Essere Eroi

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Essere Eroi

Questa settimana sono qui a sostituire Mari per gli articoli settimanali per le Rubriche ed Esclusive.
Abbiate pazienza se non ritroverete, per oggi, uno dei suoi carinissimi pezzi, così spumeggianti e divertenti, al suo posto ci sono io, che mi sono buttata in una riflessione su un tema dibattuto spesso e in molte storie diverse, ovvero “l’essere eroi”.

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La recente visione di “Daredevil” mi ha portato a interrogarmi sul significato dell’ “essere eroi”. Questo perché, in particolare, alcune altre storie, compresi show che seguo (“Once Upon A Time”, tanto per fare un esempio) puntano molto su tale figura e, a volte, portano un po’ all’eccesso alcune considerazioni.
Volendo restare nell’esempio OUAT, bisogna riconoscere che essendo ispirato alle fiabe e alla versione Disney delle stesse, è chiaro come esso non possa virare su toni troppo cupi e tuttavia uno degli aspetti che, personalmente, ho sempre ritenuto più originali era la rivisitazione delle versioni Disney di quelle fiabe. Prendiamo Biancaneve: da innocente ed eterea fanciulla a giovane donna forte e combattiva, che per sopravvivere si dà alla fuga, impara a combattere e gira armata. Un notevole cambiamento. Non che ci fosse qualcosa di errato nelle versioni Disney (anzi, io le adoro ancora oggi), ma tale vena innovativa mi è sembrata sempre molto apprezzabile, proprio perché, se di fiabe si vuole parlare, tanto vale farlo con una nuova modalità.

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Come sappiamo tutti, Snow White e Charming fanno parte della schiera degli eroi e in OUAT di recente si è discusso molto al riguardo.
Chi di voi lo segue avrà assistito a tutta la tragedia sorta dalla scoperta del tremendo errore commesso da Snow e Charming, quando erano due futuri genitori terrorizzati da previsioni nefaste sulla loro bambina. Ora, pur non contestando il fatto che abbiano sbagliato, il mio problema è stato l’atteggiamento di Emma nei confronti dei genitori, che ho trovato di un esagerato al limite del ridicolo, e il “messaggio trasmesso”.

