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Doctor Who | Recensione – The Husbands of River Song (Christmas Special)

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Doctor Who | Recensione – The Husbands of River Song (Christmas Special)

Lo sappiamo bene, ognuno di noi ha le proprie tradizioni natalizie. Che siano culinarie, musicali, ornamentali o stilistiche, ogni santissimo anno ci ritroviamo a ripercorrere le stesse identiche tappe dell’anno precedente, come se in questo particolare giorno ci ritrovassimo tutti intrappolati in un loop temporale, in un costante dejà vu, semplicemente perché questo vuole la celebre tradizione. Fondamentalmente il confine tra odio e amore per queste festività diventa sempre più labile ma c’è una ragione, una singola fondamentale motivazione per cui non rinunceremmo mai a questo periodo dell’anno, perché al di là delle abitudini, dei costumi e degli usi sparsi in tutto il mondo, un’unica tradizione accomuna quell’eterogeno, incredibile e certamente più grande all’interno, gruppo di persone conosciute come whovian e ogni 25 Dicembre infatti il nostro Dottore torna a trovarci e ci permette di viaggiare e sognare insieme a lui, aprendo una finestra sulla nostra quotidianità e regalando alle nostre feste, qualsiasi esse siano, un sapore diverso, unico e irripetibile ogni anno, proprio come una tradizione che però si rinnova costantemente e che non diamo mai per scontata, perché alla fine abbiamo ormai imparato che … Every Christmas is the Last Christmas.

Come sapete, Doctor Who non potrebbe deludermi neanche se volesse ma più di tutto, ciò che ho capito in seguito all’episodio, è che questo tanto atteso speciale natalizio è stato fondamentalmente tutto ciò che doveva essere, ciò che ci aspettavamo, quello di cui forse avevamo bisogno dopo una stagione perfetta che ci ha consumati episodio dopo episodio ma soprattutto, questo speciale è stato puramente Doctor Who, in uno di quei suoi momenti unici, vissuti pienamente senza pensare alle conseguenze, senza neanche provare a capire la linea temporale in cui ci troviamo, semplicemente affrontando senza riserve ogni insana follia che il giorno di Natale sceglie di regalarci e ancora una volta l’emblema della nostra storia, il simbolo di un Doctor Who pazzo, magico, estremo e fuori dal tempo, è rappresentato dallo spumeggiante ritorno della “solita” River Song. Hello again sweetie! Lungi dall’avere un’accezione negativa e ignorando completamente quella che sarebbe una mera opinione personale a riguardo, scrivo “solita” River Song perché nel bene e nel male, questo personaggio secondo me rappresenta un po’ una costante di questo show e soprattutto della visione che Steven Moffat ha sempre avuto a riguardo. River Song non cambia mai, è una variabile impazzita che sfreccia senza sosta da un tempo a un altro, che ritorna quando meno te lo aspetti, perennemente in uno stato di mancata sincronizzazione con il Dottore, ma alla fine puoi sempre contare sulla certezza che stravolgerà ogni singolo aspetto della realtà con cui entra in contatto, come solo lei sa fare, con la sua eccentricità, con la sua estrema sicurezza, con l’inevitabile esagerazione che l’accompagna costantemente e poi anche con quella piccola parte di sé che non mostra mai apertamente, con quelle piccole paure che chiude accuratamente in una scatola nascosta da qualche parte nella sua storia così assurda, con quell’emotività che quasi non ti aspetteresti da una donna come lei. Ma la verità è che presto o tardi arriva per tutti il momento in cui siamo costretti ad affrontare il corvo e anche il diario di River Song volge al termine ormai, in quella che sembra ormai la sua ultima tappa prima di ricongiungersi al suo inizio.

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Mai come in questo episodio, il “gioco” del non riconoscere e non ricordare assume sfumature completamente nuove nel rapporto tra il Dottore e River Song. Lui è cambiato, ancora più di quanto il suo aspetto suggerisca, ha vissuto e provato molto più di quanto ricordi e in un certo senso la persona che adesso incontra River in una delle sue folli missioni in giro per l’universo è paradossalmente molto simile e vicina all’ultimo Dottore che la stessa River ricorda, l’ultimo volto che ha visto prima di perdere i suoi genitori. River Song dal suo canto infatti ha da poco vissuto gli eventi di Manhattan, e ora si ritrova regina di un popolo lontano, sposata a un re che progetta di uccidere per entrare in possesso del diamante incastrato nella sua testa, solo un altro giorno ordinario nella lunga vita della professoressa Song. Le dinamiche che si creano per la prima volta tra il Dottore e River Song, nel momento in cui è proprio lei a non riconoscerlo, si riempiono di episodi esilaranti e imperdibili che ci aspettavamo, e mentre la vita del Dottore si colora di sorrisi e avventure in quello che per lui è a tutti gli effetti un nuovo inizio, River Song si ritrova come sempre preda delle sue insolite relazioni, dei suoi inganni geniali e dei suoi piccoli furti, accompagnata da uno straniero che non riesce a vedere per davvero, a cui però mostra il suo sguardo triste e davanti a cui confida e ammette l’estenuante e continua fatica dell’amare il Dottore con la consapevolezza di non poter mai davvero contare sulla reciprocità di quei sentimenti.

