo oscuro culto. E già qui, una si sente anche un po’ borderline a continuare a parlarne al plurale. Ma insomma, qual è quell’unica gioia che rende tutto il resto sopportabile? Il fatto che il sopra citato capo del culto, possiede quelle che secondo me sono la voce e la mente creativa più belle dell’epoca moderna. Brendon è un concentrato impressionante di talento, roba che se accompagnate per caso qualcuno a un suo concerto senza conoscere nemmeno una canzone, ne uscirete da fan scatenati. L’ho visto succedere, a ogni singolo concerto loro a cui sono stata. La cosa più fenomenale, è che un disco registrato non riesce assolutamente a contenere tale talento, quindi – e questo in realtà è il primo grande dramma – una volta che l’avrete sentito live con le vostre orecchie, inizierete a sentirvi perennemente insoddisfatti dell’esperienza che cerca di offrirvi il vostro iPod.

Ma cos’altro vi attende, una volta varcata la soglia di questo reame da cui non esiste via d’uscita?

 

Mai, e dico MAI, affezionarsi a membri della band che non sono Brendon Urie. Se n’è andranno. È una triste e appurata verità. Brent Wilson, Ryan Ross, Jon Walker, Spencer Smith, Dallon Weeekes, Kenneth Harris – in rigoroso ordine cronologico. Quindi non affezionatevi, non farlo. Detto col cuore in mano da una che si è ritrovata il cuore spezzato più e più volte perché in dodici anni di fedeltà incondizionata non è ancora riuscita a imparare la lezione. Ryan Ross, ti voglio ancora bene come se fosse il 2007, sappilo. Anche a te, Dallon.

Compratevi un salvadanaio e iniziate a risparmiare. Risparmiate più che potete perché tanto il favore di venire in Italia non ve lo faranno mai. O quasi. Il problema è che la prima volta che decideranno di farvelo suoneranno alla Rocca Malatestiana di Cesena, questo posto indubbiamente molto bello e suggestivo che però, per essere raggiunto, vi costerà più fatica che andare ad accarezzare un pinguino nel suo habitat naturale. La seconda – e ultima – volta che ve lo faranno, sceglieranno il centro di Milano ma voi avrete la febbre, l’influenza e l’intolleranza nei confronti dell’intero universo addosso e quindi alla fine vorrete comunque espatriare a prescindere – cosa che, in realtà, sarete comunque costretti a fare perché le date su suolo nazionale rimangono un miraggio oscuro e lontano nonostante queste due eccezioni.

Preparatevi psicologicamente a non vedere mai le vostre canzoni preferite in scaletta. A onor del vero un tempo la situazione era meno tragica, ma poi gli album hanno iniziato ad accumularsi, le canzoni pure, e Brendon ha un pessimo istinto quando si tratta di scegliere questa o quella canzone da inserire in setlist.

Preparatevi anche a farvi derubare il conto in banca da tutta una serie di felpe, maglie, canotte con design dal gusto molto dubbio che però finirete inesorabilmente per volere e per comprare, perché il capo del culto sa vendersi bene, lo stronzo.

Ma la tragedia suprema arriverà quando Brendon riuscirà ad arrivare a Broadway e voi vi ritroverete a voler vendere tutti gli organi che avete in corpo – più tutti quelli dei vostri cari – al mercato nero degli organi per raccattare last minute i soldi per volare a New York, solo per vederlo vestire gli stivali rosso shocking di Kinky Boots.

E poi? E poi sarete poveri, con uno o più tatuaggi a tema (che vi renderanno ancora più poveri) e vi ritroverete dall’altra parte d’Europa a cantare a squarciagola proprio quella canzone lì, quella che odiate più di qualunque altra nella loro discografia… e starete piangendo di gioia perché, fidatevi, certe emozioni e sensazioni non hanno prezzo, come quella di ritrovarsi colpiti dritti all’anima dalla meravigliosa voce di Brendon Urie. 

Essere fan dei P!ATD però non è solo questo: è anche, e soprattutto, inclusione. Sarete sempre a casa a un loro concerto, a prescindere da quanti chilometri vi separino dal luogo in cui abitate realmente. Perché Brendon e la sua musica metteranno a posto tutti i cristalli spezzati che vi portate dentro e li rimetterà a posto. Perché non esistono persone strane o messe da parte sotto al suo tetto, esistono solo esseri unici che devono essere fieri della propria unicità. E la lezione più grande di tutte che Brendon ci ha insegnato, è che bisogna tenersi stretti i propri sogni e lottare per realizzarli, perché sì, ce la possiamo fare.

P.S. E mai dimenticare che the poor groom’s bride is a whore!

Previous article Ognuno muore solo – Hans Fallada
Next article Riverdale 3×08 – Svelato il mistero del Gargoyle King
Avatar photo
Nella sua testa vive nella Londra degli anni cinquanta guadagnandosi da vivere scrivendo romanzi noir, nella realtà è un’addetta alle vendite disperata che si chiede cosa debba farne della sua laurea in comunicazione mentre aspetta pazientemente che il decimo Dottore la venga a salvare dalla monotonia bergamasca sulla sua scintillante Tardis blu. Ama più di ogni altra cosa al mondo l’accento british e scrivere, al punto da usare qualunque cosa per farlo. Il suo primo amore telefilmico è stato Beverly Hills 90210 (insieme a Dylan McKay) e da allora non si è più fermata, arrivando a guardare più serie tv di quelle a cui è possibile stare dietro in una settimana fatta di soli sette giorni (il che ha aiutato la sua insonnia a passare da cronica a senza speranza di salvezza). Le sue maggiori ossessioni negli anni sono state Roswell, Supernatural, Doctor Who, Smallville e i Warblers di Glee.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here