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Parlando con amici al riguardo, ho ammesso che comincia un po’ ad annoiarmi questa concezione degli eroi che dovrebbero essere “senza macchia e senza paura”, la quale porta a far divenire quasi “bestemmia” l’errore commesso dal personaggio positivo di turno, visto che i più grandi eroi della letteratura (classica, fantasy, young adult e via dicendo) sono pieni sia di paure che di macchie ed è proprio questo che li rende eroi. Come dicevo nel discorso con gli amici, non c’è coraggio senza paura, non c’è forza senza, oltre al dolore, fallimenti.
Questa considerazione presente (e costante) in “Once Upon A Time”, in qualche modo “estremizzata”, mi ha infastidito, soprattutto perché in qualunque storia io veda o legga la mia predilezione va sempre a coloro che in qualche modo, piccolo o grande, si “comportano da eroi”. Possiamo dire i “buoni”, anche da un punto di vista caratteriale, laddove “buono” non sta per senza macchia e senza paura, bensì per chi tenta di fare la cosa giusta.
Qualcuno mi ha detto che questo avviene perché io ho una radicata e generalmente intaccabile tendenza al bene. Non lo so, non sta a me dirlo, ma se devo essere io a spiegare il motivo, lo faccio in un modo molto semplice. La mia ragione è questa: è molto più facile arrabbiarsi con il mondo perché si è stati duramente colpiti e, quindi, prendersela con chiunque, piuttosto che sopportare il dolore, portarlo dentro di sé senza scaricarlo rabbiosamente sugli altri, tentando di restare in qualche modo aperti nei confronti delle persone, disposti ad ascoltare, aiutare e anche a tentare di fare la cosa giusta, a combattere per essa, se necessario, piccole o grandi battaglie che siano.
Questo è molto, molto difficile e ci vuole una forza notevole, per farlo. Eppure è proprio questo il motivo per il quale la mia predilezione va a quel tipo di personaggi. Ciò che mi colpisce è sempre la forza morale, soprattutto dinanzi a grande sofferenza. E con esse, ovviamente, anche il coraggio, il senso di responsabilità, l’istintiva pulsione a fare la cosa giusta, a schierarsi, a non voltare lo sguardo dall’altra parte dinanzi agli altrui abusi.
Tuttavia, come dicevo, questo non significa perfezione, poiché anche chi possiede tale forza, chi si schiera, non è altro che un essere umano, con il suo bagaglio di pregi e difetti e pertanto, inevitabilmente, commette errori, cade.
Un “buono”, dunque, non è qualcuno senza macchia e senza paura, perché una cosa del genere è impossibile e, quindi, inverosimile; un “buono” è semplicemente chi risponde alla descrizione di cui sopra: qualcuno che, anche se colpito duramente, porta quella sofferenza dentro di sé, senza scaricarla sugli altri con aggressività; qualcuno che, pertanto, resta in qualche modo aperto verso le persone, pur erigendo delle barriere difensive, e che si schiera, sceglie di combattere per ciò che è giusto, cadendo, commettendo errori, sporcandosi, “piegandosi” o, in un certo senso, “spezzandosi”, anche, ma, alla fine, rialzandosi sempre per riprendere posizione, nonostante il dolore, nonostante la paura, la stanchezza e lo sconforto che possono cogliere chiunque, anche gli eroi, i quali, come è facile intuire, spesso emergono da tale categoria di persone.
E’ per questo che alcune considerazioni portate all’eccesso che possono essere presenti in alcune storie (non solo OUAT, negli anni ve ne sono state tante) mi infastidiscono.
Io mi aspetto che i buoni, e dunque gli eroi, sbaglino e che i loro errori possano anche essere grandi; mi aspetto che a volte cadano nel fango (passatemi l’espressione), si sporchino e si facciano male, vengano colti da paure, sconforto, disperazione e che questi possano privarli, momentaneamente, della forza. Me lo aspetto sempre, perché è anche questo (o forse soprattutto questo) che vuol dire essere umani; ma, d’altronde, è proprio qui che risiede la drammatica bellezza di una storia, la sua potenza: la lotta continua, la caduta e la “resurrezione” dell’eroe, che nonostante tutto si rialza e continua (o ricomincia) a combattere.
D’altro canto, la paura è insita nella definizione stessa di coraggio. Come si fa a essere coraggiosi, se non si ha paura? Analogo discorso vale per la forza. Come si può essere forti se non si prova dolore o non ci si deve rialzare da una caduta?
Gli eroi non sono dei robot che arrivano, risolvono la situazione senza sforzo alcuno e partono al galoppo alla volta del successivo problema.
L’eroicità sta proprio nell’attraversare l’inferno, propri errori compresi, e andare comunque avanti. Rialzarsi dalle cadute, dalle perdite e dalle sofferenze e continuare a combattere per ciò in cui si crede, ovvero per fare la cosa giusta (quella “obiettivamente” tale, intendo).
La letteratura, il cinema e la televisione sono pieni di queste figure (per fortuna), poiché queste sono quelle dei veri eroi, che possono anche essere d’ispirazione.
Pensiamo a Frodo e Aragorn.

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Pensiamo ad Anakin Skywalker (nel quale il percorso di caduta e resurrezione è molto esteso e portato anche all’estremo, senza ombra di dubbio, ma quando era un Jedi era un eroe, lo era già da bambino… e, peraltro, è emblematico che a farlo cadere siano stati il tradimento della sua fiducia e il fatto che gli sia stata sottratta la possibilità di fare ciò per cui era nato: salvare le persone), pensiamo al Dottore, pensiamo a Harry Potter.

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Da bambina, i miei supereroi preferiti sono sempre stati due: Batman e Daredevil. Non amavo solo loro, nel gruppo c’erano anche gli Avengers, gli X-Men e I Fantastici 4 (sì, a parte Batman, Marvel tutta la vita), ma i miei preferiti erano “il Cavaliere Oscuro” e “il Diavolo di Hell’s Kitchen”.