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Per quanto emozionante e poetica possa sembrare, l’immagine del Dottore dipinta da River Song con le sue parole è più cinica e a mio parere anche distorta di quanto mi sarei aspettata. Fortemente convinta e legata al suo amore travolgente per il Dottore, River Song afferma il suo coinvolgimento maggiore e predominante nel loro rapporto, ma così facendo allontana il Dottore da tutto ciò che di più umano esista, da quel sentimento che sembra convinta lui possa non provare mai del tutto, non come lei, non come quella piccola banale umanità di cui River fa parte. Forse era solo uno stratagemma per mettere in atto il suo piano, forse credeva davvero a quelle parole, ma sta di fatto che tramite gli occhi di River Song il Dottore non è mai stato così lontano mille miglia da noi, dalle nostre emozioni, da tutto ciò che ha vissuto sulla Terra, al fianco di tutte quelle persone che invece lui ha amato, oltre ogni limite, ritrovandosi disposto a tutto pur di proteggerle, con un amore talmente puro e immenso da diventare la sua più profonda umanità, anche quando non lo ricorda.

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E infatti, a confutare le sue parole, il Dottore è ancora una volta lì al suo fianco, finalmente pronto a mostrarsi per davvero davanti agli occhi di River Song, pronto a combattere con lei e a salvarla da qualunque pericolo si ritrovi ad affrontare, anche da quelli che River sa bene come superare perché questo vuol dire amare completamente, come solo il Dottore sa fare. E proprio nel nome di questo amore, il Dottore prova a rimandare ancora una volta un momento che invece si avvicina inesorabilmente, un momento che per la prima volta spaventa davvero River Song, giunta ormai alle ultime pagine del suo diario, giunta al traguardo di quella corsa che sperava sarebbe durata per sempre. Libera da mariti e mogli superflui, River Song è nuovamente sola con il Dottore, di fronte allo spettacolo delle Singing Towers di Darillium, di fronte a quella notte che volge lentamente al termine e che chiude in questo modo la sua storia epica con il Dottore, destinata ad abbracciare la sua fine nel momento in cui per lui tutto è cominciato.

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Tra l’emozionante e irresistibile interpretazione di Peter Capaldi che mostra un lato più leggero del suo Dottore e il ritorno in grande stile di Alex Kingston e della sua eterna River Song, a brillare davvero in questo speciale è per me proprio Steven Moffat con una sublime precisione nella scelta delle parole e dei dettagli da mostrare in una storia che sembra concludersi esattamente nello stesso identico modo in cui nacque diversi anni fa.

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Ancora una volta quindi diciamo addio a River Song ma soprattutto ancora una volta lasciamo il Dottore nell’ignoto, inconsapevoli infatti del momento in cui lo ritroveremo e di chi lo accompagnerà quando insieme a lui torneremo a viaggiare nello spazio e nel tempo all’interno della nostra casa più grande all’interno.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

1 COMMENT

  1. E niente, che te lo dico a fare che hai scritto una bellissima recensione? Non ti scocci di sentirtelo dire tutte le volte? Ormai è un assunto, tipo “Doctor Who è la miglior serie che esista”. Grazie per aver sottolineato il fatto che per il Dottore era un nuovo inizio e che per River Song la fine, e sopratutto per aver ripreso le parole dette da River Song nella libreria, volevo davvero andare a rivederle, ma sono troppo pigra, quindi mi hai accontentato tu 😀 Non me lo aspettavo ma questo episodio di Natale mi è piaciuto tantissimo, molto divertente, scritto benissimo, pieno di Easter Eggs. In queste ultime stagioni di DW mi era un po’ mancato lo stile Russel T Davis, ma in quest’ultima Steven Moffat ha davvero dimostrato di sapere il fatto suo. Ne sono entusiasta. Ho anche il mio nuovo motto: “Il sarcasmo aiuta?” “Non sarebbe un mondo bellissimo?”

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