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Nella mia mente di bambina vedevo tra loro una profonda somiglianza (che, onestamente, sostengo ancora adesso): oltre al fatto che nessuno dei due possiede super poteri (a differenza di quasi tutti gli altri, sia nell’universo Marvel che in quello DC), entrambi, quando erano solo dei bambini, avevano perso i genitori (e nello stesso modo, ovvero assassinati); entrambi erano cresciuti profondamente soli e con una rabbia, giusta, per ciò che era capitato loro e ai genitori, rabbia che aveva fatto nascere in loro un desiderio di “rivalsa” verso l’imperante ingiustizia, la prepotenza e la violenza che colpivano, in particolare, i più deboli (ma non solo); entrambi si erano resi conto di avere il potere di combatterle, di ergersi in difesa delle persone, delle vittime o potenziali tali, e porsi proprio tra loro e i carnefici, per impedire che ciò che era capitato quando erano bambini accadesse anche ad altri, e avevano deciso di farlo, consapevoli non solo di rischiare la propria vita (e disposti a farlo), ma anche di rinchiudersi ancora di più nella loro solitudine.

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Naturalmente, all’epoca, non avrei saputo spiegarlo così, ma erano proprio queste caratteristiche a farmeli amare così tanto (senza contare il fatto che il mio piccolo cuore di bambina piangeva al pensiero di due bambini che avevano perso i genitori, vittime di omicidi).
E devo dire che questo “Daredevil” ha accentuato ancora di più questa somiglianza. In particolare, la profonda tristezza presente negli occhi del Matt Murdock di Charlie Cox mi ha ricordato quella, analoga, negli occhi del Bruce Wayne di Michael Keaton, nel “Batman” di Tim Burton, così come la lotta interiore, gli interrogativi…

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Nelle interviste a interpreti e sceneggiatori/produttori, la frase ricorrente è stata “La differenza tra buoni e cattivi non è nettamente delineata” (concetto con il quale Matt inizia la sua arringa conclusiva nella parte del processo a John Healy… una scena a dir poco stupenda). Emblematici, al riguardo, sono anche alcuni versi di “Beautiful Crime”, il pezzo inserito su uno dei trailer ufficiali dello show: “But, we fight every night for something / When the sun sets, we’re both the same / Half in the shadows / Half burned in flames”. Pur avendo compreso cosa intendessero e il motivo dietro tali affermazioni (si parla di personaggi esistenti nella “letteratura fumettistica”, tratteggiati in un certo modo – ad esempio, il tendenziale rifiuto di spingersi fino a uccidere – al quale, giustamente, ci si vuole attenere), non sono del tutto d’accordo.
Nonostante siano accomunati da un analogo modo di esprimere i loro intenti (“I just want to make my city a better place”), i due antagonisti principali sono profondamente diversi. Oltre al fatto che Matt non fa e non farebbe mai del male a degli innocenti, ciò che delinea maggiormente la differenza, ad esempio, tra Matt e Wilson Fisk è proprio il tormento così radicato in uno quanto assente nell’altro: Matt è comprensibilmente furioso per tutto ciò che Fisk e i suoi accoliti stanno facendo e a un certo punto prova il dilagante desiderio di ucciderlo, per liberare la città da una tale malefica presenza… eppure non si abbandona ciecamente a quel desiderio, al contrario, si strugge a lungo, interrogandosi, interrogando coloro che conoscono il suo segreto, mettendo in discussione se stesso, mettendosi anche tra i “villain”, in un certo senso (non si sente un eroe e, anzi, si sente schiacciato e condanna il “diavolo” che avverte in se stesso), soffrendo per la sua rabbia. Wilson Fisk, invece, non dubita un secondo di se stesso e dei suoi metodi: “Ho fatto del male a delle persone. E ne farò ancora di più.” Tutto è necessario per il suo scopo e dunque è giustificabile, accettabile, non davvero importante.

Ed è proprio qui che risiede la differenza tra eroi e villain: non nell’uccidere / non uccidere, non nel desiderio di abbattere i malvagi e infliggere loro sofferenza (poiché tutti abbiamo un lato oscuro) e nemmeno nella presenza / assenza di errori, bensì negli interrogativi, nel mettere in discussione se stessi e, dunque, nel fermarsi quando non è necessario spingersi oltre, quando esistono alternative.
Personalmente non mi sconvolge che un eroe uccida, se non vi è altra alternativa, proprio perché, a volte, nello scontro Bene / Male può essere inevitabile. Potrei farvi l’esempio di Aragorn (tra i nemici non vi erano solo orchi vari) ne “Il Signore degli Anelli”; dell’intero Ordine della Fenice, a livello di membri “storici” (per citarne solo alcuni, Alastor “Malocchio” Moody, di cui viene espressamente detto che ha ucciso più volte nella Prima Guerra, sebbene abbia sempre cercato di evitarlo, preferendo catturare – com’è ovvio –; Remus Lupin, che prende freddamente la decisione di uccidere Peter Minus in “Il Prigioniero di Azkaban”, per i crimini da questo commessi e, ne “I Doni della Morte”, rivolto a Harry ricorda che il tempo di Disarmare è finito e che deve essere pronto a uccidere; Kingsley Shacklebolt, il quale, sempre ne “I Doni della Morte”, riassume sinteticamente, freddo e senza alcun rimorso, l’esito della sua parte di missione, “Cinque inseguitori, due feriti, forse uno abbattuto”), dello stesso Harry, che a nemmeno 12 anni uccide (per difesa) quel “simpaticone” (sarcasmo estremo) di Raptor e a 17, durante la Seconda Guerra, con un incantesimo scaraventa giù dalla scopa alcuni Mangiamorte, mentre sono in volo (e non a un metro da terra, tutt’altro), della grandiosa Professoressa McGranitt che, ancora ne “I Doni della Morte”, quando sta per avere luogo la battaglia definitiva chiarisce la situazione a un tentennante Professor Lumacorno, “Aspetto anche te e i Serpeverde in Sala Grande tra venti minuti. Se desideri andartene con i tuoi studenti, non ti fermeremo. Ma se qualcuno di voi tenta di sabotare la nostra resistenza o prende le armi contro di noi dentro le mura di questo castello, allora, Horace, combatteremo per uccidere”, in “Harry Potter”; dei Cavalieri Jedi, che sterminano a destra e a manca, in “Star Wars”; del Dottore, che, pur proponendo sempre per prima la soluzione diplomatica, passa alla forza quando questa viene respinta e ha ucciso più volte (su di lui ho sempre trovato che si adattasse alla perfezione un verso di una canzone dei Limp Bizkit, “It’s my way or the hard way”), in “Doctor Who”.
In quest’ultima versione di “Daredevil”, il Matt Murdock “Diavolo di Hell’s Kitchen” di Charlie Cox assomiglia moltissimo a Frodo e Aragorn (nessuno dei due si sente un eroe e, anzi, hanno anche cercato di evitare di dover assumere il loro ruolo), al Dottore (che si detesta, quando qualcuno lo include tra gli uomini buoni replica “Good men don’t need rules. Today it’s not the day to find out way I have so many”, si mette sempre in discussione e non si rende conto di essere sì un uomo buono, nonostante le sue imperfezioni, e di essere un eroe, perché la verità è quella detta da Vastra, “E’ un salvatore di mondi”), a Harry (orfano come Matt), al quale viene spontaneo difendere gli altri e che, seppur giovanissimo, sente la responsabilità di dover intervenire per fare la cosa giusta e infine capisce la differenza e il significato dell’essere eroe.

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Dunque, questo Daredevil è un eroe fatto e finito: profondamente umano nelle sue debolezze, dilemmi e battaglie interiori, addolorato e infuriato, quasi in bilico tra Luce e Oscurità… eppure, di nuovo, profondamente “messaggero” di Luce e dotato di una forza unica, che gli deriva proprio dal suo dolore. E, quindi, tutti i suoi errori, tutti i suoi tormenti non fanno che accentuare questa sua caratteristica, questo suo essere senza ombra di dubbio un meraviglioso eroe, come tutti i suoi illustri “colleghi”.

“Lonely I, I’m so alone now / There’ll be no rest for the wicked / There’s no song for the choir / There’s no hope for the weary / If you let them win without a fight / If one heart can mend another / Only then can we begin / So won’t you hold on a little longer / Don’t let them get away…” (“No rest For The Wicked”, di Lykke Li)

“… “Se Voldemort non avesse mai sentito parlare della profezia, si sarebbe realizzata? Avrebbe avuto un senso? Certo che no! Credi che tutte le profezie della Sala delle Profezie si siano compiute?”
“Ma” fece Harry sconvolto, “ma l’anno scorso lei ha detto che uno di noi dovrà uccidere l’altro…”
“Harry, Harry, solo perché Voldermort ha commesso un grave errore, e ha agito secondo le parole della professoressa Cooman! Se non avesse ucciso tuo padre, ti avrebbe provocato un furioso desiderio di vendetta? Certo che no! Se non avesse costretto tua madre a morire per te, ti avrebbe conferito una protezione magica che non sarebbe riuscito a penetrare? Certo che no, Harry! Non capisci? Voldemort stesso ha creato il suo peggior nemico, come fanno ovunque i tiranni! Hai idea di quanto i tiranni temano coloro che opprimono? Sanno benissimo che un giorno tra quelle molte vittime ce ne sarà certamente una che si leverà contro di loro e reagirà! Voldemort non è diverso! Ha sempre cercato chi l’avrebbe sfidato. Ha ascoltato la profezia ed è entrato in azione, col risultato che non solo ha scelto colui che molto probabilmente lo finirà, ma gli ha anche consegnato armi straordinariamente letali!”
“Ma…”
“E’ essenziale che tu lo capisca!” gridò Silente. … “Cercando di ucciderti, Voldemort stesso ha designato la persona eccezionale seduta davanti a me e le ha dato gli strumenti per agire! E’ colpa di Voldemort se sei riuscito a leggere nei suoi pensieri, nelle sue ambizioni, se comprendi perfino il linguaggio serpentesco con cui dà gli ordini; eppure, Harry, nonostante il tuo privilegiato accesso al mondo di Voldemort…, non sei mai stato sedotto dalle Arti Oscure. Mai, nemmeno per un istante, hai mostrato il minimo desiderio di diventare uno dei suoi!”
“Certo che no!” reagì Harry indignato. “Ha ucciso i miei genitori!”
“… Nonostante tutte le tentazioni, tutte le sofferenze che hai conosciuto, rimani puro di cuore, puro come lo eri a undici anni, quando guardasti dentro uno specchio che rifletteva il tuo più profondo desiderio e vedesti solo il modo per piegare Lord Voldemort, e non l’immortalità o la ricchezza. Harry, hai idea di quanto pochi siano i maghi che avrebbero potuto vedere quello che hai visto tu in quello specchio? Voldemort avrebbe dovuto capire e invece no! …”
“Ma signore” ribatté Harry, facendo un enorme sforzo per non sembrare polemico, “la conclusione è sempre la stessa, no? Devo cercare di ucciderlo, o…”
“Devi?” chiese Silente. “Certo che devi! Ma non a causa della profezia! Perché tu, tu stesso, non sarai mai in pace finché non avrai tentato! Lo sappiamo entrambi! Immagina solo per un istante di non aver mai ascoltato quella profezia! Che cosa proveresti per Voldemort, ora? Rifletti!”
Harry guardò Silente camminare su e giù davanti a lui e rifletté. Pensò a sua madre, suo padre e a Sirius. Pensò a Cedric Diggory. Pensò a tutte le orribili azioni compiute da Lord Voldemort. Una fiamma gli balzò nel petto, bruciandogli la gola.
“Vorrei che morisse” mormorò. “E vorrei ucciderlo io.”
“Certo!” gridò Silente. …
Ma finalmente capiva quello che Silente aveva cercato di dirgli. Era, si disse, la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Forse qualcuno avrebbe detto che non era una gran scelta, ma Silente sapeva – ‘e lo so anch’io’, pensò Harry con uno slancio di feroce orgoglio, ‘e lo sapevano i miei genitori’ – che c’era tutta la differenza del mondo.(Da “Harry Potter e Il Principe Mezzosangue”)

Questo vuol dire essere eroi.

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Sam
Simona, che da bambina voleva diventare una principessa, una ballerina, una cantante, una scrittrice e un Cavaliere Jedi e della quale il padre diceva sempre: “E dove volete che sia? In mezzo ai libri, ovviamente. O al massimo ai cd.” Questo amore incondizionato per la lettura e la musica l'ha portata all'amore per le più diverse culture (forse aiutato dalle origini miste), le lingue (in particolare francese e inglese) e a quello per i viaggi. Vorrebbe tornare a vivere definitivamente a Parigi (per poter anche raggiungere Londra in poco più di due ore di treno). Ora è una giovane legale con, tralasciando la politica, una passione sfrenata per tutto ciò che all'ambito legale non appartiene, in particolare cucina, libri e, ovviamente, telefilm. Quando, di recente, si è chiesta in che momento, di preciso, sia divenuta addicted, si è resa conto, cominciando a elencare i telefilm seguiti durante l'infanzia (i preferiti: Fame e La Famiglia Addams... sì, nel fantasy ci sguazza più che felicemente), di esserci quasi nata. I gusti telefilmici sono i più vari, dal “classico”, allo spionaggio, all'ambito legale, al “glamour”, al comedy, al fantastico in senso lato, al fantascientifico, al “giallo” e via dicendo. Uno dei tanti sogni? Una libreria. Un problema: riuscirebbe a vendere i libri o vorrebbe tenerli per sé?

2 COMMENTS

  1. Sai come la penso su once e questo finale di serie.. Il mio personaggio preferito è Regina proprio per il suo percorso. Per il suo essere villain ma prima di tutto umana e quindi per il suo redimersi.
    Non sono una appassionata di Batman (ho visto film e telefilm ecc ma non sono una seguace fedele) ma effettivamente ho sempre pensato che, a differenza degli altri supereroi alla fine lui non è altro che un semplice uomo. Non ha superpoteri, ma solo la sua forza (fisica e di volontà e d’animo) esattamente come Aragon, re degli uomini (certo in un mondo fantastico). Credo anche che l’eroe sia colui in grado di ispirare le folle, di essere d’esempio. Mi viene in mente ora che avresti potuto parlare anche di arrow, per tante puntate (anche nel
    Finale) si è parlato di eroi, ma non ti spoilero. E anche qua sono tutti umani normali diciamo.

    Bravissima darling!!

    • Sì, credo che quella faccenda di Once strida un po’ a tutti noi. Eccessivo.
      Sì, bé, Regina non è eroe classico, ma il suo percorso è piaciuto e piace molto anche a me.
      Bruce/Batman, esattamente come Matt/Daredevil, come Aragorn, come Il Dottore, come Harry sono solo uomini che scelgono di agire per il bene superiore e si battono sempre per esso e per gli altri. Hanno i loro difetti, i loro timori, i loro momenti di crisi, ma sono eroi dall’inizio alla fine. Infatti tutti loro poi ispirano le folle, proprio perché sono d’esempio. Basta vedere Harry, cosa riesce a fare, anche senza averci provato appositamente.

      Di Arrow non posso parlare perché al finale io ci devo ancora arrivare! Quindi sì, non spoilerare, thanks!
      A parte questo, non è che volessi toccare tutti gli eroi possibili e immaginabili, ho usato gli esempi di quelli più conosciuti e commoventi, proprio perché il discorso si basa su un concetto generale, non su qualcuno in particolare.

      Grazie mille, sono contenta che ti sia piaciuto, visto che ti ho sostiuita! 😀

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